Maurizio Landini futuro segretario generale della CGIL. Una riflessione.

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In tempi di leadership forti è evidente che Maurizio Landini si presenta con molte più chance di Vincenzo Colla come futuro segretario della CGIL. E anche come appeal per militanti sempre più spaesati.

Fa bene Giuseppe Sabella a rilanciare ciò che è stata una sua intuizione in tempi non sospetti  (http://bit.ly/2CySkAD). Il segretario generale ha fatto il suo endorsement. Adesso la parola passa al direttivo confederale. Un metalmeccanico che sostituisce un altro metalmeccanico di estrazione (Susanna Camusso).

Maurizio Landini ha mostrato diverse facce in questi anni e ha interpretato diverse parti in commedia. Difficile capire se anche questa volta si produrrà in giravolte politiche positive cercando di portare a sintesi  tutte le sensibilità presenti in CGIL oppure la scelta è la conseguenza logica dell’incomunicabilità che a sinistra ormai sta mettendo su sponde contrapposte i cosiddetti ricostruttori.

La CGIL è profondamente diversa dalle altre due organizzazioni sindacali. Sarebbe troppo semplice divedere categorie e dirigenti arruolandoli da una parte o dall’altra. Però il problema esiste. Impostazioni  diverse hanno prodotto una visione dell’azione sindacale, della contrattazione e del riformismo pur di radice socialdemocratica, molto  differenti. E ultimo ma non ultimo una inevitabile competizione interna tra queste visioni.

Il mandato di Susanna Camusso ha dovuto i fare i conti inizialmente con la riottosità che i metalmeccanici hanno sempre riservato ai dirigenti della loro Confederazione sentendosi sempre un po’ un’altra Confederazione  e all’astio che una parte della segreteria della categoria le aveva personalmente riservato in forza dei suoi trascorsi in FIOM.

Ma dall’altra ha dovuto comunque cercare di guidare la CGIL nelle acque tempestose di un contesto sociale e politico che ha sbriciolato e annichilito la sinistra nelle sue differenti espressioni.

La ricomposizione unitaria con la FIOM che rischiava di deragliare in fantasiosi progetti di coalizione sociale, la firma del contratto dei metalmeccanici, gli accordi interconfederali, il profondo ricambio e ringiovanimento interno non sono frutto del caso ma di un costante lavoro di confronto e di riflessione politica che non le saranno riconosciuti ma che, a mio parere, sono tutti da ascrivere alla Segretaria Generale uscente e alla sua squadra.

Indicare Landini come sintesi di questa complessità politica sarà pure l’inevitabile conseguenza. A mio parere, però,  è un errore.

Innanzitutto perché presuppone una forza organizzativa e una capacità di mobilitazione che non ci sono  più probabilmente  neanche nella FIOM. Il vecchio modello: obiettivo, lotta, risultato, non è riproducibile nel contesto attuale soprattutto a livello confederale.

Nel sindacato, in tutto il sindacato c’è una tendenza alla autoreferenzialità che rischia di essere ormai fuori controllo. Autoreferenzialità e deriva identitaria che Susanna Camusso ha, da parte sua,  cercato sempre di  contrastare. Soprattutto nel rapporto con CISL e UIL.

L’ego di Landini e la volontà egemonica della FIOM sono stati contenuti e governati solo grazie alla competenza, alla capacità e velocità  di iniziativa e alla leadership  del segretario della FIM CISL Marco Bentivogli supportato dalla pazienza e dalla serietà di Rocco Palombella della UILM. Molto più difficile sarà interloquire con Furlan e Barbagallo.

Ma una nuova stagione di rottura sindacale aggravata da un forte richiamo alle singole identità, tra l’altro mai sopite rischia di non essere utile ad un sindacato messo in un angolo dall’aggressività della “nuova” politica e dalla crisi delle diverse sinistre.

Basta osservare le difficoltà che hanno tutte e tre le organizzazioni confederali a rientrare in gioco con la politica impegnata nel gioco delle tre carte tra quota 100, reddito di cittadinanza e flat tax.  E, purtroppo dall’angolo non si esce con la vecchia logica dei documenti unitari dove si trova tutto e il suo contrario né alzando la voce e i toni o facendo il verso ai grillini.

Ci sono categorie e territori nella CGIL che hanno praticato politiche meno urlate ma ben più efficaci per i lavoratori rappresentati e spesso con una visione condivisa tra sindacati confederali,  concrete ed evidenti. Ed è questa, credo, la traiettoria sulla quale avrebbe voluto impegnarsi la parte meno attratta dagli strappi retorici e da una volontà di innovazione nel rapporto con le imprese.

Il rischio poi è che CISL e UIL, da parte loro,  leggano in chiave anti unitaria questa scelta e si attrezzino di conseguenza. Così come le imprese per motivi opposti. Il sindacato, tutto il sindacato vive una fase di grande appannamento strategico. CISL e UIL confederali,  almeno fino ad oggi, sembra abbiano rinunciato ad accompagnarne una evoluzione e una ripresa di ruolo preferendo atteggiamenti tattici, sostanzialmente predicatori e fortemente autoreferenziali.

La segreteria della CGIL con questa proposta netta sembra averlo capito e accettato come inevitabile salvo i distinguo di Vincenzo Colla. Landini, però, non è portato per leadership collettive e condivise. Quando ha potuto le ha liquidate senza grandi problemi.

Ma la CGIL non è la FIOM. Ed è difficile per un metalmeccanico capirlo e accettarlo. Vedremo se la metamorfosi in corso di Maurizio Landini, che oggi è possibile credere strumentale, farà emergere una maturità differente o annuncia all’orizzonte un destino per il maggiore sindacato analogo a quello che ha travolto la sinistra politica.

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