Misurare la distanza tra la proposta sulla contrattazione di Cgil-Cisl-Uil che verrà ufficialmente presentata giovedì e quella di Federmeccanica serve a poco così come pensare che, in un Paese dove la contrattazione aziendale è un fenomeno assolutamente marginale, il Sindacato potesse abbandonare con eccessiva superficialità le sponde sicure dei contratti nazionali o di vecchi o nuovi automatismi più o meno efficaci. Tre elementi importanti di sfondo caratterizzano la proposta e, per questo, sarebbe utile, oggi, concentrarsi su di essi. Il primo. Un documento unitario sulla stessa ragion d’essere di un sindacato, la contrattazione, non è cosa da poco. Chiude, di fatto, una parentesi durata più di un ventennio. La stagione degli accordi separati, dei contratti non firmati da questa o quella sigla di categoria non hanno pagato. Ed oggi questo è chiaro a tutti. Le divisioni hanno contribuito a indebolire la capacità di iniziativa di tutto il sindacato confederale. E che la CGIL scelga decisamente la strada di un accordo con CISL e UIL in aperto contrasto con la FIOM dimostra la forza e la credibilità nelle sue articolazioni sul territorio e nelle categorie dell’attuale gruppo dirigente confederale. In secondo luogo la conferma decisa sul tema della partecipazione dei lavoratori allo sviluppo delle imprese attraverso un sistema duale. Una sorta di modello partecipativo tedesco adattato alla specificità italiana. In terzo luogo l’esigibilità erga omnes dei contratti nazionali. Il resto è materia di un negoziato che si annuncia complesso, lungo e difficile ma quello che importa è la direzione di marcia. Federmeccanica ha, dal canto suo, presentato una ipotesi stimolante. Difficilmente digeribile dal sindacato dei metalmeccanici ma, non per questo, etichettabile in modo tradizionale o liquidabile con qualche slogan. La cautela nelle dichiarazioni ufficiali espresse fino ad oggi ne rappresenta la conferma. Le carte sono sul tavolo. Le posizioni sono molto distanti ma non inconciliabili. Adesso tocca ai negoziatori. Confindustria dovrà decidere se questa partita sarà chiusa dall’attuale presidenza o dalla prossima. Lo stesso varrà per i sindacati che, su questa impostazione, si giocano i prossimi congressi. Ma non c’è solo Confindustria in campo. Confcommercio resta firmataria del più importante contratto nazionale e altri comparti sono interessati a dire la loro senza subire vecchie egemonie che non hanno più ragioni di esistere. Finalmente si apre una fase nuova per le relazioni sindacali del nostro Paese e soprattutto si chiude quella che ci ha accompagnato dagli anni ’60 del secolo scorso. Era ora che quel modello andasse in pensione. Speriamo sia la volta buona.