Amazon ha voglia di fresco….

Se sarà confermata credo sia una notizia positiva e importante. Amazon starebbe per lanciare Amazon Fresh in Italia (https://bit.ly/2UPSz1c). Negli USA le strade preferite dalla multinazionale di Jeff Bezos hanno comportato sia acquisizioni di aziende già strutturate (vedi Whole Foods) sia acquisizioni di ex centri commerciali dismessi vicino alle città da trasformare in centri logistici estremamente performanti.

Prima del 2017 la maggior parte degli analisti di vendita al dettaglio USA sosteneva che Amazon non sarebbe mai stato un attore importante nel fresco e nelle vendite al dettaglio. Oggi è leader nel settore alimentare per tecnologia e innovazione. Ovviamente non in quota di mercato. Amazon ha però aumentato la sua quota e continuerà a farlo attraverso la sua strategia on line e acquisendo società del comparto da affiancare a Amazon Fresh.

Fino ad oggi i due accordi sottoscritti con aziende della GDO italiana non hanno portato a nulla di stravolgente e condivido che questo possa essere uno dei motivi di riflessione sul “che fare?” del gigante di Seattle nel nostro Paese. L’altro credo sia l’accelerazione di un processo già in corso che il coronavirus ha solo moltiplicato ovunque.

Se Amazon dovesse decidere di acquisire un’insegna presente sul territorio nazionale non avrebbe che l’imbarazzo della scelta. Altre multinazionali stanno valutando la possibilità di  entrare nel mercato italiano e quindi non è difficile trovare ottime opportunità. Tra l’altro un ingresso dalla porta principale spingerebbe verso l’alto la competizione nel settore. E questo migliorerebbe anche la qualità e il servizio anche dei potenziali concorrenti.

Ovviamente ci sono due scuole di pensiero.

La prima sostenuta da chi, nella GDO,  si sente in partita, non ha paura della rete globale, conosce le difficoltà di implementazione che incontrerebbe comunque nei diversi territori e punta al peso  delle  differenze sociali, anagrafiche e strutturali tra centri e periferie, città e altri territori. Chi si sente in partita sa che i  cambiamenti saranno comunque irreversibili ma crede che i tempi di questi cambiamenti offrano spazi per chi ha le spalle più grosse e vuole giocare le proprie carte.

Credo che le multinazionali e le principali insegne nazionali condividano questo approccio. C’è spazio per tutti a condizione di poter, ovviamente insieme, determinare le nuove regole del gioco.

Dall’altra parte c’è chi crede che il cambiamento sarà più rapido. La crescita dei discount e l’accelerazione dei cambiamenti in corso, che vede la rete protagonista, costringeranno a scelte molto più radicali nei tempi e nei modi.

C’è però il ventre molle del comparto. Quello costituito da chi si accontenta del “cassetto pieno” a sera e che il lockdown non ha scosso più di tanto. Dentro questo ventre molle c’è chi pagherà il prezzo più alto. Non saranno certo i piccoli a soffrire. Il conto lo hanno già pagato negli anni di espansione della GDO e, nella crisi, hanno imparato rapidamente a difendersi ampliando servizio e qualità dell’offerta. Non saranno nemmeno coloro che si sono concentrati, e, attraverso acquisizioni successive, si sono rafforzati e non saranno certo le multinazionali né i veri leader che sono strutturati per reggere gli urti del contesto. Restano gli altri.

Quelli che si sopravvalutano, che stanno alla finestra  e che si  comportano come se nulla potesse raggiungerli.  O come sostiene Mario Gabarrino con la sua tradizionale franchezza quando scatta una istantanea della GDO sottolineando che “da una parte  c’è una degenerazione della politica Hi-low e dall’altra, molto più pericolosa, la metamorfosi in corso del modello Discount che sta cambiando pelle e che sta invadendo (facendolo meglio) uno spostamento in alto in uno spazio riservato finora al supermercato o ai category killer del non food, per non parlare poi dell’online: di fronte a tutto questo continuare a ragionare di centrali, supercentrali, promozioni di prezzo, contributi promozionali, assortimenti contrattualizzati, e continuare a considerare la MDD come negli anni 80 (la tratto solo se mi fa guadagnare di più!) mi sembra surreale ….”.

I discount stanno effettivamente scuotendo le fondamenta di un comparto che fatica a ritrovare slancio e nuove strategie. Non c’è però un passaggio di consegne tra formati. C’è una ridistribuzione di pesi. E sarà così anche in futuro. C’è spazio per tutti coloro che sanno innovare. Anche nei formati oggi meno performanti.

Amazon è un’incognita per il nostro mercato. Soprattutto sul fresco. Ma anche il nostro mercato è un’incognita per Amazon. Le regole di ingaggio sono diverse, la forza d’urto pure. Se scegliesse di acquisire o utilizzare un’insegna nazionale  già operativa sul territorio eviterebbe un avviamento lungo e complesso ma si troverebbe impantanata nella gestione di una realtà estranea alla propria cultura. Gli esperimenti fatti fino ad ora non le hanno certo consentito una valutazione oggettiva del mercato né della qualità delle  organizzazioni che vi operano.

Pochi, ad oggi, si sono accorti della presenza di Amazon nel fresco nel nostro Paese. D’altra parte l’acquisizione stessa di Whole Foods dimostra che se lasci fare al vecchio management e vuoi contemporaneamente cambiare passo, non vai da nessuna parte. Anzi. Rischi solo di non essere né carne né pesce. In Italia sarebbe ancora peggio tra contesto socio economico, tecnologia e modelli organizzativi.  Nessuna insegna della GDO oggi sa muoversi con disinvoltura  sul confine inesplorato tra l’on line e l’off line. A parte le banalizzazioni  della copiosa convegnistica.

Quindi il dilemma tra  “sbagliare da soli” per crescere o affidarsi a terzi si fa interessante anche per un gigante come Amazon. Sinceramente credo abbia ragione Francesco Pugliese. Un on line vero sul fresco ha bisogno di tempo per crescere ed affermarsi a costi sostenibili e l’orizzonte è ancora lontano. Il lockdown rischia di illudere, Milano e il nord in generale non sono l’Italia.

Resto comunque convinto che la concorrenza è il sale della crescita per qualsiasi settore, che le regole ci devono essere e devono valere per tutti i competitor ma non sono d’accordo sul mainstream imperante che indica Amazon come una sorta di Belzebù 4.0. Se questo ingresso avverrà provocherà comunque dei cambiamenti veri in un comparto che ne ha bisogno da tempo.

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