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È così un po’ ovunque. Non solo in Italia. Una delle numerose ricerche effettuate sul tema conferma  che il 39% del middle management sente che la pressione sul lavoro è   in costante aumento mentre cresce l’insoddisfazione per il mancato riconoscimento. Il dato non stupisce. Eppure i manager intermedi sono il perno di molte organizzazioni, fungendo da collegamento tra il top manager e i lavoratori della prima linea. In effetti si sono sempre sentiti tra l’incudine e il martello. Il loro compito è di sostenere e guidare le squadre coordinando  i collaboratori e, contemporaneamente gestire i clienti e reggere la pressione dei superiori, compresa l’implementazione di direttive a volte contraddittorie.

I quadri intermedi costituiscono la spina dorsale di ogni impresa. Nella GDO, ancora di più perché rappresentano il volto dell’azienda agli occhi del cliente.  E, non meno importante, se quadri di rete, perché rappresentano l’azienda nel territorio. Ovviamente non sono solo nei punti vendita.  Anche quando lavorano nelle sedi contribuiscono al risultato complessivo. È su di loro che si scaricano tutte le contraddizioni. Sotto di loro si avvicendano generazioni con esigenze e aspettative diverse da quelle precedenti mentre sopra, spesso  vengono gestiti in modo tradizionalmente gerarchico dai propri capi che faticano a comprendere i cambiamenti generazionali.  Sfortunatamente, è un ruolo che è stato a lungo sottovalutato, indefinito e trascurato. Non c’è da stupirsi che l’82% dei manager intermedi si senta invisibile e frustrato.

L’idea che sopra ci siano i leader (visionari) e sotto i manager (semplicemente operativi), non è nuovissima. Già nel 1977, il Prof. Abraham Zaleznik nel suo famoso articolo ” Manager e leader: sono diversi? ” su Harvard Business Review sosteneva che leadership e gestione prevedono due set di competenze completamente separate. Questa narrativa sminuente non è cambiata, anche se il lavoro si è evoluto. Semmai, questa etichetta si è cristallizzata  nel gergo aziendale e sociale. Le organizzazioni hanno però bisogno sia di manager operativi che di leader per avere successo, ma per sviluppare entrambi si richiede un ambiente che non crei inutili barriere.

Il ruolo del manager intermedio è stato a lungo considerato un trampolino di lancio per i ruoli più importanti o un premio di consolazione per coloro che non ci sono riusciti. Non è mai stata considerata una destinazione di carriera  a sé stante. E questo può rivelarsi un problema. Nessun bambino ti dirà mai  che vuole essere un manager intermedio, da grande. Anche per questo, a mio parere, le aziende sbagliano quando, per risparmiare sui costi, intervengono demansionandone l’inquadramento,   adottando  titoli sminuenti  o “fingendo” di modificarne la declaratoria. Banalizzano inutilmente uno snodo decisivo cercando di renderlo accessorio.

Una recente survey di  Gartner non lascia dubbi, il 75% dei direttori HR intervistati afferma che i manager intermedi  si sentono “travolti” (overwhelmed) dalle crescenti responsabilità e il 70% ritiene che i loro capi (il top management) non siano adeguatamente preparati per farli crescere e supportarli. I manager intermedi spesso rischiano di essere  a un punto critico di rottura. Troppo operativi (anche con difficoltà a capire cosa/come delegare), impegnati a ricalibrare la propria leadership attorno ad aspettative sempre diverse senza poter contare su esempi, essendo loro gestiti in modo tradizionalmente gerarchico, spesso con un dialogo bloccato con i propri capi.

Le risposte alle indagini segnalano che l’80% dei middle manager si sente praticamente invisibile. Spesso appena sopportato. A volte addirittura un semplice costo. Molti si sentono frustrati, inosservati e trascurati. Nella ricerca, più di un manager ha dichiarato di  “essere una discarica per compiti che non hanno trovato casa”. Eppure sono figure cruciali per collegare strategia ed esecuzione spesso schiacciati  tra la leadership senior, che attira attenzioni, considerazioni e investimenti, e i dipendenti in prima linea che sono al centro di molte iniziative formative e organizzative. McKinsey li ha definiti “una coorte critica ma contemporaneamente trascurata”.

In realtà, questi leader sono fondamentali per il successo di un’organizzazione, specialmente durante i periodi di cambiamento. E troppo spesso, i manager intermedi non hanno il potere di agire e affrontare i problemi che sono chiamati ad affrontare. In passato, i middle manager erano solo responsabili della gestione dei loro rapporti diretti e di mettere a terra le decisioni aziendali. Oggi ci si aspetta che i manager intermedi si assumano molte più responsabilità spesso non riconoscendogliele  economicamente. Tutto questo oltre ad essere  sintomo di una cattiva definizione del ruolo  è aggravato dalla mancanza di una sua vera valorizzazione professionale.

Oggi la condizione principale per i ruoli operativi non è  solo resistere alle sollecitazioni che provengono da punti diversi dell’organizzazione ma saper reagire rapidamente. La trasformazione in corso non è solo della struttura organizzativa, ma investe processi, attitudini e comportamenti. Servono nuove strategie per tradurre le idee in azioni, per creare valore e affrontare una transizione continua, in cui l’unica costante resta il cambiamento. Quello che viene richiesto ormai a ogni livello di governance dell’azienda è un mentalità imprenditoriale. Sono i quadri i primi investiti dalla necessità di cambiare, sia nel proprio lavoro sia nella gestione del team. A cambiare è infatti anche lo stile di leadership: oggi si cercano leader ottimisti, inclusivi e proattivi, capaci di coniugare aspettative, collaborazione ed engagement.

Il capo ideale dovrebbe fare della condivisione, del coinvolgimento  e dell’ascolto i suoi punti di forza, ma essere anche in grado di assumersi dei rischi. Il sondaggio però  rivela una disconnessione tra dirigenti intermedi e dirigenti di alto livello, con il 58% dei dirigenti intermedi che ritiene che le proprie preoccupazioni non siano adeguatamente ascoltate o affrontate. E questo diminuisce il senso di valore e di appartenenza all’interno dell’organizzazione. Un altro problema evidente è la stagnazione percepita nella crescita personale e professionale. Con limitate opportunità di avanzamento e miglioramento delle competenze, i quadri intermedi si trovano spesso a dover gestire la loro motivazione calante e le aspirazioni insoddisfatte. Tutti punti sui quali le organizzazioni sono chiamate a riflettere. 

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