Leggendo i comunicati stampa dopo l’incontro tra Auchan e Filcams Cgil, Uiltucs Uil, Fisascat Cisl, si ha l’impressione che ci sia una pesante sottovalutazione di ciò che sta avvenendo. Siamo di fronte ad un grande gruppo della GDO francese che ha deciso di lasciare il nostro Paese cedendo, ad un importante gruppo cooperativo italiano, CONAD, l’intero perimetro di sua competenza ad esclusione della Sicilia. Un fatto di un’importanza senza precedenti per l’intero comparto della GDO.
Un’operazione da far tremare i polsi a chiunque e che quindi è inevitabile che vada ponderata bene e a fondo nei tempi, nelle modalità e nelle conseguenze. E tutto questo in costanza di una crisi profonda di un format, quello degli IPER, a cui nessuno, fino ad oggi, ha ancora trovato risposte credibili per rilanciarlo. Se mai fosse possibile. Non c’è un semplice switch da commutare.
C’è un percorso lungo, faticoso, irto di difficoltà che l’AD di Conad ha stimato in 3/5 anni. Al contrario, per una parte del sindacato, Conad sarebbe reticente perché non si è presentata immediatamente con un piano industriale dettagliato, comprensivo di risposte precise per tutti i diciottomila dipendenti, e ricco di risposte plausibili alla crisi del format.
Non che mi aspettassi un salto di qualità degli interlocutori sindacali vista la partita e la posta in gioco ma, sinceramente, almeno una prova di serietà di fronte ad un avvenimento senza precedenti per l’intera categoria me lo sarei atteso..
Innanzitutto l’incontro avrebbe dovuto avere come oggetto esclusivo la comunicazione di Auchan sulle ragioni che l’hanno portata alla decisione di lasciare il nostro Paese. I numeri che giustificano le difficoltà e le motivazioni della inevitabilità della scelta. Compresa la sua irreversibilità. Se non si parte da qui, si continua a sbagliare strada.
Se Auchan getta la spugna e (s)vende le sue attività nel nostro Paese questo, e non altro, è un primo motivo di riflessione. Certo, alla crisi strutturale del formato Iper, Auchan ci ha poi messo del suo. C’è una situazione internazionale complessa, ci sono nubi sul futuro del nostro Paese, forse c’era la convinzione che il management che presidia l’azienda in Italia non sarebbe stato in grado di rimetterla in carreggiata. Un’azienda comunque rassegnata alla sconfitta, che, a partire dalla decisione di cedere le sue attività che non è di oggi ma risale nel tempo, si è messa sul mercato alla ricerca di un interlocutore credibile. Questo però non la esime dalle sue responsabilità.
Rivolgersi a Conad pretendendo fin da subito un progetto industriale definito, organici garantiti a prescindere, superamento di ogni problema di sovrapposizione, non solo è ingenuo pretenderlo da parte del sindacato, ma sarebbe anche sintomo di poca serietà presentarlo oggi da parte della stessa Conad.
La presenza dell’amico Marco Marroni della Uiltucs UIL al tavolo Conad/Auchan a mio modesto parere, rappresenta una garanzia. Credo sia l’unico tra i negoziatori sindacali presenti al tavolo che ha una storia e una conoscenza della GDO. Ho “discusso” spesso con lui ma gli riconosco che sa di cosa parla.
Quello che è avvenuto è un dato che però deve far riflettere.
La più importante operazione di acquisizione mai avvenuta nel settore della Grande Distribuzione viene gestita dalle organizzazioni sindacali di categoria in una situazione di oggettiva difficoltà. I segretari confederali non sono impegnati in prima persona al MISE (almeno non risulta) e quindi l’uscita di scena di un importante gruppo francese e l’avvento di una importante realtà italiana avviene con funzionari del MISE nuovi che non conoscono il contesto, un sindacato sostanzialmente in affanno e un compratore che ha una volontà precisa ma che si cimenta, per la prima volta, in un’operazione di grandi dimensioni.
Capisco ovviamente il rapporto con i lavoratori e le loro preoccupazioni per il posto di lavoro ma innanzitutto occorre affermare che le responsabilità di chi lascia, dal punto di vista sociale e di rispetto per il nostro Paese, si dovrebbero ritenere concluse solo alla fine di questa operazione. La pretesa di avere da Conad un piano industriale e garanzie tutte da costruire non può essere l’alibi per “buttare in caciara” una vicenda che abbisogna di essere valutata con la necessaria calma in ogni sua parte.
Non credo che Conad abbia avuto il tempo di valutare l’azienda in ogni sua parte. In genere, in casi analoghi, viene stabilito un valore complessivo di riferimento che deve trovare conferma nei successivi passaggi. E questi passaggi devono ancora avvenire.
I manager dovranno essere valutati, soprattutto in caso di sovrapposizione, così come le diverse aree della sede e della logistica. Gli acquisti no food nella fase di transizione sono un’altra operazione complessa che va valutata con grande attenzione vista l’incidenza che hanno sulle vendite Iper già in difficoltà.
Poi lo stesso lavoro di valutazione e di ascolto deve coinvolgere tutti i punti vendita che, ad oggi, saranno stati visitati rapidamente visto che nessuno se n’è mai accorto… e cito solo alcuni tra gli elementi principali. Tutto questo abbisogna di tempo. E senza parlare del franchising…
L’obiettivo di Conad è rilanciare l’azienda, non certo chiuderla. Quindi la garanzia occupazionale complessiva c’è se l’operazione viene gestita con intelligenza e collaborazione tra le parti. Non c’è alcun motivo per drammatizzare una vicenda lunga e complessa. Né di strumentalizzarla.
Occorre costruire un percorso di confronto e verifica continua che però non trasformi Conad nel capro espiatorio delle frustrazioni passate con Auchan ma lo identifichi come un soggetto positivo che crede in un investimento e soprattutto nella possibilità di dare una prospettiva di lavoro credibile.
Non va dimenticato che questa prospettiva oggi è venuta meno sul fronte Auchan e, tra l’altro non mi sembra che si sia scatenata un’asta per accaparrarsela. C’è un bellissimo proverbio africano che recita: “anche un elefante si mangia a fettine”. Nessun elefante può essere ingoiato in un boccone. È bene saperlo.
Lo stesso vale per una grande azienda della GDO.
Complimenti per l’analisi. Oggi ho ascoltato dichiarazioni basate sulla presunzione , non sulla corretta valutazione delle poste in gioco e della serietà con le quali vanno affrontate. Una parte del sindacato strumentalizza, temo anche con qualche condizionamento politico.
Caro Mario, mi chiami in causa in modo diretto e sento il dovere di risponderti, se non altro per la lunga storia dei nostri rapporti, come tu ricordi non sempre idilliaci, ma fondati sul reciproco rispetto anche nei non rari momenti conflittuali.
Mi conosci, e sai che la fuga nella richiesta di “piani industriali” da altri miei colleghi spesso praticata quando si ha poco da dire, o meglio si ha paura che ciò che si ha da dire possa non piacere ai propri “azionisti di riferimento”, non rientra nel mio bagaglio. E’ un mio limite. E infatti io non l’ho chiesto, per il semplice fatto che sono perfettamente consapevole – per le stesse ragioni che tu elenchi con dettaglio e competenza – che Conad non può essere ancora in grado di fornirne uno, neppure parziale. Permettimi però di dire anche che il non aver potuto o voluto fornire in occasione dell’incontro svoltosi al MISE il 28 maggio alcune informazioni basilari – ancorché motivata forse dalla volontà di non acuire le preoccupazioni diffuse trai dipendenti di Auchan retail e forse anche tra gli altri steckholders, a cominciare dalle sedi governative – è tale da accrescere le preoccupazioni, non tanto mie giacché a me è purtroppo abbastanza chiaro il lungo e sofferto percorso che ci attende, ma dei dipendenti di Auchan.
In occasione dell’incontro al MISE io ho posto 3 (tre) quesiti:
1. In quali condizioni e modalità normative verrà realizzata l’operazione, ossia se verrà attivata una procedura di trasferimento d’azienda ex art. 2112 del Codice Civile o no. Tu sai bene cosa implicherebbe una simile scelta in termine di garanzie occupazionali e cosa invece potrebbe avvenire in caso diverso, qualora ci si rifacesse alla circostanza innegabile che la cessione a Conad avviene nei termini di un puro e semplice passaggio di pacchetto azionario, ancorché di una società non quotata presso alcuna borsa. Non sto qui a indicarle, ma sono sicuro che esse sono chiare a te quanto lo sono a me, e non solo.
2. Quale prospettiva intravede Conad per le Sedi (non solo la centrale di Mialnofiori) e la logistica (sia pure in gran parte terziarizzata), sia in rapporto a quanto detto al punto 1., ma anche in considerazione del fatto che Auchan è un’azienda a struttura fortemente centralizzata mentre Conad è – almeno fino ad oggi – un consorzio che presidia con diversi operatori le diverse aree geografiche in cui opera.
3. Se l’asserita – da Conad – “conservazione del carattere unitario dell’azienda” è una garanzia data a permanere nel tempo o destinata ad essere superata nell’arco di lasso di tempo da te correttamente indicato (riprendendo la dichiarazione dell’AD Conad) in 3-5 anni. E ciò in evidente connessione con quanto esposto sopra al punto 2. circa la struttura consortile di Conad. (Anche perché mi sono permesso di ricordare che alcuni soggetti imprenditoriali facenti capo a Conad non applicano il CCNL siglato dalle organizzazioni sindacali “maggiormente e/o comparativamente più rappresentative sul piano nazionale”. Scusa l’indelicatezza, ma la cosa come puoi capire un pochino ci sta a cuore….).
A nessuno dei tre quesiti Conad ha fornito risposta, sicché il rappresentante del MISE si è sentito nella necessità di riconvocare le parti al 20 giugno prossimo, indicando la necessità che Conad fornisca le delucidazioni richieste. Sperem…..
Mario caro, sei troppo furbo per non capire che io le risposte temo di conoscerle, anche se spero che i fatti possano smentirmi, ma le ho poste ugualmente perché non mi sembra questo il caso di far nascere illusioni o peggio aspettative, e anzi ritengo che il non rispondere ad esse possa solo accrescere i dubbi e le preoccupazioni tra le lavoratrici e i lavoratori che mi affanno di rappresentare ormai da qualche lustro.
Tu ed io abbiamo gestito in passato – dalle due parti del tavolo – problemi non semplici di adeguamento di aziende commerciali all’evolversi della situazione e del mercato, un caso per tutti: Standa. Quello che sta avvenendo oggi è altresì – come tu correttamente affermi – un fatto in assoluto senza precedenti perché il quadro complessivo è profondamente e radicalmente cambiato, per le ragioni che tu stesso indichi: la crisi del format “ipermarché a la francais”, che è mondiale; l’ingresso di nuovi operatori che sfruttano vantaggi competitivi e di altro tipo nei confronti del retail tradizionale (e-commerce); la fatica con cui modelli imprenditoriali centralizzati stentano (termine assai eufemistico) ad adeguarsi al modificarsi del contesto economico e competitivo nazionale e internazionale.
Argomenti interessantissimi e che meriterebbero perfino un’attenzione maggiore da parte di un sistema politico e istituzionale non concentrato esclusivamente su se stesso: stiamo parlando dell’intero retail commerciale di uno dei paesi più evoluti sul piano economico e sociale al mondo, in cui se non ricordo male il commercio rappresenta – permettimi la brutalità e sommarietà dei dati – il 15% circa del PIL e quasi il 20% dell’occupazione dipendente. Sarebbe il caso di affrontare la problematica nel suo insieme, e non solo quando emergono fatti dolorosi come il fallimento di Mercatone o la (s)vendita di Auchan.
Marco Marroni