Grande Distribuzione. Famila (Selex) prova a crescere con ritmo…

Spero venga colto anche da altre insegne della GDO alla ricerca di pubblicità particolarmente distintive. Tra quelle cervellotiche che vogliono veicolare messaggi universali, quelle un po’ banalotte che inneggiano al prezzo che più basso non si può, finalmente Selex dopo aver proposto spot ansiogeni in tempi di inflazione, sceglie la leggerezza. C’è troppa pesantezza in giro.

Se anche il piacere di fare la spesa scompare perché siamo costretti ad  una specie di “caccia al tesoro” alla ricerca della convenienza tra facce cupe, uomini mascherati e ragionieri  barbuti ossessionati dal risparmio, è proprio finita. Almeno i discount giocano sulla concessione della patente di  intelligenza ai loro frequentatori, sulla qualità da provare della loro MDD o sulla “Buona Spesa”. Da semplice consumatore che  non ama perdere tempo per fare la spesa preferisco luoghi semplici, trasparenti nelle loro politiche commerciali, con personale disponibile e messaggi positivi.

Famila ha scelto di portare un po’ di  ritmo nei suoi supermercati con “We are Famila – Tutta un’altra musica” (il nuovo spot) adattando  un brano di successo del 1979 delle Sister Sledge. In fondo dopo la pandemia, l’inflazione, la guerra ai confini e i conti che non tornano se anche il semplice entrare in un supermercato diventa un’impresa complicata e dispensatrice d’ansia non se ne può proprio più. In questo spot  nelle corsie, i clienti, diversi per età, etnia, orientamento, genere e comportamento ballano e cantano. Sono sereni.  La spesa può ritornare quindi  ad essere un piacere quotidiano. Almeno nelle intenzioni.

La nuova comunicazione porta la firma creativa del Collettivo +m, con la direzione di Giovanni Bedeschi e la casa di produzione Bedeschi Film. La pianificazione è stata seguita da Geotag Milano. “Famila ha incrementato il budget pubblicitario rispetto agli anni precedenti, arrivando a circa 3-4 milioni di euro. Noi, come Selex, stiamo invece investendo circa 12 milioni di euro complessivi in comunicazione su vari canali” ha dichiarato Massimo Baggi Direttore Marketing del Gruppo Selex.

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Grande distribuzione. È necessario riprendere il confronto tra Federdistribuzione e il sindacato di categoria.

Com’era prevedibile non è stato e non sarà  certo il ricorso ad uno o più scioperi a sbloccare questa vertenza. L’adesione, sparate sulle partecipazioni  a parte,  è stata complessivamente contenuta, tra l’8 e il 9% dei lavoratori delle aziende associate secondo Federdistribuzione.  I disagi nei punti vendita sono stati limitati e a “macchia di leopardo” e non si sono registrate difficoltà per gli acquisti. Sono ovviamente dati di parte ma bastava fare un giro per Milano per rendersi conto che la realtà era sostanzialmente quella. I punti vendita alimentari erano zeppi di clienti per gli acquisti di Pasqua. Così come gli altri ventimila punti vendita associati e distribuiti sul territorio food e non food.

Ma non è solo una fotografia limitata alla  Grande Distribuzione. Saranno almeno tre tornate contrattuali (almeno quindici anni) in tutti i  settori economici i cui risultati non sono stati determinati dai rapporti di forza messi in campo ma grazie alla volontà di chiudere emersa dai rispettivi contendenti.  D’altra parte se il recente  rinnovo di Confcommercio, Confesercenti ma anche di Coop è avvenuto dopo ben 5 anni dalla scadenza e senza ricorso a scioperi o scontri particolari  è evidente che il clima, anche nel comparto, non è favorevole agli slogan d’antan, alle parole d’ordine fuori misura, ai flash mob. Le caricature eccessive delle posizioni della controparte lasciano il tempo che trovano.

L’auspicio di Federdistribuzione è che “le organizzazioni sindacali possano tornare quanto prima al tavolo negoziale, con l’obiettivo comune di giungere al rinnovo contrattuale, e riconoscano la specificità delle imprese del settore distributivo moderno”. La guerra delle partecipazioni  serve ad eccitare i militanti più stretti. Non a sbloccare lo stallo quando è determinato da reciproche convinzioni sui contenuti. La lunga stagione dei contratti nazionali ci consente, già oggi, alcuni elementi di riflessione. Al di là delle scadenze e dei ritardi, dall’ultima firma sono passati almeno otto anni. E, per molti argomenti normativi, comportamentali  e relativi all’inquadramento professionale, i testi a suo tempo concordati risalivano addirittura a parecchi anni prima. Luoghi, contesti concorrenziali,  e modelli  organizzativi molto diversi da oggi.

Allora sui banconi all’entrata dei PDV decine di CV lasciati nella speranza di trovare un lavoro, i grandi formati ancora con il vento in poppa, le possibilità di carriera veramente alla portata di tutti. I ruoli professionali chiari e scolpiti nella pietra. Nel 2015 il mazzo di carte, nella GDO, era ancora saldamente in mano a Confcommercio. Federdistribuzione “sognava” il suo CCNL che sarebbe arrivato solo il 19 dicembre 2018, come una sostanziale fotocopia di quello di Confcommercio. Un semplice  “sconto“ sul piano del costo economico che ha trascinato risentimenti associativi  non ancora sopiti. Leggi tutto “Grande distribuzione. È necessario riprendere il confronto tra Federdistribuzione e il sindacato di categoria.”

Grande Distribuzione. Si chiude anche il contratto nazionale delle Coop…

Dei quattro contratti scaduti (Confcommercio, Confesercenti, Federdistribuzione e Cooperazione), tre si sono quindi rinnovati. Resta aperto il principale, quello firmato da Federdistribuzione. Si chiude quindi una fase nella quale le distanze tra imprese e rappresentanti dei lavoratori  sono rimaste incolmabili per ben cinque lunghi anni. Il 29 marzo 2024, è stato siglato, da parte delle Associazioni Cooperative ANCC-COOP, CONFCOOPERATIVE CONSUMO E UTENZA, A.G.C.I Settore consumo e le Organizzazioni Sindacali FILCAMS-CGIL, FISASCAT-CISL, UILTuCS, l’accordo di rinnovo del CCNL per i dipendenti da imprese della Distribuzione Cooperativa.

Resta aperto il contratto principale della GDO quello gestito da Federdistribuzione. Quello Coop è importante, non tanto per i numeri che coinvolge (oltre 60.000 dipendenti, 1,8 miliardi di retribuzioni e oneri sociali versati, oltre il 90% di contratti di lavoro a tempo indeterminato) ma per due ragioni fondamentali. Innanzitutto perché  nel panorama delle relazioni  industriali  italiane e per la cultura che permea il sistema cooperativo,  è ritenuto uno dei più rispettosi del ruolo della parti sociali. Il secondo è che i temi che lo caratterizzano sono, in buona parte, gli stessi che coinvolgono le imprese che aderiscono a Federdistribuzione.

L’accordo, che avrà vigenza fino al mese di marzo 2027, prevede un aumento retributivo a regime di 240 euro lordi al quarto livello ed una indennità una tantum di 350 euro riparametrati e riproporzionati per tutte le posizioni. Essendo un testo che taglia trasversalmente le attività del mondo cooperativo tratta argomenti che, in altre situazioni sono coperte dalla contrattazione di secondo livello. È comunque interessante sottolineare ciò che prevede: 

– nuovi compiti per l’Osservatorio nazionale e per la Commissione paritetica nazionale per valorizzarne il ruolo nell’ambito del sistema delle relazioni sindacali settoriale;

– misure di contrasto alle molestie sessuali nell’ambiente di lavoro, nonché ad ogni forma di violenza morale e persecuzione psicologica;

– possibilità di prorogare il congedo indennizzato dall’INPS per donne vittime di violenza di 90 giorni di ulteriori 90 giorni a carico delle imprese;

– riconoscimento del II° livello per i farmacisti abilitati allo svolgimento dell’attività e per gli optometristi laureati in ottica e optometria con abilitazione;

– previsione di una Commissione per la riforma del sistema dell’inquadramento;

– franchising ed appalti più selettivi, poiché saranno oggetto di un confronto strutturato fra imprese e sindacati, nonché condizionati all’applicazione, rispettivamente, di CCNL somministrazione a tempo determinato) per le causali specifiche e ben delineate che sono state pattuite (festività natalizie, pasquali, nuove aperture e sostituzione ferie), per la durata ragionevole (massimo 24 mesi) connesse alle predette causali e, da ultimo, per il tetto massimo di utilizzo di tali figure del 13% dell’organico di singola unità produttiva, che è di gran lunga inferiore rispetto a quanto previsto dalle norme di legge in materia;

– innalzamento dell’indennità annuale per i part-time con clausole elastiche (da 120 € a 155 € all’anno);

– 72 ore di permessi retribuiti per i dipendenti dalle imprese cooperative minori in luogo delle attuali 66, a cui si arriverà col riconoscimento di 6 ore di permesso in più a decorrere dal 1° aprile 2025 e di ulteriori 6 dal 1° aprile 2026;

– durata minima dell’orario di lavoro dei dipendenti part-time delle imprese cooperative minori innalzata da 16 a 20 ore settimanali;

• riconoscimento di una ulteriore mensilità per il dipendente affetto da patologia oncologica con invalidità non inferiore al 50% in caso di superamento del periodo di comporto;

– implementazione delle tutele garantite per legge per congedi di maternità, parentali, deigenitori e di paternità;

– periodo aggiuntivo (a quello previsto dalla legge) di astensione facoltativa per maternità (coperta economicamente con un’indennità corrispondente al 30% della mensilità lorda), nonché congedo non retribuito fino al compimento di un anno del bambino;

– 10 giorni aggiuntivi (al periodo previsto dalla legge) per il padre lavoratore in occasione della nascita del figlio (coperti economicamente da un’indennità giornaliera pari al 100% della retribuzione);

– un mese di astensione facoltativa dal lavoro retribuito con la stessa indennità prevista dalla legge per agevolare il reinserimento della madre lavoratrice al lavoro;

– 30 giorni di permesso non retribuito per le lavoratrici ed i lavoratori che ne faranno richiesta dopo aver fruito dei permessi previsti dalla legge per fecondazione assistita;

– congedo non retribuito di 30 giorni continuativi per ricongiungimenti familiari a beneficio dei lavoratori in possesso di permesso di soggiorno;

– introduzione di una Indennità di vacanza contrattuale pari al 30% dell’IPCA al netto degli energetici importati in carenza di rinnovo contrattuale per più di 6 mesi;

  • incremento, a partire dal 1° gennaio 2025, della contribuzione a carico delle imprese di 3,00 € per migliorare le prestazioni sanitarie di Coopersalute (a seguito di tale incremento la quota mensile che le imprese dovranno pagare ammonterà a 14,00 € per ciascun dipendente.

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CCNL Federdistribuzione. Il paradosso del coccodrillo

Uno storico greco antico Diogene Laerzio ci ha lasciato una delle spiegazioni più interessanti del “paradosso del mentitore”. “Sul Nilo un coccodrillo afferra un bambino che gioca sulle rive; la madre del piccolo si dispera e implora il coccodrillo di restituirle il figlio. Il  coccodrillo replica alla madre disperata: “Se indovini quello che farò, ti restituirò il bambino. Altrimenti lo mangerò”. La madre allora dice al coccodrillo: “Mangerai mio figlio”. Se la madre ha detto il vero, se ha cioè indovinato che il coccodrillo mangerà il bambino, allora in questo caso il coccodrillo dovrà restituire il bimbo. Ma se il coccodrillo restituisce il bimbo, significherebbe che non lo ha mangiato, e quindi la donna non avrebbe indovinato e non potrebbe riavere il figlio. Risultato: in tutti i casi, se la madre dice “tu lo mangerai”, non potrà mai riavere il piccolo se il coccodrillo mantiene la promessa. Né il coccodrillo può mangiarlo”.

L’Articolo 258 – condizioni di concorrenza appena firmato da Confcommercio e i sindacati di categoria fa parte di questo filone filosofico. “…Le parti condividono che gli aumenti contrattuali definiti dal CCNL Terziario, Distribuzione e servizi in quanto Contratto nazionale maggiormente applicato nell’intero settore terziario (secondo i dati dei codici contratto INPS e i dati delle iscrizioni ai fondi nazionali di assistenza sanitaria integrativa costituiti dalle parti) sottoscritto tra le parti stesse, debbano costituire una previsione non diversificabile in altri accordi collettivi di pari livello nazionale. La violazione della previsione di cui al capoverso precedente attraverso minori previsioni a valenza economica , contenuta in contratti nazionali di lavoro sottoscritti dalle parti firmatarie del suddetto contratto nazionale che insistano sulla sfera applicativa dello stesso verrà automaticamente recepita dal suddetto contratto nazionale.  Tale recepimento comporta l’interruzione delle obbligazioni retributive rimanenti in caso di maturazione parziale delle stesse fino al riallineamento ai suddetti valori”.

Questa frase è stata “imposta” da Confcommercio per evitare che il sindacato decidesse di fare “sconti” a Federdistribuzione come in passato. Ovviamente non considera che la frase stessa, proprio per le dinamiche che innesca, possa di fatto rappresentare essa stessa uno sconto in bianco sulle tranche future in caso di prolungamento sine die degli altri tavoli. Un banale autogol formale che non ci  si aspetterebbe da chi vanta la rappresentanza dell’intero terziario italiano. Mi spiego meglio.

Federdistribuzione ha deciso, dopo la rottura del tavolo da parte dei sindacati di categoria, di pagare comunque la prima tranche (delle 6 previste) nel prossimo mese di aprile (https://bit.ly/4az31yO) di ciò che prevede l’accordo firmato da Confcommercio. Lo scopo è evidente. “Convincere” i lavoratori delle insegne aderenti a Federdistribuzione della pretestuosità della proclamazione dello sciopero e che la rottura non è causata dalla rigidità delle insegne ma dai sindacati di categoria. Mossa sgradevole vista dai sindacati ma  assolutamente legittima. Leggi tutto “CCNL Federdistribuzione. Il paradosso del coccodrillo”

Federdistribuzione e Sindacati. Perché la vicenda adesso rischia di complicarsi…

“Pretese irrealistiche” per i sindacati, “finalizzate unicamente a far naufragare una già complessa negoziazione”, a dimostrazione della “ritrosia patologica” di Federdistribuzione “a dare il giusto riconoscimento in termini economici ai dipendenti delle aziende sue associate” (https://bit.ly/3vuvg2T). Per Federdistribuzione “la necessità, sempre nel rispetto dei diritti acquisiti, di  andare incontro ai cambiamenti intervenuti negli ultimi anni nell’organizzazione del lavoro delle imprese e con l’obiettivo di renderne più puntuale l’applicazione” (https://bit.ly/3vmweym).

Da una parte i sindacati “illusi” che la firma con Confcommercio fosse ritenuta un passe-partout sufficiente ad esorcizzare 45 mesi di attesa e dall’altra, Federdistribuzione che fuori tempo massimo rilancia alla ricerca della sua distintività a questo punto, più formale che sostanziale. Non sarà certo lo sciopero dichiarato, pur legittimo, a preoccupare le singole insegne della GDO. Il punto vero è che Federdistribuzione e le aziende che ne determinano la linea in campo sindacale non accettano il ruolo da “gregario non protagonista” che i sindacati hanno pensato possibile assegnare a loro.

Confcommercio con la firma del CCNL (vedi art. 258) si è “autoproclamata”, con l’avvallo del sindacato di categoria, depositaria esclusiva della titolarità della rappresentatività dell’intero terziario. E quindi ha  di fatto stabilito  che, il CCNL firmato da Federdistribuzione, indipendentemente dal suo peso maggioritario nel settore della GDO, dovrà avere un ruolo gregario e subalterno al suo. E questo oltre ad irritare i titolari ne limita fortemente il raggio di azione. Non va dimenticato che il CCNL scaduto 45 mesi fa era stato firmato addirittura nel 2015. E, non avendo subito modifiche nelle sue normative principali la sua arcaicità risale ad ere geologiche ancora precedenti. Nel frattempo la vita nelle insegne della GDO a differenza dei piccoli negozi di vicinato o nelle realtà del cosiddetto “terziario di mercato”, è cambiata in profondità. Penso all’ inquadramento, oggi completamente stravolto rispetto ad allora, penso alla polivalenza, alle prestazioni richieste e al loro riconoscimento, agli straordinari e al loro pagamento, al peso del PT involontario. Penso ai modelli organizzativi attuali. Lo stesso contenzioso derivato dalla mancata applicazione formale di parti del  testo del CCNL è crollato dimostrando la necessità di un aggiornamento e di una profonda manutenzione del ruolo del contratto nazionale sempre purtroppo rinviata.

Oggi la distanza tra testo contrattuale e realtà è talmente profonda che spinge i sindacati a volgere lo sguardo altrove. Salvo pretendere di lasciare tutto com’è sul piano formale. Un errore. È vero. Il CCNL firmato da Federdistribuzione è, nel testo, una effettiva ricopiatura letterale di quello di Confcommercio da cui è nato ma la sua sovrapponibilità finisce qui. Questo perché lo stesso testo messo a terra in luoghi e/o settori diversi in termini di organizzazione, dimensione e cultura, genera costi, comportamenti e crea contraddizioni diverse.

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Vegan-Rewe apre a Berlino. Un test interessante…

Mentre dall’altra parte dell’oceano alcuni tra i manager più preparati della GDO internazionale stanno  cercando di trovare una soluzione alla mancata presenza dei prodotti CPG in Whole Foods  (tipo Coca Cola, Pepsi, snack salati Frito Lay, detersivo Tide e altri prodotti con ingredienti non naturali ), che spinge molti potenziali clienti alla concorrenza, il secondo gruppo della GDO tedesca prova un  percorso inverso. Tra poco aprirà il primo punto vendita del Gruppo Rewe esclusivamente  vegano in Warschauer Straße 33 a Berlino-Friedrichshain. Il negozio “Vegan-Rewe” (o come si chiamerà) è in fase avanzata di ristrutturazione e riconversione. Il nuovo logo sulla facciata è ancora coperto da un telo.

Rewe,  a mio modesto parere,  resta  uno dei gruppi più innovativi in Germania. Sotto l’impulso di Lionel Souque  e della sua squadra sta sperimentando novità importanti sia sul piano tecnologico che su quello dell’offerta commerciale nei diversi formati. La location scelta è interessante anche perché sede, fino a dicembre, dell’insegna Veganz. “Per questo test ci affidiamo per la prima volta esclusivamente ad alimenti di origine vegetale”, ha affermato un portavoce del gruppo Rewe su richiesta di T-online. “Veganz” ha ceduto il negozio a dicembre. I clienti vegani berlinesi potranno continuare a fare i loro acquisti  nel nuovo negozio  di Rewe.

Non lontano dalla nuova sede si trovano altri supermercati della catena: c’è un grande supermercato nell’East Side Mall e almeno un più piccolo “Rewe To Go” nella stazione della S-Bahn Warschauer Straße. La catena  che ha la sua sede centrale a Colonia, si è assicurata una posizione ideale a Friedrichshain, direttamente sul ponte Warschauer. L’acquisizione è una mossa intelligente: insieme al punto vendita viene rilevata la base di clienti esistente e il concetto di un negozio Rewe completamente vegano può essere un test interessante per poterlo eventualmente replicare altrove. Il Gruppo, inoltre, può avvalersi anche dell’esperienza della filiale austriaca Billa. “ “ BILLA PFLANZILLA ” esiste da settembre 2022.  L’obiettivo è guardare al futuro e attrarre principalmente clienti di età inferiore ai 30 anni.

Veganz era  una catena di supermercati 100% vegan molto famosa in Germania, sopratutto a Berlino. Nel progetto del fondatore, Veganz doveva diffondersi in tutta Europa, Italia compresa, ma la realtà è stata un po’ diversa; nata come startup nel 2011, ha riscosso subito un notevole successo, ma durante gli anni il modello di business è cambiato e alcune location sono state chiuse, i prodotti a marchio Veganz hanno continuato a diffondersi e adesso sono presenti anche in molti altri supermercati non solo tedeschi. I prodotti veg rappresentano una delle grandi tendenze alimentari degli ultimi anni, insieme al bio.  È interessante seguire il test Rewe anche perché da noi è ancora un fenomeno relativamente circoscritto. In EU sempre più persone scelgono di ridurre o eliminare il consumo di prodotti animali, soprattutto in considerazione dell’impatto che la produzione di massa di questi alimenti ha sul pianeta, in termini di consumo di acqua ed energia, deforestazione, emissioni e pericolo per la biodiversità. Per questo motivo, oggi tutti i prodotti vegani, come formaggi, cioccolato, insaccati e gelato sono facilmente reperibili nei supermercati tradizionali, accanto ai loro omologhi di origine animale.
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CCNL terziario e servizi. Tanto tuonò che piovve

Per rispondere subito all’amico Garnero, non prevedo nessuna primavera per le relazioni industriali. Siamo entrati da tempo in un cupo inverno nel quale la vicenda del terziario di mercato potrebbe fare addirittura scuola. Ę un sistema complessivamente malato che, se resta imballato per cinque anni per milioni di lavoratori, vuol dire che non funziona più come dovrebbe. Detto questo, è ovvio che la firma di un contratto nazionale dopo una così lunga attesa è comunque da valutare come un fatto positivo.

 

Che le due Confederazioni del terziario (Confcommercio e Confesercenti) abbiano finalmente firmato può significare che settimana prossima ci proverà Federdistribuzione e poi dietro arriveranno i due contratti minori ma non meno importanti degli alberghi e dei dipendenti da aziende dei settori dei pubblici esercizi, ristorazione collettiva, commerciale e turismo. Si potrebbe così chiudere una vicenda che per la dimensione degli interessi coinvolti non ha precedenti nella storia contrattuale del nostro Paese. Le responsabilità di ciò che è avvenuto sono evidenti. La crisi di autorevolezza e di leadership degli attori principali hanno impedito di costruire exit strategy convincenti quando ce n’è stata l’occasione. Il contesto socio economico ha fatto il resto. Il tentativo di Confcommercio di rilanciare a tempo scaduto provando a dividere i sindacati come in passato non ha funzionato così come, per i sindacati, i numerosi tavoli contrattuali aperti, caratterizzati da richieste diverse e difficilmente componibili per gli interessi in gioco, non li hanno certo favoriti. Così ha prevalso la strategia datoriale di spendere il meno possibile per più tempo possibile, come l’ho chiamata in un precedente articolo, la strategia del “braccino corto” https://bit.ly/3TiQtpK). Cinicamente, un risparmio, grosso modo, di  cinque anni sul costo del lavoro per le imprese.

Quello che è certo è l’evidente affanno della gestione politica  della più importante confederazione del terziario sul tema del lavoro. Aggiungo poi che nelle Confederazioni di categoria (datoriali e sindacali) il possibile “rischio”  all’orizzonte del salario minimo è visto, non solo come concorrente diretto al CCNL, ma anche come potenziale grimaldello sull’importante welfare contrattuale che, oltre ad essere positivo per i lavoratori, è fonte di finanziamento per le associazioni firmatarie.

Onesta Prampolini, quando ha dichiarato “l’individuazione di un salario minimo orario per legge, slegato da un consolidato sistema di relazioni sindacali, andrebbe a discapito della più diffusa applicazione dei contratti collettivi leader, danneggiando la sana concorrenza tra imprese”.  Al di là dei contenuti sul compromesso raggiunto che risente ovviamente del contesto che si è trascinato in tutti questi anni, dagli effetti dell’inflazione e della depressione dei consumi,  va tenuto presente che il costo complessivo del lavoro e quindi del CCNL  (non necessariamente del solo salario) è ritenuto comunque alto per le imprese dell’intero settore del terziario di mercato.

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Grande Distribuzione. Intanto Aldi in Cina…

L’elenco dei retailer europei che si sono ritirati dalla Cina è lungo. Non solo Carrefour. Dalla Germania hanno fatto marcia indietro Metro, Media-Markt, Lidl e Obi. Eppure molti esperti di quel mercato ritengono che la classe media cinese sia il gruppo target con il maggior potere d’acquisto al mondo. Cibo, integratori alimentari, cosmetici, moda, giocattoli: per tutto ciò che è vicino al corpo, i cinesi amano cercare prodotti di provenienza estera. Nell’evento shopping più grande del mondo, il  Singles Day di Alibaba dell’11 novembre che si svolge ogni anno in Cina il valore totale dei beni venduti durante il periodo, noto anche come “Double 11”, è arrivato a 1,15 trilioni di yuan (157,97 miliardi di dollari) secondo i dati della società di consulenza Bain.

A differenza di quanto  avviene in Europa i consumatori cinesi sono abituati a informazioni e consigli molto più completi e a una maggiore rapidità di acquisto. Gli influencer e le recensioni svolgono un ruolo più importante. Aldi Süd si è avvicinato alla Cina attraverso l’online dal 2017 (https://bit.ly/3v3Thh4) e i primi negozi sono stati aperti a Shanghai nel 2019 (https://bit.ly/49LnjoO). L’espansione “brick and mortar” è iniziata con due tipi di punti vendita: negozi di circa 1.000 metri quadrati con un numero relativamente elevato di dipendenti, che si basano sul modello tedesco, e negozi decisamente più piccoli con una superficie da 400 a 500 metri quadrati del tipo minimarket. In Occidente Aldi è nota per i prezzi bassi. In Cina si posiziona come una sorta di discount di lusso con standard di qualità tedeschi. Quando fanno acquisti da Aldi, i consumatori cinesi non si preoccupano del prezzo, ma piuttosto della qualità e della sicurezza dei prodotti.

Dal 2017 la penetrazione di Aldi Süd nel nuovo mercato si è basata su una pura strategia di e-commerce online sulla piattaforma  Tmall Global (https://bit.ly/3T7dpXL), che appartiene al colosso online cinese Alibaba prima di iniziare la sua espansione nella vendita al dettaglio fisica due anni dopo con due negozi pilota a Shanghai. Le sette filiali aperte nell’estate 2023, tutte in centri commerciali, non hanno più molto in comune con Aldi in Germania. Ciò che colpisce è la quasi totale assenza del non food, il pagamento esclusivamente tramite casse self-scanner e il collegamento dei PDV ai servizi di consegna onnipresenti a Shanghai. La quota di fatturato derivante dall’attività di consegna a domicilio  per punto vendita  dovrebbe aggirarsi intorno al 30%. 

Dopo quattro anni, Aldi conta ora 48 negozi a Shanghai. Ma probabilmente è solo l’inizio. Aldi vede il potenziale per centinaia di filiali a Shanghai e nel delta dello Yangtze con città di milioni di abitanti, ha rivelato l’austriaco Roman Rasinger, Managing Director a ALDI CHINA, in un’intervista all'”Handelsblatt”. Il concetto Aldi nella Repubblica Popolare cinese è stato in gran parte sviluppato da Aldi Australia, che rifornisce anche le filiali. I frequentatori cinesi sottolineano la flessibilità e la capacità di adattamento dimostrate da  Aldi in Cina. “Aldi funziona come un normale punto vendita cinese. Quasi tutto ruota attorno al cibo. I cinesi pensano che il retailer tedesco sia sinonimo di premium” riferisce Arvid Schulze-Schönberg il fondo di investimento per i centri commerciali DWS, lanciato nel 1975 e attivo anche in Cina. “Ciò che Aldi ha creato a Shanghai è notevole. Aldi è agli occhi dei consumatori cinesi “alla moda e fresco per gli occhi, ma anche intelligente per il portafoglio”, riferisce. Leggi tutto “Grande Distribuzione. Intanto Aldi in Cina…”

Amazon compra una parafarmacia a Milano..

È bastata l’acquisizione (per ora) di una parafarmacia delle 10 che Pulker Farma possiede tra Roma e Milano da parte di una società collegabile ad Amazon per agitare le acque. Si tratta della  Pellicano Italy SRL, che ha per oggetto proprio l’acquisto e la gestione di parafarmacie su tutto il territorio nazionale. Tra l’altro quel punto di  piazza Cadorna antistante alla stazione ferroviaria dove passano migliaia di persone ogni giorno è una location eccezionale (135 mq.) per un flagship store dell’azienda di Seattle che, più al mercato farmaceutico on line in generale oggi precluso potrebbe essere riservato al retail del beauty e del cura persona. O comunque dedicato al suo ecosistema che ha in Amazon Prime il suo perno fondamentale.

Ha sorpreso che Amazon abbia scelto l’Italia per provare ad aprire la sua prima parafarmacia “brick and mortar” in Europa, anziché in mercati dove  l’online farmaceutico viaggia su volumi più che appetibili come la Germania o il Regno Unito. Amazon però  precisa che al momento non ha intenzione di comprare altre parafarmacie in Italia o Europa. Secondo le analisi sul 2023 di ASSOSALUTE (Associazione nazionale farmaci di automedicazione, che fa parte di Federchimica) commissionata a IQVIA confermano che Farmacie, parafarmacie e corner della Grande Distribuzione Organizzata (GDO) mantengono nel 2023 un buon livello. Guida il trend la farmacia fisica che conserva una solida quota di mercato, pari al 90,8% a volumi (se si includono le vendite on line). I fatturati derivanti dai soli acquisti on line di farmaci senza obbligo di ricetta registrano un aumento del 15,2% a fatturato e del 5,8% dei volumi.

In Italia (e non solo) la vendita di farmaci online è permessa solo a una farmacia o parafarmacia con presenza fisica sul territorio e tutte le attività devono fare riferimento a un farmacista regolarmente registrato al proprio ordine professionale. Senza una rete più o meno diffusa di farmacie fisiche nei vari Stati UE una farmacia online non sembra in alcun modo autorizzabile. Vale la  circolare del Ministero della Salute del 2016). Da qui, credo, la scelta obbligata di Amazon. All’interno dell’Europa i farmaci consegnati devono essere quelli autorizzati nello Stato membro di destinazione. Fonti vicine ad Amazon aggiungono che comprare una parafarmacia in Italia non consente automaticamente di vendere farmaci da banco online in Italia, e tantomeno consente di vendere farmaci da banco online in Europa, visto che le restrizioni alla vendita dei farmaci da banco variano da paese a paese e sono soggette a limitazioni locali non necessariamente coincidenti.

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CX Store Research. Un modo diverso di guardare alla concorrenza tra retailer.

Eppure c’è stato un tempo dove era normale e scontato frequentare luoghi diversi per fare la spesa. Sostanzialmente fino agli anni 80 del secolo scorso panettiere, lattaio, macellaio e salumiere, a differenza di oggi,  erano presenti in numero significativo nei paesi e nelle vie delle città in luoghi vicini ma in location  diverse. Addirittura limitate in ciò che potevano vendere. E chi faceva la spesa entrava e usciva  tra negozi di vicinato, mercati coperti o ambulanti che animavano con le loro grida i mercati all’aperto. I criteri di scelta, allora come oggi, erano di diversa natura. Non solo determinate dal rapporto qualità/prezzo. Così come le tecniche di fidelizzazione.

La GDO ci ha messo anni a convincere i consumatori a cambiare luoghi e modalità di fare la spesa concentrando l’offerta in location dedicate. La forte crescita dei differenti formati distributivi, la loro localizzazione e la concentrazione, lo stesso contesto socio economico hanno a loro volta riproposto oggi una realtà caratterizzata da un rinnovato nomadismo nella scelta su dove fare la spesa con cui le insegne e le loro politiche di fidelizzazione si devono misurare. Non solo si frequentano più insegne  ma una famiglia su cinque ogni anno cambia opinione circa l’insegna preferita per il miglior rapporto Qualità/Prezzo. La leadership conquistata è  messa costantemente in discussione e quindi va difesa e rinnovata nel tempo. Capirne le ragioni anticipando i cambiamenti anziché constatarne gli effetti ex post può diventare un vantaggio competitivo non indifferente.  È quindi fondamentale comprendere il contesto competitivo locale per definire idonee politiche commerciali.

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