Nonostante le diverse sollecitazioni sull’argomento non mi è facile commentare lo tsunami che si è abbattuto su Francesco Pugliese ex AD di Conad. Il rischio vero in questi casi è che “insieme all’acqua sporca si getti anche il bambino”, dove, sia chiaro, per me l’acqua sporca è ciò che leggiamo quotidianamente sui giornali e le possibili conseguenze sul piano giudiziario per le persone coinvolte e, il bambino, è sia l’operazione Conad/Auchan in sé che l’ottimo lavoro fatto da Pugliese nei vent’anni di azienda. Parto da una constatazione da osservatore di lunga esperienza nella gestione delle risorse umane: quello che è avvenuto in Conad e che ha portato nel 2023 alla separazione era inevitabile. Una storia si era chiusa e lo si era capito da tempo.
Non parlo, ovviamente, di ciò che sta emergendo sulla stampa che riguarda l’indagine della Procura di Bologna e che coinvolge l’ex AD Francesco Pugliese e l’ex Direttore Finanziario Mario Bosio insieme ad altre persone. Non ho elementi per entrare nel merito né per anticipare ciò che sarà trattato nelle aule di tribunale garantendo pari dignità alla difesa. Per il momento l’unica presa di posizione ufficiale è del Consorzio e a questa mi attengo: “Appresa la notizia del procedimento aperto dalla Procura di Bologna, conferma di essere parte lesa in relazione all’operato di ex dirigenti e amministratori. La contestazione riguarda esclusivamente le condotte personali che sarebbero state messe in atto a danno del Consorzio Nazionale Conad, il quale ribadisce la massima fiducia nell’operato della magistratura”.
Io stesso preferisco restare un passo indietro limitando il mio ragionamento al giudizio sull’operazione di acquisizione dei punti vendita di Auchan. Vedo alcuni osservatori lanciarsi sui social in giudizi manco fossero in “Cassazione”. Raffaele Mincione non lo conosco. Leggo quello che trovo sulla stampa: una sorta di immobiliarista estremamente spregiudicato. Sulla vicenda del famoso investimento del Vaticano in un progetto immobiliare al numero 60 di Sloane Avenue a Londra leggo che la Commercial Court – dopo un processo durato 17 giorni e al termine di un iter giudiziario durato quattro anni è stato assolto e – la Corte ha respinto le accuse di disonestà, frode e cospirazione avanzate dalla Segreteria di Stato vaticana nei confronti degli Attori Mincione, WRM Capital Asset Management Sarl e il fondo lussemburghese Athena Capital (https://search.app/QXSvjmR6Lrjncc916). Quindi cosa devo pensare?
Sul resto non posso che attendere la fine delle indagini della Procura bolognese e le conseguenti decisioni della magistratura. Io non mi sono mai occupato dell’architettura finanziaria dell’operazione. Non ne ho le competenze. Né ho potuto esaminare i patti e gli accordi tra soci. Mi sono occupato dell’operazione dal punto di vista della portata economica e sociale. E ovviamente delle dinamiche sindacali collegate. Sotto questi punti di vista per chi ha un minimo di conoscenza della materia, e indipendentemente da ciò che emergerà sulle responsabilità personali collegate, l’operazione di acquisizione di Auchan, si è dimostrato un passaggio necessario e positivo. Lo è stato per il Conad in termini di ruolo e immagine nazionale, lo è stato per ciascuna delle cinque cooperative in termini di business. Lo è stato per la tenuta dell’occupazione complessiva in una vicenda che avrebbe potuto avere ben altre conseguenze. Positivo come l’operazione fatta dal Gruppo Arena in Sicilia pur con numeri meno significativi sui punti vendita dei francesi. È ovvio che, per chi lavorava in sede Auchan o nei punti vendita chiusi o ridimensionati, il giudizio resta assolutamente negativo e questo è comprensibile. Ma a 6 anni da quella operazione solo chi non ha una minima conoscenza dell’impatto di queste problematiche complesse, degli effetti e dalle ricadute che producono può non comprenderne la portata.
Propongo due esempi del comparto. In meno di otto anni e senza alcun clamore mediatico, il gruppo Carrefour in Italia ha perso, gestendone le conseguenze con i sindacati di categoria, circa il doppio degli effettivi che sono stati persi nell’operazione Auchan. Aggiungo, per esperienza personale fatta a suo tempo in Standa, che se per diversi mesi l’operazione fosse sprofondata in un limbo negoziale al Ministero del Lavoro, con i fornitori di Auchan in dubbio se consegnare o meno la merce, la conta dei danni e le conseguenze per le prospettive di ben più punti vendita, sarebbe stata molto diversa. Errori di gestione del percorso ce ne sono stati e quindi è assolutamente legittimo che chi ne ha pagato le conseguenze sul piano personale possa non condividere i miei giudizi sull’operazione complessiva ma nulla di diverso avrebbe potuto evitare un’agonia infinita dagli esiti molto più drammatici e senza calcolare, per correttezza, gli effetti che la successiva pandemia avrebbe determinato su un’azienda la cui proprietà aveva ormai deciso di lasciare precipitosamente il nostro Paese.
L’intera storia economica, sindacale e sociale, di cui è stata protagonista Conad, i suoi manager e le sue cinque cooperative, quindi, non c’entra nulla con ciò che sta emergendo in questa vicenda giudiziaria. Oggi, per me, il punto centrale resta un altro. Ed attiene all’impatto che notizie come queste hanno su una realtà di circa ottantamila persone. Partendo da quelle che in questi vent’anni, sono state più vicine a Francesco Pugliese fino a scendere nei singoli punti vendita più lontani da Bologna. Il sentiment di una comunità, il clima che la pervade, il giudizio sull’uomo che ha trasformato Conad portandola alla leadership del comparto.
Come ho scritto in quei giorni, e al di là di ciò di cui leggiamo oggi, non esistono manager adatti a tutte le stagioni. Francesco Pugliese è stato il massimo interprete di una lunghissima fase e, a mio parere, uno dei profili di CEO più completi dell’intera GDO. Però quel rapporto si era ormai inevitabilmente logorato. La conquista del primato nel comparto, raggiunto anche grazie all’acquisizione delle attività di Auchan in Italia aveva portato con sé, gli affanni di una parte delle leadership delle cooperative che aveva digerito a fatica le accelerazioni imposte da Pugliese. E anche se le contestazioni di oggi, aggiungessero elementi ulteriori il contraccolpo vero non è, a mio parere, su chi non condivideva i metodi o il decisionismo esasperato dell’Amministratore Delegato. Credo che, soprattutto, si interroghino coloro i quali hanno creduto nell’uomo, nel manager, nelle sue qualità e nella sua leadership. Ed è la parte a cui mi sento personalmente più vicino e che dall’indagine in corso credo si aspetti risposte certe. Francesco Pugliese è ormai da due anni fuori da Conad. Non c’entra più nulla con il futuro del Consorzio. Non credo però sottovaluti il giudizio di quella parte del Sistema che si è impegnata, conosce le cose buone che sono state realizzate in tutti questi anni, il protagonismo collettivo che le ha accompagnate, il lavoro delle cooperative, dei 2167 dettaglianti e dell’insieme dei collaboratori.
Se ha sbagliato lo stabilirà la magistratura che giudicherà il lavoro investigativo della Procura di Bologna, non altri. Ma tutto ciò che è stato costruito in questi anni, che è il capitale delle cinque cooperative, va tutelato. Ed è questo il vero compito che hanno sia il Consorzio che il suo Presidente insieme ai dirigenti delle cooperative. Quella separazione inevitabile avvenuta nel 2023 ha rappresentato il passaggio di consegne tra una gestione che ha dato grandi risultati ma era giunta evidentemente al suo capolinea ed una nuova che lì è nata ma che deve ancora trovare un nuovo slancio il cui primo passo è la ricostruzione di un forte e rinnovato elemento di visione comune.
La leadership da consolidare rende inutile perdere tempo ad osservare la realtà con lo specchietto retrovisore. Siamo di fronte ad una cesura forte tra ciò che è stato il Consorzio e ciò che dovrà essere. Per questo l’unità, la convergenza e un rinnovato progetto condiviso delle cinque cooperative, è decisivo. E questo è quello su cui credo stia lavorando il management del Consorzio e delle cooperative. Al bruco, se ne è capace, è chiesto di diventare (un’altra) farfalla e di farlo velocemente.