Agli osservatori meno attenti non pare vero. Il negoziato sul rinnovo (o rinnovamento) del CCNL dei metalmeccanici si è fermato, come da tradizione, sul salario. Inaccettabile o insufficiente la proposta di Federmeccanica per i tre sindacati. Posizione, per altro, assolutamente comprensibile. Nessuno, ovviamente, vuole arrivare ad una rottura definitiva, perché la posta in gioco è alta, però l’impasse è evidente. La proposta di Federmeccanica è chiara. L’istituzione di un minimo di garanzia nazionale che consentirebbe l’aumento salariale solo a chi, alla firma, si troverebbe sotto quella soglia. Il calcolo dei sindacati, non smentito da Federmeccanica, conferma che l’aumento verrebbe percepito solo dal 5% della categoria. Quindi, per loro, una proposta inaccettabile. Non mi interessa qui entrare nel merito né fare previsioni. Probabilmente un accordo si troverà, prima o poi. Mi interessa cercare di ragionare sul punto. Ad una recente iniziativa di AREL a cui ho partecipato alcuni relatori hanno preferito mettere l’accento sull’alternativa tra livelli negoziali differenti senza entrare nel merito e su come questo risolverebbe la questione di fondo posta da Federmeccanica. A dire il vero Stefano Franchi ha cercato di inquadrare nel contesto economico e produttivo le ragioni della loro proposta ma, devo ammettere, senza grande ascolto. A parte Franco Martini della Cgil che, invece, secondo me, ha compreso il problema e la criticità delle distanze in gioco. Il punto è che la complessità del contesto economico continuerà a crescere. Per questo le imprese convergeranno, sempre di più, verso modelli a rete dipendendo interamente dalle filiere globali nelle quali saranno inserite. E questo ricorso alle filiere esterne porta con se modelli produttivi e organizzativi flessibili e decentrati, nuove conoscenze e nuovi servizi a monte e a valle. Di fatto il superamento del modello costruito intorno alle leggi, ai vincoli, e ai contratti nazionali o aziendali che ci trasciniamo dalla metà del secolo scorso. Il lavoro di chi partecipa al nuovo modo di produrre valore in tante diverse situazioni va sempre più perdendo le connotazioni facilmente definibili che aveva in passato. Innanzitutto tutti i lavoratori, che lo si voglia o no, saranno sempre più in competizione tra di loro. Tra luoghi e fabbriche nella stessa filiera o di filiere concorrenti e questo spingerà inevitabilmente il singolo lavoratore in una ottica profondamente diversa. In quante imprese in crisi, dipendenti e imprenditori si sono trovati concordi nel cercare soluzioni praticabili ad alcuni problemi determinati dal confronto competitivo globale (i costi, gli orari, la flessibilità, ecc.). In secondo luogo, la distribuzione del reddito nella filiera sopra descritta è sempre meno affidata alla contrattazione tra datore di lavoro e dipendenti sia a livello aziendale che con i sindacati a livello nazionale. E questo è il punto vero. La vera novità sottesa dalla proposta di Federmeccanica. Sono i prezzi dei contratti di fornitura tra fornitori e committenti che lo determineranno. Per cui la vera contrattazione che distribuirà il reddito della filiera (a imprenditori e lavoratori) si farà, sempre di più, ai tavoli che fissano i prezzi delle forniture. Da qui la richiesta di decentramento che se non gestita correttamente porterà inevitabilmente ad una situazione di dumping tra imprese e lavoratori. Infine, la terza questione che si apre per i sindacati, è quella dello status specifico che andrà assegnato al nuovo modello di riconoscimento professionale del lavoro dove sono richiesti autonomia, intelligenza, condivisione del rischio, dei valori dell’impresa e responsabilità. Tutti si rendono conto, ormai, che la figura del “lavoro dipendente” classico, ereditato dalla tradizione fordista, comincia ad essere superata, nei suoi elementi di fondo, rispetto alle nuove esigenze. Ma la cultura e l’ordinamento del lavoro, nel nostro Paese, sono fondamentalmente orientati alla conservazione dei modelli discendenti dai vecchi paradigmi che solo Marco Biagi aveva cercato di superare. Tutti i tentativi di cambiamento vanno avanti tra discussioni, spesso inutili, che si concentrano su aspetti secondari spacciati come innovazioni rivoluzionarie. Quindi, al di là del legittimo diritto di manifestare un dissenso di merito con la propria controparte il punto di svolta che caratterizzerà le nuove relazioni industriali passerà anche dalla capacità di affrontare o meno le questioni di fondo che sottendono alla “provocazione” di Federmeccanica Indipendentemente delle soluzioni che potranno essere individuate. Personalmente credo che la strada sia stata tracciata. Questi temi caratterizzeranno inevitabilmente i prossimi rinnovi contrattuali in ogni comparto. La sfida vera sarà tra chi vorrà giocare, fino in fondo, la partita e chi, al contrario, si limiterà a subirla.