Ci sono diversi modi per osservare la realtà di fronte all’impennata dei prezzi. L’industria guarda essenzialmente i suoi conti. La Grande Distribuzione a questo ci aggiunge il rischio sui volumi di vendita. Il consumatore, soprattutto quello vincolato da entrate fisse e basse guarda con una certa preoccupazione, il suo portafoglio. Tra nove mesi ci saranno le elezioni europee che saranno certamente influenzate da ciò che succederà in campo economico e sociale nel periodo e determineranno, nel bene e nel male, il futuro prossimo dell’intero continente che, ai suoi confini, ha una guerra, provocata dal Russia, con conseguenze e durata, oggi assolutamente imprevedibili. In questo contesto geopolitico, le aspettative, le priorità, le preoccupazioni delle persone e, naturalmente il loro atteggiamento nei confronti dei consumi si modificano profondamente.
Per questo è utile leggere quanto emerge, dai dati appena pubblicati, del Barometro europeo sulla povertà e sulla precarietà economica 2023 di Ipsos France e Secours Populaire, organizzazione di volontariato francese (https://bit.ly/3sNLi6c). Su 10.000 intervistati, di età pari o superiore a 18 anni, in dieci paesi (Germania, Francia, Grecia, Italia, Polonia, Regno Unito, Moldavia, Portogallo, Romania e Serbia) condotto dal 7 al 27 giugno su internet su un campione di 10.000 persone rappresentative delle popolazioni nazionali secondo il metodo delle quote più di un terzo degli intervistati dichiara di non essere in grado di affrontare l’attuale contesto economico.
Quasi tre europei su dieci riferiscono di trovarsi in una situazione precaria, il che li porta o li porterà a rinunciare a certi bisogni, come, in certi casi, a curarsi o mangiare a sufficienza. Più di un europeo su due intervistati afferma che il suo potere d’acquisto è diminuito negli ultimi tre anni (55%). Questa situazione è particolarmente acuta in Grecia (64%), Serbia (63%) e Francia (60%) e peggiora in Italia quest’anno (59%, +2 punti rispetto al 2022). La metà degli europei, il 48%, teme che la propria situazione economica peggiorerà nei prossimi mesi; più di un europeo su due, il 51%, si è infatti già trovato nella situazione di dover diminuire le spese almeno una volta negli ultimi sei mesi per salute, riscaldamento, cibo, trasporti; oltre un genitore europeo su tre, il 36%, non è stato in grado di soddisfare i bisogni primari dei propri figli, dai pasti alla salute, dalla scolarizzazione, al vestiario.
Ma non finisce qui. Oltre un europeo su due, il 55% – rileva ancora il Barometro sulla povertà e sulla precarietà economica – dichiara non solo di aver visto diminuire sensibilmente il proprio potere d’acquisto negli ultimi tre anni, ma anche le classi medie stanno scoprendo gli effetti negativi della crisi, dall’aumento dei prezzi di cibo ed energia alla diminuzione dei servizi pubblici sostituiti con servizi privati più cari. Analoghi anche i dati relativi al nostro Paese. Il 69% degli italiani è preoccupato dal rischio di trovarsi in una situazione di precarietà nel prossimo futuro e il 37% dichiara di aver rinunciato a curarsi nell’ultimo anno per le liste d’attesa troppo lunghe del sistema sanitario nazionale e l’impossibilità economica di rivolgersi a strutture private.
In questo contesto molto difficile con un un aumento molto forte dei prezzi in Europa dall’inizio del 2022, quasi un terzo degli europei (29%) si dichiara attualmente in una situazione di difficoltà. Se in tutto il continente questa proporzione è molto preoccupante, la realtà è particolarmente difficile in Grecia (49%) e in Moldavia (46%), e la situazione sta peggiorando in Italia (27%, +2 punti rispetto al 2022). Oltre a questo, la maggioranza degli europei (56%) dice di cavarsela ancora, ma facendo attenzione alle spese. Solo il 15% si dichiara in una buona situazione. Gli europei sono quindi preoccupati per il loro futuro. Quasi uno su due (48%) ritiene che ci sia aumentato il rischio di trovarsi in difficoltà nei prossimi mesi. Nei paesi già intervistati nel 2022, questa cifra è scesa quest’anno, ma rimane molto alta, soprattutto in Italia (69%) e in Grecia (58%). Più di un terzo dei beni intervistati (36%) afferma di non essere in grado di far fronte a tutte le spese a causa di una “situazione finanziaria difficile”, il 62% degli europei ha già limitato i propri viaggi e il 46% ha già messo in conto addirittura di rinunciare a riscaldare adeguatamente la propria abitazione. Cifre stabili rispetto allo stesso sondaggio condotto l’anno scorso, ma relativo a soli sei paesi europei (Germania, Francia, Grecia, Italia, Polonia e Regno Unito).
“A causa del calo del potere d’acquisto, più di un terzo degli europei ha ridotto regolarmente le quantità e la tipologia del cibo che consuma”, afferma lo studio del 2023. Il 38% degli intervistati non fa tre pasti al giorno, il 39% rinuncia a comprare carne e il 10% si avvale di associazioni di volontariato per nutrirsi. L’anno scorso, il 29% degli intervistati ha detto che a volte saltavano un pasto pur avendo fame. La situazione è “leggermente migliorata” rispetto all’anno scorso nei paesi che sono stati colpiti più fortemente dall’inflazione, come la Grecia, ma rimane “molto preoccupante” in tutti i paesi coperti dall’indagine. Tra le situazioni dichiarate comuni, il 62% ha già dovuto limitare i propri spostamenti (57% in Italia) e il 46% non ha aumentato il riscaldamento a casa quando avevano freddo (43% in Italia). Ancora più preoccupante, quasi un europeo su tre (30%) ha già saltato un pasto quando aveva fame (23% in Italia, + 5 punti rispetto al 2022). Questa cifra è particolarmente alta in Grecia e Moldavia (38% e 37%).
Negli ultimi due anni, queste situazioni difficili si sono moltiplicate e molti europei sono costretti ad adottare determinate strategie per far fronte all’inflazione e al calo del potere d’acquisto. I comportamenti più comuni sono la ricerca di prezzi bassi (l’85% lo fa) e la frequentazione degli hard discount (70%). Se il 64% degli europei con un lavoro ha un reddito che copre tutte le spese, questo non è il caso di più di un terzo (36%) di loro (31% in Italia). La situazione degli attivi è quindi molto preoccupante, soprattutto in Portogallo e in Serbia dove questa difficoltà colpisce un attivo su due. Avere un lavoro non significa necessariamente potercela farcela a coprire tutte le spese.
Sebbene l’inflazione abbia iniziato a diminuire e susciti un po’ meno preoccupazione rispetto al 2022 nella maggior parte dei paesi europei, rimane una minaccia per molte famiglie. Così, il 62% degli europei dice di essere preoccupato per la loro capacità di far fronte all’inflazione sui prezzi del cibo, il 59% per una possibile spesa imprevista e il 59% per un aumento del prezzo del gas. Gli attivi italiani sono particolarmente preoccupati di ritrovare un lavoro se perdono il proprio (61% contro il 52% degli attivi europei intervistati). Analoghi anche i dati relativi al nostro Paese. Il 69% degli italiani è preoccupato dal rischio di trovarsi in una situazione di precarietà nel prossimo futuro. Un quadro molto preoccupante che evidenzia come il contrasto alla povertà, alla precarietà, alle diseguaglianze e alla esclusione sociale dovrebbe essere una priorità per la politica, in Italia e in Europa.