Non ho nessun rapporto con l’attuale ministro del lavoro né gli invidio il suo ruolo.
Sono tempi difficili e Poletti, sia chiaro, non è né Brodolini né Giugni. Da quando è al Ministero del Lavoro tutti, molto più di lui, si sono “impicciati” di lavoro mettendolo spesso in ombra.
Sopra, il Presidente del Consiglio Renzi, al Senato il Presidente della commissione lavoro Sacconi, alla Camera, Cesare Damiano. All’INPS Boeri. Senza parlare di Nannicini, ministro ombra o, al PD, il suo partito, di Taddei.
L’energia e i cervelli messi in campo sul lavoro in questi ultimi anni non hanno uguali in nessun altro dicastero. E senza la scusa della concertazione. Quindi senza l’assillo dei sindacati.
Poletti non verrà ricordato per nulla di tutto ciò che, nel bene e nel male, si è prodotto in questo periodo. Altri si prenderanno i meriti e i demeriti. Verrà forse ricordato per aver fatto il Ministro del lavoro mentre altri si occupavano alacremente di lavoro.
A lui è rimasto il compito più ingrato. Vendere i risultati. Non al Paese perché lì ci hanno pensato e provato altri. Ai media, ai tecnici e agli esperti. Mission impossible, direbbe qualcuno.
Poletti non mi piace quando strizza l’occhio sottobanco a certi personaggi della GDO favorendo, di fatto, situazioni di dumping tra imprese che operano sullo stesso mercato né quando si sbilancia troppo perdendo quel ruolo terzo che invece credo sia importante per chi si occupa di lavoro. È una materia ad alta sensibilità sociale. Troppi morti in Italia per cambiare il lavoro, troppi bersagli additati alla pubblica opinione. Troppi estremismi e troppi conservatorismi. E oggi diciamolo pure, ancora pochi risultati concreti.
Però credo che in questo Governo Poletti sia uno dei pochi esponenti con valori, idee e cultura del lavoro e della società molto più moderni e innovativi di altri ben più gettonati di lui.
Vorrei ricordare, innanzitutto a me stesso, che questo è un Governo di centro sinistra. E che se c’è una cosa che deve fare il centro sinistra è ritrovare un senso, una direzione di marcia intorno a valori condivisibili e praticabili.
il disagio sociale che è emerso con forza dal referendum lo dice chiaramente.
Quando parla Poletti non dice mai cose ovvie o scontate. Rischia quasi sempre l’autogol perché è fatto così. Dice quello che pensa. È difficile trovare, in politica, una persona che può darti la sensazione che le sue affermazioni traggano radici da convinzioni profonde, genuine. Credo siano le sue origini e il contesto nel quale è cresciuto.
Marta Fana sbaglia. Nell’articolo sull’Espresso usa una frase maleducata e fuori luogo del Ministro per addebitargli tutto ciò che è successo o non è successo in questi anni. Compreso il NO al referendum. Sarebbe tutta colpa di Poletti individuato come unico capro espiatorio di una situazione che ha ben altre cause e ben altre responsabilità.
Anziché completare il percorso iniziato con la Biagi lavorando sul nuovo concetto di lavoro e sulle politiche attive si è preferito tornare indietro illudendosi di poter ritornare a “contare” i posti di lavoro come antidoto alla mancanza di lavoro. E creare così un circolo virtuoso. Così si sono sprecate risorse importanti, si è inconsapevolmente rilanciata una vecchia cultura del posto di lavoro come modello da perseguire ma impossibile da realizzare concretamente e, alla fine, ci si ritrova con un referendum, proposto dalla CGIL, che, se effettuato, riporterà il tema al punto di partenza in un contesto politico e sociale sempre meno disponibile all’innovazione e al cambiamento. Basti vedere la vicenda dei voucher dove nessuno ha voglia di entrare nel merito o di valutare i dati reali.
Poletti ha sbagliato a parlare di una parte dei giovani espatriati quasi fosse soddisfatto di averli persi. Ha detto una grande sciocchezza. Come Fornero sui giovani tutti choosy, Padoa Schioppa sui bamboccioni o Martone sugli sfigati. Di questi tempi basta molto meno per essere invitato a farsi da parte. Allora le polemiche sono rientrate velocemente. Spero succeda così anche questa volta.
Il Ministero del Lavoro ha da gestire partite molto delicate mei prossimi mesi. Poletti è la persona giusta? Io credo di sì. Sia per parlare con tutti i sindacati sia con quella parte del PD che nutre pericolosi sentimenti di rivincita.
Condivido che, se non dovesse aver più voglia di fare il Ministro ė giusto che si faccia da parte. Ma se così non fosse, dopo aver chiesto scusa, affronti con maggiore determinazione e presenza tutte le partite aperte.
Dimostri che il suo Ministero è in grado di ridare una rotta al lavoro. Proponga un momento di condivisione e di proposta di tutti i soggetti in campo e di tutte le proposte praticabili. Il referendum appena svolto ha determinato un reset profondo di cui bisogna tenerne conto anche sul tema lavoro.
C’è un disagio sociale che va interpretato e a cui vanno date risposte. Non insista su litanie prive di significato, oggi. Dimostri, con i fatti, la capacità di imboccare una nuova direzione di marcia.
Se così farà quello che ha detto si dimostrerà solo uno stupido quanto modesto incidente di percorso.