lo scontro tra sindacati e amministrazione locale a Londra va ben oltre il problema del funzionamento notturno della metropolitana. C’è in gioco un’idea di futuro della città e del modo di vita occidentale. Una città in funzione h24 e Londra si propone come modello di riferimento. A prima vista è un modello che può piacere. Chi non vorrebbe avere tutto e subito? Una città in grado di offrire ogni cosa è di permettere di viverla a ciclo continuo ha certamente un suo fascino. È facile prevedere che scenderanno in campo molti sostenitori di questa ipotesi con buoni argomenti provocando un dibattito dove sarà difficile distinguere le rispettive buone ragioni riuscendo contemporaneamente a separarle dagli interessi generali di breve e di lungo periodo. Ma cosa c’è dietro una città che funziona h24? Prima di tutto una organizzazione del lavoro delle attività della città completamente diverse, una sorta di ciclo continuo che coinvolge tutti, servizi privati e pubblici da ridisegnare su chi dovrà lavorare dunque più occupati, non necessariamente professionalizzati. E qui sorge un primo problema. Da un lato ci sarà chi può permettersi di vivere e lavorare in orari decenti non mettendo in gioco i suoi e i cicli biologici dei suoi cari, dall’altro una massa notevole di persone che per vivere dovranno adattarsi alla nuova realtà mettendo in gioco il proprio sistema relazionale e familiare, la propria salute e il proprio reddito. Chiunque abbia mai lavorato nei turni di notte può capire la portata del problema solo da questo punto di vista. Un secondo problema è rappresentato dalla necessità di riorganizzare i servizi per chi lavora: trasporti, welfare, asili, scuole, ecc. a meno che non si pensi che che questo sia un problema da mettere in carico agli individui coinvolti. In questo caso nascerebbe la necessità di creare un mercato del lavoro estremamente povero aperto a immigrati e poveracci indigeni disposti a tutto pur di avere un reddito. Cioè un modello sociale darwiniano dove i più forti sopravvivono decorosamente e gli altri saranno costretti ad arrangiarsi. Quindi una messa in discussione radicale dei diritti e delle conquiste sociali del ‘900. Un terzo problema è rappresentato dalle regole della concorrenza soprattutto nei confronti delle attività commerciali. I piccoli esercizi se non saranno costretti a chiudere dovranno lavorare prendendo come modello gli asiatici che tengono aperte le loro attività senza garantire alcun particolare standard di servizio europeo. Infine la qualità della vita. Nelle famiglie, nei quartieri e nella città. Ottima per turisti, ovviamente meno per i residenti. Quindi ci si orienterà verso quartieri riservati a chi potrà permetterselo e gli altri si arrangeranno. Una bella prospettiva, mi sembra. Manzoni diceva:”non tutto ciò che viene dopo è progresso.” Mi sa che aveva ragione..