Philip Kotler ci ha abituato a interessanti anticipazioni di quello che potrà essere l’evoluzione del business nel futuro. Non a caso parla di evoluzione H2H come evoluzione del B2B e del B2C. H2H che significa semplicemente Human to Human. La parola chiave sarà sempre di più rappresentata dalla personalizzazione. Ma come si può personalizzare il rapporto con il cliente in un contesto che rischia di essere sempre piú spersonalizzato come nell’impresa di oggi? Un altro esempio che segnala un cambiamento in corso è rappresentato da Starbucks. L’azienda americana ha deciso di sostenere economicamente i propri dipendenti che vogliono riprendere a studiare iscrivendosi all’università. L’azienda sa benissimo che i propri collaboratori (chiamati significativamente partner) potrebbero andarsene una volta raggiunto il loro obiettivo professionale ma non ritiene questo rischio un problema. Ha capito che l’apprendimento e la formazione continua rsppresentano la base sulla quale costruire un serio rapporto di partnership con vantaggi reciproci. In futuro dovrà essere così per tutte le imprese. La convinzione che l’impiegabilità di un collaboratore non sia un problema dell’azienda è figlia del contesto che abbiamo attraversato in questi anni. L’impresa trova nel mercato del lavoro ciò che serve, assume, decide inquadramento e retribuzione e, infine, licenzia quando le capacità o le competenze o i comportamenti o il costo espressi dal singolo non sono più in linea con i dettami aziendali. Questa impostazione che avrebbe dovuto favorire la nascita di una cultura di partnership vera tra impresa e collaboratore è degenerata a causa dell’assimetria del rapporto di potere tra i contraenti il patto stesso. La crisi ha poi fatto il resto. Basti solo sottolineare che fino a dieci anni fa era normale restare in una azienda per tre quattro anni e poi cambiare per migliorare la propria posizione. Oggi molte imprese non superano i tre quattro anni di vita e quindi spesso non sono in grado di onorare nessun patto pur sottoscritto con convinzione. Per questi e altri motivi lo scambio è stato via via sostituito dall’imposizione di comportamenti pretesi, dall’impossibilità a mantenere accordi sottoscritti trasformando cosí, in molti casi, il rapporto di lavoro in un vincolo solo per uno dei contraenti. È questo non crea certo quel clima necessario nel quale la prestazione individuale mette in circolo il massim possibile. E non basta più ricorrere alle classiche liturgie aziendali per motivare, spingere e coinvolgere i propri collaboratori che vengono sempre più percepite come finte e prive di coerenza. Nel breve le aziende hanno pensato di affrontare il problema quasi esclusivamente sul piano generazionale. Fuori gli over qualcosa e dentro stagiaire o giovani con il miraggio della carriera. I cosiddetti talenti. Politiche retributive estremamente selettive, strutture piatte, coinvolgimento full time o meglio h24. Ma questo, nel lungo periodo, funziona solo se la cultura del lavoro e dell’impegno professionale restano quella delle generazioni precedenti improntate su di un’etica del lavoro a prescindere. Quelle che vengono, in molte realtà, messe alla porta. Le nuove generazioni chiedono altro. Impegno si ma anche vita privata, formazione continua, crescita professionale, gerarchie meno opprimenti e più coerenti. Capi che insegnano e coinvolgono. Non che sfruttano idee e proposte. Rispetto e riconoscimento. Ma tutto questo non si ottiene con l’imposizione o con le regole del contesto precedente. Altrimenti nasce la disaffezione, il disimpegno e, prima o poi, la contestazione. Cambiare significa anticipare e rimettere le direzioni risorse umane a lavorare seriamente sul capitale umano a loro affidato. Significa considerare le risorse umane un patrimonio aziendale e non numeri in mano a capì isterici. Significa investire. Formazione continua finalizzata ad una effettiva impiegabilità della risorsa. Percorsi di carriera, colloqui di valutazione e sviluppo finalizzati alla crescita professionale. Un’azienda è innanzitutto rappresentata dal clima interno. È sentirsi parte di una squadra coerente e leale con i suoi membri che fa la differenza. Creare il contesto necessario è innanzitutto compito dell’impresa. E sarà la vera sfida dei prossimi anni.