Amazon Fresh. Oltre la tecnologia alla ricerca della distintività (Parte seconda)

Dopo aver trattato Whole Foods (https://bit.ly/3IBajX6),  tocca all’altra realtà dell’universo Amazon. Ad agosto, il colosso di Seattle  ha annunciato modifiche significative ad Amazon Fresh,  tra cui un nuovo formato di negozio e un accesso online ampliato. Le ambizioni di Amazon nel settore alimentare, per ora,  non sono andate secondo i piani ma l’obiettivo è chiaro. L’ingaggio di Tony Hoggett e della sua squadra ha questo scopo. Mettere radici e trasformare un settore che negli USA cuba più di mille miliardi di dollari.

Andy Jassy CEO di Amazon ha affidato loro questa mission. Le critiche non mancano. Brittain Ladd, uno tra i più quotati consulenti retail negli USA contesta questa scelta. La soluzione per lui non sarebbe insistere con Amazon Fresh ma superarla inventandosi un nuovo marchio tipo  Whole Foods+ con il quale vendere  Coca-Cola, Pepsi, Cheetos e altri prodotti CPG che i consumatori amano e che Whole Foods non può vendere senza rischiare di tradire la propria natura (e parte dei suoi clienti).

Secondo Ladd “gli attuali dirigenti di Amazon sarebbero troppo legati alla visione iper tecnologica utilizzata dai negozi Amazon Fresh. Mentre “I clienti si innamorano dei negozi che offrono il miglior assortimento, le migliori offerte e la migliore esperienza di acquisto, non certo per la tecnologia”. La sua conclusione è drastica. “Mentre Amazon continua a riflettere sulla sua possibile strategia alimentare, Aldi sta aprendo altri 800 negozi. Questo si aggiunge ai 1.100 negozi che Aldi ha costruito negli ultimi cinque anni negli Stati Uniti. Aldi è una macchina da guerra mentre il più grande ostacolo di Amazon per diventare  un attore importante nel settore dei generi alimentari è la mancanza di leadership” conclude Ladd. Un giudizio pesante.

Intanto Tony Hoggett  rilancia Amazon Fresh con   una sperimentazione che riguarda diversi punti vendita. Se gli acquirenti risponderanno  bene agli aggiornamenti, osserva Bloomberg, tali cambiamenti potrebbero estendersi all’intera catena di 44 negozi.  L’intervento riguarda alcuni mercati chiave, tra cui Illinois, California meridionale, Virginia settentrionale e Stato di Washington. Il rinnovamento di Amazon Fresh prevede anche un cambiamento significativo al suo servizio principale di e-commerce, lanciato nel 2007 e ampliato alla maggior parte delle principali aree metropolitane degli Stati Uniti.  Amazon Fresh prevede di espandere l’offerta di consegna ai membri non Prime in più realtà nei mesi a venire. L’obiettivo è portare l’offerta di Amazon Fresh in milioni di case e spingere i consumatori a passare a un abbonamento Prime. Leggi tutto “Amazon Fresh. Oltre la tecnologia alla ricerca della distintività (Parte seconda)”

MD. “Ma almeno provalo! L’effetto è “tale e quale”….

Dopo l’Einstein della “spesa intelligente” di Eurospin, MD ci prova e riesce a fare un passo in avanti con i suoi nuovi spot. In onda dall’11 marzo sulle tv digitali: Rai Play, Mediaset Play, Amazon Prime, Canali Ciao People e su YouTube puntano  a sfatare i pregiudizi che circondano la qualità dei prodotti del discount. Una vecchia pubblicità USA recitava: “Se non c’è differenza, perché pagare di più?”. Il discount (non da oggi) sta cambiando pelle. E lo dimostra anche nella modalità scelta nel campo della comunicazione e del marketing.

Interessante e riepilogativo un articolo di Benedetta Romano del 2021 sulla Gazzetta del Pubblicitario (https://bit.ly/3wVfKNZ). Che poi siano due realtà italiane come Eurospin e MD ad insistere sui concetti chiave è, a mio parere,  altrettanto significativo. Nel sostanziale  avvitamento delle insegne leader negli altri formati distributivi che continuano a proporre un’immagine di sé scontata e tradizionale, smontare la percezione del consumatore sulla convenienza e sulla qualità resta, a mio parere, una mossa lungimirante. Di fatto sono i discount a tirare la volata alla marca del distributore. Eurospin ci ha puntato fin da subito sulla “spesa intelligente”. Addirittura nella denominazione dell’insegna stessa enfatizzandolo poi dal 2020 attraverso i suoi spot televisivi. Il loro messaggio ha sempre puntato a valorizzare l’esperienza di acquisto proposta: “Prezzi contenuti, senza sacrificare “troppo” la bontà dei prodotti”.

MD fa un passo avanti. Ritiene che non ci sia nulla da sacrificare in termini di qualità. Terza per fatturato nel canale discount e seconda a capitale italiano, l’azienda ha chiuso il 2022 con ricavi in crescita dell’11% superando i 3,4 miliardi di euro di fatturato. La storia della Società s’identifica con quella del suo fondatore, Patrizio Podini, attivo nel mercato della GDO fin dagli anni ’60. Nel 1994, con l’intuizione di investire nelle regioni del Sud Italia, fonda   MD Discount che cresce sino a diventare un’azienda nazionale con l’acquisizione, nel 2013, della catena LD Market diffusa al Nord e di proprietà del Gruppo Lombardini. Con una discreta  dose di umorismo,  il protagonista  Herbert Ballerina, pseudonimo del comico molisano Luigi Luciano, cerca di smontare i pregiudizi per dimostrare come i prodotti del discount riescano a soddisfare anche le necessità dei consumatori più esigenti.

Questa campagna non nasce a caso. Tra l’altro è preceduta da un altro tentativo ben più aggressivo (si fa per dire) dell’ottobre 2023 dove lo stesso protagonista cercava di smontare i pregiudizi sui prodotti con la famosa frase: “Ma è tale e quale!” che tanto ha fatto arrabbiare Centromarca che ha invitato  e diffidato MD a provvedere all’immediata sospensione della campagna “priva di qualunque reale contenuto informativo per i consumatori, è svilente e denigratoria per i prodotti di marca, non solo per le marche con prodotti nelle stesse categorie oggetto degli spot, ma per la marca in quanto tale, dipinta come vacuo strumento di marketing, priva di qualsiasi reale contenuto di valore economico, qualitativo, sociale o di qualsiasi altro genere, che non sia il maggiore e ingiustificato costo del prodotto di marca”. Centromarca aveva addirittura preteso un “contestuale impegno ad astenersi per il futuro da simili forme di comunicazione”. Leggi tutto “MD. “Ma almeno provalo! L’effetto è “tale e quale”….”

Amazon si riorganizza nel food con Whole foods e Amazon Fresh… (parte prima)

Amazon rilancia. Iniziamo con Whole Foods. Seguirà a breve  un mio pezzo su Amazon Fresh l’altro grande cantiere aperto. Whole Foods proprio per la sua natura, secondo il management Amazon, deve continuare ad operare come una società separata e senza modificare la sua mission. L’ex Tesco Tony Hoggett insieme a Jason Buechel e alla sua squadra stanno quindi costruendo la seconda gamba di Amazon nel food. Il “nuovo” formato proposto quick-shop va in questa direzione.

Si chiamerà Whole Foods Market Daily Shop. Verrà inizialmente lanciato nell’Upper East Side di Manhattan con ulteriori sedi a New York City a seguire.  Il primo negozio, situato al 1175 di Third Avenue, dovrebbe aprire quest’anno. Dopo il lancio di New York City, Whole Foods Market prevede di portare il formato in altre città USA. I negozi quick-shop sono circa un quarto o la metà di un negozio Whole Foods Market tradizionale che è di circa 4000 mq 2. In luoghi come Manhattan, dove la prossimità è importante, questi negozi dovrebbero avvicinare Whole Foods Market ai clienti esistenti, estendendo al contempo la portata dell’azienda ad altri nei quartieri circostanti.

Whole Foods Market Daily Shop punta a fornire  gli ingredienti per comporre un pasto conveniente, snack grab-and-go, elementi essenziali soddisfacendo però  i rigorosi standard di qualità dell’azienda. Anche se più piccoli, i negozi offriranno ancora le referenze di Whole Foods Market, tra cui un’ampia selezione di prodotti freschi e di stagione, carne e frutti di mare, cibi preparati come panini e pasti preconfezionati, pane, alcol e integratori, oltre a una gamma selezionata di specialità locali. Inoltre sarà il primo negozio Whole Foods Market a Manhattan a offrire Juice & Java, un luogo per caffè, tè, succhi di frutta freschi, frullati, panini, zuppe e vari dessert.

“Nel nostro nuovo formato di negozio, stiamo adattando ogni spazio alle esigenze degli stili di vita urbani. Siamo entusiasti di introdurre un nuovo modo per i nostri clienti di raccogliere rapidamente i loro preferiti di Whole Foods Market – dai pasti grab-and-go a quell’ingrediente per la cena dell’ultimo minuto – rendendo la spesa mattutina o dopo il lavoro più efficiente e piacevole”, ha affermato Christina Minardi, Executive Vice President Growth & Development, Whole Foods Market & Amazon. “Espandere la nostra impronta con Whole Foods Market Daily Shop è la chiave per la nostra crescita, promuovendo relazioni più profonde con i clienti e promuovendo il nostro scopo di nutrire le persone e il pianeta”. I nuovi negozi di formato non sostituiranno il tradizionale formato del negozio. Nel 2023, Whole Foods Market ha aggiunto il suo 17° negozio a New York City a One Wall Street, sottolineando la volontà dell’azienda a migliorare l’esperienza del cliente di città. Whole Foods Market ha attualmente più di 530 punti vendita negli Stati Uniti, nel Regno Unito e in Canada e ne ha in programma altri 75. Leggi tutto “Amazon si riorganizza nel food con Whole foods e Amazon Fresh… (parte prima)”

Esselunga alle prese con il “potere della scrivania”…

Ciascuna azienda organizza il lavoro come crede. C’è però una sostanziale differenza tra chi immagina il futuro per il proprio business comprendendo il benessere dei  propri collaboratori e chi no. C’è chi resta nel solco tradizionale  prevedendo attività e servizi ricreativi vicini al posto di lavoro attraverso forme di welfare aziendale più o meno innovativo. E c’è chi prova  a ripensare il lavoro in termini di durata, luogo, contributo, coinvolgimento e qualità percepita e agìta dai collaboratori. Brunello Cucinelli direbbe: “questo è il tempo dell’armonia, oltre che della sostenibilità. Al centro ci deve essere sempre la persona”. Per comprenderne la differenza  bisognerebbe provare ad affrontare  il tema cambiando punto di osservazione.

Il futuro del lavoro fa leva  sulla responsabilità dei collaboratori, non sul loro controllo. Non sarà il luogo, il tempo perso per arrivarci, il presenzialismo oltre l’orario, l’autorità del capo attraverso il “potere della scrivania” a caratterizzare l’azienda (intesa come comunità operosa). È la sostanziale differenza tra ritenere le persone al lavoro, “collaboratori ” e non semplicemente “dipendenti”.  Ed è il rapporto instaurato, l’ascolto, il riconoscimento dell’impegno e la comunicazione scelta a fare la differenza. Lo smart working non è, ovviamente, tutto questo ma rappresenta un tassello di un  cambiamento più vasto, per certi versi inarrestabile. Peccato non averlo saputo cogliere. Così come aver accompagnato il suo ridimensionamento in Esselunga con una comunicazione d’altri tempi, inutilmente spigolosa, che l’impegno quotidiano dell’insieme dei collaboratori non meritava. 

Tra l’altro l’azienda di Pioltello  era stata  una delle poche realtà della GDO che avevano implementato il lavoro agile per oltre 1200 dipendenti. Costretti dalla pandemia e dal lockdown l’insegna aveva fatto un salto (forse) involontario nel futuro. Sembrava avesse accettato l’idea che i collaboratori fossero  responsabili, in grado di gestire il lavoro da casa per 6 giorni al mese (12 giorni al mese per i genitori con figli). Alla lunga, la cultura manageriale prevalente, non ha però  retto la sfida. È come se, fosse riemersa, per limiti oggettivi, la mancanza di un approccio professionale nella gestione delle risorse umane, in grado di conciliare le  esigenze organizzative dell’azienda con quelle delle persone.  Un’azienda dai due volti. Quella che guarda avanti con ESSELAB e  il robot che prepara le insalate a Mind e quella che osserva i suoi collaboratori  con lo specchietto retrovisore. Dal 1 aprile e fino al 31 marzo 2025 quindi si cambia. La voglia di averli finalmente tutti indietro e tutti in fila è stata troppo forte. E, soprattutto,  vestiti come si deve. E l’ordine viene dall’alto.

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Aldi continua la sua crescita. Nel nord.

 Per capire la potenza di fuoco di Aldi basterebbe dare uno sguardo in UK. Quattro anni dopo la Brexit, il discount alimentare Aldi continua a espandersi. Quest’anno il gruppo commerciale Aldi vuole superare la soglia dei 50.000 dipendenti in Gran Bretagna. Lo ha annunciato la società sul suo sito web aziendale britannico. Aldi conta attualmente circa 45.000 dipendenti in Gran Bretagna. Si prevede che  verranno aggiunti altri 5.500 dipendenti. Stiamo parlando di un migliaio  di punti vendita.

In Italia, al contrario,  avanza con calma. In un’epoca di finte  lepri ALDI sa benissimo che è la tartaruga che,  alla fine, arriva prima al traguardo. Per ora raggiunge i 180 negozi (Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Piemonte, Trentino Alto Adige, Veneto). Tutti nel nord italia. 43 i negozi aperti in Veneto, di cui 6 nella provincia di Padova serviti dalla piattaforma logistica di Oppeano. L’altra piattaforma è a Landriano (PV) la prima in funzione dal 2018 la secondo inaugurata a maggio 2020, entrambe garantiscono l’elevata capacità logistica del gruppo, ottimizzando i rifornimenti dei negozi tra Nord Ovest e Nord Est, con un minore impatto ambientale e una riduzione della distanza di approvvigionamento.  

Il nuovo negozio sorge a Abano Terme  in Via P. Gobetti 34 all’interno dell’area “ABANO CIVITAS”, una zona centrale della città in cui si svolge il mercato settimanale, vicino al Duomo di S. Lorenzo e al Municipio.  Abano Terme meta turistica termale da più di 2000 anni si trova ai piedi dei Colli Euganei, un parco regionale unico nel suo genere per arte, cultura e paesaggi mozzafiato. Situata in una posizione strategica al centro della pianura, rappresenta, insieme a Montegrotto Terme, il principale centro termale d’Europa.

Sarà finalmente contento  il mio amico e ex collega Federico Barbierato ottimo sindaco della cittadina. Una partita lunga e complessa nata 5 anni fa che ha determinato progetti, demolizioni e ricostruzioni definita dopo aver bloccato  sul nascere  la previsione di un centro commerciale da 4.500 metri quadrati su piazza Mercato con una riduzione del 64% di cubatura, rispetto a quanto inizialmente previsto. Sottolinea Barbierato: “Stiamo parlando di 130 mila metri cubi in meno. Non so quante amministrazioni in Italia abbiano avuto nella storia questo coraggio”. L’apertura del nuovo negozio ALDI è stata anche l’occasione per realizzare nuovi elementi di aggregazione e connessione all’interno del tessuto urbano e spazi pubblici. Tra questi, una piazza comprensiva di panchine in marmo bianco e camminamenti illuminati realizzati in porfido posato a mano. In prossimità del punto vendita è stata realizzata anche una pergola e sono stati piantumati numerose erbe aromatiche ed alberi. Il punto vendita  è, inoltre, dotato di un impianto fotovoltaico con una portata di 110 kW e di 5 colonnine di ricarica per auto elettriche con una portata di 22 kW. 

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Delhaize in Belgio. Il franchising è il presente della GDO. O il suo futuro?

Da noi, il franchising nella grande distribuzione, è ritenuto (a torto) figlio di un dio minore. Anche se presidia business locali  importanti. Non è un caso che numerose aziende, non solo multinazionali, scelgono di affidarsi a ottimi imprenditori locali per sviluppare l’attività o presidiare zone altrimenti a loro precluse.  L’accusa principale è che l’identità dell’insegna rischia di non essere percepita in modo omogeneo dal consumatore. E, non meno importante, il rapporto con i lavoratori e con il sindacato. C’è anche una differenza sostanziale tra franchisee data dal numero di negozi gestiti. Più crescono più disegnano un profilo di impresa più importante e preciso. Non è la stessa cosa gestire uno o due negozi rispetto ad una rete regionale o pluriregionale. Un altro elemento da considerare è che il franchising nella GDO è un punto fermo  in tutta Europa. Se lo sommiamo al modello cooperativo pur nelle sue diverse declinazioni è certamente destinato a consolidarsi ulteriormente.

Se ci spostiamo  in Belgio e facciamo un piccolo passo indietro troviamo Delhaize.  Un caso interessante su cui riflettere. Il 7 marzo 2023, esattamente un anno fa, l’insegna ha lanciato il progetto di definitiva cessione in franchising degli ultimi  suoi 128 punti vendita  compresi un totale di 9.200 dipendenti ancora in gestione diretta a vario titolo. Gli altri 636 punti vendita  in franchising (sotto i marchi AD, Proxy e Shop & Go), già si dimostravano più performanti dei loro “grazie al loro ancoraggio locale, alla loro imprenditorialità e alla flessibilità delle loro operazioni”. Da allora è passato un anno nel quale è successo un po’  di tutto. Proteste, scioperi, boicottaggi, blocchi portati avanti  da lavoratori e dai loro rappresentanti. Nei  128 punti vendita di Delhaize  non è stato risparmiato nulla per impedire il progetto di dismissione definitiva.

Lo scorso 19 febbraio, il piano di passaggio completo al franchising  è stato definitivamente  chiuso con l’assegnazione  degli ultimi supermercati che erano rimasti. Delhaize ha anche indicato che 45 negozi dei 128 stanno già funzionando da tempo  con i franchisee e che l’intero lotto dei PDV verrà ceduto entro la fine di quest’anno. “L’azienda è ancora nella  fase di passaggio, tra il vecchio modello e il nuovo. È una traversata del deserto che deve durare il meno  possibile, perché il mercato non lo consente”, spiega Pierre-Alexandre Billiet CEO di Gondola, piattaforma dedicata al consumo e al commercio. Questi ultimi passaggi saranno davvero in grado di consentire  la redditività attesa? Questo è ciò che sperano i sostenitori  della scelta del  franchising, con un ottimismo chiaramente condiviso dalla casa madre, Ahold Delhaize. “Stiamo iniziando a vedere risultati incoraggianti, con un’accelerazione delle vendite nei negozi a parità e una stabilizzazione della quota di mercato nei negozi convertiti”, ha dichiarato recentemente Frans Muller, grande capo della multinazionale, che punta a un ambizioso margine operativo del 4% a termine  per le attività belghe.

Strutturalmente, tutto è cambiato: Delhaize in Belgio si sta trasformando di fatto in un grossista e un operatore di e-commerce. Un profilo completamente diverso rispetto al passato. Con questa trasformazione l’insegna supera il  modello ibrido (con sia supermercati a gestione propria che negozi in franchising) che, secondo la loro casa madre,  le costava  risorse e una notevole complessità di gestione. “Se  avrà successo con il suo piano, sarà inizialmente solo da un punto di vista finanziario”, analizza Ingrid Poncin, professoressa di marketing alla Louvain School of Management. “A mio parere  il piano è discutibile dal punto di vista dell’immagine. Prima  del lancio di questo progetto, Delhaize era percepita come una società belga attenta al suo personale, sentimento condiviso con la sua clientela, più sensibile di quella dei discount alle problematiche  sociali. Ma dal 7 marzo 2023, questa immagine si è offuscata, presso una parte dei sui clienti più fedeli. Di conseguenza,  dopo la riorganizzazione dovrà  affrontare una grande sfida: “Ricostruire un clima di fiducia con i suoi ex dipendenti passati a terzi e con i consumatori  vecchi e nuovi  in generale. Questa sarà la  condizione per poter dichiarare  veramente vinta  la sua scommessa. Leggi tutto “Delhaize in Belgio. Il franchising è il presente della GDO. O il suo futuro?”

CCNL Commercio e GDO. La strategia del “braccino corto”…

L’espressione fiorentina “avere il braccino corto”, guarda caso, nasce proprio nel commercio. La stoffa veniva venduta “a braccia”. Il braccio era ovviamente quello dei venditori. Questi spesso  utilizzavano dei giovani garzoni per misurarla in quanto il loro braccio era più corto, così da far guadagnare di più al commerciante e dare così, meno del dovuto, all’interlocutore. Solo così si spiega lo stallo del CCNL del commercio. Mi è venuto in mente quando ho letto che i  colleghi del comparto alimentare hanno rinnovato il loro CCNL. Ricordo sommessamente che dal 2019 ad oggi, mentre il comparto  alimentare con le sue quattordici associazioni ha rinnovato ben due CCNL, nel Commercio, Terziario e Grande Distribuzione si è rimasti con quello firmato nel 2015 (scaduto nel 2019) da Confcommercio e con quello in dumping di Federdistribuzione. E fino ad ora,  non si è combinato  un granché. Se da più di otto anni non si riesce a firmarne uno  (quello di Federdistribuzione essendo una sostanziale ricopiatura non può essere definito  un CCNL distintivo) è difficile non interrogarsi sui protagonisti, sulle loro sostanziale inadeguatezza e sulla mancanza di capacità o di volontà politica nella gestione di quello che resta il principale CCNL del Paese per numero di lavoratori coinvolti.

Ma procediamo con ordine.

La trattativa finale non stop degli alimentaristi è durata quattro giorni. Intorno al tavolo  Fai CISL, Flai CGIL e Uila UIL con  le 14 associazioni datoriali (Unionfood, Ancit, Anicav, Assalzoo, Assica, Assitol, Assobibe, Assobirra, Assocarni, Assolatte, Federvini, Italmopa, Mineracqua, Unaitalia). Cristina Casadei lo spiega nel dettaglio sul Sole 24 ore: “L’aumento concordato da dicembre 2023 per i 400 mila addetti sarà di 280 euro riparamentrate. La durata prevista è di quattro anni, con decorrenza dal primo dicembre del 2023 al 30 novembre del 2027. In particolare è stato deciso che a decorrere dal primo dicembre del 2023 arriveranno nelle buste paga dei lavoratori 55 euro di incremento aggiuntivo della retribuzione, il cosiddetto Iar. Oltre a 20 euro sul trattamento economico minimo (Tem). Poi dal primo settembre di quest’anno altri 35 euro sul Tem, dal primo gennaio del 2025 60 euro, dal primo gennaio del 2026 altri 60 euro. A gennaio del 2027 arriveranno gli ultimi 39 euro sul Tem e infine da settembre del 2027 gli ultimi 11 euro dello Iar.

In altre parole questo significa che, la prima tranche,  parte dal 1° dicembre 2023 con un aumento di 75 euro e già nei primi 14 mesi di applicazione contrattuale gli alimentaristi recupereranno un importo di 170 euro, il 60% dell’aumento totale previsto. Per i casi di mancata contrattazione di secondo livello si aggiungono altri 15 euro mensili a quelli già previsti. Il montante complessivo raggiunge così 10.236 euro nel quadriennio. La parte normativa prevede interventi di riduzione dell’orario di lavoro nell’arco della vigenza per alcune categorie di lavoratori e l’impegno a definire «future intese a livello aziendale con le Rsu per ulteriori riduzioni dell’orario di lavoro in caso di investimenti tecnologici che potrebbero impattare su produttività e occupazione».

Nel capitolo relativo al mercato del lavoro sono stati aggiornati e migliorati gli articoli che lo disciplinano «con maggiore contrasto alla precarietà attraverso il dimezzamento della percentuale complessiva che passa  dal 50% al 25% dei contratti a termine, in somministrazione e in staff leasing», spiegano i sindacati nella loro nota unitaria. «L’accordo raggiunto – dichiarano i tre segretari generali di Fai, Flai e Uila, Onofrio Rota, Giovanni Mininni e Stefano Mantegazza – rappresenta un traguardo importante sia per l’incremento economico che per le conquiste ottenute sul piano normativo per valorizzare il lavoro stabile e ben qualificato». Per rivisitare il sistema classificatorio le imprese e i sindacati hanno stabilito di avviare i lavori della Commissione paritetica tecnica per l’aggiornamento delle declaratorie a partire dal 2024. Con il rinnovo le industrie e i sindacati hanno rafforzato e rilanciato anche il welfare contrattuale. Sull’assicurazione sanitaria FASA è stato previsto un incremento del contributo a carico delle aziende di 4 euro al mese a partire dal primo gennaio del 2025, il sostegno alla maternità e paternità con incremento di un euro del contributo dal primo gennaio del 2025, la previdenza complementare ALIFOND con un incremento di 0,3% del contributo a carico delle aziende dal primo gennaio del 2025. Infine è stato previsto l’incremento del contributo a carico delle imprese destinato all’Ente Bilaterale di Settore dal primo gennaio del 2025 a fronte della implementazione delle attività di formazione professionale svolte dall’ente”. (Sole 24 ore) Leggi tutto “CCNL Commercio e GDO. La strategia del “braccino corto”…”

Shopper. Da semplice “lavoretto” sotto pagato al contratto nazionale. Un passaggio fondamentale..

In principio non era nemmeno ritenuto   un “lavoretto”. Prima in famiglia, affidato ai più giovani che andavano volentieri nei negozi per poter trattenere per sé il resto del conto della spesa. Poi  affidato esclusivamente a volontari che, soprattutto in agosto in città con tutti i negozi di vicinato chiusi, facevano gli acquisti indispensabili per anziani o persone impossibilitate a muoversi. Un’attività gratuita. Al massimo gratificata da una piccola mancia. L’innovazione nella logistica, l’evoluzione dei servizi, un confine sempre più sottile tra negozi fisici e opportunità offerte dalla tecnologia  l’hanno trasformata in un business molto interessante. Mancava un tassello per completare il puzzle. Il suo riconoscimento come “lavoro”. Questa storia nasce a Verona  nel 2014.  Da una piattaforma web in grado di consentire  a chiunque di ordinare la spesa al proprio supermercato preferito e riceverla a casa in pochissimo tempo che si chiamava “Supermercato24“. Era guidata da Federico Sargenti, ex manager Amazon che aveva lanciato il business del largo consumo in Italia e Spagna. Da luglio 2021, Supermercato24 ha poi cambiato nome in Everli.

Everli oggi punta al rilancio attraverso l’internazionalizzazione e la collaborazione con i gruppi della grande distribuzione organizzata. L’azienda è stata acquisita da poco da Salvatore Palella (fondatore di Helbiz).  Il primo step è stato nominare Jonathan Hannestad  CEO del marketplace. “Sono certo, afferma Hannestad – che, grazie a specifici investimenti per migliorare la tecnologia e il branding ed ad un solido piano strategico di rafforzamento del nostro network di partnership, riusciremo a rendere Everli un punto di riferimento per la spesa online sempre più riconosciuto, con un focus sul mercato italiano ma con obiettivi di crescita anche in ambito internazionale”. “Vogliamo trasformare Everli non solo in un leader indiscusso del mercato italiano, ma anche in un punto di riferimento per l’innovazione e la qualità nel servizio di consegna della spesa a domicilio”, ha commentato Salvatore Palella. “La sfida passa per la profittabilità della piattaforma nel breve termine e prevede investimenti in tecnologia, nell’interfaccia utente e nelle partnership strategiche per ottimizzare ogni aspetto dell’esperienza di acquisto”.

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Carrefour Italia. Dopo Contact riparte con Sprint…

Tra lo scetticismo dei critici nostrani Carrefour Italia procede la sua corsa. Da un lato il continuo processo di riorganizzazione interna e di riorientamento e, dall’altro, la sperimentazione di formule che si affiancano al modello tradizionale in linea con i progetti della multinazionale. Nel 2023 è toccato al flagship store di Milano “Terre D’Italia” e a “Carrefour Contact”, oggi tocca, a “Carrefour Sprint” il nuovo progetto implementato a Firenze nato dalla collaborazione tra Carrefour e Glovo. È un “dark store” interamente gestito da Glovo, attraverso il proprio magazzino che consentirà le consegne entro 30 minuti, tramite app, sette giorni su sette. Un test importante ed estensibile.

“Carrefour Sprint” nasce in Francia. Per comprendere però le traiettorie della multinazionale francese, nelle quali “Carrefour sprint” si inserisce,  bisogna fare un passo indietro. Nel 2021, nel corso del suo Digital Day, Carrefour ha presentato  tra i driver chiave della sua strategia digitale al 2026,  l’accelerazione dell’e-commerce e la trasformazione, attraverso il digitale, delle attività tradizionali della vendita al dettaglio. Alexandre Bompard, presidente e CEO, allora ha dichiarato: “Vogliamo trasformare Carrefour, un retailer tradizionale con capacità di e-commerce, in una Digital Retail Company, che pone il digitale e i dati al centro di tutte le sue operations e del suo modello di creazione di valore. Questo profondo cambiamento, che intendiamo realizzare entro il 2026, permetterà di sfruttare tutto il potenziale dell’omnichannel, che è oggi il DNA di Carrefour e un patrimonio unico nel settore”.

Nella strategia digitale, al primo punto, prevedeva una accelerazione dello sviluppo dell’e-commerce stabilendo la sua leadership nei formati a più alta crescita: Express delivery (meno di 3 ore), e quick commerce (meno di 15 minuti), per rafforzare la sua leadership nella consegna a domicilio nei suoi mercati chiave. Da qui il lancio nel 2021 di Carrefour Sprint in Francia, in collaborazione con Uber Eats e Cajoo, servizi innovativi come il personal shopper, che sembra abbia molto successo in diversi paesi del Gruppo (attraverso Bringo) e che, in Francia,  ha il marchio OK Market! La presenza  di Carrefour France nel settore delle consegne rapide risale quindi alla fine del  2021. Carrefour Sprint è partito in Francia con quasi 2.000 prodotti alimentari e non, tra cui frutta e verdura fresca, piatti pronti, piatti surgelati, bevande e prodotti per la cura e la pulizia della persona.  Tra l’altro Carrefour già collaborava con Uber Eats in Francia dove già allora erano quasi mille i negozi Carrefour disponibili sull’app Uber Eats, distribuiti in 160 città francesi.

Dalla collaborazione tra Carrefour Italia e Glovo nasce a Firenze il primo “Carrefour Sprint d’Italia” a conferma dell’importanza sempre più strategica, per il gruppo francese, del quick commerce. Dalla piattaforma di Glovo, gli utilizzatori dell’APP potranno scegliere tra un’offerta di oltre 3.500 prodotti del supermercato, tra cui “Terre d’Italia, Carrefour Bio oltre ad una selezione di prodotti locali,  di cura della persona, e articoli per la casa. Questa partnership è un modo per continuare la diversificazione dei servizi offerti che soddisfa un bisogno di rapidità combinato con la tecnologia e la competenza logistica del partner individuato. Leggi tutto “Carrefour Italia. Dopo Contact riparte con Sprint…”

Grande distribuzione. Occorre rimettere al centro il lavoro…

Eppure da noi qualcuno ci aveva creduto. Così come per i medici e gli infermieri finiti sotto i riflettori per la loro abnegazione durante la pandemia anche per il   personale dei supermercati è scattata la stessa regola: “passata la festa, gabbato lo santo”. Stando però alle dichiarazioni del nostro Governo almeno la sanità dovrebbe essere in cima ai prossimi rinnovi contrattuali. Si tratta del triennio 2022-2024, già oggi a dieci mesi dalla scadenza. Riguarda poco più di mezzo milione di lavoratori. Per il terziario e per la GDO, per ora, nulla si muove per il rinnovo del CCNL a 40 mesi dalla sua scadenza con qualche milione di lavoratori coinvolti.

Lo slogan “W le cassiere” era quindi un bluff. Simile  al “Ne usciremo migliori” urlato dai balconi. Ma quello che è successo quattro anni fa, esattamente a dicembre del 2019, non tutti se lo sono dimenticati. Anzi. Negli USA hanno addirittura fissato una data dedicata ai protagonisti di quegli avvenimenti: il 22 febbraio. Nato nel 2021, il “Supermarket Employee Day” con la partecipazione di grossisti, dettaglianti, partner di associazioni statali e fornitori, quest’anno ha appena celebrato la terza edizione proprio per riconoscere il lavoro che i dipendenti dei supermercati svolgono ogni giorno a tutti i  livello. Dal 2022 la “Giornata nazionale dei dipendenti dei supermercati”,  il 22 febbraio, è stata inserita nel calendario delle giornate nazionali da festeggiare. 

Il Presidente e CEO di Food Industry Association (FMI – L’Associazione dell’industria alimentare) Leslie Sarasin ha dichiarato: “Il Supermarket Employee Day è un’opportunità a livello nazionale per ringraziare i lavoratori del retail  per il loro importante contributo nel mantenere il nostro Paese nutrito, anche durante le circostanze più difficili come quelle presentate da una pandemia globale”. E ha  concluso: “E ora, mentre le famiglie in tutto il paese continuano a lottare con l’inflazione, i retailer si impegnano a dare priorità al servizio, al sostegno e al rafforzamento dei legami con le comunità in cui operano. Per l’83% dei negozi di alimentari  il sostegno alla propria comunità è stata una strategia decisiva per coinvolgere i clienti e differenziarsi”.

È, in sostanza, una giornata  di apprezzamento e di riconoscenza per il lavoro dei dipendenti del retail.  Oltre alla tradizionale giornata “Porte Aperte” per far conoscere il luogo di lavoro dei genitori ai figli, gli “open Day” per far conoscere ai giovani il lavoro dell’insegna attraverso incontri e testimonianze che vengono normalmente proposte dalle singole aziende non solo negli USA, in questa giornata numerose insegne hanno organizzato eventi speciali a tema.  Da noi quando si parla di punti vendita si tende a ridurre il  problema limitandolo a cassiere e personale generico.  Negli States la composizione della forza lavoro della GDO è apprezzata e ben diversificata. Comprende anche esperti di evasione e consegna degli acquisti online, analisi dei dati/tecnologi dei dati, cuochi, macellai, pescivendoli, panettieri, farmacisti, dietologi/nutrizionisti registrati e numerosi altri ruoli.

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