Una delle prime polemiche che hanno accompagnato la fase iniziale della pandemia è stata : si muore “per” o “con” il Coronavirus? C’è voluto un po’ di tempo per capire quanto la domanda fosse irrilevante nella lotta contro lapandemia. Ancora oggi numeri e percentuali rischiano di non dimostrare nulla. La contabilità sia sui contagiati che sui decessi è completamente inattendibile. Così come i confronti internazionali.
L’unico messaggio certo che viene veicolato è di stare in casa e di evitare i contatti umani. Assolutamente giusto se proposto alle persone singole. Meno se tiene quelli che devono decidere immobili e fermi al palo. Perché un dato è ineludibile.
Fino a quando possiamo resistere senza raggiungere il punto di non ritorno che potrebbe compromettere irreparabilmente e irresponsabilmente il nostro futuro?
Tutti convergono sulla necessità di prendere atto che questa crisi durerà a lungo. Non c’è picco che tenga e nemmeno un’ora “X” raggiunta la quale tutto potrà ritornare come prima. Non c’è la famosa nottata che deve passare. Ci vorranno anni. Inutile fare previsioni azzardate.
Tutti i dati confermano che il Corona è un Virus Democratico nella sua diffusione, perche’colpisce tutti, ma non nei suoi effetti letali, che sono concentrati principalmente, ma non esclusivamente, sopra una certa soglia di età.
Quindi sono necessari interventi che garantiscano tutele adeguate agli over 65 e alla parte epidiologicamente più a rischio della popolazione, e allo stesso tempo utilizzando, se serve, tutta la conoscenza e la tecnologia disponibile, altrettante adeguate misure atte a proteggere e a non mandare allo sbaraglio coloro che saranno chiamati alla graduale riapertura del Paese.
La diffusione del virus è planetaria, impossibile da circoscrivere completamente. A fasi di riduzione del contagio seguiranno fasi di riacutizzazione inevitabile. Dobbiamo imparare a conviverci a lungo perché in un mondo interconnesso è difficile ipotizzare di restare chiusi in casa fino alla scoperta del vaccino.
Occorre gradualità nella ripresa. Ritengo di buonsenso la proposta di Giovanni Cagnoli di riaprire prima possibile per fasce di età lasciando agli esperti il compito di individuare le contromisure migliori per poter ridurre il rischio, quali protezioni utilizzare e per quanto tempo. Alla Politica il compito di decidere i tempi e le modalita’ della ripartenza, come gestire gli impatti sociali, le conseguenze, le risorse necessarie sia sul piano sanitario che economico, le modalità della ripartenza. E farlo con l’urgenza necessaria.
La preoccupazione è che occorre evitare assolutamente che le necessarie e fondamentali protezioni sociali (la garanzia di un reddito totale o parziale) si trasformino, se prolungate nel tempo, in una trappola da cui sarà difficile uscirne.
L’altro punto è che, a mio parere, non tutte le aziende sono uguali davanti alla crisi. Né possono reagire allo stesso modo.
Per alcune, soprattutto sul versante dei Servizi e del Commercio, l’importante è riuscire a resistere ( non è cosa da poco ) fino alla riapertura. Quindi devono essere sostenute economicamente fino alla ripresa e tutelati i lavoratori coinvolti, considerando però che se la chiusura prosegue per troppo tempo il rischio di non riuscire a sostenerla economicamente è molto alto.
Per altre, quelle collocate sul versante della Produzione, molte delle quali operanti su mercati globali, fermarsi significa non solo dover sostenere come tutte i costi della chiusura (affitti, mutui, personale, etc ) ma li espone anche al rischio di doversi accorgersi, solo alla riapertura, di aver perso clienti, mercati e rapporti di fornitura (che difficilmente riusciranno a recuperare) con davanti come uniche alternative il fallimento o il dover finire facile preda del concorrente (o avvoltoio) di turno.
Tutto questo vuol dire che le aziende di Produzione ( di cui un Paese come l’Italia non può assolutamente fare a meno) hanno doppia probabilità di fallire ed è per questo che sono le prime che bisognerebbe aiutare a riaprire per prima (il che, detto da uno come me, per 35 anni nel Retail, che ha sempre visto l’Industria come fumo negli occhi ) la dice lunga sulla natura di questa crisi.
Concludendo, a detta di persone molto piu’ esperte di me, se le imprese non riprendono la loro corsa e non lo fanno rapidamente le conseguenze saranno ingestibili per il Paese. Giovanni Cagnoli ha calcolato che “Ogni posticipazione della riapertura ha un costo più che proporzionale. 2 mesi invece di 1 non costa 2 volte tanto; costa 2,5 volte (per dare un idea, non so se il parametro sia matematicamente corretto) 3 mesi invece di 1 costa 4 volte è così via.
Quindi a un certo punto, non so quando ma a un certo punto è cosi, il costo diventa così esorbitante da potere essere pagato solo con un elevato tasso di inflazione, cioè attaccando risparmio e pensioni”. Insisto, non c’è un prima ed un dopo. Ci sono decisioni e non decisioni che agevolano o compromettono la ripartenza.
Io credo che ciascuno si debba assumere le proprie responsabilità. E lo deve fare il prima possibile.
Facciamo che le mascherine diventino una moda ed il gioco è fatto !! Lo dico da un mese nell’ambito delle mie amicizie ed a mio figlio teenager (adoratore delle griffe); oggi , leggerlo sul taglio basso di Gramellini, mi fa solo piacere.
Dopo questa imprescindibile dotazione per uscire di casa, dovremmo a parer mio, come già detto qualche giorno fa, scaglionare per età il rientro al lavoro. Questa può essere solo una decisione collegiale fatta di medici e governanti; questi ultimi però dovranno assolutamente avere capacità decisionale , oltre ad essere un loro dovere che si sono scelti candidandosi !!
Condivido ogni parola
Caro Mario, consentimi un piccolo moto di orgoglio nel trovarmi allineato con una persona che stimo, come sei tu, già a partire dal mio messaggio del 25/03, che forse puoi ritrovare, e dal successivo in cui esortavo a passare dalle enunciazioni di principio alle proposte dirette.
In effetti ecco una prima proposta diretta ( primogenitura di Giovanni Cagnoli, come noto) : bypassiamo l’ordinanza ormai obsoleta “tutti a casa” sostituendola con “ a casa quelli che corrono il rischio maggiore di entrare in terapia intensiva e non sono soggetti produttivi principali” (gli over 65 ovvio) e fuori a produrre quelli a rischio minore e inseriti nella produzione (gli under 55)., gli intermedi 55-65 secondo verifica. Di mio ritengo di dover aggiungere due clausole sine qua non : 1) per primo gli enti preposti devono in tempi certi rendere disponibile il materiale di protezione esattamente nella quantità e qualità richiesta non con dichiarazioni televisive ma indicando i responsabili che dovranno pagare in caso di inadempienza (sarebbe la prima volta nella storia della repubblica) 2) le aziende potranno aprire i cancelli solo al momento che potranno garantire di avere tutto il materiale di protezione e la struttura che sia in grado di sorvegliare che le norme vengano rispettate. Sono clausole semplici e realizzabili, unica variabile , da verificare solo con l’esperienza, è se il popolo italiano sia finalmente diventato maturo sotto il profilo della disciplina e della responsabilità, perché questo progetto non ammette pressappochismo. Si alla libertà di circolazione ma disciplina ferrea nel rispetto della protezione. Bisogna realizzare che probabilmente siamo entrati in una fase nuova della storia della civiltà, quella del rispetto del creato.
Proporrei uno screening a tappeto prima di permettere a qualsiasi persona di qualunque età di rientrare al lavoro. E poi ripetere i tamponi ogni 2 settimane.