Patrizio Podini è una persona seria. È stato il primo a mettersi di traverso quando tra i fornitori qualcuno sembrava volesse anticipare aumenti a suo parere non sempre giustificati ma non ci ha messo molto a capire che la situazione stava prendendo una brutta piega. Il patron di MD espone nell’intervista al Mattino tutto il suo pessimismo rispetto a quello che ci aspetta nei prossimi mesi. Aumenti consistenti interesseranno praticamente tutta la filiera agroalimentare.
Il suo grido di allarme chiama direttamente in causa il Governo con l’obiettivo di evitare che quello che appare ad alcuni osservatori come un elemento che attraverserà il 2022 si trasformi in un dato destinato a proseguire nel tempo innescando inevitabilmente una spirale di aumenti prezzi/salari che rischia di far deragliare le speranze di ripresa del Paese. La linea Maginot improvvisata dalle insegne, più preoccupate dalla concorrenza che dal problema in sé, sta cedendo rovinosamente. Resistere alle richieste indipendentemente dalle loro ragioni si sta dimostrando un errore perché non se ne percepisce la concreta efficacia vista la sensazione dei consumatori che la situazione sia ormai sfuggita di mano.
Il Governo si è tenuto alla larga contando sul fatto che la filiera avrebbe assorbito una buona fetta degli aumenti scaricandone solo una parte sul consumatore finale. D’altra parte lo stesso Ettore Prandini, Presidente di Coldiretti ha indicato come soluzione possibile l’avvio di un tavolo di filiera dove, a fronte dei ricarichi (ritenuti da lui eccessivi) degli ultimi anni di alcuni protagonisti della filiera, si stabilisse su quella base di suddividere l’effetto degli aumenti per evitare di scaricarli interamente sul consumatore. Non è quello che hanno in mente né la GDO né Federalimentare. Un tavolo che, come è semplice comprendere, non decollerà mai né il Governo si farà coinvolgere più di tanto. L’ho già scritto (https://bit.ly/3fpQQdr).
Il Ministro Cingolani ha spiegato bene la situazione. Assorbire per intero il contraccolpo dell’aumento dei costi energetici e delle materie prime richiederebbe risorse che non ci sono e metterebbe in forse lo stesso PNRR. Il cavalier Podini ha capito benissimo che gli aumenti arriveranno sui lineari. E rischiano di essere pesanti. Non a caso sottolinea che “noi aumenteremo un po’ i prezzi cercando di contenerli al massimo, ma speriamo di conquistare nuovi consumatori e che questi, quando confronteranno i nostri prezzi con quelli dei supermercati, ribadiranno la nostra competitività”.
Ed è proprio per questo che le operazioni tattiche scatenate da alcune insegne per bloccare sul nascere le richieste dell’industria e fidelizzare i propri consumatori si trasformeranno presto in armi spuntate. C’è solo una strada percorribile in una situazione di emergenza. Ed è quella di concentrare tutto ciò che è possibile, eventuali sostegni governativi compresi, per un periodo ragionevole, su un gruppo di prodotti concordati ritenuti indispensabili per le famiglie. Occorre rafforzare con politiche di prezzi calmierati i panieri che già alcune insegne propongono da tempo. Difficile pensare che si possa sostenere tutto e il suo contrario.
L’errore di molti osservatori è di identificare nella fine della fase acuta della pandemia il possibile ritorno alla fase precedente. Non sarà così. Quindi inutile sperare che passi la nottata. L’effetto trascinamento continuerà.
La pandemia ha prodotto conseguenze sul lavoro, sulle scelte di vita e di consumo, su come divertirsi e relazionarsi che non tutti gli operatori su piazza sono in grado di cogliere. Ha anche prodotto un’accelerazione violenta dei fenomeni legati all’emarginazione. Problemi che covavano da tempo sotto la cenere nelle periferie urbane. Molti sperano in un semplice ritorno al passato. Si dovranno ricredere presto. Soprattutto quelli che si sono attestati esclusivamente sulla facile logica dei ristori.
La pandemia ci ha cambiato. Ha scavato in profondità le distanze rendendo ancora più fragili i rapporti tra generazioni, redditi, etnie, territori. Il fuori onda tra Attilio Fontana e Beppe Sala (https://bit.ly/365l18j) è sintomatico di cosa rappresenterà la gestione del PNRR. L’intreccio tra partiti, territori, priorità e risorse disponibili. Un intreccio che determinerà un cambio in profondità dell’intero quadro politico. Altro che riforma elettorale. Il Governo fino ad ora ha dovuto gestire l’emergenza. Adesso deve pensare a ricostruire un nuovo Paese. Il PNRR serve a quello. La pandemia e i ristori hanno per certi versi narcotizzato i problemi sociali ed economici. Ci hanno fatto sembrare tutti uguali di fronte al virus. In realtà ha solo nascosto tutte le contraddizioni sotto il tappeto.
L’inflazione è il segnale che la ricreazione è finita. È la campanella che ci richiama alla realtà. Conservatori e innovatori nel post pandemia non si misureranno sulle parole ma sui fatti. L’attuazione del PNRR è la linea che li distinguerà. Sia che dovessimo decidere di tornare indietro o di andare avanti il conto da pagare sarà molto salato per tutte le categorie sociali seppure come ovvio, non colpirà in modo omogeneo.
Pensare però che tutto si possa risolvere mantenendo ciascuno ciò che ha e scaricandone i costi sugli altri o semplicemente mandando il conto al Governo è l’unica cosa che non possiamo più permetterci.