Non siamo certo al Protocollo sulla politica dei redditi e dell’occupazione, sugli assetti contrattuali, sulle politiche del lavoro e sul sostegno al sistema produttivo (Protocollo Ciampi-Giugni) del 23.07.93 ma l’accordo firmato dal Governo con le 32 associazioni della distribuzione, dell’industria, dell’artigianato, delle cooperative e del mondo dell’agricoltura è un segnale importante. Pur caratterizzato dalla classica liturgia prevista in questi casi a favore di telecamera per enfatizzare l’avvenimento, il ruolo del Governo e dei firmatari, il passaggio era comunque delicato e affatto scontato.
Il cosiddetto Trimestre Anti-inflazione prende il via alla presenza istituzionale della Presidente del Consiglio e dei ministeri competenti. Centromarca e Ibc che avevano tentato, in un primo tempo di sottrarsi “hanno confermato oggi a Palazzo Chigi, alla presenza del Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, del Ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso, e del Ministro dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste Francesco Lollobrigida, il massimo supporto dell’Industria del Largo Consumo al contenimento delle tensioni inflative”.
Così Federdistribuzione che ha ribadito “l’impegno del prossimo trimestre, durante il quale le nostre imprese potenzieranno l’offerta di risparmio per milioni di italiani, si aggiunge infatti a tutto lo sforzo messo in campo negli ultimi diciotto mesi per rallentare l’aumento dei prezzi al consumo, frenando la spinta della crescita dei costi energetici, delle materie prime e dei prezzi di listino dei prodotti industriali. Questo perché l’essenza stessa del nostro settore mette al centro la “Dedicata a te” per dare sostegno alle famiglie a più basso reddito, così come oggi il trimestre anti-inflazione che dimostra, ancora una volta, il senso di responsabilità delle nostre imprese”. E così tutto il resto dei presenti che si è metaforicamente impegnato con la classica firma collettiva.
Rispettata la liturgia cosa succederà ora? Innanzitutto la scelta di lasciare l’assoluta libertà ai firmatari di declinare il loro impegno puntando sulla responsabilità di ciascuno e non su una imposizione sottolinea la serietà dell’iniziativa. Ci sono aumenti di prezzo inevitabili che non possono essere fermati pena la sopravvivenza di realtà economiche, altri rinviabili e altri ancora frutto di decisioni discutibili legate alle strategie delle singole imprese. Le aziende quindi sono libere di dimostrare o meno la loro sensibilità sociale e di sentirsi parte o meno di uno sforzo collettivo nell’interesse del Paese e dei consumi delle famiglie. I diciotto mesi passati che hanno visto l’impegno sul tema delle insegne della GDO sarebbero passati nel dimenticatoio o banalizzati senza la conferma di questa sperimentazione per il prossimo trimestre.
Cosa portano a casa i firmatari? Innanzitutto la certificazione che Governo e firmatari esprimono una volontà comune di gestione di un tema fondamentale. E questo va al di là dell’effetto economico che produrrà. Non sappiamo né quanto durerà il conflitto in corso, né gli impatti a medio e lungo termine. Saper che quel tavolo è aperto e a cui si potranno aggregare altri protagonisti è di per sé un dato importante.
In secondo luogo quel tavolo consente ai protagonisti di far valere le rispettive esigenze. Infatti altri temi potranno essere affrontati per dare ancora più significato a quella firma. Soprattutto se questo esperimento dovesse dare qualche risultato è le parti dovessero concordare di prorogarlo nel 2024.
In terzo luogo, dà un segnale al Paese. Chi ha firmato crede che sul tema ci si possa seriamente impegnare attraverso uno sforzo comune. Sottrarsi nella messa a terra del patto dimostrerebbe solo l’inaffidabilità di chi dovesse tirarsi indietro. L’accordo prevede di non aumentare ulteriormente i prezzi nel trimestre. Non impedisce certo di diminuirli.
La realtà però ha dimostrato che la ripartenza post covid, gli aumenti delle materie prime e dell’energia, la necessità di “mettere fieno in cascina” aveva spinto molte imprese ad arrotondamenti dei listini verso l’alto ormai fuori controllo che alimentavano il dato inflativo rendendo la spesa soprattutto delle famiglie meno abbienti un esercizio sempre più complicato. Questo accordo dice al Paese che almeno quella spirale per i 32 firmatari da oggi si è fermata. C’è ovviamente chi sostiene che si sarebbe fermata comunque. I “patto scettici” insieme ai benaltristi abbondano ovunque ma tant’è.
Detto tutto questo è ri-sottolineando la natura sperimentale del Patto e al di là delle solite critiche cosa mi aspetto per il futuro? Innanzitutto che vengano coinvolte le organizzazioni sindacali. Una ripresa di richieste economiche fuori controllo come sta avvenendo in altri Paesi minerebbe la tenuta stessa dell’accordo e delle sue prospettive. Chi lo sottovaluta non considera tra l’altro l’elemento di coinvolgimento e di responsabilità sociale che potrebbe portare con sé questo atto.
In secondo luogo una coerenza sul piano fiscale o attraverso interventi mirati da parte del Governo. Possono essere messi in campo iniziative strutturali anche limitate nel tempo a sostegno che risolvano problematiche da tempo sollevate da imprese e settori. In terzo luogo che ciò che ha prodotto questa intesa in termini di coinvolgimento prosegua consolidando un rapporto di convergenza nella filiera tra i diversi protagonisti che la compongono. Il problema dei prezzi, della giusta remunerazione e delle responsabilità dovrebbe essere ricomposto senza bisogno del monitoraggio o di forzature della politica.
Infine per quanto riguarda la Grande Distribuzione vedremo se le singole insegne saranno all’altezza di questo impegno. Certo ci saranno furbizie e interpretazioni spregiudicate di quella firma. Vanno messe in conto. Ma alla fine del trimestre si tirerà una riga. Non credo che le associazioni dei consumatori inviperite per la loro esclusione dal tavolo, i media e tutti coloro che hanno interesse a tenere alta l’asticella per sottolineare i limiti e non le potenzialità dell’accordo, resteranno in silenzio. Fortunatamente il patto è partito in sordina. Le aspettative ci sono ma non sono elevatissime. Meglio così. La cosiddetta “passerella” c’è stata ma senza enfasi fuori luogo. Adesso suona la campanella. La ricreazione è quindi finita.