L’enfasi con la quale vengono spesso presentate le operazioni di M&A non trovano molte volte riscontri concreti all’altezza delle aspettative iniziali e non solo per una sopravvalutazione delle strategie che le hanno determinate. La realtà spesso pone problematiche che, se sottovalutate, ridimensionano quelle aspettative o introducono complessità in corsa che spingono a continui aggiustamenti successivi. I tempi troppo stretti o troppo dilatati dell’operazione, le differenti culture tra chi acquisisce e chi viene acquisito, la qualità della comunicazione interna e esterna, le ricadute sociali e occupazionali che determinano, le competenze e la gestione delle risorse umane influiscono e modificano il contesto.
Il MIP – Politecnico di Milano, con un percorso di riflessione, si propone di affrontare queste criticità attraverso l’analisi dei best performer e delle buone pratiche messe in campo in questi casi. E di approfondirli attraverso la presentazione di casi aziendali, situazioni specifiche e testimonianze.
Per quanto mi riguarda ho aderito con particolare disponibilità alla loro richiesta perché ritengo importante trasmettere l’esperienza personale e le idee maturate in contesti differenti soprattutto ai più giovani. Ho gestito numerosi casi di M&A come Direttore Risorse Umane. I due principali hanno riguardato l’acquisizione da parte di Danone della Galbani dove ho gestito tutto il piano di riorganizzazione e gli impatti sulle risorse umane e l’acquisizione di REWE di Standa Commerciale attraverso Billa Italia.
Il mio punto di osservazione come esperto nella gestione di queste situazioni mi ha consentito di approfondire sia le tradizionali problematiche tipiche delle operazioni di M&A che le conseguenze sulle persone coinvolte e sulle relazioni sindacali. Motivo per il quale ho seguito fin dall’inizio con grande interesse, come osservatore esterno ed esclusivamente da un punto di vista tecnico professionale il caso Conad/Auchan.
Caso estremamente interessante per diversi motivi. Innanzitutto per la sua particolarità. Unico nel suo genere. Un consorzio formato da oltre 2500 piccoli imprenditori raggruppati in sei cooperative acquistano le attività nel nostro Paese di una multinazionale francese della GDO tra le più importanti a livello europeo e con presenza in numerosi settori economici. Le differenze sul piano culturale, organizzativo e le complessità gestionali sono evidenti e tutte da allineare.
Un secondo elemento è dato dalla difficoltà insita nel negoziato sindacale. Le ripercussioni interne e sui protagonisti di una multinazionale che ha deciso di lasciare abbastanza precipitosamente il nostro Paese, la scarsa sindacalizzazione, le profonde differenze sul piano delle relazioni industriali centrali e locali, hanno ulteriormente complicato il quadro di riferimento.
Da una parte un percorso guidato da consulenti determinati con passaggi ruvidi e obbligati e tempi stretti e dall’altra un sindacato in evidente difficoltà di ruolo perché prigioniero di liturgie inefficaci. In mezzo una parte importante di lavoratori e di manager destinati, per una parte, ad accettare la sfida del cambiamento e dell’integrazione e, per un’altra parte costretti a scelte professionali diverse e tutt’altro che facili da realizzare.
Un terzo elemento, altrettanto importante è dato dalla qualità del presidio del mercato attraverso i punti vendita pur di diversi formati. Clienti da riconquistare, grandi formati in crisi da ripensare, sovrapposizioni tra insegne. Infine i tempi di integrazione. Importanti ovunque, determinanti dove si gioca la propria capacità di riprendere clienti persi, fatturato e leadership nel comparto tra esigenze del singolo imprenditore, inevitabili tensioni e equilibri complessivi del sistema.
Un caso che comprende quindi tutte le difficoltà e le sfide possibili. Un’operazione però che nella testa di chi l’ha progettata, guarda lontano, unica nel suo genere e che getta le basi per il rafforzamento e la crescita di quella che è l’insegna leader della GDO nel nostro Paese.
La realtà, e qui si dimostra l’importanza del percorso proposto dal MIP, dimostra che queste operazioni hanno un decorso imprevedibile e diverso dalle aspettative iniziali. Per chi le progetta, per come vengono gestite, per i comportamenti delle parti sociali che vi interagiscono e per i risultati attesi. Ma anche per le ripercussioni sul proprio sistema.
Per governarle al meglio occorrono determinazione, pazienza, capacità di ascolto e autorevolezza. Doti fondamentali per manager e imprenditori visionari, moderni e lungimiranti. Doti che non sono acquisite una volta per tutte ma che devono essere rinnovate ogni giorno. Soprattutto quando è necessario adattare in corso d’opera le proprie strategie. Dall’altra parte occorrerebbe anche un sindacato che accetta la scommessa sul futuro ma sa stimolare l’impresa con contropartite realistiche e non velleitarie.
Elementi fondamentali questi per le dinamiche che devono caratterizzare il principale Gruppo della GDO italiana che con questa operazione vuole crescere per guardare sempre più ai mercati globali, agli interessi complessivi dell’intera filiera agroalimentare e rafforzare la sua presenza nei territori ma che dovrà necessariamente migliorare nella qualità della gestione delle risorse umane e delle relazioni sindacali.