L’incontro al MISE conferma la volontà di Conad e dei sindacati di categoria di gestire in modo dinamico e serio l’integrazione delle filiali di Auchan. La stessa disponibilità di costituire quello che in gergo sindacale si chiama un “tavolo” aziendale segnala la direzione corretta. È una prova di responsabilità e di intelligenza sociale.
Auchan, la nuova realtà in costruzione, come qualsiasi azienda di servizi ha due facce. La prima è rappresentata da ciò che vedono i clienti ogni giorno. È la faccia più importante. Deve essere attrattiva, funzionale ed efficiente come sempre. Rifornita negli scaffali, sostenuta da una politica commerciale adeguata e gestita da collaboratori positivi e impegnati. Chi entra deve poter trovare il giusto clima interno. Altrimenti se ne va e, purtroppo, non è facile farlo ritornare.
Poi c’è la faccia dei numeri, dei problemi organizzativi e di gestione complessiva, accumulati negli anni. E questi, altrettanto importanti hanno purtroppo anch’essi allontanato, clienti, provocato malumori e segnato indelebilmente il destino di una grande azienda. Farli sovrapporre è però un errore, un autogol che rallenterebbe l’individuazione delle problematiche specifiche, i conseguenti piani di rilancio che non possono che essere locali. E, questa faccia influenza inevitabilmente l’altra. Quella che vede il cliente.
Condividere i binari sui quali occorre far marciare l’intero piano industriale è fondamentale. Entrambe le parti hanno capito il loro ruolo. Non si gestiscono diciottomila persone destabilizzandole con dichiarazioni avventate o anticipando conseguenze ancora tutte da verificare.
In questi giorni un’altra vicenda anima il dibattito estivo. La fuga di notizie su diecimila esuberi nel prossimo quadriennio a Unicredit. Personalmente non sono in grado di valutare se sotto c’è dell’altro. Vista da fuori sembra più una lotta di potere che l’annuncio di un ulteriore piano di riorganizzazione. Mi limito ad osservare che in un’azienda di 86.000 dipendenti il solo effetto del turn over annuale risolverebbe senza alcuna conseguenza sociale il problema evidenziato. Ma tant’è.
La vicenda però dimostra che una riorganizzazione complessa deve essere gestita tenendo conto di tanti fattori. Uno dei quali è rappresentato dalla gestione della comunicazione sia interna che esterna. La forma, in questo caso, è sostanza.
Le persone coinvolte osservano, leggono, si fanno un’idea. La preoccupazione sul proprio futuro è legittima. Vale per i manager come per gli addetti nei negozi così come per gli impiegati della sede. Alimentare le preoccupazioni però non serve a nulla. Occorre concentrarsi sulle soluzioni possibili.
Personalmente trovo inutile, per mia impostazione culturale, leggere che la mobilità potrà essere solo “volontaria”. Cosa ci può essere di “volontario” in una ristrutturazione profonda di un grande gruppo che perde milioni di euro?
Certo si possono e si devono privilegiare alcuni meccanismi di tipo familiare, reddituale, logistico ma all’interno di un progetto complessivo funzionale al suo rilancio vero. Le risorse umane in Auchan sono in linea di massima di buon livello e nessuno le vuole perdere.
C’è semmai un problema di tempi, gradualità, priorità e sostegni che vanno costruiti. Così come sarebbe utile un approfondimento sugli strumenti utili e possibili per gestire chi non potrà comunque salire a bordo della nuova azienda o sulle condizioni economiche e normative che lo potrebbero rendere possibile. Il tavolo tecnico è la risposta giusta. Il sindacato può portare la propria esperienza, l’azienda le proprie disponibilità.
Se la fine di luglio confermerà il passaggio di consegne tra le due realtà fossi nel sindacato e nel MISE pretenderei, se non è già stato fatto, un coinvolgimento responsabile di Auchan sugli inevitabili effetti collaterali. Conad può avere le idee chiare su ciò che le compete. Ed è già molto.
Sul resto occorre muoversi sapendo che non ci si è mai trovati in una situazione del genere. Per dimensione e numeri. Quindi l’intero comparto del commercio e dei servizi è chiamato, sul piano negoziale, ad uno sforzo di fantasia e di concretezza che riduca al minimo le conseguenze sociali e consenta, ad entrambe le parti di costruire un modello che verrà utile anche in futuro.
L’intera GDO ma anche l’intera filiera nazionale che sta a monte sono in una fase di ripensamento culturale e organizzativo. Conad è un interlocutore attento e disponibile ma non può farsi carico di tutto. Però quella in corso è una partita importante fortunatamente iniziata con il piede giusto.
Sono convinta che riorganizzando la rete vendita ! Banchi pieni , reparti freschi al top e di qualità ! Personale motivato ! Il successo è garantito ! Basta veramente poco ! Riportare la nostra azienda ai successi di una volta ! Salvaguardando tutti i nostri posti di lavoro ! Noi abbiamo messo il cuore e continueremo a farlo insieme alla nuova dirigenza cuore italiano
Trovo molto importante il passaggio in cui si ribadisce che Mise e sindacati devono obbligare Auchan alle proprie responsabilità. Troppo facile passare il testimone e scappare.