UNES. Quando una procedura di riduzione del personale non ben valutata fa più danni di ciò che vorrebbe risolvere….

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Nell’incontro del 19 ottobre presso il Glam Hotel di Milano si è tenuto il secondo incontro con la direzione di UNES previsto dalla procedura di riduzione di personale presentata il 29 settembre. Secondo fonti sindacali l’azienda ha inizialmente ribadito il suo progetto: un cosiddetto “referente aziendale” inquadrato nel secondo livello del CCNL che avrebbe dovuto sostituire formalmente il “direttore” pur continuando a svolgere le medesime attività di primo livello. Quindi nessuna riduzione  di attività e funzioni. Solo di stipendio. Una richiesta  che, presentata così,  è stata rispedita al mittente.

E,  continuando a leggere  il comunicato sindacale:  “Le figure ritenute idonee a ricoprire tale ruolo sarebbero state individuate da un’agenzia di consulenza esterna attraverso prove scritte ed orali e tramite criteri del tutto discrezionali, mentre quelle non idonee sarebbero state automaticamente ritenute in esubero e dunque destinate all’uscita o ad un mortificante demansionamento, utile esclusivamente alla salvaguardia occupazionale”.

Il sindacato, com’era prevedibile,  non  ha potuto far altro che respingere questa impostazione. Creare figure professionali al di fuori del perimetro del CCNL in presenza in azienda  dei titolari del ruolo cercando di sotto  inquadrarle sarebbe stata una operazione  che non avrebbe retto a lungo in nessun tribunale. Anche da parte di chi, obtorto collo, l’avesse accettata e quindi subita, in alternativa al licenziamento. Il ripensamento dell’azienda, pressata dai sindacalisti presenti, ha però segnalato la persistente confusione del management sulla scelte organizzative in grado di contribuire, attraverso un contenimento dei costi,  ad un possibile rilancio dell’azienda.

Rilancio che non sembra essere, a detta dei sindacalisti,  presente nelle parole dei responsabili aziendali al tavolo. La causa della procedura stessa  sarebbe da ricercare  nell’espansione dei discount, nei concorrenti, nell’inflazione, nel destino cinico e baro, ecc. Insomma la colpa è da ricercare altrove. Non bisogna essere degli esperti per comprendere che tagli pesanti del personale non accompagnati da un’idea di futuro o almeno, da una parvenza  di rilancio non portano da nessuna parte. Scartata quindi la prima proposta, assolutamente impraticabile, la nuova prevederebbe il mantenimento dell’attuale figura del “Responsabile del punto vendita”, inquadrato come previsto dal CCNL. Gli esuberi (101 unità) il cui numero  resta invariato, verrebbero gestiti, sollecitando possibili scelte individuali, attraverso  3 opzioni: 

1) Per chi si trovasse a 2 anni o meno dal raggiungimento del requisito pensionistico, l’integrazione della NASPI al 100% della retribuzione netta.

2) Per chi si trovasse a più di 2 anni dal requisito pensionistico, la possibilità di una uscita volontaria incentivata con 18 mensilità.

3) Per chi non volesse uscire dal perimetro aziendale, la possibilità di mantenere la medesima RAL e lo stesso livello d’inquadramento, ma con attribuzione di mansioni inferiori alle attuali. (Qui non si capisce se l’offerta è finalizzata a trasformare un direttore in un capo reparto o, con maggiore sensibilità aziendale e rispetto della professionalità acquisita, viene  timidamente accennata una possibilità  di assorbimento anche nel canale ipermercati) 

All’esito  delle disponibilità che saranno manifestate, il confronto riprenderà il 9 novembre, anche per concordare una proroga dei termini della fase sindacale della procedura al fine di consentire lo svolgimento del negoziato in modo coerente con il percorso delineato” conclude il comunicato sindacale.

Ovviamente l’azienda avrà (spero) già fatto dei sondaggi o delle valutazioni precise per misurare l’eventuale presenza delle persone interessate alle opzioni proposte. Quello che non è chiaro è la ragione che ha spinto i responsabili a creare un’inutile diversivo impraticabile  e un pessimo clima aziendale in Unes per poi riposizionarsi su un altro livello di confronto.

Cosa si percepisce dall’esterno?

L’azienda non ha un piano vero di rilancio però ha individuato nei direttori e nei vicedirettori di punto vendita un costo da eliminare. Si è poi accorta dell’ impraticabilità della sua proposta e adesso punta, cosa che avrebbe dovuto fare fin dall’inizio, a trovare soluzioni che consentano di raggiungere lo stesso risultato economico senza individuare inutili bersagli. Resta però un dato ineliminabile.

Sul piano della messa in discussione  di una figura professionale decisiva nella vita aziendale e alla sua motivazione nella guida delle squadre di punto vendita  il danno ormai è fatto. Non è più sufficiente il ripensamento annunciato. Con quale spirito i manager commerciali di sede, affronteranno i punti vendita? Con quale credibilità chiederanno sacrifici e impegno alle persone coinvolte? Chi ha deciso questa strategia di riduzione del personale  dovrebbe essere il primo ad essere messo alla porta. Mi viene in mente un caso recente di un altro comparto. Il quotidiano La Stampa sta perdendo copie. Il 12% nel 2022 e il 14% nei primi 9 mesi del 2023. La raccolta pubblicitaria è calata di un terzo rispetto al 2018. ‘azienda del gruppo Gedi, prima ha sostituito il direttore del quotidiano (responsabile principale della perdita di copie e in questi giorni  apre una procedura per prepensionare qualche decina di risorse).  In UNES, no.

Chi ha deciso questa procedura è riuscito in un’impresa difficile: scontentare più o meno 300 persone circa indicate come problema dalla procedura stessa e destabilizzare  contemporaneamente tutto il resto dell’azienda. Vista la confusione se  dovessi decidere cosa fare innanzitutto chiederei direttamente a Marco Brunelli se questa è la nuova filosofia aziendale. E se lui la condivide. Ammesso che ne sia al corrente.

In conclusione.

Sul mercato c’è una carenza di risorse in generale. C’è poi una difficoltà aggiuntiva a reperire buoni responsabili di punto vendita. I migliori di UNES o almeno chi ha contatti in altre aziende stava già  valutando  di andarsene. Oggi può contare su di un incentivo di 18 mesi.  Chi non ha questa possibilità tenterà di mantenersi lo stipendio pur accettando un ruolo dove sono previsti mansioni e inquadramento inferiori cercando di rilanciarsi professionalmente magari negli Iper (se ho compreso correttamente il senso della proposta). Azienda e sindacati si rivedranno il 9 novembre. Vedremo se  alle parole seguiranno  i fatti. Spero, per le persone coinvolte e per tutte le altre preoccupate del loro futuro, che sia veramente così.

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13 risposte a “UNES. Quando una procedura di riduzione del personale non ben valutata fa più danni di ciò che vorrebbe risolvere….”

  1. Buongiorno a tutti. Unes, i problemi sono iniziati da circa un anno e mezzo, quando prima Gasbarrino e Brenna poi, se ne sono andati, poi sono stati “fatti fuori” tutti i loro (ex) collaboratori. Così il nuovo management di Unes arriva da Iper, persone di alto profilo ma Unes e Iper sono due realtà completamente diverse per poterle sovrapporre!
    Ora siamo arrivati a tutto questo…. Che dire, tagliare i posti di lavoro non perché il fatturato sia calato (fino al 2022 in crescita) ma per calo dell’utile, perché le spese di gestione dei costi (manager e sede) sono aumentati vertiginosamente.
    Il Patron Marco Brunelli, secondo me non ne sa nulla! Sarà meglio metterlo al corrente!
    Bisogna anche ricordare che è stato rinnovato quasi completamente il management di Finiper. È il nuovo management di Finiper che detta regole a Unes (un tempo “indipendente” e forte), che determinerà le sorti di Unes.
    Le richieste di Finiper al quanto strane. Non mi capacito che Finiper possa aver pensato determinate scelte (in via di miglioramento) dal momento in cui non sono i punti vendita il problema (anche se quest’anno si proietta un calo delle vendite). Vedremo come si risolverà la questione ma ripeto il Patron Marco Brunelli deve essere messo al corrente, sia della situazione, sia dei modi/proposte al quando discutibili dei suoi manager, i punti vendita sono ben distribuiti sul territorio con una buona affluenza/rotazione. La soluzione non è tagliare il personale dei punti vendita (direttore e vice) ma avere un management di Unes specializzato/visione in Supermercati, con idee chiare, per far si che Unes continui ad essere competitiva.
    Grazie.

  2. Buona sera,
    Grazie a Mario per l’attenta analisi,credo che a questo punto sia il caso che il management di cui stiamo parlando ,abbia almeno la coerenza di chiarire la strada che vuole percorrere, altrimenti il risultato sarà che i migliori se ne andranno,per poi inclinare ancora di più una situazione al quanto in bilico.
    E più su nessuno si mette in allerta.
    La soluzione non è sempre semplice,ma il più delle volte neanche così complessa,il pesce puzza sempre dalla testa.

  3. Attenzione!
    Il blog è aperto ai contributi di chiunque. Non saranno però pubblicati interventi che contengono accuse non documentate, volgarità e insulti.
    Buona continuazione.

  4. mi sono sempre chiesto come potesse stare,ora che tutto scricchiola, in piedi Unes e U2! prezzi altri, referenze a marchio identiche nella qualità ma non nel prezzo.a quelle dei discount… Esselunga firma solo prodotti qualità…

  5. “in riferimento alla procedura di riduzione del personale, è nostra intenzione incontrarvi domani 27 OTTOBRE 2023, ore 14:30, al fine di comunicarvi i nuovi contenuti della trattativa in essere”

    Questa la mail ricevuta da parte dell’ azienda. Sembra un modo per scavalcare i sindacati.

    1. L’azienda ha diritto di comunicare ai suoi quadri cosa intende fare. Nessun problema. L’avrebbe però dovuto fare prima di aprire la procedura.

  6. Gentile signor Sassi, come ben sa il 9 del mese corrente ci sarà un nuovo tavolo sindacale tra la rappresentanza dei lavoratori e la dirigenza Unes. Andando oltre le questioni “legali” io mi chiedo e le chiedo: ma la dirigenza non si sta rendendo conto che la realtà nei singoli negozi sta sfuggendo di mano? Gli “area manager” girano nei negozi, fanno la voce grossa, minacciano (e in alcuni casi fanno) provvedimenti disciplinari, ma la realtà dei fatti è una e semplice: con questa spada di Damocle sulla testa il lavoratore non riesce a lavorare come lavorava fino a non molto tempo fa. I risultati sono alla luce del sole, sotto gli occhi di tutti. Attendiamo i vari area manager, i vari M., G., P., A. e chi più ne ha più ne metta. I vari Lup.&Co. con le loro squadre d’assalto, pronti a minacce di varia natura. Ma la realtà è e resta una: quando paventi un centinaio di licenziamenti senza definire nomi e criteri come puoi aspettarti una resa da parte del lavoratore che sia almeno all’80% (un numero buttati là, ma che dà l’idea)? Questo non significa che da parte dei lavoratori ci sia uno “sciopero bianco” in corso, le braccia non sono incrociate durante l’orario di lavoro (e neanche in tasca visto che i pantaloni della divisa ne sono sprovvisti), ma lo spirito di abnegazione e sacrificio (ben oltre misura, giorno e notte, sette giorni su sette) è stato evidentemente parcheggiato fino a data da definirsi. E anche quando il tutto si risolverà…. Come pensare che quanto accaduto non avrà delle ripercussioni? C’è stata una impennata di tessere sindacali, gente pronta a fare vertenza per ogni torto subito (e tra turni che vanno oltre le ore consentite, stacchi tra un turno e l’altro non rispettati, impossibilità nel rispettare le norme di sicurezza, assenza degli addetti alle emergenze e l’elenco potrebbe continuare a lungo, di argomenti ce ne sono tanti), e io mi chiedo come si possa pensare di gestire così dei punti vendita. Volgarmente mi verrebbe da dire che la dirigenza si è “sparata sui coglioni” da sola. I vari “area manager” vanno nei negozi e minacciano e al contempo dicono “state tranquilli”, l’azienda non licenzia. In altre parole: zitti e lavorate. Senza clamore, senza proclami, senza la necessità di gridare ed affiggere manifesti. Nei negozi basta che due braccia rallentino il ritmo (e non dimentichiamo che non siamo pagati a cottimo, che non siamo macchine, che la stanchezza, l’ansia per lo stato di cose presenti, il mal di schiena, sono tutti elementi naturali e umani) e gli scaffali si svuotano in fretta… L’azienda ha fatto i conti con tutto ciò? Consiglio agli eventuali futuri compratori di fare leva anche su questi tasti per contrattare sul prezzo. Il valore di una azienda è -anche- molto legato allo spirito di empatia dei lavoratori nei confronti dell’azienda stessa.

    1. La ringrazio per la mail. Penso anch’io che chi gestisce Unes pro tempore stia sbagliando. È sinceramente non ne capisco le ragioni. Per questo seguo la vicenda da vicino. Presentare quella procedura è stato un errore da matita blu. Adesso stanno correndo ai ripari ma la fiducia, una volta incrinata, è difficile da recuperare. Se continuerò ad avere notizie darò il mio contributo di riflessione nella speranza che tutte queste decisioni trovino uno sbocco positivo.

  7. Buongiorno,
    nei giorni scorsi mi sono recato in sede in quanto dovevamo discutere della mia situazione lavorativa.
    Dopo tanti anni di dedizione totale a questa azienda, mi hanno colpevolizzato come denigrato, caricandomi di responsabilità assurde e scaricandomi di tanta energia umana e lavorativa.
    In compenso, ho visto (come sempre) tanta gente pacificamente dedita a far finta di lavorare.
    Negli anni, salti mortali per far andare avanti i negozi dove ho lavorato e gestito, contro il vento dei continui disservizi creati dalla sede. Tante segnalazioni che non sono servite a nulla.
    Ogni anno sempre peggio (la sede non ci supporta…).
    Vedo ancora tanta gente che da anni mangia a piene mani negli sprechi.
    Macchine aziendali a profusione, livelli ad incapaci che in tanti anni hanno fatto più danni che altro.
    Si doveva rompere con il passato, ma questo sta avvenendo solo nei negozi e senza i giusti criteri.
    Il Natale sta arrivando e quasi sicuramente sarà un disastro totale…

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