Personalmente credo che interrogarsi sull’espansione del franchising nel settore della GDO pur con le differenti formule adottate in tutta Europa significa cercare di comprendere una parte delle traiettorie possibili. C’è troppa superficialità di giudizi per un comparto che cuba nel nostro Paese e nei differenti settori circa 1000 franchisor che a loro volta producono un totale di 54mila punti vendita in franchising tenendo conto che alcuni di questi possono essere pluri-franchising. Stiamo parlando di circa 25 mld di euro con più di 200mila addetti tra titolari di punti vendita e collaboratori.
Riflettere sul negozio del futuro, fisico o virtuale che sia, non risolve di per sé il tema della proprietà. Né della sua gestione. Che ci sia dietro un fondo di investimento, un singolo imprenditore visionario, una multinazionale, una cooperativa di imprenditori o un franchisor che gestisce uno o più punti vendita il discorso sostanzialmente non cambia. I modelli che si sono via via affermati dalla seconda metà del 900 in avanti in Europa sono tutt’altro che univoci.
In genere, i commentatori più tradizionali del comparto, quando parlano del franchising più che sul possibile potenziale futuro si fermano al problema dei vantaggi sui costi e sulla loro gestione. Una sorta di ripiego. La gestione di un punto vendita è però fondamentale per la tenuta del conto economico complessivo di un’insegna. Recentemente in Belgio Delhaize ha annunciato di voler cedere tutti i suoi ultimi supermercati ancora di proprietà (128 pdv) a imprenditori indipendenti. La maggior parte dei negozi sono già in franchising. Operano con i marchi AD Delhaize, Proxy Delhaize e Shop & Go. Un totale di 636 negozi che utilizzano il nome Delhaize ma sono gestiti in franchising. L’azienda ha deciso di continuare a investire a livello centrale in aree come la logistica, l’approvvigionamento e il marketing per fornire servizi ottimali alla sua rete di negozi. Auchan a sua volta, ha deciso di fare un test in Francia cedendo agli affiliati 7 punti vendita in regioni diverse. Auchan, oggi ha solo 39 punti vendita gestiti da imprenditori indipendenti. Carrefour prosegue nel suo piano. Il franchising è il suo modello di sviluppo prevalente per i prossimi anni. Anche in Francia.
Sindacalisti e commentatori spesso semplificano troppo concordando che solo il modello tradizionale, tipico della grande impresa del comparto del novecento, garantisca una unicità di gestione e un’immagine aziendale coesa. Gestione del personale compreso. È ovvio che sindacalisti e commentatori non frequentano da tempo i punti vendita delle insegne note e meno note per comprendere che non ci sono differenze significative di gestione tra queste e i franchisee delle insegne più conosciute. Sopratutto laddove si utilizzano strutture terze (purtroppo anche cooperative spurie) per le attività legate alla logistica di supporto, ai servizi, alle emergenze e alla guardiania. Pratica diffusa quanto foriera, se non presidiata correttamente, di possibili gravi conseguenze che si riflettono pesantemente sull’immagine aziendale.
La gestione organizzativa di un punto vendita risponde a parametri oggettivi. Un bravo responsabile, diretto o indiretto, li conosce. Il resto, se c’è un buon rapporto tra i diversi protagonisti in campo che concorrono al rifornimento, si modella sui clienti di un territorio. È fondamentale il rapporto con la casa madre, la formazione degli imprenditori e degli addetti coinvolti, la possibilità di scambiare esperienze ed essere coinvolti sui problemi concreti. È evidente che in alcuni casi, un punto vendita in gravi difficoltà può trovare con il franchising un declino più lento. Oppure rilanciarsi se il problema era essenzialmente legato a limiti gestionali. Inutile però pretendere miracoli.
Oggi non è facile per nessuno trovare un bravo direttore di punto vendita. I percorsi formativi sono meno lunghi e impegnativi che in passato e il ruolo ha subito una profonda mutazione genetica accompagnata da una politica del gambero sul piano del riconoscimento professionale ed economico. Da Deus ex machina del negozio, spesso dirigente se su grandi superfici, è diventato quadro, poi primo livello. Adesso non è difficile scovarne pure di secondo livello in attesa trepidante di promozione. Ridisegnato in pejus il job profile formale sovrastato da una gerarchia di sede spesso ridondante e messo in posizione anzitempo rispetto all’esperienza, ha subito e in parte contribuito, seppur involontariamente alla crisi del ruolo.
Oggi ad un bravo direttore di punto vendita può convenire prendersi in gestione diretta un negozio. Per questo fare il punto sul franchising, soprattutto nella GDO, sui suoi punti forti ed eventualmente sui suoi punti deboli è oggi quanto mai necessario. Spesso se ne straparla identificando questa formula come una degenerazione del sistema e non come un’opportunità in crescita ovunque.
Da noi il franchising ha una data di nascita: 18 settembre 1970. A Fiorenzuola d’Arda in provincia di Piacenza quando proprio un’azienda della grande distribuzione, la Gamma d.i., inaugurò il primo di 55 punti vendita gestiti da una decina di affiliati. Nel 2023 il franchising italiano ha compiuto quindi 53 anni. Rappresenta all’incirca il 7% del totale del sistema distributivo. In Francia, Germania, USA siamo intorno al 14%, 30%, 50%. Altrove è aperto ad altre categorie. Distributori di benzina, assicurazioni, concessionari d’auto sono in franchising. In Italia abbiamo oggi ancora degli ostacoli di tipo legislativo, economico e culturale.
Nella ristorazione McDonald’s in Italia è la più nota: 670 ristoranti su tutto il territorio nazionale, 32.000 dipendenti e 145 licenziatari, con un fatturato nettamente in crescita e che ha superato gli andamenti registrati nel 2019. Grande sviluppo dei canali Drive, Delivery, attraverso la sottoscrizione di contratti commerciali con le 4 piattaforme principali, Asporto e App McDonald’s. Attualmente, i ristoranti a gestione diretta sono 72, con circa 3.000 dipendenti, ma sono previste nuove aperture, soprattutto a al Centro e al Nord, che porteranno il numero totale di ristoranti a 706 entro l’anno in corso, a 800 entro il 2025. Di queste nuove aperture, solo il 10% incrementerà il numero di ristoranti a gestione diretta. La politica di McDonald’s , infatti, rimane quella di una gestione diretta al 10%, con il 90% dei ristoranti affidati ai licenziatari.
Nella GDO Carrefour continua con il suo progetto anche nel 2023 con l’obiettivo di diventare il primo franchisor in Italia. Interessante è anche la sperimentazione pilota in Lombardia che prevede il conferimento a terzi di reparti di macelleria. Abbiamo quindi sia un modello che assegna ad altri imprenditori, formati in Carrefour, la gestione di un punto vendita intero che l’opzione relativa a reparti specifici o spazi (soprattutto nelle grandi superfici).
Un buon test in casa Carrefour ci viene da Etruria Retail. Fatturato in crescita (+3% per un totale di 246 milioni, 4,3 milioni di utile netto) e importanti piani di sviluppo per i suoi 198 soci. Presente in quattro regioni del centro e nord Italia (Toscana, Umbria, Lazio e Liguria) con l’insegna Carrefour, una rete di oltre 300 PDV di cui 150 Carrefour e altri 150 La Bottega Sapori & Valori. “Siamo ancora in una cornice generale d’instabilità” ha spiegato Graziano Costantini, direttore generale di Etruria Retail – eppure la nostra azienda continua a guardare avanti con fiducia, forte dei suoi valori e dello spirito di squadra che ci caratterizza da oltre 60 anni. Abbiamo affrontato la crisi energetica cercando di offrire ai nostri soci l’assistenza e le soluzioni migliori sulla strada dell’autosufficienza e della sostenibilità. Stiamo continuando a lavorare per lo sviluppo della rete e per nuove aperture”. La situazione patrimoniale dell’azienda si consolida ancora: il capitale investito è di 67,1 milioni di euro e cresce anche il patrimonio netto, che sfiora i 47 milioni di euro. Sul fronte dell’occupazione Etruria Retail chiude l’esercizio 2022 con oltre 200 occupati nel centro di distribuzione di Badesse. Fanno parte del gruppo Etruria cinque società operanti prevalentemente nella gestione diretta di punti vendita e nel settore del food service; i dipendenti diretti totali del Gruppo sono più di 700 unità e il Gruppo Etruria Retail, insieme alla rete di vendita con i soci e i loro dipendenti, sono oltre 3mila persone.
A Roma e provincia Coop resta con 26 punti vendita e cede a Magazzini Gabrielli 54 negozi. 246 i punti vendita attuali, 1.013 milioni il fatturato, 2514 collaboratori Nell’acquisto, Magazzini Gabrielli si è impegnata a mantenere tutti gli 800 lavoratori sottoscrivendo un importante accordo sindacale. Obiettivo 1,6 miliardi di fatturato. Realtà imprenditoriali che segnalano un trend da non sottovalutare. Per le insegne che potranno così concentrarsi meglio su una parte del business, dalla logistica all’innovazione del servizio, magari integrandosi a rete nei diversi territori e per i sindacati di categoria che dovranno necessariamente affrontare una nuova sfida “costretti” ad immaginare un futuro in discontinuità con i percorsi noti.