Adam. L’AI serve il caffè al bar. Per ora da Walmart..

Personalmente pensavo fosse il the, dopo l’acqua, la bevanda più consumata al mondo. Ho da poco scoperto che è il caffè. Solamente l’Italia ne importa ben circa 2 miliardi a valore all’anno. Alcune recenti statistiche dimostrano come la famiglia italiana consumi annualmente circa 38/40 kg di caffè. In testa, come principale consumatore di caffè, c’è  il nord Europa. I termini di fatturato annuo: 6,6 miliardi di euro. È il valore di tutti i caffè espressi che sono venduti nei bar d’Italia ogni 365 giorni. La cifra viene riportata da uno studio de “Il sole 24ore”. Lo studio entra più nel dettaglio, riportando come i 149.000 bar sparsi per l’Italia servono in media 175 tazzine di caffè per ogni giorno (il conteggio è stato realizzato escludendo un giorno alla settimana, considerato di chiusura).

Naturalmente il numero di espressi serviti in una giornata varia di parecchio a seconda della tipologia di bar. Nielsen ha evidenziato come in Italia non si possa proprio fare a meno del caffè, evidenziando come ogni italiano beva ogni giorno 1,5 tazzine di caffè espresso e come l’80% degli italiani non sappia rinunciare a questo piacere. Il caffè dei brand italiani è importato anche in Francia, Germania, USA, Austria e Russia. Analizzando il consumo di caffè a livello mondiale il primo posto spetta agli USA con 400 milioni di tazze di caffè consumate ogni giorno, anche se sono molto diverse dalla tazzina di espresso consumata al bar a cui siamo abituati. Per fare un espresso o un cappuccino servono 7 grammi di caffè, quindi, con un chilo di caffè e calcolando gli sprechi  si fanno 130 tazzine. E presto la tazzina costerà 2 euro. Una discreta  fetta del fatturato totale del bar dell’angolo. (Dati elaborati dall’Ufficio studi della Federazione italiana pubblici esercizi). Va però poi considerato che il maggior costo di un bar è il personale. E quindi l’innovazione tecnologica e organizzativa è destinata a battere lì. 

E così mentre i portoghesi superano gli israeliani e la stessa Amazon Go sulle casse automatiche e, in Italia, Esselunga schiera il suo “cobot” in grado di comporre e proporre assortimenti di insalate e simili in tempo reale a Mind, Walmart consente una  sperimentazione ai suoi franchisee Ghost Kitchen/One Kitchen di cibo in-store presenti nei Pdv. Richtech Robotics Inc., un’azienda del Nevada fornitrice di robot basati sull’intelligenza artificiale, ha annunciato l’installazione del suo avanzato sistema robotico per bevande, ADAM, presso Ghost Kitchens International Inc. (“Ghost Kitchens”) a Dawsonville, GA. Ghost Kitchens ha un modello di business distintivo e innovativo che coinvolge marchi di ristoranti nazionali e locali che non hanno una sede propria ma utilizzano un’unica cucina per cucinare per il mercato locale e delle consegne a domicilio. Le cucine in stile “Ghost” stanno consolidando il loro posto nel panorama alimentare, fornendo fino all’8,3% delle vendite dei ristoranti negli Stati Uniti. Leggi tutto “Adam. L’AI serve il caffè al bar. Per ora da Walmart..”

I top manager USA (e non solo) preferiscono la scrivania…

Secondo Reid Hoffman, co-fondatore di LinkedIn l’orario di lavoro tradizionale dalle 9 alle 17 potrebbe diventare obsoleto entro il  2034 (https://bit.ly/3XegGYz). Questa sua previsione è basata su una serie di valutazioni dei fattori tecnologici e culturali che stanno trasformando il panorama del lavoro. Per ora più di una previsione la definirei una profezia che prefigura uno scenario tutt’altro che rassicurante. Il tira e molla planetario sullo smart working ne è un esempio evidente. Il caso più recente coinvolge addirittura Walmart negli USA. L’azienda continuerà a consentire al personale di lavorare da remoto, purché sia in ufficio per la maggior parte del tempo. E questo sta succedendo un po’ dappertutto, nelle grandi aziende americane e non solo.

Il messaggio  esplicito che accompagna questa decisione è di una chiarezza estrema. Se il lavoro può essere svolto da remoto tanto varrebbe trasferirlo in India o altrove dove costa meno. Un messaggio che non si presta ad interpretazioni. In apparente contraddizione Walmart mette sul piatto un investimento di  oltre 1 miliardo di dollari nella costruzione di un campus all’avanguardia presso la sua sede di Bentonville, in Arkansas, per rendere il lavoro il più piacevole possibile. Ovviamente l’approccio dell’azienda guarda al contesto.

Walmart sta affrontando un ambiente competitivo incredibilmente impegnativo. L’azienda di Betonville ha di fronte diverse  sfide. Innanzitutto difendere la sua leadership. Amazon, Kroger e ALDI USA stanno cercando di aumentare la loro quota di mercato. Addirittura Temu e TikTok, potrebbero entrare anche loro nel mercato del food. In secondo luogo servono ingenti investimenti sul versante della tecnologia.  L’intelligenza artificiale, la robotica, la logistica autonoma e l’evasione automatizzata degli ordini in negozio sono la nuova realtà con cui confrontarsi. Walmart ha quindi deciso che le priorità impongono ai dipendenti di ritornare in ufficio. Compresi i lavoratori dei piccoli uffici incentrati sulla tecnologia a Dallas, Atlanta e Toronto a cui viene chiesto di trasferirsi in altri hub centrali come nella sede centrale di Bentonville, Arkansas, così come Hoboken, New Jersey e la California settentrionale.

Secondo i sostenitori di questa decisione  l’azienda si deve concentrare su sé stessa e sui clienti. Il lavoro da remoto non è ritenuto compatibile con la sua cultura organizzativa e manageriale. Walmart si sente  in “guerra”  e “pretende” una sintonia totale intorno al suo modello di impresa. Il ridimensionamento dello smart working o meglio, del remote working, sta però lasciando il segno. Non solo negli USA. Chi ha sentenziato troppo rapidamente sul  tramonto del concetto di  luogo di lavoro, di possibile  superamento del tempo e degli spazi tradizionali, visto lo scenario innescato dalla pandemia ha però lavorato di fantasia. La realtà si è rivelata molto più banale. La stragrande maggioranza delle aziende e dei top manager non erano e non sono  preparati a questo cambio, che è innanzitutto  culturale. Leggi tutto “I top manager USA (e non solo) preferiscono la scrivania…”

Couche Tard ritorna in campo e prova ad acquisire Seven Eleven

Le grandi fusioni preoccupano ovunque Governi e politica. Kamala Harris la candidata democratica alle prossime elezioni di novembre negli USA non solo ha incolpato gli imprenditori e i retailer di ricercare profitti anche a costo dei portafogli dei consumatori e del reddito degli agricoltori ma nel suo programma vuole che la Federal Trade Commission combatta le mega-fusioni e acquisizioni che, a suo dire,  limitano la concorrenza. A febbraio 2024, la FTC si è formalmente opposta alla mega-fusione di due delle più grandi catene di supermercati del paese, Kroger e Albertson’s, tra gli applausi della National Consumers League e della United Food and Commercial Workers, che annovera tra i suoi membri lavoratori del settore alimentare, addetti alla lavorazione della carne e lavoratori degli allevamenti intensivi di pollame.

Nel frattempo le operazioni vanno avanti. Mars ha dato il via all’acquisizione Kellanova (https://bit.ly/3WL3vwz) e in questi giorni i canadesi di Alimentation Couche Tard tramite Circle K si sono fatti avanti per conquistare la catena concorrente Seven Eleven, nata in America ma, dal 1999, controllata da una holding giapponese, con un’offerta “riservata, non vincolante e preliminare” di 31 miliardi di dollari.  Seven Eleven gestisce oltre 85.000 negozi in tutto il mondo. Alimentation Couche-Tard  oltre 16.700 in 31 paesi. I dettagli della proposta  non sono stati divulgati.

In risposta, Seven & I ha dichiarato  che il suo consiglio di amministrazione ha formato un comitato speciale per condurre una “revisione rapida, attenta e completa” della proposta. “Né il consiglio di amministrazione né il comitato speciale hanno preso alcuna decisione in questo momento per accettare o respingere la proposta di ACT, per avviare discussioni con ACT o per perseguire qualsiasi transazione alternativa”, ha scritto la società in una dichiarazione pubblicata online. L’azienda ha affermato di essere concentrata sul raggiungimento di una transazione “reciprocamente accettabile” che andrebbe a vantaggio dei clienti, dei dipendenti, dei franchisee e degli azionisti di entrambe le aziende. “Non vi è alcuna certezza in questa fase che si raggiungerà un accordo o una transazione”, ha scritto la società, aggiungendo che per ora non saranno rilasciate ulteriori dichiarazioni sulle discussioni in corso. ACT ha già tentato di acquistare Seven & i Holdings in passato: il quotidiano giapponese The Nikkei ha riferito che la società canadese aveva contattato l’operatore giapponese 7-Eleven per un’acquisizione già nel 2020.

Da noi Couche Tard è un nome che dice poco o nulla. Predilige, di fatto, un formato  di prossimità, mini market con un numero di prodotti limitato. Aperti fino a tardi e, in genere, parte delle stazioni di servizio (una specie  di Autogrill sui generis). Basti ricordare che oltre il 70% delle loro vendite in Quebèc è rappresentato dal carburante, motivo quest’ultimo, per comprendere la ragione di questi tentativi di  diversificazione del business. Il petrolio rappresenta circa il 70% del fatturato e il 40% dei margini della realtà canadese che quindi sa bene che, il suo, è un business che rischia di trasformarsi in un futuro non troppo lontano in un handicap, anche per l’avanzare dell’elettrico. Per questo cerca di anticipare i cambiamenti necessari e far evolvere il proprio modello di business. Leggi tutto “Couche Tard ritorna in campo e prova ad acquisire Seven Eleven”

Mars punta alla crescita e acquisisce Kellanova.

C’è sicuramente un dato di complementarietà di business nella decisione. Non è però solo questo. Ma procediamo con ordine. Mars, produttore di M&M’s, sta acquistando Kellanova, il produttore di Cheez-Its e Pop-Tarts, per quasi 30 miliardi di dollari, ampliando notevolmente il numero di marchi posseduti. L’acquisizione fa parte del piano di espansione di Mars, che aveva annunciato l’intenzione di raddoppiare nel prossimo decennio il suo portafoglio, che comprende già 15 marchi, a cui ora si aggiungono brand come Pringles, Kellogg’s, Cheez-It, Pop-Tarts, Rice Krispies Treats e NutriGrain.

Con questa operazione, Mars assorbe un gruppo capace di registrare nel 2023 vendite nette per oltre 13 miliardi di dollari, con una presenza in 180 mercati e circa 23mila dipendenti. L’acquisizione amplia la portata di Mars nella categoria degli snack salati. Un business interessante. L’azienda possiede marchi come Combos e Uncle Ben’s, ma è principalmente nota per i suoi cioccolatini, caramelle e cibo per animali. Mars ha, tra i suoi prodotti M & M’s, Lifesavers, gomme da masticare Juicy Fruit e Skittles, oltre a cibi per animali Pedigree e Royal Canin. Le vendite di alcuni di questi prodotti, come la gomma da masticare, sono calate fortemente negli ultimi anni, mentre gli snack sono cambiati e  crescono.

Mars è cresciuta costantemente attraverso acquisizioni. È entrata nel settore degli alimenti per animali domestici nel 1935 con l’acquisto di un marchio di cibo per cani del Regno Unito e ha acquistato il marchio di gelati Dove nel 1986. Nel 2008, ha acquistato il business delle gomme da masticare Wrigley per 23 miliardi di dollari.  Mars è considerata una delle più grandi aziende produttrici di dolci e alimenti per animali domestici al mondo. Nelle sue attività di petcare, snacking e food, la società ha registrato, solo nel 2023, vendite nette per oltre 50 miliardi di dollari.

Con un patrimonio di 117 miliardi di dollari (dato aggiornato al 2 agosto 2024), la famiglia Mars risulta la seconda più ricca d’America, dietro solo ai Walton (Walmart) con un patrimonio di 267 miliardi di dollari. L’acquisto di Kellanova da parte di Mars dovrebbe concludersi nella prima metà del prossimo anno. Una volta completato, Kellanova diventerà parte di Mars Snacking. La sede centrale aziendale rimarrà a Chicago. Mars, con sede a McLean, Virginia, è una delle più grandi aziende private degli Stati Uniti. Leggi tutto “Mars punta alla crescita e acquisisce Kellanova.”

In Ontario, se non è fresco è gratis…

Solo pochi giorni fa, un post del prof. Daniele Tirelli sullo “sconto al costo” proposto dal Gigante aveva provocato reazioni forti da chi ritiene che la deriva innescata sia senza ritorno. Poi è toccato a Esselunga  stupire gli esperti con il suo 10% prolungato anche in agosto. Dai noi c’è un po’ di tutto.  Sconti, cash back, anniversari, per categorie (pensionati, studenti, ecc.). Loblaws Companies Limited, uno dei principali retailer del Canada, ha rilanciato con con un rimborso riservato solo agli insoddisfatti. Verrà copiata anche da noi? Partiamo dall’inizio.

L’insegna Loblaw nasce  a Toronto dai droghieri Theodore Pringle Loblaw e J Milton Cork. Negli  gli anni ’50, George Weston Limited ha acquisito il controllo della società, favorendo la sua rapida espansione in tutto il Canada e negli Stati Uniti.  Loblaws Companies Limited ora gestisce sei divisioni indipendenti, che comprendono oltre 2400 negozi in gestione diretta e in franchising e 190.000 collaboratori. Le insegne sono i supermercati Loblaws, la catena di farmacie Shopper Drug Mart,  il supermercato discount No Frills e il rivenditore di moda Joe Fresh. I marchi del distributore includono President’s Choice, No Name e Life Brand. 45 miliardi di dollari di fatturato nel 2023 con un aumento del 3,9 percento sulle vendite di prodotti alimentari quell’anno. I concorrenti principali in Canada sono Sobeys, Walmart e Metro.

L’insegna non è nuova a idee che suscitano un certo  interesse. Già nel 2016  aveva  piazzato nel reparto ortofrutta cestini con banane e mele che i bambini potevano prendere e mangiare mentre erano nel negozio. Quest’ultima trovata, però, è fuori dagli schemi. L’obiettivo, credo, sia di fidelizzare i clienti sulla freschezza e sulla qualità dei prodotti acquistabili nei loro negozi. In sostanza se i clienti per una qualsiasi ragione non dovessero ritenersi soddisfatti dei prodotti acquistati, potranno farseli sostituire e, in aggiunta, ottenere il  rimborso sugli acquisti effettuati entro sette giorni.

“Vogliamo che i clienti escano dai nostri negozi ogni giorno convinti di ciò che hanno acquistato”, ha detto Frank Gambioli, presidente della divisione Loblaw Super Market. “Sappiamo quanto la freschezza e la qualità giocano nel valore percepito, e la nostra “Fresh Promise” dimostra l’impegno dell’azienda nei confronti  dei canadesi che fanno acquisti da noi. Perché, se non sono freschi, saranno gratis.” La “Fresh Promise” si applica a qualsiasi prodotto fresco acquistato presso le sedi Loblaws, Independent, Valu-mart e Zehrs, sia in negozio che online. Se i clienti restituiscono i  prodotti, dovranno presentare solo la ricevuta di acquisto originale presso il negozio Loblaw da cui il prodotto ha avuto origine. Leggi tutto “In Ontario, se non è fresco è gratis…”

La sfida della sostenibilità è un obiettivo di filiera. Il caso Ahold Delhaize USA

Comunicare iniziative, pomposamente definite   di  “sostenibilità” e impegnarsi a promuoverle e realizzarle a 360° nel tempo sono cose diverse. Soprattutto dove  la GDO ha spesso solo un ruolo di semplice “sollecitatore di sostenibilità” tra le filiere a monte e il consumatore finale. A volte, però,  sceglie di essere  protagonista e di fare la propria parte.  Il caso che condivido oggi è interessante e coinvolge il retailer Ahold Delhaize USA con i suoi marchi locali (Food Lion, Giant Food, The Giant Co., Hannaford e Stop & Shop). Il progetto nasce da una collaborazione con la società di snack Kellanova e Bartlett, uno dei principali esportatori statunitensi di grano e produttore di un’ampia gamma di farine.

L’accordo mira alla conservazione e al miglioramento del suolo, creando un approccio specifico per le colture, il clima e il terreno. Un progetto pilota “dal campo allo scaffale” per ridurre le emissioni lungo la catena del valore.  L’obiettivo di ridurre le emissioni di gas serra (GHG) dalla coltivazione/produzione  del grano lungo la filiera previsto  dal cosiddetto “scope 3” (le emissioni di gas a effetto serra che derivano dalle attività della catena del valore di un’azienda che non vengono svolte direttamente attraverso le sue operazioni. Suddivise in 15 categorie comprendono, ad esempio, le emissioni provenienti dai fornitori dell’azienda o quelle rilasciate attraverso l’uso dei suoi prodotti). 

Questo è il primo programma nel suo genere sia per Ahold Delhaize USA che per Kellanova. Il progetto si concentrerà sugli agricoltori che hanno già implementato pratiche agricole rigenerative. Il grano raccolto e macinato da queste fattorie verrà utilizzato insieme al grano coltivato in modo convenzionale per produrre gli iconici cracker Cheez-It® e Club® di Kellanova. Questi prodotti saranno venduti nei 2000 negozi del marchio locale di Ahold Delhaize USA dal 2025. Il programma unico – il primo del suo genere per Ahold Delhaize USA e Kellanova – prevede la collaborazione di parti interessate di tutta la catena di approvvigionamento – dal campo al mulino, dall’impianto di produzione allo scaffale – per sostenere economicamente gli agricoltori statunitensi riducendo al contempo le emissioni di gas serra.

“Il 95% delle emissioni di Ahold Delhaize USA risiedono nello Scope 3, il che rende questo programma  importante”, ha affermato Marc Stolzman, Chief Sustainability Officer di Ahold Delhaize USA. “Non solo ci aiuterà nella nostra corsa verso Net Zero, ma i dati ci aiuteranno a tracciare il nostro percorso futuro per le collaborazioni Scope 3” con tutti i nostri fornitori. “Le realtà di Ahold Delhaize USA si impegnano così a offrire prodotti alimentari più sostenibili e contemporaneamente  a creare un pianeta più sano”, ha affermato JJ Fleeman, CEO di Ahold Delhaize USA. Leggi tutto “La sfida della sostenibilità è un obiettivo di filiera. Il caso Ahold Delhaize USA”

Top women crescono. Manager al femminile nel Retail USA.

Per interesse, cultura e passione mi piace seguire le carriere dei manager. I risultati raggiunti, le battute di arresto, le ripartenze. Se chi li sostituisce li supera o è addirittura più scarso. Alcuni li ho visti crescere, altri mi incuriosiscono per le sfide che hanno accettato o nei loro diversi passaggi di carriera. Settimana scorsa ho pubblicato una chiacchierata con Daniele Cazzani. Visto l’importante riscontro sul blog ne seguiranno altre nelle quali coinvolgerò manager che stimo e che mi fa piacere condividere con la rete.  Portarli sotto i riflettori. Spesso si tratta di risorse nascoste ai più. Giusto farle notare sottolineandone le performance, le aspettative e le idee. A me, più delle aziende, le migliori si assomigliano un po’ tutte,   piacciono le persone. Sempre diverse una dall’altra. L’impegno e la determinazione che mettono nel lavoro. La loro capacità di coinvolgere i collaboratori. Cosa lasciano dietro di sé. E, in caso di battute di arresto  cosa possono dare, con un rinnovato entusiasmo, altrove.

Oggi affronto un’iniziativa  del mercato USA. Un po’ per condividerlo con il gruppo  “donne del Retail”(www.donnedelretail.it) che in questi giorni festeggia il suo primo anniversario, un po’ per scoprire nuovi talenti. Parliamo di manager al femminile. Il riconoscimento di Progressive Grocer (Top Women 2024) mi consente di rilanciare alcune riflessioni che condivido sul tema, indicando sia manager USA che seguo da tempo che qualche new entry. L’editoriale di PG insiste sulla necessità che le manager che si fanno notare per le loro capacità facciano da apripista nelle loro organizzazioni e stabiliscano nuovi standard d’accesso per chi viene dopo.

L’analisi è purtroppo ancora amara “le donne continuano a perdere terreno quando si tratta di avanzamento di carriera nel mondo retail. Lì, come in altri Paesi,  più di due terzi della forza lavoro nel settore è composta da donne ma sempre indietro quando si tratta di ruoli apicali. Negli USA, secondo un’analisi di Korn Ferry pubblicata su Forbes, dei 47 amministratori delegati retail appena nominati l’anno scorso, solo cinque erano donne e 12 donne amministratori delegati in uscita sono state sostituite da uomini. Nel complesso, circa il 90% dei nuovi amministratori delegati del retail sono uomini e solo il 10% donne. Nell’ultimo decennio, molti retailer USA si sono impegnati per colmare il divario di promozione (e retribuzione) di genere, ma i risultati non sono sufficienti. Il rapporto “Women @Work” di Deloitte, pubblicato ad aprile, esamina alcuni dei fattori critici sul posto di lavoro e nella società che stanno influenzando profondamente le possibilità di avanzamento delle donne nella loro carriera.

La domanda da farsi resta la solita. Non serve domandarsi cosa le donne hanno in più rispetto ai candidati uomini per orientarsi alla scelta. Semmai la domanda da porsi è se hanno qualcosa di meno per occupare una determinata posizione. Perché ad una donna manager è sempre richiesto di dimostrare qualcosa di più rispetto a  candidati uomini? La conclusione è amara. Anche se alla base della piramide, nei negozi,  ci sono “tonnellate” di Top Women di talento, non abbastanza stanno arrivando in cima alle loro organizzazioni. Le aziende che vogliono passare dagli impegni all’azione per far progredire le donne sul posto di lavoro dovrebbero concentrarsi sulla formazione, sulla programmazione di una maggiore flessibilità sul lavoro e sulla creazione di una cultura aziendale inclusiva in cui l’equilibrio tra lavoro e vita privata sia apprezzato e rispettato e in cui le donne si sentano supportate nella loro progressione di carriera. Leggi tutto “Top women crescono. Manager al femminile nel Retail USA.”

Il futuro dell’online (e dell’offline) a livello mondiale. Una previsione al 2028

Secondo il rapporto Forrester “Global Retail E-commerce Forecast 2024 to 2028”, le vendite al dettaglio online globali totali cresceranno dai 4,4 trilioni di dollari nel 2023 a 6,8 trilioni di dollari entro il 2028 a un tasso annuo di crescita composto, più comunemente noto come CAGR, dall’acronimo anglosassone Compounded Average Growth Rate, dell’8,9%. Sempre nel 2028, tuttavia, il 76% (o 21,9 trilioni di dollari) delle vendite al dettaglio globali avverrà ancora offline. Di conseguenza, i retailer devono continuare a investire in strategie omnicanale che forniscano un’esperienza di acquisto senza soluzione di continuità, sia online che offline, afferma lo studio di Forrester.  “La maturità e le opportunità di crescita dell’e-commerce variano notevolmente a seconda dell’area di riferimento. I retailer e i marchi devono quindi avere una conoscenza approfondita dei fattori chiave della crescita della vendita al dettaglio e dell’e-commerce nei loro mercati di riferimento  e adattare le loro strategie, per avere successo” ha dichiarato  Jitender Miglani, principal forecast analyst  di Forrester.

Nei paesi dell’Europa occidentale, tra cui Germania, Austria, Belgio, Danimarca, Spagna, Finlandia, Francia, Grecia, Irlanda, Italia, Norvegia, Paesi Bassi, Portogallo, Regno Unito, Svezia e Svizzera, le vendite sul Web dovrebbero quindi passare da 508 miliardi di dollari nel 2023 a 773 miliardi di dollari nel 2028, poco più di 700 miliardi di euro, con una penetrazione del commercio online che passa dal 15% al 20%. Il Regno Unito rimarrà il più grande mercato e-commerce, prevede ancora Forrester, seguito da Germania, Francia, Italia e Spagna.

Nell’Europa orientale, la penetrazione del commercio online è circa la metà rispetto all’Europa occidentale. Forrester prevede che questo canale di vendita nei cinque principali paesi dell’Europa orientale – Russia, Polonia, Repubblica Ceca, Romania e Ungheria – aumenterà da 72 miliardi di dollari nel 2023 a 126 miliardi di dollari nel 2028, con Russia e Polonia in testa a questa regione. Negli Stati Uniti, le vendite di e-commerce dovrebbero raggiungere 1,6 trilioni di dollari entro il 2028, più di un quarto (28%) del totale delle vendite al dettaglio statunitensi.

In America Latina, le vendite online nei sei principali paesi, Brasile, Messico, Argentina, Colombia, Perù e Cile, passeranno da 109 miliardi di dollari nel 2023 a 192 miliardi entro il 2028. Nell’area Asia-Pacifico, le vendite di e-commerce dei primi cinque paesi – vale a dire Cina, Corea del Sud, Giappone, India e Australia – dovrebbero aumentare da 2,200 miliardi di dollari nel 2023 a 3,200 miliardi di dollari nel 2028, con la Cina in testa alla regione. Si noti che la Cina e la Corea del Sud sono i primi due paesi al mondo in termini di penetrazione dell’e-commerce e ciascuno avrà una penetrazione dell’e-commerce di oltre il 40% entro il 2028!

Nei sei principali paesi del Sud-Est asiatico – Indonesia, Tailandia, Vietnam, Malesia, Filippine e Singapore – le vendite al dettaglio e-commerce hanno raggiunto i 93 miliardi di dollari nel 2023 e saliranno a 193 miliardi di dollari entro il 2028, raggiungendo il 17,4% delle vendite al dettaglio totali. L’Indonesia guida la regione nella penetrazione della vendita al dettaglio online, seguita da Malesia e Singapore. Le Filippine e il Vietnam registreranno un CAGR superiore al 20% nei prossimi cinque anni, superando gli altri paesi della regione.

Date le buone prospettive di crescita dell’e-commerce per i prossimi anni, non sorprende che i rivenditori online siano generalmente ottimisti nelle loro aspettative. Resta aperto il tema per i retailer prevalentemente offline degli investimenti omnichannel o degli accordi win win con i rivenditori specializzati nell’online.

Quanto vale (e quanto costa) un TOP CEO della Grande Distribuzione nel mondo…

pastedGraphic.pngNell’ultima Assemblea Generale Carrefour ad Aubervilliers (Seine-Saint -Denis), venerdì 24 maggio, tra i vari punti all’ordine del giorno, c’era anche la definizione del compenso del CEO. Un argomento che scatena appassionate quanto inutili discussioni tra chi si indigna per le cifre e chi sa che a certi livelli gli elementi che compongono il compenso tengono conto di una serie di fattori complessi legati al mercato e al valore dell’azienda che rendono inutili le discussioni stesse. Prendere posizione è però facile come “sparare sulla croce rossa”. Occasione d’oro anche per i rappresentanti dei due sindacati francesi CGT e CFDT presenti in sala.

Decisi a disturbare Alexandre Bompard hanno scatenato una bagarre con canti, slogan, invettive e hanno chiesto a gran voce  “aumenti salariali per i lavoratori e non vantaggi per gli azionisti”. C’è da ricordare che in  Francia queste contestazioni non rappresentano una novità particolare  anche perché i sindacati sono tradizionalmente presenti alle assemblee  e hanno l’opportunità di parlare. I sindacalisti  francesi, hanno contestato l’approvazione del pacchetto retributivo del CEO la cui corresponsione  è stata poi approvata dal 70% degli azionisti per ciò che riguardava la chiusura del 2023 e dal 93% per la proposta per  il 2024, un gradimento, va sottolineato,    molto più alto rispetto all’anno scorso approvato solo dal 56%. Il 70% degli azionisti ha quindi approvato la “retribuzione e i benefit collegati” di Alexandre Bompard.

La quota fissa (1,6 milioni di euro) non cambia, ma la parte variabile, potrebbe arrivare fino al 190% del fisso, calcolata in base a sei criteri (fatturato, risultato operativo corrente, free cash flow, qualità della governance, relative strength Index (RSI) e net promoter score (NPS). Ovvero un totale di 4,5 milioni di euro a cui si aggiunge una quota di remunerazione a lungo termine pari al 55% della retribuzione complessiva massima (5,3 milioni di euro). Un pacchetto retributivo in linea con i top CEO world wide.

Nella classifica delle 250 aziende più importanti per fatturato della GDO mondiale le europee sfiorano il 35%. I Paesi più rappresentati sono Germania (17 aziende), Regno Unito (19) e Francia (12). I CEO in grado di competere per guidare le principali realtà del comparto sono “merce” rarissima. Come peraltro  in tutti i comparti economici. I migliori sono contesi come i top player del calcio. Sfilare Rami Baitiéh CEO di Carrefour France per portarlo a Morrison o Tony Hoggett  da Tesco o Claire Peters da Woolies (Woolworths) in Australia entrambi in direzione Amazon, ad esempio, sono state operazioni che hanno creato vuoti importanti nelle imprese da dove sono usciti. Leggi tutto “Quanto vale (e quanto costa) un TOP CEO della Grande Distribuzione nel mondo…”