Alimenti “plant based”. Aldi guida la corsa in Germania. Ma l’interesse cresce anche da noi…

Per quanto riguarda il nostro Paese, secondo una indagine condotta da Astraricerche e Unione Italiana Food, sono circa 22 milioni gli italiani che consumano prodotti plant based (cioè a base di proteine vegetali vegetali, spesso nati come alternativa a cibi con proteine di origine animale come carne e formaggio). Il 25% degli italiani che non ha ancora provato questi prodotti afferma di poterlo fare in futuro e Bloomberg prevede un ulteriore sviluppo a livello globale, stimando un passaggio dai 44 miliardi di dollari attuali ai 162 miliardi entro il 2030.

Non a caso, Ferrero sceglie il suo prodotto principale per segnalare l’inizio di un cambiamento epocale. “Accogliamo con favore gli sforzi di Ferrero per soddisfare le esigenze e le aspettative dei milioni di consumatori che seguono diete a base vegetale e vegane”, ha affermato Vanessa Brown, responsabile dei marchi presso la Vegetarian Society. “Siamo lieti di annunciare che la nuova Nutella a base vegetale soddisfa i severi criteri della Vegetarian Society per l’accreditamento vegano. Uno dei marchi più amati al mondo offre ora un’opzione a base vegetale.”

È una delle due grandi traiettorie di novità sull’alimentazione (l’altra è l’etnico) e di ciò che troveremo, in quantità notevolmente superiore ad oggi, sugli scaffali della Grande Distribuzione tra non molti anni. I prodotti alimentari proteici di origine vegetale sono considerati più sani, più nutrienti rispetto alle offerte dietetiche a base di carne. Per ragioni anche di questo tipo, le fonti di proteine vegetali, stanno riscuotendo una popolarità di mercato senza precedenti. La Germania è sicuramente il Paese dove la GDO sta investendo di più. È così dopo Lidl,  anche ALDI ha annunciato che  entro la fine di quest’anno avrebbe superato i 1.000 prodotti nella sua gamma di prodotti vegetali. Nel gennaio del 2023 nel suo rapporto nutrizionale affermava: “Il nostro obiettivo è offrire ai nostri clienti almeno 1.000 varietà di prodotti a base vegetale distribuite durante l’anno nelle nostre gamme standard, stagionali e promozionali entro la fine del 2024. Per raggiungere questo obiettivo, ci stiamo concentrando non solo sulla riduzione delle piccole quantità di ingredienti di origine animale nei nostri prodotti, ma anche sull’espansione costante della nostra gamma vegana”. ALDI sta inoltre lavorando per filtrare piccole quantità di origine animale dai prodotti e “veganizzarli”. Ciò include, ad esempio, la sostituzione del cioccolato al latte nei muesli con cioccolato vegano.

Già oggi, la percentuale di prodotti a base vegetale venduti nell’ambito della gamma a marchio proprio da ALDI Süd ha superato gli articoli a base animale, con il primo che rappresenta il 60% del totale. Il discount offre più di 1.200 prodotti etichettati vegani ed entro la fine del 2026, si prevede che questo numero salirà a 1.400. Mahi Klosterhalfen, presidente della Fondazione Albert Schweitzer, ha dichiarato: “Il Retail food  svolge un ruolo cruciale nella transizione verso una dieta più a base vegetale”. “La decisione di ALDI Süd di misurare la proporzione di prodotti a base vegetale rispetto ai prodotti animali è un passo importante su questo percorso e segna l’inizio di un cambiamento continuo”. Leggi tutto “Alimenti “plant based”. Aldi guida la corsa in Germania. Ma l’interesse cresce anche da noi…”

Amazon USA una nuova proposta per tenere testa ai discount…

L’inflazione degli Stati Uniti scende al 2,5% ad agosto rispetto al 2,9% di luglio, tornando al livello di marzo 2021. Eppure la preoccupazione per i prezzi resta alta. La convinzione diffusa è che nulla sarà come prima. Anche per i consumatori americani. Non è un caso se anche Amazon per rispondere a questa esigenza si è messa ad inseguire i discount sul loro terreno, moltiplicando promozioni e sconti e mettendo  sul mercato una nuova tipologia di offerta definita “senza fronzoli”.   L’hanno chiamata “Amazon Saver”. Prezzi che crescono e redditi che non salgono sono all’ordine del giorno ovunque.   C’è chi lo capisce e chi no.

“Amazon ha grandi ambizioni nel retail fisico e online, quindi deve saltare su questo carro e affinare la sua posizione nel rapporto qualità-prezzo”, ha dichiarato Neil Saunders, analista del mercato USA e amministratore delegato di GlobalData Retail. “I prodotti Saver sosterranno l’azienda nel perseguimento di questo obiettivo”. Saunders ha sottolineato alla CNN che è fondamentale che Amazon proponga prodotti con “qualità ragionevole”, perché i consumatori  “non vogliono solo  prodotti economici; vogliono prodotti buoni a prezzi bassi”. D’altra parte il costo della spesa degli americani nell’ultimo anno è aumentato dal 20% al 30% in più rispetto a tre anni fa e i redditi non sono riusciti a tenere il passo. Qui da noi, purtroppo, molti osservatori  continuano non capire la centralità del problema e i rischi sul piano sociale ed economico che questa sottovalutazione comporta. 

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LIDL si rafforza in Sardegna con il nuovo hub logistico

E così mentre c’è chi continua a sottovalutarne il potenziale di crescita nel nostro Paese,  LIDL tira dritto.  Ha appena inaugurato la sua Direzione Regionale in Sardegna, ad Assemini, in provincia di Cagliari. Oltre 70 milioni di euro e più di 140 nuovi posti di lavoro. Nell’isola l’insegna tedesca ha oggi 23 punti vendita e 650 collaboratori. Un investimento all’interno di  un percorso di crescita aziendale che prevede, per i prossimi sei mesi, l’apertura di ulteriori 40 nuovi punti vendita. L’investimento complessivo previsto è di di 400 milioni di euro.

Presentato al CACIP (consorzio industriale provinciale di Cagliari) il 25 ottobre del 2022 ha prodotto, tra gli altri risultati, l’impiego di numerose imprese del territorio che ne hanno consentito una rapida realizzazione. Una sinergia nel segno dell’innovazione e dello sviluppo in area ZES (Zona economica speciale). Una collaborazione pubblico-privato che ha consentito importanti ricadute sul piano dell’occupazione e del rafforzamento delle infrastrutture. A Macchiareddu, di fatto, sta nascendo un grande polo per la logistica. 

Lidl intrattiene rapporti di fornitura con centinaia di aziende italiane.  Nel 2022 il totale delle forniture di beni e servizi acquistati in Italia da Lidl è ammontato a €6,2 miliardi, concentrati soprattutto nel comparto della produzione agroalimentare, che si configura come un forte traino alle esportazioni di prodotti alimentari grazie agli acquisti realizzati per il rifornimento degli scaffali di punti vendita dell’Insegna all’estero. Nel 2022, tali acquisti hanno rappresentato esportazioni dall’Italia per circa €2,4 miliardi (pari al 4,5% di tutto l’export food & beverage italiano), di cui il 24% è rappresentato da frutta e verdura (il 13% delle esportazioni totali del Paese) (elaborazione THEA Ambrosetti).

Il nuovo hub consente a LIDL una riorganizzazione logistica in Sardegna. La struttura, che sarà operativa dal 1° ottobre, permetterà di migliorare il servizio al cliente finale e allo stesso tempo di compiere un passo in avanti verso una logistica sempre più sostenibile ed efficiente con un risparmio di più di 5.000 tonnellate di CO2. Il centro logistico si estende su una superficie complessiva coperta di oltre 37.000 mq, ha una capacità di stoccaggio di 25.000 posti pallet, oltre a disporre di 101 baie di carico e 45 posti TIR. Il progetto, inoltre, risponde ai criteri di uno sviluppo edilizio sostenibile. La nuova Direzione Regionale, infatti, è dotata di un impianto fotovoltaico da 2.688 kW in grado di coprire circa il 50% del fabbisogno energetico del centro, ovvero l’equivalente dell’energia utilizzata da 1.350 abitazioni.

L’edificio è alimentato con energia proveniente al 100% da fonti rinnovabili e dispone di un sistema per il recupero delle acque piovane. Infine, il rivestimento esterno è frutto di uno studio che permette di mitigare anche l’impatto visivo della struttura all’interno del contesto circostante. Una strategia di sviluppo sostenibile a cui contribuirà anche un altro importante obiettivo che Lidl si è posta, ossia quello di raggiungere la decarbonizzazione dei trasporti entro il 2030. Il nuovo hub rappresenta non solo un simbolo di ampliamento aziendale, ma anche un nuovo slancio per l’economia sarda. Il ruolo della ZES è proprio quello di facilitare la realizzazione di questa crescita, creando le condizioni necessarie sia per un’evoluzione dello scenario logistico sardo, sia per il rafforzamento dell’impegno di Lidl in Sardegna. Un risultato importante che conferma l’attrattività della Zona Economica Speciale nel favorire gli investimenti nell’isola da parte di grandi nomi dell’impresa internazionale, determinando così nuove opportunità di sviluppo per l’economia regionale e riaffermando il suo ruolo strategico nel contesto nazionale.

Massimiliano Silvestri, Presidente di Lidl Italia, ha così commentato: “Siamo molto orgogliosi di inaugurare oggi la Direzione Regionale di Assemini, abbiamo realizzato questo straordinario progetto con grande determinazione alla luce della rilevanza strategica che riveste per noi e per la comunità sarda. Il primo punto vendita di Lidl in Sardegna è stato aperto nel 2002 e da allora il riscontro dei clienti è sempre stato molto positivo portandoci ad ampliare la nostra presenza. Con questa nuova struttura vogliamo dare ulteriore slancio al nostro sviluppo sull’Isola perseguendo una crescita responsabile che unisce innovazione e sostenibilità”. 

UNES raddoppia. Nasce il nuovo Viaggiator Goloso

In linea di principio credo sia giusto ciò che ha scritto Francesco Avanzini su LinkedIn “la GDO spesso viene vista come “statica”, perché ancora impegnata a parlare di “sottocosto si/no” o di come definire discount o supermercato”. Come ho già scritto è il cliente che dovrebbe essere al centro non l’insegna in sé. Per questo non mi ha stupito l’abbandono della strategia “everyday low price” da parte di UNES. Resto convinto che nella “prossimità” potrebbe funzionare ma  mi hanno confermato che hanno fatto le loro ricerche e ne hanno ricavato la decisione di rimettere in discussione quella scelta. I tempi cambiano.

C’è chi parla sottovoce di definitiva “DE-Gasbarinizzazione” dell’insegna e chi più pragmaticamente di scelte dovute al cambiamento del contesto. Io non mi perderei dietro le ombre del passato. Certamente sono cambiati gli equilibri, ci sono nuovi giocatori  in campo e le quote di mercato ne hanno risentito. Da qui, probabilmente,  il cambio di strategia. Il bilancio 2023 registra comunque una crescita del +7% circa. Peggiorano però i margini ma questo sta avvenendo un po’ dovunque.

Unes Maxi Spa è la catena di Finiper che presidia il canale supermercati. A partire dalla seconda metà del 2023, è iniziato un rebranding degli store U2 Supermercato e U! Come tu mi vuoi destinati ad assumere il nuovo nome e il logo di  Unes. L’altro brand sarà il Viaggiator Goloso (Brand Premium del Gruppo Finiper Canova  nato nel 1999). Leggendo i bilanci e pensando al carattere   di Marco Brunelli questo rilancio ci sta. Pur anziano non è un personaggio che molla la presa facilmente. Gli avvicendamenti al vertice, le procedure di riduzione di personale, avevano fatto pensare ad un declino inarrestabile . Quasi ad un “accanimento terapeutico” nei confronti di un’insegna che aveva avuto il merito di tenere testa ad Esselunga quando quest’ultima dettava le regole del gioco.

Alla riunificazione sotto un unico marchio segue il rilancio del “Viaggiator Goloso” come nuovo format. Già a novembre Gianluca Grassi, Group Brand & Communication Director di UNES aveva anticipato: “Il know-how acquisito in questo settore e la capillarità territoriale ci permettono oggi di rivoluzionare la strategia di Unes e di proporci ai consumatori come i ‘Vicini di spesa’, punti vendita di prossimità in cui trovare prodotti freschissimi e di qualità, e un’offerta che aderisce alle moderne esigenze di consumo quotidiano. Con Unes, affiancata da il Viaggiator Goloso®, brand premium dell’azienda, puntiamo a fidelizzare i clienti già acquisiti e a proporci a nuovi target, sensibili al concetto di eccellenza ma anche di praticità e convenienza”.
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Cinque donne “speciali” a due passi da Jannik Sinner.

Per me che vi trascorro una parte dell’anno non è una novità. Non c’è solo l’orso da gestire, i  limiti evidenti  della politica locale,  le mele da raccogliere, il turismo evoluto e i panorami mozzafiato. Il Trentino Alto Adige è una fucina di giovani di grande qualità. Parte importante del nostro futuro.  Non parlerò di Jannik Sinner. Troppo facile. Vorrei parlare di giovani donne altrettanto eccellenti nella loro professione le cui radici territoriali sono comuni, legate ai  loro luoghi di provenienza, ai loro amici e parenti che continuano a vivere in qui posti, dall’aver respirato in gioventù l’aria di quella parte del Paese dove sono state cresciute o vi hanno trascorso parte del loro tempo.

Dalla difficoltà di trovare in quella terra percorsi e incentivi alle loro passioni che si sono via via trasformate nelle loro professioni. L’orgoglio e l’affetto che in quelle valli si prova per loro. Tutto in un raggio di un’ottantina di  chilometri circa. Radici, famiglia, contesto: una miscela unica. “Il movimento in montagna è diverso da quello di pianura”, racconta Delpero, la regista di “Vermiglio”. Il film ambientato e girato in un paese dell’Alta Val di Sole. “La montagna ti ricorda come sei piccolo, subisci il freddo e cammini controvento, con una natura che può essere maligna”. Le donne che voglio raccontare  sono partite da qui. O qui hanno le loro radici. Samantha Cristoforetti, Giovanna Pancheri, Nadia Battocletti, Maura del Pero e Marinella Dell’Eva. Un’astronauta, una giornalista, un’atleta,  una regista e una musicista.

Di Samantha Cristoforetti si è letto di tutto.  Nata a Milano nel 1977  ma originaria di Malè. Liceo linguistico a Bolzano, scelta apparentemente fuorviante  visto il percorso successivo. Lì però incontra un’insegnante di matematica bravissima, una suora. “Nonostante le poche ore di matematica previste al linguistico, aveva lasciato un segno tangibile” ha ricordato in seguito. La prima donna italiana della storia a varcare i confini del pianeta Terra è partita da qui. Poi, come racconta in una bella intervista al Corriere, l’esperienza scolastica negli States. La scoperta, intorno al 1995, in un cinema di Huntsville, in Alabama la visione del documentario Destiny in Space. “Avevo già le idee chiare, ma la sensazione di poter toccare con mano per la prima volta qualcosa di anche solo lontanamente riconducibile alle missioni spaziali le ha rafforzate” ha concluso Cristoforetti in un’intervista al Corriere scherzando (fino a un certo punto) quando fa coincidere il lancio della Soyuz con l’inizio della sua attività lavorativa, al netto delle estati passate a servire ai tavoli dell’albergo di famiglia. Quello che è avvenuto dopo è conosciuto da tutti. Ma è nell’albergo di famiglia, servendo ai tavoli che “ho capito presto che il lavoro è fatica e bisogna imparare a fare bene anche quello che non ti piace».

Giovanna Pancheri è nata a Roma nel 1980. Frequenta il Liceo Classico e nel 2003 si laurea in Scienze Politiche, presso l’Università La Sapienza con la lode. Dopo di che consegue un Master of Arts in European Politics al Collegio d’Europa. Pancheri  è figlia del Rettore dell’Università Uninettuno Maria Amata Garito e dell’ingegner Claudio Pancheri. Con Cavareno condivide le radici paterne e l’affetto per il posto. Inizia la sua carriera in Rai e nei settori stampa e comunicazione della World Trade Center Association a New York, del World Heritage Center dell’Unesco a Parigi e come Policy Officer all’European Youth Forum a Bruxelles. Giornalista e inviata per Sky Tg24 dal 2005, è stata corrispondente per l’Europa a Bruxelles dal 2009 al 2016. Dal 2016 al 2020 è stata corrispondente di Sky Tg24 per il Nord America con base a New York, da cui è rientrata in Italia a gennaio 2021. Ha scritto Il buio su Parigi. Oltre la cronaca nei giorni del terrore (Rubbettino, 2017) e Rinascita americana. Già European Young Leaders ’40 Under 40′, per la sua attività giornalistica ha ricevuto numeri premi e riconoscimenti tra cui il Premio Internazionale Giornalisti del Mediterraneo nel 2015, il Premio Amerigo nel 2018 e il Premio Biagio Agnes nel 2019. Leggi tutto “Cinque donne “speciali” a due passi da Jannik Sinner.”

La GDO tedesca va in controtendenza sul servizio al cliente. I casi Edeka e Rewe..

La Germania è sempre più terra di sperimentazioni per la GDO che anticipano scenari possibili anche  da noi. Traiettorie e modelli organizzativi su cui, credo, possa essere utile riflettere. La prima che propongo è una scelta per necessità. Riduce addirittura il servizio nel punto vendita. La seconda, lo aumenta,  rilanciando il servizio di consegna rapido. Due apparenti contraddizioni? Ma procediamo con ordine.

La “Lebensmittelzeitung” riporta che Edeka, una delle più importanti catene tedesche, sta sperimentando, in alcune realtà territoriali, il superamento del banco servito. Il motivo: molte filiali non dispongono più di personale sufficiente per rifornire e gestire i banchi del fresco. Secondo il rapporto i cambiamenti coinvolgeranno le regioni del Nord e Minden-Hannover, del Sud-Ovest e della Baviera settentrionale e meridionale. Dal banco del fresco assistito, ricercato dai consumatori, al quale i clienti chiedono qualità superiore e consigli al banco self service che punta a soddisfare esigenze di praticità e rapidità. L’organico, il suo dimensionamento e la sua formazione specialistica sono un problema vero ovunque. E quello di Edeka è un segnale su cui riflettere.

Altra notizia in controtendenza il rilancio del quick commerce dato per morto da molti osservatori nostrani. L’innovazione non segue percorsi lineari e, oggi, più di ieri, la rete, che è un amplificatore di tendenze che enfatizza le idee e proposte nella loro fase di start up sottovalutando il percorso  che necessariamente trasforma un’idea, spesso geniale, in un prodotto o in un servizio finito. Una fase lunga, tortuosa e spesso caratterizzata  da contraddizioni, errori e ripartenza sotto altre formule. Per questo assistiamo a lanci, fallimenti, chiusure e successive concentrazioni attraverso acquisizioni. Il problema è semplice nella sua complessità. Non basta individuare la  potenzialità innovativa di un servizio. Occorre renderlo sostenibile con nuovi e solidi modelli di business. Il cosiddetto “ultimo miglio”, in altre parole ciò che ci può essere dalla decisione di acquistare un prodotto (online o offline) all’indirizzo del cliente,  è uno di questi. Il rapporto tra retailer e food delivery è strategico per costruire un modello di business efficace. Uber Eats ha dichiarato in una presentazione agli investitori a febbraio che il settore retail  rappresentava già il 10% delle sue attività di consegna totali nel quarto trimestre del 2023 e vale quindi già dieci miliardi di dollari su base annua. Per il food delivery è un completamento dell’offerta, per il retailer una quota di e-food aggiuntiva al proprio business tradizionale Oltre alla consegna a domicilio tradizionale.

La novità questa volta  viene da REWE. I clienti Lieferando in molte città tedesche possono ora ordinare generi alimentari da Rewe direttamente a casa loro. L’assortimento, ordinabile tramite Lieferando, comprende oltre 3.000 prodotti, tra cui i marchi propri di Rewe come ja!, Rewe Beste Wahl e Rewe Bio. Lieferando è una piattaforma di consegna di cibo online tedesca che consente ai clienti di ordinare cibo e riceverlo a domicilio. Fa parte della galassia Just Eat che gestisce varie piattaforme di ordinazione e consegna di cibo in venti paesi e collabora anche con IFood in Brasile e Colombia. Lieferando opera in Germania e Austria ed è leader per l’ordinazione di cibo, generi alimentari e prodotti di uso quotidiano. Leggi tutto “La GDO tedesca va in controtendenza sul servizio al cliente. I casi Edeka e Rewe..”

Rapporto Industria di Marca/Grande Distribuzione. L’autunno si sta scaldando

Nella grande distribuzione alimentare cresce la tensione su dove si posizionerà l’asticella dei fatturati e dei margini di quest’anno dopo i numeri pur positivi ma spinti verso l’alto dall’inflazione. C’è preoccupazione sui volumi. Il sottocosto proposto per la prima settimana di settembre da LIDL non è quindi passato inosservato.  La GDO ha puntato, nel 2023 e oltre, sulla marca del distributore come antidoto ai prezzi della IDM e Mutti insieme a LIDL aprono il quadrimestre che chiude l’anno presentando insieme, in offerta, un prodotto leader di categoria come la passata di pomodoro. A mio parere, il segnale  che il gioco si fa duro. Francesco Mutti è uno dei leader dell’IDM e dal carrello tricolore in avanti il solco tra IDM e GDO si è ulteriormente ampliato. Nessun accordo né con il Governo né di filiera sul riallineamento dei prezzi. Tolta l’operazione Barilla, al massimo c’è disponibilità per iniziative comuni  sulle promozioni con le singole realtà. E ogni insegna, insieme ai suoi fornitori, fa quello che crede. 

Il fatto nuovo è che le critiche su promozioni, sconti o altro, fatte da concorrenti in GDO non sono mai state così esplicite e dirette. È raro che i rappresentanti di una catena attacchino esplicitamente altre insegne sulle politiche commerciali o gestionali.  Per questo l’intervento di Giorgio Santambrogio, tra l’altro vice presidente di Federdistribuzione, è apparso fuori misura. LIDL è una realtà leader. Sicuramente  un temibile concorrente. Non certo una realtà a cui si possono addebitare comportamenti scorretti. Quindi non può non esserci dell’altro.  “Io non sono d’accordo!” ha sentenziato il vice presidente di Federdistribuzione, pubblicando  il frontespizio del volantino dell’insegna tedesca promettendo di ritornare sull’argomento  più avanti di ciò che considera un triplete velenoso: “discount-sottocosto-leader di categoria”.

Francesco Mutti è amministratore delegato del Gruppo Mutti, azienda di Parma leader in Europa nel mercato dei derivati del pomodoro. Recentemente  intervistato da Adnkronos/Labitalia ha messo le mani avanti:  “La campagna 2024 di raccolta del pomodoro è veramente difficile, specie per il Nord Italia, dove non pensiamo che verranno raggiunti gli obiettivi produttivi. Ma naturalmente dobbiamo ancora finire l’intera produzione per poterne essere certi”.  Il Gruppo Mutti ha chiuso il 2023 con un fatturato complessivo di 665 milioni di euro, registrando una crescita del 18% rispetto all’anno precedente e ha da poco firmato l’accordo per la prossima campagna del pomodoro con le organizzazioni dei produttori del nord Italia. Esclude (per ora) che i prezzi del prodotto finale possano risentirne verso l’alto. Ovviamente non ha alcuna intenzione di diminuirli. Questa è il punto vero. Per questo Mutti, a mio parere, sapeva benissimo che scegliendo, in questa fase, l’azienda tedesca avrebbe innescato possibili polemiche. Lidl è uscita da Federdistribuzione sbattendo la porta sul CCNL. E questo ha lasciato il segno. È una realtà leader che tratta in proprio con Governo  e filiera agroalimentare. Esporta Made in Italy come e più di altri. Il segnale è chiaro. Con Mutti, si è definitivamente  “sdoganato” il rapporto tra i due mondi.

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Filiera agroalimentare. La qualità si paga.

In questo periodo, ogni anno, si parla (o si straparla) di prezzi. Peri consumatori, sempre troppo alti, per gli agricoltori, troppo bassi.  La nostra agricoltura finisce spesso sotto i riflettori più per le liti animate dalle  sue rappresentanze ufficiali o per i drammatici casi di sfruttamento del lavoro che per il ruolo che esercita nella filiera. La realtà ci dice che il sistema agroalimentare, dai campi alla ristorazione, raggiunge i 550 miliardi (stima del CREA Politiche e Bioeconomia) e i consumi alimentari hanno superato i 205 miliardi, con una spesa di 470 euro mensili per famiglia (Il Mulino – La nuova struttura dell’Agricoltura italiana). All’interno di questo sistema, l’agricoltura e l’industria alimentare e delle bevande rappresentano insieme quasi il 39% dell’intero valore. Completano il quadro il commercio all’ingrosso e al dettaglio, i quali insieme pesano per ben il 53% del totale. Infine, la ristorazione raggiunge un fatturato di quasi 45 miliardi, equivalenti all’8% del sistema complessivo. Dal punto di vista occupazionale parliamo di  1,6 milioni di occupati nel 2022, pari al 7% del totale dell’occupazione complessiva. 

Innanzitutto occorre dire che non c’è alcun legame tra l’arretratezza culturale e organizzativa,  le irregolarità  di vaste aree del comparto agricolo con  i rapporti di filiera. Lo sfruttamento del lavoro laddove è radicato risale a ben prima della nascita della grande distribuzione. Altra cosa sono contestazioni specifiche a chi commette reati o si comporta scorrettamente.  A questo proposito si potrebbero citare fiumi di dati. Gli agricoltori disonesti e i commentatori superficiali si nascondono dietro queste scuse. Un’attività economica deve reggersi sul giusto compenso a tutti i suoi componenti. Lavoratori compresi. Altrimenti deve necessariamente chiudere. Tollerare lo sfruttamento al proprio interno giustificandolo con un altro tutto da dimostrare contro i settori a valle è la dimostrazione evidente della malafede.

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Unieuro. A Forlì tirano la corda senza però spezzarla..

L’Opas di Fnac Darty a questo punto non si può definire ostile né la proposta incongrua ma la reazione a Forlì ci sta. L’acquisizione è stata avanzata ufficialmente dal gruppo francese  Fnac-Darty, assieme alla società Ruby Equity Investment del suo principale azionista, il miliardario ceco  Daniel Kretinsky, con lo scopo di creare un gruppo, forte in Europa occidentale e meridionale (Francia, Italia, Spagna, Benelux, Svizzera), con l’obiettivo di superare i 10 miliardi di euro di ricavi nell’elettronica di consumo e negli  elettrodomestici, acquisendo un operatore che in Italia ha il 17% del mercato. Per l’operazione i francesi avrebbero messo sul piatto circa 250 milioni di euro.

Leggo che gli azionisti valutavano  le azioni in portafoglio a 8 euro mentre l’offerta francese è di 12 euro. In Fnac Darty si aspettavano questa reazione.  “Deciderà il mercato”, è la loro convinzione.  C’è tempo fino alla fine di  ottobre. Avuto il via libera  della Consob –, tutti gli azionisti potranno vendere fino al 25 ottobre. Nel primo incontro formale del CDA (sette componenti indipendenti, due rappresentanti di Iliad e due manager) cinque consiglieri hanno ritenuto il corrispettivo non congruo, cinque lo hanno ritenuto congruo e uno si è astenuto. Per la valutazione negativa sul prezzo offerto si sono espressi Alessandra Bucci, Pietro Caliceti, Paola Elisabetta Galbiati, il ceo Giancarlo Nicosanti Monterastelli e il Dg Maria Bruna Olivieri, mentre l’astensione è arrivata da Daniele Pelli. L’hanno giudicata  “congrua”, Laura Cavatorta, Stefano Meloni, Alessandra Stabilini, Giuseppe Nisticò, Sales and Customer care Director di Iliad Italia e Benedetto Levi, CEO di iliad Italia.  Questi ultimi, hanno fatto di necessità virtù, sottolineando che l’offerta “si colloca nella parte bassa della forchetta di valori individuati e non cattura pienamente le potenzialità dell’azienda”.   Questo primo risultato interlocutorio era  prevedibile. Senza accordo l’alternativa è, ovviamente,  andare a una conta “sul campo”.

Il Board ha poi rilevato altre criticità in riferimento alle informazioni fornite dai francesi “circa le motivazioni dell’offerta, i programmi futuri e le eventuali operazioni straordinarie successive all’offerta stessa, confrontati con gli obiettivi strategici avviati e perseguiti dal gruppo Unieuro e comunicati al mercato”. Difficile però pretendere in questa fase un dettaglio maggiore.  Gli stessi sindacati di categoria sono preoccupati “per la mancanza di informazioni e per le possibili conseguenze di tale operazione per le lavoratrici e i lavoratori di Unieuro spa”. “Filcams Fisascat e Uiltucs ritengono che l’eventuale acquisizione possa minacciare gravemente la continuità dell’attuale perimetro aziendale e occupazionale di Unieuro in Italia, minandone l’autonomia gestionale”, da qui una urgente richiesta di incontro. pastedGraphic.png“Appare a maggior ragione preoccupante dal punto di vista commerciale, il fatto che tra i soci di Fnac-Darty figura con oltre il 20% Ceconomy AG, gruppo che controlla Mediamrkt/Saturn, marchio già presente in Italia con insegna MediaWorld e principale competitor di mercato nel nostro Paese”, proprio di Unieuro. “Si ritiene pertanto indispensabile, a tutela degli oltre 5000 dipendenti della Società in Italia, che Unieuro spa ponga in essere tutte le iniziative utili a garantire, in questo contesto, la continuità aziendale e la salvaguardia integrale dell’occupazione, a partire dal personale di Sede, oltre che di tutta la rete vendite”.

Il piano di Fnac Darty (insieme al veicolo di investimento Ruby Equity, a sua volta controllato da Daniel Kretinsky) è già scritto. Iliad e l’asset manager Amundi cedono le loro quote (oltre il 17%) a quelle già possedute da Fnac Darty (4,4%) portando l’Opa ad oltre il 20%. Tanto Fnac Darty, quanto Iliad e Amundi (controllata da Crédit Agricole) sono tutte e tre francesi. In Unieuro manca un azionista di maggioranza visto che il primo socio è il magnate delle tlc, anch’esso francese, Xavier Niel con il 12,1% mentre il figlio del fondatore, Giuseppe Silvestrini, ha il 6,1%. Il resto è parcellizzato fra azionisti con quote sotto il 5%. L’offerta è oltremodo interessante per i piccoli azionisti soprattutto perché nei piani del gruppo francese c’è prima il delisting di Unieuro dalla Borsa di Milano e quindi possibili operazioni straordinarie di fusione e ristrutturazione con il veicolo finanziario Holdco detenuto al 51% da Fnac e per il 49% da Ruby.  Leggi tutto “Unieuro. A Forlì tirano la corda senza però spezzarla..”

Lidl. Una borsa cornetto. Come far parlare di sé a fin di bene…

Lidl è il prototipo dell’insegna moderna. Difficile non definirla così essendo tra le realtà più reattive al contesto esterno del comparto. Sia che si parli di valorizzazione della filiera agroalimentare italiana nel mondo, di impegno nel recruiting puntando a nuovi standard nel rapporto tra giovani, mondo della scuola e opportunità di crescita professionale o di innovazione nella sostenibilità dei punti vendita l’azienda tedesca si segnala sempre come profondamente diversa dai competitor.

Nel 2022 il 13% delle esportazioni totali di frutta e verdura del Paese vede Lidl protagonista. Il 4,5% di tutto l’export food & beverage italiano (The European House Ambrosetti). Sul recruiting grazie alla collaborazione con diversi Istituti Tecnici Superiori e AHK-Italien, la Camera di Commercio Italo-Germanica, Lidl Italia ha lanciato un percorso retribuito di studio duale per diventare Assistant Store Manager in 2 anni. Al termine dei quali oltre all’entrata in azienda viene conseguito un doppio titolo: il Diploma ITS di Assistant Store Manager (livello 5 del Quadro Europeo delle Qualifiche) e il Certificato della Camera di Commercio Italo-Germanica per il profilo tedesco di riferimento, che attesta le competenze professionali pratiche acquisite on-the-job che ha un valore internazionale sul mercato del lavoro. Sul tema della sostenibilità l’inaugurazione del nuovo Lidl di Villafranca di Verona, il salto di qualità nella ricerca di materiali costruttivi e rispetto del territorio è significativo. 

Tutto questo dimostra un dato molto semplice: competitività, innovazione e modernità non si misurano solo sugli scaffali come si è sempre scelto di fare nel comparto. Lidl quindi ha deciso di interpretare  un ruolo molto più ampio sul piano politico e sociale e di rapporto con il contesto. Sul piano comunicativo alcune scelte non solo da noi ma anche a livello internazionale  “out of the box” hanno contribuito a caratterizzarne l’immagine esterna. La scelta di diventare Partner Ufficiale delle Qualificazioni Europee e di Uefa Euro 2024 lasciando dopo otto anni la sponsorizzazione della nazionale italiana ad Esselunga  si è dimostrata una scelta azzeccata visti, tra  altro,  i deludenti risultati della nostra squadra. Così come lo stesso “strappo” sul rinnovo del CCNL, fondamentale per provocare un’accelerazione al negoziato.

E così dopo le scarpe e i maglioni natalizi Lidl lancia un’iniziativa il cui ricavato sarà interamente devoluto ad un ente benefico per l’infanzia inglese. La National Society for the Prevention of Cruelty to Children, nata originariamente come Liverpool Society for the Prevention of Cruelty to Children nel 1883. La loro lotta ha portato alla creazione delle prime leggi a tutela dell’infanzia nel Regno Unito diventando un punto di riferimento imprescindibile nella protezione dei più piccoli nell’area britannica. Leggi tutto “Lidl. Una borsa cornetto. Come far parlare di sé a fin di bene…”