Conad/Auchan. Se non ora, quando?

È bastata una dose imprevista di complessità aggiuntiva per mandare in crisi molti osservatori. Alcuni, a dire il vero,  non sono mai stati in partita. Succede quando si vogliono esprimere giudizi in campi lontani dalle proprie competenze. Oppure quando si prendono a prestito pregiudizi altrui.

La vicenda Conad/Auchan sotto questo punto di vista è stata paradigmatica. Da una parte il declino di quella che è stata un grande azienda multinazionale presente nel nostro Paese da oltre trent’anni. Dall’altra la voglia di inserirsi in questo declino di un’importante insegna italiana per provare ad accelerare la propria crescita. Una sconfitta per chi se ne è andato, un incubo per chi è lasciato su terreno. Un sogno che si realizza per chi subentra: confermarsi come primo player della Grande Distribuzione nazionale.

Quando questi passaggi di mano coinvolgono migliaia di persone i tempi sono generalmente molto lunghi, i piani di presunti rilanci con continui ribaltamenti del management si susseguono a ritmi incalzanti  quindi la metabolizzazione delle inevitabili conseguenze ha modo di maturare “di sconfitta in sconfitta”. Basterebbe qui ricordare l’inarrestabile declino della Standa dalla Montedison a Billa fino alla sua completa dissoluzione e la necessità di importare lo strumento della cassa integrazione  nel comparto del commercio per gestirne le conseguenze.

Nel caso di Auchan questo tempo non c’è stato. Anzi, la sua mancanza ha generato un equivoco gigantesco anche al tavolo negoziale sulla sua consistenza economica, sulla sua capacità di continuare ad esistere come entità a sé stante, sulla sua capacità, indipendentemente dalla proprietà, di mantenere livelli occupazionali pressoché intatti. Leggi tutto “Conad/Auchan. Se non ora, quando?”

La cassa Covid. Ovvero il rischio che un mezzo si trasformi in un fine.

Come ci suggerisce un vecchio proverbio cinese “Possiamo scegliere quello che vogliamo seminare, ma siamo obbligati a mietere quello che abbiamo piantato”. Questo è quello che ci aspetta a partire dalla cosiddetta fase 2 e in quelle successive del post covid-19.

Tutto ciò che abbiamo messo in campo nelle fasi concitate della pandemia si trascinerà per lunghi mesi incidendo profondamente il nostro tessuto sociale ed economico. Trovo molto strano che non se ne parli abbastanza. Quasi non esistesse il problema. Tutti sembrano concentrati sulla ripartenza delle attività. Pochi sugli strascichi drammatici  sull’occupazione che ne deriverà inevitabilmente.

Dario di Vico lancia  il tema (https://bit.ly/2XnZFuG) che presto, a mio parere,  diventerà centrale nella sua evidente crudezza. Solo ad Aprile l’INPS ha autorizzato 835 milioni di ore tra cassa integrazione ordinaria, in deroga e fondi di solidarietà. Per capirci, un anno fa le ore erano 7,7 milioni.

Nel 2009, anno della grande crisi economica e finanziaria, furono autorizzate 916 milioni di ore. Per la cassa in deroga tra i comparti che hanno avuto più ore autorizzate ci sono il commercio, gli alberghi e i ristoranti.

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Il tramonto dei contratti nazionali. Un epilogo inevitabile?

Se non ricordo male l’ultima associazione datoriale che confluì nel contratto nazionale unificato del comparto alimentare fu quella dei mugnai e pastai. Ventitré contratti, nei primi anni ‘80, diventarono quello che fino ad oggi è stato uno dei più importanti e innovativi contratti nazionali del comparto industriale.

Insieme al contratto dei chimici ha sempre colto, anticipandoli, i cambiamenti culturali e organizzativi di settori strategici per la nostra economia. I cosiddetti “falchi e colombe” presenti nelle associazioni di categoria di Confindustria trovarono allora una ragione di unità che ha retto per quarant’anni. L’accelerazione di questi giorni di una parte delle imprese di  Federalimentare per chiudere il contratto nazionale con una proposta fatta al sindacato di categoria riporta in primo piano esigenze diverse che attraversano le imprese del settore e che minano alla base le ragioni stesse dell’esistenza di un contratto nazionale.

Era già successo con la rottura tra Federdistribuzione e Confcommercio e tra Federalberghi e FIPE. Senza parlare della proliferazione dei contratti pirata vero sintomo di un declino qualitativo del sistema delle relazioni industriali e della contrattazione nel nostro Paese.

Poche aziende, spesso le più grandi e strutturate scommettono  sull’interlocutore sindacale come partner nei processi di cambiamento e innovazione mentre la stragrande maggioranza preferisce tenerlo alla larga. La stessa fase 2 del Covid-19 sembra caricarsi di una profonda diffidenza reciproca. Leggi tutto “Il tramonto dei contratti nazionali. Un epilogo inevitabile?”

Covid-19. Il terziario di mercato non è ancillare ad altri comparti economici

Ha ragione Mariano Bella, capo dell’ufficio studi di Confcommercio. Fino ad oggi “si è sottovalutata la gravità dello shock da emergenza coronavirus. Se il crollo dei redditi indotto dal crollo del prodotto fosse stato importante ma non eccezionale, la fiducia non sarebbe stata molto intaccata e la liquidità come rete protettiva per la continuità aziendale avrebbe anche funzionato. Nelle attuali condizioni, invece, senza indennizzi, si rischia la lesione permanente del tessuto produttivo.”

Questa sottovalutazione, alla base delle decisioni contenute nei decreti del Governo, è frutto di una miopia tuttora presente nel lavoro delle task force messe in campo per affrontare la fase due. La logica che è passata prevede una inevitabile  contrapposizione tra due mondi. Una contrapposizione inutile ma anche pericolosa per la tenuta stessa del tessuto sociale e quindi per il futuro del nostro Paese.

Da una parte ci sarebbero gli interessi collettivi. Lo scontro tra esigenze di mettere sotto controllo il Covid-19 e di evitare contemporaneamente il crollo economico del Paese ne è stata la dimostrazione plastica. La contrapposizione tra Governo, virologi, maggioranza dell’opinione pubblica e sindacati da una parte e mondo delle imprese, economisti e media, dall’altra ne ha caratterizzato  la prima fase.

Lo spostamento dei sindacati, una volta ottenute le garanzie sulle regole di sicurezza necessarie a garantire la salute dei lavoratori, nel campo avverso,  ha cambiato lo scenario e gli equilibri in campo. Confindustria ha saputo interpretare e lavorare per questa soluzione in grado di allineare gli interessi economici delle imprese e dei lavoratori a quelli del Paese. Leggi tutto “Covid-19. Il terziario di mercato non è ancillare ad altri comparti economici”

Mascherine italiane. Si, no, forse.. di Mario Gasbarrino e Mario Sassi

Come tutto ciò che è riproducibile facilmente da chiunque e a basso costo ad un certo punto le abbiamo lasciate ai cinesi. Il loro costo non ne giustificava la produzione nazionale e non certo per il materiale di cui sono fatte. Nessuno ha pensato che un presidio sanitario così insignificante sarebbe potuto diventare fondamentale, prima o poi, non solo per noi ma per il mondo intero e che la globalizzazione, ogni tanto, presenta i suoi conti.

Improvvisamente sono diventate indispensabili. E nessuno ne aveva in misura sufficiente, salvo i cinesi. Parliamo delle mascherine. La Protezione Civile italiana stima che, finito il lockdown, si passerà dall’attuale fabbisogno di 90 milioni al mese a uno di 2-300 milioni di pezzi perché accompagneranno ancora per lungo tempo la nostra quotidianità. L’ultima volta che la loro apparizione aveva destato un certo interesse dell’opinione pubblica è stato nel 2019 quando sono diventate uno dei simboli delle proteste anti-cinesi che hanno scosso le strade Hong Kong. Poi più nulla.

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Conad/Auchan. Un tavolo ricco di protagonisti loro malgrado..

Il pittore Egon Schiele qui sopra nel famoso manifesto per la 49° mostra della Secessione Viennese del 1918 ha pensato e proposto un tavolo che prendo a prestito per ritornare sull’infinito negoziato in corso tra il sindacato confederale e Margherita Distribuzione.

Ad un occhio poco attento potrebbe sembrare che non ci siano molti partecipanti. Secondo quanto si legge dai resoconti ci sarebbero solo tre soggetti. Da una parte i rappresentanti dell’azienda, dall’altra la Fisascat CISL. Non troppo distante la UGL.

Nelle descrizioni che filtrano dalla stampa, e in omaggio alla radice francese di Margherita Distribuzione, questi incontri a me sembrano tratti dalle commedie del grande drammaturgo George Feydeau. Fustigatore dell’ipocrisia, appassionato del ritmo scenico,  richiedeva ai suoi attori doti vocali e fisiche fuori dal comune. Nelle sue commedie spesso le porte sbattono con fragore. C’è sempre chi è entra e chi esce, ogni tanto si sentono delle grida.

Più che capire cosa sta avvenendo concretamente si rischia di percepirne solo l’eco. Il rumore di fondo. Le dinamiche collegate. È così ciascuno ne trae le proprie convinzioni. Ma è proprio così? È indubbio che quel tavolo non assomiglia a quello di Re Artù. Non è per niente simmetrico. Leggi tutto “Conad/Auchan. Un tavolo ricco di protagonisti loro malgrado..”

Conad/Auchan. L’accordo sindacale apre ad una nuova fase

Tutte le più importanti vicende sindacali degli ultimi anni trascinano quasi sempre con sé polemiche e mal di pancia. Ricordo la più importante che ha coinvolto il sindacato dei metalmeccanici sul futuro di FCA. I fatti hanno dato ragione a chi, rompendo gli indugi, firmò l’accordo con Marchionne e torto a chi si defilò. La FIM CISL fu la principale protagonista di quell’intesa. Qui è toccato alla FISASCAT CISL tenere il punto. E anche lì le polemiche furono al calor bianco.

L’operazione di acquisizione condotta da Conad ha, in proporzione, la stessa importanza sul piano sindacale applicata al settore della GDO. I prossimi anni saranno all’insegna di ulteriori concentrazioni e cambiamenti profondi. E tutte comporteranno pesanti ricadute occupazionali. Le sedi saranno stravolte non meno dei punti vendita. Seguirle e commentarle, proprio a partire da questa vicenda,  è un dovere per chi come me si è sempre occupato di questi temi.

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Conad/Auchan. Riflessioni sull’importanza e sulle tappe del negoziato sindacale

L’ultimo mio articolo sulla vicenda Conad/Auchan relativo all’accordo raggiunto tra Margherita distribuzione  e i sindacati confederali ha superato le diecimila visualizzazioni. Il penultimo ci è andato molto vicino. È stato indubbiamente uno dei pezzi più letti sia in Margherita Distribuzione che nell’insieme della GDO sul tema.

Non mi sono addentrato nel dettaglio dei contenuti perché sono difficili da argomentare quando non si partecipa direttamente ad una trattativa. Su questo basta leggere le tabelle proposte direttamente dai sindacati o dall’azienda. E, soprattutto, chi non è direttamente seduto al tavolo non è  quasi mai in grado di spiegare le apparenti incongruenze nei trattamenti di determinati gruppi  proprio perché frutto di richieste o di mediazioni che a volte  sacrificano il particolare al generale.

La persona singola quando legge un accordo sindacale guarda a sé stessa.  Il sindacato e l’impresa tendono inevitabilmente all’insieme.

Diversi lettori del blog, digiuni di ciò che sottendono le dinamiche di una trattativa, mi hanno sollecitato, partendo dall’esperienza che li coinvolge da vicino,  a spiegare meglio le dinamiche di un percorso negoziale, la distanza tra aspettative e risultati ottenuti, tra le parole d’ordine che hanno mobilitato i lavoratori e caratterizzato la fase precedente rispetto al contenuto dell’intesa raggiunta e le ragioni che hanno spinto le tre organizzazioni confederali a firmare al tavolo ministeriale e a differenziarsi (almeno fino ad ora) nel negoziato aziendale.

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Conad/Auchan. Un punto fermo era necessario…

Se fossi nei panni di un lavoratore di Margherita distribuzione coinvolto in prima persona farei fatica a capire cosa sta succedendo nella complicata vertenza che mi coinvolge. Le prime ricostruzioni e i messaggi che filtrano sono di difficile lettura e rischiano di determinare più incertezze che punti fermi.

Delle ragioni di questa confusione  ho già parlato nel mio ultimo articolo ( bit.ly/2wjj9Y2) ed è inutile riprenderlo. Purtroppo ero stato ingenuamente ottimista sulla possibilità di un percorso  unitario che, ad oggi, non c’è ancora stato. Cerco di fare un passo avanti sperando di non aggiungere  altra confusione.

C’è un’intesa complessiva e sottoscritta da tutte le parti su tre punti raggiunta ai tavoli ministeriali. 1) La procedura di licenziamento avviata il 22 gennaio 2020 che coinvolge 817 lavoratori. 2) il ricorso alla CIGS per crisi aziendale per 8036 lavoratori dal 6 aprile al 31 dicembre 2020. 3) l’accordo di ricollocazione che consente ai lavoratori  di prenotare l’assegno di ricollocazione.

Questi accordi riguarderebbero al momento solo Margherita Distribuzione. Alcuni parlano di coinvolgimento di ANCD a questo livello che però, dagli atti, non risulterebbe. In questa fase credo che l’azienda abbia preferito circoscrivere il perimetro dell’interlocuzione sociale. Qui finisce, ad oggi, il percorso condiviso unitariamente.

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Conad/Auchan. A ciascuno il suo

Per chi come me si è sempre occupato di piani di ristrutturazione e riorganizzazione non era e non è difficile leggere, tra le righe, l’evolversi del decorso accidentato della vicenda Conad/Auchan. A volte ho dovuto necessariamente essere criptico in alcuni passaggi. E di questo me ne scuso con chi ha avuto la pazienza di seguirmi in questi lunghi mesi che hanno caratterizzato questa prima fase.

L’ho fatto per la stima personale che nutro verso alcuni protagonisti che mi hanno trattenuto da giudizi severi e definitivi in alcuni passaggi delicati del negoziato.  Come mi sono trattenuto dal riprendere amichevolmente coloro che pur non avendo mai partecipato ad un negoziato sindacale e quindi non capendoci nulla delle dinamiche collegate si sono improvvisati esperti. Mi ricordano la tenerezza che mi facevano  i commenti dei colleghi commerciali in azienda nel pieno di vertenze al calor bianco.

Ovviamente la strada è ancora lunga come in tutti i processi di M&A ma il percorso, dal closing all’accordo sindacale, ha rappresentato indubbiamente la prima tappa. Diversi soggetti vi hanno interagito a vario titolo a cominciare dalle due parti principali: Conad e il suo universo collegato e l’eterogenea compagine di sigle sindacali comprendendo e non sottovalutando anche il ruolo esercitato da Manageritalia e da UGL.

A far da corollario, il ruolo incerto della comunicazione, i media nazionali e di settore, la rete in senso lato con i suoi personaggi anonimi, le gole profonde e, infine, alcuni cacicchi sindacali locali che non hanno mancato di aggiungere confusione alla vicenda passando informazioni approssimative ad alcuni organi di stampa. Innanzitutto va contestualizzato lo scenario nel quale è maturata l’operazione. Leggi tutto “Conad/Auchan. A ciascuno il suo”