Unire le forze per crescere. Il caso Decò Italia.

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Inutile voltarsi indietro. Solo tra il 2012 e il 2023, in Italia, sono spariti oltre 111mila negozi al dettaglio (-20,2%, un’impresa attiva su cinque) e 24mila attività di commercio ambulante. La stessa GDO che aveva rappresentato lo spauracchio del piccolo commercio a partire dagli anni 70 del secolo scorso sta interpretando in termini dimensionali un modello di business  che, complessivamente,  inizia a intravedere il suo capolinea. Pochi si interrogano sul suo futuro. Sia l’incedere lento ma progressivo dell’online con la crescita dei discount che la proliferazione “selvaggia” dei punti vendita nei territori  segnalano che, la fase dove c’era spazio di crescita per tutti, indipendentemente dalla taglia e dalle risorse economiche e umane a disposizione,  si avvia al suo declino.

Sono due, a mio parere,  le domande cruciali che un piccolo imprenditore si trova oggi a dover rispondere. Innanzitutto se l’impresa che ha messo in piedi o ereditato dai suoi genitori e che è stata costruita in un certo modo debba andare avanti sempre così. Se il mantenerla e continuare a gestire avendo la stessa strategia, la stessa idea di fondo e la stesse intuizioni di chi lo ha preceduto anziché un vantaggio competitivo non rischi di trasformarsi piano piano  in un’ossessione etnocentrica. Le imprese sopravvissute o affermate, anche senza necessariamente crescere in doppia cifra, sono quelle dove le generazioni che le hanno ricevute in qualche modo le hanno reinterpretate attualizzandole. In altre parole se da “eredi”  si sono fatti, essi stessi,  “imprenditori”. L’impresa non basta replicarla uguale a sé stessa quando cambia il contesto intorno. Va necessariamente trasformata. La seconda  domanda è se, di fronte agli inevitabili passaggi generazionali  è più importante che sopravviva l’impresa oppure che ci continui a lavorare dentro la famiglia indipendentemente dalla capacità e dalle competenze che esprime. A queste due domande un imprenditore preoccupato del futuro della sua impresa non può sfuggire.

Il 99% del tessuto imprenditoriale italiano è rappresentato da PMI: un esercito di imprese che svolgono un’attività fondamentale per l’economia del nostro Paese. Il punto è come non perdere i vantaggi della dimensione senza subirne i limiti. Penso alla conoscenza del mercato di riferimento, alla flessibilità, al rapporto più stretto e personale con i clienti e con i collaboratori, che si traduce a sua volta in una maggiore fidelizzazione che facilita la personalizzazione dei servizi per soddisfare ogni esigenza e determina nei dipendenti un maggior coinvolgimento nella vita e  negli obiettivi dell’azienda. Creando però, alleanze e sinergie con altre realtà simili, si possono creare condizioni positive sia sui costi che sulla competitività ma soprattutto sulle prospettive future. Avere un partner permette di accedere a nuove risorse inclusi nuovi clienti, tecnologie e capitali. Creare una partnership con altre aziende consente di acquisire nuove conoscenze, condividere i rischi, mitigare le esposizione alle recessioni e ai cambiamenti imprevisti del mercato. La condivisione dei rischi economici e degli investimenti è un volano determinante per la crescita per le piccole insegne. Ciò consente anche  l’ingresso su nuovi mercati e il contatto con nuovi clienti.

Un esempio interessante, da approfondire, è rappresentato da   Decò.  Il marchio esisteva dal 2006 di proprietà della Multicedi S.r.l. con sede a Pastorano (CE) ed era  utilizzato   sia per l’insegna dei negozi che per i prodotti a marchio. L’alleanza con i Fratelli Arena nasce nel 2014 con la cessione, a questi ultimi, del marchio Decò in affitto  e si è rinforzata nel 2020 quando Multicedi cede al Gruppo Arena il 50%  del marchio.  Le due realtà fanno quindi un passo in avanti e creano una società consortile denominata Decò Italia. con l’obiettivo di sviluppare la MDD Decò e Gastronauta. Quindi si è passati da un’alleanza ad una una compartecipazione di Marchi e la creazione di una società di servizi (Decò italia) che guida di fatto la  politica commerciale.

Un’intuizione del potenziale di sviluppo possibile individuata dai due CDA alla testa di realtà leader nelle loro regioni. Già questo, visto il panorama del settore, è un atto di coraggio e di lungimiranza reciproca a prescindere, che andrebbe studiato nelle università. Un’alleanza vera e dal basso (stessa insegna, stesso prodotto a marchio, di fatto stessa politica commerciale) per due realtà già alleate in Vegè che, costituendo la società Deco’ Italia, proprietaria e gestore della Marca Decò e Gastronauta sono andate oltre il concetto di SuperCentrale. Alla società partecipata in maniera paritetica dai due soci viene assegnato l’obiettivo di realizzare, sviluppare e gestire tutto il Mondo delle Marche Private per gli oltre 500 Supermercati  Decò, attivi nel centro-sud Italia. Viene affidata a due manager navigati come Mario Gasbarrino e Gabriele Nicotra. Altra scelta lungimirante. Grazie alla convinzione dei soci la nuova realtà cresce in controtendenza rispetto ad altre insegne dello stesso livello di fatturato e con le stesse problematiche di contesto. I dati pubblicati da Mario Gasbarrino su LinkedIn segnalano un balzo in avanti dal 19° al 10° posto in una ipotetica classifica di aziende con la stessa insegna della GDO arrivando a 2,3 miliardi di euro. Ancora più significativo se rapportato al contesto meridionale.

L’errore adesso sarebbe fermarsi. Accontentarsi dei risultati. Se il modello è sostanzialmente a rete e coinvolge tanti imprenditori il rischio di tensioni, idee diverse, rancori purtroppo aumenta in modo esponenziale. Spesso succede. Lo vediamo anche in altri modelli imprenditoriali  e con fatturati più significativi. La competitività tra chi è chiamato a tirare le fila inevitabilmente rallenta il potenziale di crescita. È questo apre varchi ai concorrenti. Al contrario quando i progetti e le strategie comuni si confermano, è la reputazione del brand, percepita dal consumatore fidelizzato, che alimenta il passa parola in un contesto dove  i punti vendita rischiano di assomigliarsi un po’ tutti tra di loro.

L’ho scritto recentemente parlando di un altro progetto che sta decollando al sud con altri protagonisti perché è solo al sud che, a mio parere, possono nascere sorprese interessanti per la GDO nazionale. Al nord l’affollamento delle insegne sul territorio  mi fa più scommettere su cessioni, cannibalismi tra insegne e chiusure di PDV. Decò Italia ha quindi dimostrato che si può fare. La riflessione di Gasbarrino proposta su LinkedIn è interessante perché più che cercare di attribuirsene il merito giudica il successo,  come positivo ma anche, a seconda del punto di osservazione, come una notizia su cui riflettere.

È una buona notizia se si pensa che tutto questo è avvenuto contemporaneamente ad una crescita di entrambe le aziende che hanno dato vita all’insegna Decò Italia. Diventa una notizia su cui riflettere se,  in un contesto  di 128 miliardi di fatturato con non più di 100 insegne  bastano appena poco più di 2 miliardi per piazzarsi nei primi 10 posti . Questo  vuol dire che  il mercato, fatto salvo forse le prime 5 insegne, è molto frammentato, e, la dimensione media della maggior parte di esse non è sufficiente per metterle al riparo dalle sfide future.

Gasbarrino conclude con una considerazione condivisibile. Se analizziamo un po’ più da vicino tutte le insegne che  sono cresciute, scopriamo che per la quasi totalità delle stesse la crescita è dovuta a processi di  M&A o al possesso di un format commerciale differenziante e performante ( ad esempio Eurospin, lidl, aldi, MD, Tosano, sole365, Dodecà, Il superConveniente). Da qui l’invito a cercare, ognuno a modo suo, specificità e alleati  con cui affrontare insieme le sfide dei prossimi anni, visto che, per fare acquisizioni, ci vogliono risorse economiche  che non ci sono in un business dai ritorni bassi e poco sicuri, e sviluppare format innovativi e performanti non è cosa semplice, anzi….

Tutto questo potrebbe permettere maggiore efficienza da una parte e possibilità di costruirsi  una brand reputation adeguata dall’altra. “Ci si riuscirà?” È la sua domanda retorica finale. “Sinceramente non lo so. Ma il mio augurio /auspicio è che questo  possa avvenire per mano di qualche gruppo imprenditoriale illuminato e lungimirante” conclude Gasbarrino. Difficile dargli torto.

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