Metalmeccanico sarà lei!

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Siamo in vacanza e quindi non voglio anch’io mettermi a sparare sulla croce rossa. L’onorevole Arcangelo Sannicandro ha già fatto marcia indietro da solo dopo la figuraccia fatta in aula per contrastare l’intervento di un pentastellato che proponeva un taglio (teorico) degli stipendi dei parlamentari: “Non siamo lavoratori subordinati dell’ultima categoria dei metalmeccanici!”. Chiaro. Comunista, ex PCI, ex Rifondazione Comunista. Oggi SEL. Un pedigree di tutto rispetto. Probabilmente in passato qualcuno ne avrebbe chiesto conto al Partito. Oggi, no. Dopo Federica Guidi che si era sentita trattata come una “sguattera del Guatemala” dal suo compagno adesso tocca al “metalmeccanico” occupare l’ultimo gradino sociale. Ovviamente fa più scalpore soprattutto per molti della mia generazione per i quali i metalmeccanici hanno rappresentato, nel bene e nel male, la punta di lancia del movimento sindacale. Poi con il tempo, il “metalmeccanico” è ritornato, fortunatamente, ad essere un lavoratore normale come tutti i suoi colleghi degli altri comparti industriali. Così come il sindacato che li rappresenta al quale la crisi del fordismo, le riorganizzazioni aziendali e le ristrutturazioni ne hanno definitivamente ridimensionato le ambizioni politiche e quindi la volontà di egemonia sul resto del movimento. Nella CGIL, la FIOM ha continuato e continua tuttora a marcare una sua specificità convinta che, prima o poi, le contraddizioni economiche e sociali la riproporranno come protagonista in grado di essere un punto di riferimento per una rinnovata sinistra politica. Nella CISL, la FIM, da sempre costretta a misurarsi con le pretese egemoniche della FIOM, ha dovuto costruire una organizzazione in grado di stare sempre un passo avanti sia nelle proposte che nella capacità di negoziare e quindi di sottoscrivere accordi. La UILM, infine, ha sviluppato negli anni una sua caratterizzazione nella UIL che gli ha consentito una credibilità importante data da un profilo sindacale specifico e sempre rivendicato con determinazione. La crisi, la globalizzazione e le difficoltà di rilancio di un comparto che ha dentro di sé grandi eccellenze ma anche realtà che non riescono ad affrontare il cambiamento (su questo è interessante l’articolo di Di Vico sul Corriere di oggi) hanno fatto a pezzi le velleità egemoniche ponendo problemi complessi che non sono affrontabili osservando il contesto con lo specchietto retrovisore. Infine le rispettive derive identitarie che hanno contribuito, anch’esse, al ridimensionamento del  profilo politico della categoria. La sinistra che frequenta i salotti televisivi ne è rimasta ovviamente delusa. Ma, essendo parte della stessa crisi di visione e di proposta, ha mantenuto una sorta di sudditanza psicologica nei confronti dell’unica organizzazione che, a parole, ha continuato con un tranquillizzante verbalismo inconcludente di stampo novecentesco. La vicenda FCA ha costituito uno spartiacque importante per due ragioni. Innanzitutto perché il CEO del Gruppo ha capito che era arrivato il momento per chiudere un ciclo politico e sindacale e ha forzato la mano. In secondo luogo, ma non meno importante, Il fatto che una parte del sindacato (FIM e UILM) è riuscita a rientrare in gioco accettando una scommessa difficile e rischiosa. Una scommessa certamente vinta che ha rilanciato la credibilità di questa parte del sindacato nel comparto e nel Paese e accentuato la crisi organizzativa e di strategia della FIOM. Purtroppo due piattaforme presentate ad un difficile rinnovo del CCNL non facevano presagire nulla di buono soprattutto di fronte alla necessità di Federmeccanica di non restare invischiata su di un terreno tradizionale che ne avrebbe accentuato le difficoltà dopo l’uscita di FCA. Da qui la proposta di “rinnovamento contrattuale”, una mossa decisiva che dimostra la forte sintonia tra quell’organizzazione e le imprese che vi aderiscono. Ovviamente a spese degli interlocutori che si sono ritrovati uniti “contro” perché spiazzati da una iniziativa interessante per certi versi ma insufficiente sul piano economico. In autunno vedremo come finirà. Soprattutto vedremo se il sindacato metalmeccanico saprà ritornare protagonista sul terreno dell’innovazione. E, soprattutto, se potrà farlo unitariamente o meno. Personalmente non credo che ci sia spazio per un ritorno indietro. Quindi anche per la FIOM sarà un passaggio delicato e decisivo. Le polemiche seguite all’accordo con CONFIMI non sono certo di buon auspicio. Sul tavolo con Federmeccanica si gioca una partita importante per il futuro anche del sindacalismo confederale. Non è secondario ciò che si sta affrontando con le organizzazioni datoriali ma anche con lo stesso Governo sul tema delle pensioni e del lavoro. I metalmeccanici devono decidere se giocare fino in fondo la partita e rientrare in gioco insieme alle altre categorie o essere ai margini dei cambiamenti che comunque ci saranno. Soprattutto se farlo insieme. Ed è solo in questo modo che l’onorevole Sannicandro e chi la pensa come lui potranno avere la risposta che si meritano.

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