Sostenibilità, proteine vegetali e Grande Distribuzione. Chi tira la volata in Europa

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Da tempo, in Europa si discute sulla necessità di diminuire l’utilizzo delle proteine animali per incrementare quelle  vegetali. Sicuramente, la guerra in Ucraina e i rischi legati alla sicurezza alimentare hanno contribuito a rafforzare l’idea di una strategia da coniugare agli obiettivi del Green Deal. La sostenibilità ambientale in agricoltura si fa quindi sempre  più importante per ridurre le emissioni di gas serra nel medio e nel lungo periodo. Una transizione di massa è però ancora lontana.

Secondo uno studio di Madre Brava, mentre ciascuno dei 15 maggiori supermercati europei ha fissato degli obiettivi per ridurre le emissioni derivanti dalle vendite di prodotti alimentari, solo cinque si sono impegnati ad aumentare le vendite di proteine vegetali. Nella GDO sono Lidl e Ahold Delhaize in gara per diventare i primi rivenditori al mondo ad allineare le vendite di proteine agli obiettivi climatici. Albert Heijn, una sussidiaria di Ahold Delhaize, ha deciso di portare  al 60% di tutte le vendite di proteine vegetali entro il 2030, come parte di un impegno più ampio da parte dei rivenditori olandesi. Uno degli elementi a vantaggio di Lidl e Ahold Delhaize è il fatto che hanno sede in paesi da tempo  “in prima linea nella transizione proteica a livello globale”, afferma Nico Muzi Managing Director a Madre Brava.

C’è poi l’imperativo climatico. “Dato che carne e latticini sono le maggiori fonti di emissioni nelle attività di un supermercato, gli obiettivi per riequilibrare le vendite di proteine sono una mossa fondamentale anche per raggiungere gli obiettivi climatici net zero”, spiega. Anche Aldi Nord, che opera nella Germania settentrionale, orientale e occidentale e in altri sette paesi dell’UE, proprietaria  di Trader Joe’s negli Stati Uniti, si è impegnata a raggiungere un obiettivo di transizione proteica 60/40 entro il 2030, ma solo nei Paesi Bassi. Altrove, Carrefour e Tesco hanno fissato degli obiettivi per aumentare le vendite di prodotti vegetali, ma senza mirare necessariamente a una riduzione dei prodotti animali.

Sotto questo aspetto è necessaria una certa cautela per evitare che le coltivazioni e gli allevamenti vengano delocalizzati fuori il mercato unico europeo, dove gli standard ambientali e di salute e sicurezza sono meno stringenti – altrimenti si rischia  comunque di vanificare comunque gli obiettivi green. In effetti, i Paesi Bassi sono in prima linea in questo movimento, con 11 supermercati locali che si sono impegnati a raggiungere un obiettivo 60/40 entro il 2030. Oltre ad Albert Heijn e Lidl, tra questi figurano anche Aldi Nord, Jumbo e Plus, tra gli altri. L’aumento della domanda di alimenti di origine vegetale ha portato anche a una riduzione degli acquisti di prodotti di origine animale: le vendite di carne sono diminuite del 16,4% nei supermercati olandesi dal 2020 al 2023.

Allo stesso modo, la Germania, dove la produzione di carne a base vegetale è cresciuta del 17% lo scorso anno, ha visto anche il consumo di carne calare. I principali rivenditori e produttori di generi alimentari hanno cavalcato quest’onda con azioni innovative. Lidl Germania, ad esempio, ha abbassato i prezzi dei suoi analoghi vegetali a marchio proprio per eguagliare o essere più economici di carne e latticini. Il suo marchio gemello Kaufland e le attività in diversi altri paesi hanno seguito l’esempio, così come hanno fatto i rivenditori Penny, Aldi Süd, Jumbo e Billa . “Non è una coincidenza che i maggiori cali nel consumo di carne in Europa siano (stati osservati) in Germania e nei Paesi Bassi”, afferma Muzi. “Questi due Paesi hanno costantemente mostrato alti livelli di consapevolezza ambientale tra il pubblico, insieme a un solido lavoro da parte della società civile per esporre gli impatti dell’agricoltura animale sull’ambiente, sulla salute e sul benessere degli animali”.

E aggiunge: “Dopo anni di campagne di sensibilizzazione dei consumatori sui benefici per la salute, l’ambiente e il benessere degli animali derivanti dal passaggio a diete ricche di vegetali, i consumatori olandesi e tedeschi, in particolare le generazioni più giovani come la Gen Z, hanno capito che fa bene alla loro salute e a quella del pianeta mangiare più vegetali e meno carne e latticini. Circa il 40% di tutte le vendite di proteine è già a base vegetale nei Paesi Bassi, dove tutti i rivenditori divulgano questo rapporto. Il rapporto invita inoltre i rivenditori a presentare un percorso chiaramente definito su come raggiungere i loro obiettivi di riduzione delle emissioni di Scope 3, in cui i cambiamenti dietetici devono avere un ruolo importante.

Ma anche una giusta transizione per gli agricoltori è fondamentale: una transizione verso diete allineate alle raccomandazioni della Commissione EAT-Lancet potrebbe aumentare sensibilmente il loro reddito in Europa entro il 2050. Altrettanto importante è supportare i consumatori. Tagliare i prezzi dei prodotti vegani per allinearli a quelli di carne e latticini, ed esporli uno accanto all’altro, come ha fatto Lidl nei Paesi Bassi , sono azioni altamente efficaci. “Dal punto di vista della salute, del clima, dell’acqua, della deforestazione e della biodiversità, è molto difficile giustificare che i soldi dei contribuenti dell’UE sostengano la produzione di carne bovina con una cifra pari a  1,4 euro al kg  e quella di verdure con appena 0,4 euro al kg”.

Una  transizione più rapida verso diete ricche di vegetali è necessaria per motivi di “salute, clima e convenienza”, conclude Nico Muzi. “Innanzitutto, la transizione aiuta a riequilibrare le vendite di proteine per soddisfare gli obiettivi di salute in linea con le linee guida dietetiche più avanzate nell’UE. In secondo luogo, i supermercati non possono soddisfare gli obiettivi climatici senza riequilibrare le loro vendite di proteine. In terzo luogo, i supermercati possono rendere i legumi e le alternative vegetali più economici e accessibili, soprattutto per le famiglie a basso reddito”, dice Muzi a Green Queen.

E da noi? Sono 17,7 milioni (su 25,6 milioni) le famiglie che acquistano prodotti a base vegetale. È il dato che emerge dall’analisi di NielsenIQ commissionata dal Gruppo prodotti a base vegetale di Unione italiana food e presentata a Milano. Un fatturato intorno ai 700 milioni di euro con un forte  potenziale di crescita. Vedremo se ci si accontenterà di un ruolo da follower o qualche insegna assumerà ruoli da leader in questa inevitabile transizione. 

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