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Era il 3 luglio dell’anno scorso  quando ne ho parlato la prima volta. L’ho ripresa  il 2 dicembre. Diversi interlocutori, vicini al mondo Amazon, da oltre un anno, mi parlavano dell’interesse di Seattle di voler rafforzare  la  presenza in Italia. Mi capita spesso di confrontarmi con colleghi anche di altri Paesi. Il blog ha creato curiosità, consolidato legami e  consentito scambi di numerose informazioni. Per quanto mi riguarda   ho solo cercato di accompagnarne i passaggi  spiegandone la genesi, la fattibilità e il senso. Che ci saremmo arrivati, era assolutamente scontato. Inutile fare nomi ma altre realtà nazionali   ne avrebbero tratto grandi benefici nel segmento e-commerce se anziché percorrere strade impervie  e solitarie si fossero dedicate a studiare e comprendere il potenziale di Cortilia come hanno fatto a Seattle e a Londra. Purtroppo è mancata la visione.

Cortilia è partita quattordici anni fa  da un’intuizione di Marco Porcaro con una decina di agricoltori. Una sorta di  mercato agricolo online che mette a fattor comune la tecnologia e il cibo di qualità. Porcaro, lascia il timone  nel 2023 e viene affiancato da altri investitori tra cui  Renzo Rosso (patron d Diesel) e il fondo Indaco Venture. La gestione passa ad Andrea Colombo, manager di grande esperienza del retail e al CFO Maximiliano Volpi. Amazon, oggi, si porta a casa un rapporto con una realtà con oltre 400 fornitori, consegna in tutta Italia in 24 ore e più di 4.500 referenze che, oltre a frutta e verdura, comprendono anche carne, pesce, formaggi, pasticceria, pane, prodotti per la cura della persona e della casa.Il 2024 si è chiuso, secondo le stime, con circa 45 milioni di fatturato e una crescita del 15% collocandosi alle spalle di “Esselunga a Casa” che copre circa 2.200 comuni, 48 province e 7 regioni con circa 16.000 articoli che spaziano dagli oltre 3.000 super freschi quali frutta, verdura, carne, pesce, latticini e prodotti gastronomici, ai surgelati fino agli articoli di grocery tradizionale (pasta, pelati, biscotti, detersivi, etc.

Ad Amazon interessa questo mercato, il suo potenziale trend di crescita, la copertura dell’intero territorio nazionale e ciò che può rappresentare Cortilia nel medio lungo termine in un contesto più ampio salvaguardando la sua esperienza e la sua filosofia. “La collaborazione con un partner di fiducia come Cortilia riflette la nostra volontà di offrire ai clienti un’esperienza di acquisto sempre più ricca e stimolante”, ha dichiarato Russell Jones, Responsabile Globale Grocery Partnership di Amazon Cortilia è sinonimo di qualità e autenticità e offre una gamma di specialità alimentari selezionate con cura che, partendo dal fresco, si è evoluta fino a diventare un marchio di prodotti essenziali per la spesa quotidiana”. (Da mediakey.it) 

Se prendiamo Walmart, che rappresenta il punto di riferimento  GDO per molti osservatori nostrani, i cambiamenti che l’attraversano riguardano nuovi target: potenziali aree geografiche di crescita nel mondo, nuovi clienti ricercati  (alto reddito), rafforzamento e crescita in categorie come la moda, dove l’attività dei negozi di Walmart era storicamente più debole. L’approccio omnicanale che continua a attrarre clienti che cercano convenienza e risparmio di tempo; solo l’e-commerce rappresenta ormai il 20% delle vendite totali. Per Walmart (e non solo) sono sempre più importanti le attività di complemento alle vendite tradizionali (la pubblicità, i servizi, la monetizzazione dei dati, ecc.). Tutte attività in evoluzione.

D’altra parte, se si volessero capire sul serio le traiettorie di Amazon  bisognerebbe non osservarla solo dal punto di vista  della GDO tradizionale. L’approdo a cui mira Seattle è un eco sistema complessivo con al centro Prime. Non vorrei spostare troppo  il ragionamento ma ricordo sommessamente  (e provocatoriamente) che siamo di fronte ad una realtà  che guadagna più di 80 miliardi di dollari  (Prime + Media) prima ancora di vendere un  solo prodotto food o no Food che sia. Aggiungo che Amazon  possiede MGM Studios, sta costruendo uno dei supercomputer AI più potenti al mondo in collaborazione con Anthropic, un’azienda di intelligenza artificiale concorrente di OpenAI. Amazon prevede che il nuovo computer, che conterrà centinaia di migliaia di chip per l’addestramento dell’AI di Amazon, Trainium 2, sarà la più grande macchina per l’intelligenza artificiale al mondo. Jeff Bezos, fondatore di Amazon possiede pure Blu Origin una società che sviluppa tecnologie per future operazioni di volo spaziale umano. Walmart e tutti i retailer, supposti concorrenti, sono certo pieni di dollari da investire ma restano semplici rivenditori o poco più. Non c’è alcuna competizione  possibile.

Per questo, qualsiasi tentativo di inscatolare l’azienda di Seattle in schemi tradizionali temo sia fuorviante. Alcuni osservatori sono convinti che esista una competizione in corso negli USA tra Walmart e Amazon e che la prima sarebbe inevitabilmente destinata a vincere. Concordo che la prima si senta in campo e cerchi in ogni modo di insidiare la seconda, anche sul suo terreno. Non credo, però,  che la seconda (Amazon)  partecipi a quella competizione. Un giorno qualcuno ha chiesto a Jeff Bezos: “Qual è il segreto del successo di Amazon?” La sua risposta? “Essere ossessionati dai clienti, non dalla concorrenza.” Credo che occorra partire da qui per capire di cosa stiamo parlando.

Sono convinto che Amazon per un certo tempo ci ha pure  pensato di giocare quella partita. Ma è stato un pensiero fugace, passato rapidamente dalla mente dei top manager (Andy Jassy, Douglas J. Herrington, Brian T. Olsavsky) perché, se ci avessero creduto veramente, dopo Whole foods (2017) avremmo assistito ad ulteriori acquisizioni. Lo stesso ingaggio di Tony Hoggett e di altri esperti del retail  fisico da Tesco induceva a pensarlo.  Credo però che la tenuta di Walmart, l’avanzata di Aldi negli USA, le strategie di acquisizione di altre insegne, la stessa forza di resistenza delle catene regionali e sub regionali, abbiano chiarito a Seattle che, quella strada, avrebbe rischiato di essere complicata a causa della reazione di chi la presidiava da decenni, e quindi, eccessivamente lenta da percorrere e dispendiosa. Ma soprattutto inutile perché avrebbe snaturato l’anima e il profilo  aziendale.

Tom Furphy, un ex dirigente di Amazon che ha contribuito a costruire la parte online sul food  dichiarato a Sam Silverstein di Grocery Dive che l’azienda si è mossa verso la costruzione di un’esperienza più unificata per gli acquirenti dopo aver mantenuto a lungo distinti i suoi canali di vendita al dettaglio. Le stesse mosse in Europa e in America Latina (justo.mx  e knuspr.de)  e quelle che seguiranno in altre parti del mondo a cominciare dall’Italia lo hanno confermato. Amazon punta a cambiare il modo di fare la spesa  e ad inserirsi nella evoluzione  dei consumi già in corso anticipando  e condizionando questi cambiamenti.

Capisco che oggi, per noi in Italia, Patria della dieta mediterranea e del “piacere di fare la spesa”, queste teorie rientrano nel campo delle profezie destinate a restare tali. Ma, in base a queste teorie, Amazon sta cercando di cambiare il perimetro delle sperimentazioni che comprendono cosa si mangerà in futuro e come si definirà  un “negozio” tra vent’anni. Fisico o virtuale poco importa. In questa gara i concorrenti non sono i rivenditori tradizionali che, tra altro si stanno danneggiando tra di loro come i famosi polli del Manzoni. Gli stessi SHEIN e Temu entro il 2030, saranno molto più grandi. Semmai sono quelli i concorrenti da cui guardarsi. Non certo i cosiddetti  brick and mortar che conosciamo.

E, aggiungo, in molti Paesi esistono interlocutori che presidiano la consegna, radicati ma fragili economicamente, da attrarre a sé proprio in funzione della costruzione dell’eco sistema complessivo. Alcuni resteranno ai bordi, altri entreranno a pieno titolo nel perimetro. Altri ancora contribuiranno a costruire la presenza nel food e nei freschi di Amazon come Cortilia.

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