Contratti pirata: il CNEL fa chiarezza…

Pochi lo hanno sottolineato perché non è materia da suscitare interesse tra i non addetti ai lavori. Eppure il CNEL, con iniziative come questa che credo sia importante condividere,  dimostra una funzione indiscutibile. Un ente pubblico, terzo rispetto a imprese e rappresentanti dei lavoratori, pur presenti al suo interno, ma non estraneo alle dinamiche che lo animano, mette a confronto, i CCNL Confcommercio, Anpit, Cifa Confsal, Federterziario Ugl. (Federdistribuzione e Confesercenti sono praticamente simili a quello di Confcommercio) per valutarli nel merito e dare un peso al dumping contrattuale sottolineando l’urgenza che dovrebbe avere la materia della rappresentatività delle associazioni che, da entrambe le parti, siglano i contratti nazionali e rivendicano la rappresentanza di settori e lavoratori. Ricordo che oggi abbiamo realtà della GDO che applicano il CCNL Confcommercio, altre quello Federdistribuzione, altre ancora quello di Confesercenti e, infine, nella cooperazione, quello di Coop. E, giusto per non farci mancare nulla, al sud,  si sta  diffondendo quello siglato da ANPIT (e altre sigle) da parte di realtà locali significative.  

La Commissione dell’informazione del  CNEL presieduta da Michele Tiraboschi e composta dai rappresentanti delle associazioni principali ha promosso un  seminario a cui ha partecipato la professoressa Silvia Ciucciovino dell’Università di Roma Tre e del ricercatore dell’Università di Modena Giovanni Piglialarmi dove è stato  presentato un’esame comparativo applicato a quattro contratti collettivi (CCNL Confcommercio, CCNL ANPIT, CCNL CIFA Confsal CCNL Federterziario UGL). esaminando le ricadute economiche e normative per le imprese e i lavoratori. Qui la presentazione   “CCNL e competizione contrattuale nel settore terziario”.  E qui la presentazione  “Anatomia della contrattazione collettiva pirata. Spunti di riflessione sul dumping contrattuale in Italia”.

Proviamo semplicemente ad ipotizzare  se realtà come Conad, Esselunga, Eurospin, Lidl, per citare le più importanti del comparto, per difendersi da concorrenti spregiudicati decidessero di associarsi  all’ANPIT per applicarne  il relativo Contratto  passando, ad esempio al 4° livello, da una retribuzione di 1718,75 euro a 1304,55 del CCNL, livello D1. Senza contare le  maggiorazioni applicabili per il lavoro notturno (differenze del 5% fra i CCNL) per il lavoro straordinario festivo (differenza del 16%), nella maturazione di permessi retribuiti (da 104 ore annue a 32, a seconda del CCNL applicato). E i costi degli enti bilaterali per singolo inquadramento. Le  insegne leader risparmierebbero milioni  di euro sul costo del lavoro gettando alle ortiche un sistema di relazioni  industrali costruito faticosamente nei decenni passati.

“Houston abbiamo un problema!” direbbe qualcuno con un minimo di conoscenza della materia. Oggi non esiste alcuna norma che impedisca l’adozione di un CCNL piuttosto che un’altro. ANPIT addirittura fornisce un supporto  legale per chi volesse trasmigrare e “accoglie”nel suo CCNL anche i dirigenti scardinando un sistema consolidato anche sulle alte professionalità.  I Cobas, da parte loro, “assediano” il sistema  rivendicando  la “giusta retribuzione” attraverso i  tribunali e mettendo in discussione l’intero schema degli attuali  CCNL (dal salario, ai diritti e fino al sistema bilaterale compreso). Infine i sindacati confederali che costruiscono fantasiose linee Maginot facilmente aggirabili. Non è un caso che  il tema della misurazione della rappresentanza e della rappresentatività di chi sottoscrive i CCNL è da tempo al centro di dibattiti e proposte di legge. Per ora senza approdare  a nulla di concreto. L’intero sistema è in discussione.  Ed è evidente che solo la certificazione effettiva della rappresentatività di chi sigla i CCNL, unita all’attività degli Ispettorati del Lavoro, può impedire l’estendersi del fenomeno del dumping contrattuale altrimenti destinata a dilagare.

La recente proposta di Confcommercio ABI, Ania, Confcooperative, Confindustria e Legacoop, sul tema del “Codice degli appalti pubblici”, potrebbe essere un  buon punto di partenza anche per la materia di cui si sta discutendo. Elenca quattro parametri che, secondo i firmatari, dovrebbero guidare la valutazione della rappresentatività di un’associazione. Il primo criterio riguarda la “seniority” dell’associazione stessa, cioè la sua storia e la sua presenza consolidata nel panorama delle relazioni industriali e nella contrattazione collettiva. Un altro aspetto cruciale riguarda il numero di rapporti di lavoro regolati da un determinato contratto collettivo nazionale di lavoro (CCNL), sia per settore produttivo che per tipologia di impresa. La terza proposta è legata all’appartenenza e partecipazione dell’associazione a organismi di rappresentanza europea e internazionale. Infine, il quarto criterio proposto riguarda l’importanza di considerare la presenza di sistemi di welfare contrattuale, come la previdenza complementare, l’assistenza sanitaria integrativa e i fondi per la formazione professionale, negli accordi sottoscritti dalle associazioni datoriali. Le proposte per il decreto correttivo mirano a “individuare la contrattazione collettiva di qualità”, che possa diventare un riferimento per i contesti produttivi specifici.

Se questa fosse la direzione di marcia (che, come è evidente, tira l’acqua al mulino   delle  principali confederazioni) è chiaro che andrebbe ripensato il rapporto tra loro e le  Federazioni di Categoria.  La soluzione per l’intera GDO, resta una sola: puntare alla riunificazione dell’intero comparto e mettere fuori dal sistema tutti coloro che non rispettano le regole del gioco.  Se si deciderà di non fare nulla ci si dovrà rassegnare ad una balcanizzazione dell’intero sistema. A cominciare dai contratti da applicare.  La GDO per la forza economica e per il ruolo sociale che esprime resta un nano sul piano politico e nel rapporto con le istituzioni. Rischia di esserlo anche sul piano delle relazioni industriali se continuerà a disperdere la propria forza in mille rivoli.  

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