Selex. Sessant’anni e non li dimostra..

Al di là della querelle su chi ha guadagnato la testa  nella gara di quest’anno per il primo posto in GDO, e di cosa concorrerà a determinare il primato, Selex resta un punto di riferimento importante per chi vuole osservare l’andamento del settore dato che circa 10 milioni di italiani scelgono ogni giorno i prodotti Selex (circa 7.700 i prodotti di qualità distribuiti nei tanti punti vendita delle  Imprese Socie). È una rete di punti vendita multicanale caratterizzata da format distributivi diversi. Dal supermercato di prossimità all’ipermercato, dal superstore al discount e al cash & carry. Diciotto imprese, oltre tremiladuecento punti vendita e quarantaduemila addetti la collocano comunque ai vertici del comparto.  Pur nel pieno dell’eurforia della celebrazione del 60° anniversario Maniele Tasca ha resistito ad intestarsi il primo posto in anticipo. La platea, no. Alle sollecitazioni  di Andrea Cabrini, Direttore di CNBC è partito il grande applauso liberatorio. Io attenderei il VAR, come nel calcio, per proclamare un sicuro  vincitore. Comunque, il 2024 si chiuderà con un bel testa a testa.

Tre cose mi hanno colpito della kermesse. Innanzitutto il tributo a Riccardo Francioni. Direttore Generale di Selex per tre decenni, figura chiave nella nascita e nello sviluppo di Selex e artefice della creazione della Centrale ESD. Un grande gruppo può guardare al futuro solo se le sue radici sono ben piantate nel passato. La carrellata sui suoi fondatori e sull’origine di ciascuna insegna ha poi tributato il giusto merito a ciascuna delle diciotto realtà sottolineando l’importanza del collettivo. Uno su tutti, Giancarlo Paola di Unicomm, ha ben sintetizzato il pensiero comune con uno slogan, credo suggerito tanti anni fa dal padre,  lo spirito che anima e che distingue questa realtà: “l’interesse di Selex coincide con l’interesse dell’azienda”. La capacità di leggere e interpretare il territorio, di scambiare competenze e di  condividere regole e scelte comuni fanno di Selex qualcosa di più di una semplice centrale. Fondamentale è il clima nel CDA formato da Alessandro Revello (Dimar) alla Presidenza del Gruppo per il prossimo triennio, nominando il nuovo consiglio di amministrazione che sarà composto dai due Vice Presidenti Cav. Marcello Cestaro (Gruppo Unicomm) e Marco Odolini (Italbrix) e dai sei consiglieri di amministrazione Dario Brendolan (MaxiDì), William Camilletti (L’Abbondanza), Laura Gabrielli (Magazzini Gabrielli), Francesco Murgia (Superemme), Giancarlo Panizza (Rialto) e Francesco Pomarico (Megamark). Ma soprattutto tra il Presidente Revello e Maniele Tasca il General Manager di Selex che guida il Gruppo dal 2009.

La chiave del successo di Selex credo sia da ricercare nella capacità di collaborazione, nella valorizzazione delle differenze e delle caratteristiche di ciascuno ma, soprattutto, nel saper sviluppare le sinergie necessarie in ambito commerciale, marketing e le attività sui prodotti MDD ben  sintetizzati nello slogan “insieme per fare meglio” che descrive  la volontà dell’intera compagine. Nel 2024 Famila l’insegna più rappresentativa ha beneficiato di un importante  piano di investimenti del valore di 120 milioni di euro per le 15 aperture in programma e per 27 ristrutturazioni dei suoi punti vendita. Nel corso degli anni Famila ha raggiunto una quota di mercato pari al 3,5% nel canale I+S diventando la sesta insegna a livello nazionale. Selex opera sull’intero territorio attraverso diverse insegne.  Famila per supermercati, superstore e miniiper, A&O per supermercati di prossimità e C+C per cash&carry. I Pet Shop Animali che Passione  e le realtà locali o multiregionali. Nel canale e-commerce, Selex è attiva con CosìComodo, la piattaforma di spesa online a cui, attualmente, aderiscono 10 insegne del Gruppo e che offre diversi servizi, come click & collect, drive e home delivery.

Nel 2024 il gruppo nel suo insieme ha realizzato 65 nuove aperture (354 negli ultimi 5 anni) e 67 sono previste per il 2025. La quota di mercato 2024 è del 15,4%. In ESD insieme agli altri tre soci (Acqua e Sapone, Agorà e Aspiag) arriva al 23,4%. Questi per Selex sono stati anni di crescita. Il traguardo dei sessant’anni viene tagliato in discreta scioltezza anche perché, come ha sostenuto in una recente intervista   Massimo Baggi, direttore marketing di Selex, «Abbiamo messo in campo diverse iniziative: dalla leva promozionale alla garanzia di qualità e sostenibilità dei nostri prodotti a marchio, fino ad adottare e promuovere una visione del supermercato come luogo in cui il consumatore può vivere un’esperienza divertente e trovare risposta anche al crescente bisogno di consumare un pasto fuori casa, dove possibile aprendo bistrot e punti ristoro. Ora stiamo anche investendo – ha concluso Baggi – nella formazione del personale in store, perché i nostri addetti diventino anche loro una leva di comunicazione». Scelta fondamentale. Sul servizio e sulla soddisfazione del “cliente interno” si gioca una parte della credibilità e dell’attrattività delle insegne. Vedremo nei fatti come si concretizzerà questa importante affermazione.

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Amazon USA. L’ecosistema fa un altro passo in avanti.

Amazon sta testando l’affiancamento di mini magazzini automatizzati ai supermercati Whole Foods. Credo siano almeno quattro anni che l’azienda di Seattle si stia misurando con un problema nato subito dopo l’acquisizione nel 2017. Il nuovo formato di negozio consentirà ai clienti di acquistare prodotti online (amazon.com) e da Amazon Fresh mentre fanno la spesa a Whole Foods, consentendo loro di ritirare il tutto alla cassa. L’obiettivo è di “impedire” che, i suoi clienti, completino la spesa altrove. Circa il 70% dei clienti di Whole Foods lascia il negozio per finire di fare la spesa presso un altro rivenditore, principalmente Walmart. Whole Foods non vende prodotti con ingredienti non naturali. Ciò significa che i CPG (beni di consumo confezionati) come Coca-Cola, Ariel, Nescafé, Sprite e Schweppes, per fare alcuni esempi noti, non possono essere acquistati da Whole Foods. Questo costringe i clienti a lasciare i negozi per acquistare altrove i loro prodotti CPG preferiti.

Per questo motivo  l’azienda sta costruendo un micro centro di evasione ordini collegato a una sede di Whole Foods nel sobborgo di Filadelfia di Plymouth Meeting, in Pennsylvania (https://lnkd.in/gZ49JYCe). Una volta che la struttura sarà operativa entro il prossimo anno, gli acquirenti potranno ordinare tutto ciò che  Amazon nei suoi siti può fornire ritirandoli in negozio al momento del check-out. Facile comprendere il potenziale (non solo per Amazon) di questa opzione finora preclusa. L’omnichannel presenta così,  un’altra delle traiettorie possibili.  L’apertura di  Micro-fulfillment center a fianco  di Whole Foods è una mossa brillante in quanto reinventa il profilo una importante realtà  di alimenti naturali e di prodotti biologici senza interrompere l’aspetto dei negozi la loro cultura, e l’immagine che i loro clienti pretendono unica.

Il Micro-fulfillment center è un mini hub logistico in grado di avvicinare il prodotto al cliente. L’obiettivo è ridurre la distanza con i clienti, aumentare la velocità di consegna e comprimere i costi logistici.  Quindi, come funzionerà  in pratica? I clienti avranno tre opzioni per acquistare senza problemi: ordinare online per una consegna rapida a domicilio, ordinare online per un ritiro facile e veloce o acquistare di persona in negozio. Se il cliente è in negozio e sta facendo acquisti a Whole Foods Market, può contemporaneamente  anche ordinare facilmente prodotti non presenti sugli scaffali  direttamente dall’app Amazon sul telefono. Questi articoli aggiuntivi saranno preparati nel retro della magazzino  mentre il cliente finisce di fare acquisti e saranno pronti al momento del check-out, il tutto entro pochi minuti dall’ordine. Con questo modello di spesa, i clienti hanno accesso a più prodotti che desiderano acquistare  senza dover visitare più negozi. Questo servizio sarà pronto per i clienti presso la nostra sede di Plymouth Meeting l’anno prossimo. Giustamente Amazon sostiene che, in questo modo “Stiamo rendendo più facile fare la spesa, oggi e in futuro”.

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Todis taglia il traguardo dei 25 anni all’insegna dell’innovazione e della sostenibilità

Il suo nome originario, nel 1999 era Topdì poi trasformato in Todis e non come qualcuno insinua bonariamente dovuto all’abbreviazione di Toppetti Discount (l’AD di Pac 2000A). L’ibrido che ne è nato è una via di mezzo, a mio parere riuscita, tra un supermercato e un discount. La differenza sul campo  la fanno i singoli imprenditori e un management giovane e inclusivo che li supporta. Todis ha chiuso il 2023 con un fatturato di 1,167 mdi con una crescita del 16% e oltre 300 punti vendita nel centro-sud.

È un peccato che i bolognesi del Consorzio abbiano preferito non esserci. Si sono persi un grande spettacolo. Soprattutto una  dimostrazione  positiva di condivisione di quello che dopo 25 anni è ormai molto  più di un progetto. In tempi di grande affanno che mettono a dura prova lo stesso spirito imprenditoriale, non è poca cosa. Eppure nel rapporto imprenditoriale  tra il Consorzio nel suo insieme  e il “suo” discount qualcosa va sempre storto. Sarà il fato o la semplice sfiga ma cinque anni fa al traguardo dei vent’anni è toccato a Francesco Cicognola il direttore generale di PAC 2000A  bucare una gomma e arrivare tardi all’evento. Questa volta, per i 25 anni un incidente in autostrada ha rischiato di non far arrivare in orario i dirigenti della cooperativa che più di tutte le altre ha creduto nel progetto Todis. Hanno poi recuperato sia Danilo  Toppetti  AD di PAC2000A  che lo stesso Francesco Cicognola con un discorso non convenzionale di stima e fiducia in Todis e nel suo management.

Per Conad Adriatica c’era la squadra di testa capitanata da Antonio Di Ferdinando e Giovanni Mastrantoni neo eletto Presidente.  L’altra cooperativa che ha scommesso sul progetto Todis.  Il rapporto tra le due cooperative di Conad e Todis è buono. Certo sconta una competizione tra ciò che sulla carta dovrebbe essere  un semplice discount ma non lo è  e qualche punto vendita della cooperativa che fatica a reinventarsi di fronte ad un consumatore che cambia. Peccato però non sentire i suoi dirigenti  sul palco. La sala era stracolma. Centinaia di affiliati presenti.

Un’azienda non si misura solo dai numeri. Quello che conta veramente è il clima che vi si respira. Nei corridoi c’era un entusiasmo sincero. Queste iniziative coinvolgenti tendono poi ad esaltarlo. A far sentire le persone parte di un percorso comune. Un affiliato nei corridoi mi ha spiegato che anche lo stesso Luca Panzavolta  Amministratore Delegato di CIA-Conad che ha visitato i punti vendita di Roma  lo ha constatato. Il clima che si respira nei corridoi è probabilmente parte del “carburante” che ne alimenta il successo. Anche in un anno come questo dove volumi e margini faticano a confermarsi. E questo potrebbe far riemergere qualche mal di pancia. Un successo, seppure faticoso,  se è tale, non può essere fonte di imbarazzo. O lo si contesta o lo si condivide. Lascio stare le liturgie tipiche di questi incontri. Vedere però un palco dove, per esempio, le donne (affiliate) erano più numerose degli uomini già segnala un approccio diverso. Una inclusività spontanea non costruita fatta da  giovani imprenditrici partite da zero, o figlie di imprenditori, impegnate in azienda e disponibili a portare il loro contributo di determinazione, diversità  ed entusiasmo ai colleghi.

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Grande Distribuzione. Quando il furto (pur sempre reato) fa emergere un grave problema sociale

Ci hanno dovuto pensare i carabinieri. Purtroppo una vicenda triste ha rischiato di trasformarsi in un reato penale innescando una situazione il cui costo complessivo sarebbe stato decine di volte superiore al modesto danno provocato. “Dura lex sed lex” non credo sia un criterio applicabile in casi come questo. Capisco che la “pubblicità” negativa che può derivare dal rendere note queste realtà o, addirittura l’incentivo ad imitarle, richiede cautela nell’affrontare il tema. Le catene della Grande Distribuzione fanno già numerose iniziative con il Banco Alimentare, con associazioni caritatevoli locali anche con una gestione intelligente dello spreco e dei prodotti vicini alla scadenza. Purtroppo di questi tempi non basta.

Altrove, penso agli Stati Uniti ma anche ad alcune realtà europee l’epidemia di furti nei negozi, pur largamente tollerati, stanno diventando una piaga sociale. Il clima è pesante. Bande di giovani si danno appuntamento in rete e poi fanno irruzioni nei supermercati, drugstore e grandi magazzini. Tra il 12 luglio e il 20 settembre, una banda composta da 20 a 40 giovani ha colpito 14 negozi della catena 7-Eleven, fuggendo indisturbata. Le città più colpite, come San Francisco, hanno visto fallimenti e chiusure di negozi (anche franchising di aziende celebri come Whole Foods, Walgreens, Nordstrom, Target, Starbucks). Insomma un clima sociale teso che produce situazioni allarmanti. Da noi salvo le limitate irruzioni di bande ben localizzate non siamo arrivati ancora a quegli estremi. Restano i furti singoli. Rientrano in quota in quello che in gergo sono chiamate “differenze inventariali”. Una piaga che allarma i gestori dei punti vendita.

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Banco Fresco. Si ricomincia da capo…

Passaggio di consegne a Banco Fresco. Dopo un top manager italiano, Gianluca Monfrecola, tocca  ad un manager francese. E siamo, di fatto,  al quarto cambio al vertice. Arrivata nel 2017 dopo un primo test con i due punti vendita di Torino e Beinasco, già nel 2021 prevedeva 6 nuove aperture nello stesso anno, 10 nel 2022 e 20 nel 2023, puntando in tre anni a poco meno di 40 negozi. Non è andata così.

I grandi progetti di espansione sull’Italia sono da tempo fermi al palo. Purtroppo la lunga esperienza che ho fatto in Danone mi porta a sottolineare sommessamente  che quando un’azienda dipende dalla Francia per comprendere cosa può succedere in Italia o altrove bisogna partire da come si muovono oltralpe. È successo con  Auchan, ma vale anche per Stellantis o, in questo caso, per Banco Fresco. Sarebbe un errore fare il percorso inverso. Non serve osservare solo le performance nel Paese per trovare le ragioni di un ritiro dal mercato, di un ridimensionamento  di progetti o di un loro rilancio. 

Le aziende francesi all’estero quando avvengono cambi nell’Head Quarter o nei fondi che ne orientano l’attività, tendono inevitabilmente a reinventare la ruota. Spero non abbiano intenzione di lasciare il Paese. L’Italia credo sia passata in secondo piano per quanto riguarda lo sviluppo.  Tutto qua. Crescerà più lentamente baricentrandosi  nelle città? Lo vedremo presto.  Il progetto, in sé resta comunque interessante. Un category killer del fresco è un’ottima idea. Purtroppo prima la pandemia poi  l’inflazione e ciò che ha determinato nelle abitudini di consumo, hanno frenato i piani di espansione di molte  aziende che sembravano interessate al nostro mercato e raffreddato i fondi di investimento che ne muovevano le fila. 

I risultati di Grand Frais in Francia sono diminuiti di oltre il 35% nel 2022. Dopo la fallita vendita del marchio nel 2021. Il gruppo aveva allora attirato sei offerte da parte di fondi anglosassoni ed era stato valutato fino a 3,2 miliardi di euro. Questo tira e molla  ha poi portato alla messa in discussione di Philippe Poletti, presidente del consiglio di amministrazione di Ardian che, infatti ha lasciato il Gruppo a fine dicembre 2023.  Lo stesso Herve’ Vallat e’ stato sostituto a maggio 2024 con Mochet nuovo AD Prosol sas che controlla Grand Frais. Ardian è una delle società di private equity più importanti a livello globale, gestisce asset per un valore di 140 miliardi di dollari in Europa, Nord America e Asia, per conto di oltre 1.400 clienti in tutto il mondo. Leggi tutto “Banco Fresco. Si ricomincia da capo…”

The Besoz Earth Fund sbarca in Asia…

Può non piacere a qualcuno ma una parte dei destini del mondo è  anche nelle loro mani. Solo loro tre mettono insieme 500 miliardi di dollari di patrimonio. Sono noti al grande pubblico per le loro  creature principali: Microsoft, Amazon e Tesla. Simpatie politiche a parte, sono personaggi abituati a guardare molto avanti nel loro agire. È così mentre Elon Musk guarda al futuro pensando allo  Spazio Jeff Besoz e Bill Gates stanno investendo ingenti risorse sul futuro del pianeta.”Il cambiamento climatico è la più grande minaccia per il nostro pianeta”, ha scritto Jeff Besoz su Instagram. “Voglio lavorare con chi sta combattendo l’impatto devastante della crisi ambientale che riguarda tutti” prima di lanciare, nel 2020 The Bezos Earth Fund.

Creato con un finanziamento iniziale  di 10 miliardi di dollari da Jeff Bezos eroga sovvenzioni per affrontare le problematiche legate al clima e alla natura. Ha recentemente  annunciato una nuova iniziativa: l’istituzione del Bezos Centre for Sustainable Protein presso la National University of Singapore (NUS), segnando il suo primo passo di questo tipo in Asia. Il Centro, che è sostenuto da una sovvenzione di 30 milioni di dollari, si concentrerà sul progresso della ricerca proteica sostenibile e sullo sviluppo commerciale di proteine alternative. Questa iniziativa di ricerca fa parte di una rete globale che comprende altri Bezos Centres for Sustainable Protein presso l’Imperial College di Londra nel Regno Unito e la North Carolina State University  negli Stati Uniti.

Il centro NUS si concentrerà su aree chiave come la fermentazione della biomassa, che prevede l’utilizzo di sottoprodotti come i rifiuti di tofu per nutrire le alghe e produrre proteine di alta qualità. Il professor Tan Eng Chye, presidente di NUS, ha spiegato l’importanza della collaborazione nell’affrontare le sfide del sistema alimentare globale.  “Dobbiamo sviluppare soluzioni alimentari sostenibili con i ricercatori, i governi e l’industria”. Il centro dovrebbe sfruttare la sua posizione in Asia per promuovere l’innovazione e la collaborazione, garantendo lo sviluppo di alternative proteiche sostenibili sia per i consumatori che per l’industria.

Sir Andrew Steer, presidente e CEO del Bezos Earth Fund, ha osservato: “L’Asia è fondamentale per il futuro delle proteine sostenibili e Singapore sta aprendo la strada”, indicando l’influenza della regione sui sistemi alimentari e il potenziale di ampio impatto attraverso la grande base di consumatori dell’Asia orientale e sud-orientale. 23 ricercatori principali guideranno il centro da istituzioni tra cui NUS, Nanyang Technological University, Singapore Institute of Technology e ETH Zurich. La loro ricerca esplorerà aree come le microalghe e la carne coltivata in cellule, con l’obiettivo generale di produrre prodotti proteici ibridi che possono competere con la carne convenzionale sia nel gusto che nell’accessibilità. Leggi tutto “The Besoz Earth Fund sbarca in Asia…”

CRAI. La sintonia con le comunità come impegno quotidiano…

Ad Assemini, alla periferia di Cagliari, non c’è solo l’avvenieristico centro logistico di LIDL. C’è anche il  centro sportivo del Cagliari Calcio. Il  Crai Sport Center. Il centro è uno dei luoghi simbolo dell’attività del club, sede degli allenamenti della prima squadra, utilizzata dalla Primavera e dalle squadre del settore giovanile per gare e allenamenti. Sembrerebbe non c’entri nulla con il tema di oggi. In realtà non è così. Anziché accettare la vulgata comune che paventa le difficoltà della GDO tradizionale per la presenza dei discount in Sardegna, Crai rilancia la sua presenza e la sua relazione con il contesto. Non solo con la sua rete diretta e indiretta, di oltre 140 punti vendita dislocati in tutta l’isola, ma come parte integrante della comunità con cui interagisce. La sua caratteristica distintiva  è il legame con i territori di insediamento. Il centro sportivo di Assemini è un chiaro segnale di legame, presenza  e vitalità. Ovviamente non solo in Sardegna.

Il marchio CRAI nasce il 3 ottobre del 1973, quando un piccolo gruppo di dettaglianti alimentari decide di unire le forze costituendo, a Desenzano del Garda, le “Commissionarie Riunite Alimentaristi Italiani”.  Crai arriva  in Sardegna nel 1992, anno in cui la F.lli Ibba decide di investire nei valori e nella forza di questo marchio.

Oggi conta nel Paese  1.800 punti vendita in 1.150 comuni italiani, 1300 imprenditori e 24mila collaboratori. Spesso rilancia una presenza proprio laddove altri si ritirano. Vedi il caso del punto vendita di Solighetto (nel comune di Pieve di Soligo 2600 abitanti ai piedi delle colline delle prealpi trevigiane) dove nel 2023 ha chiuso il  supermercato Maxì parte di Vega Soc. Coop. che aderisce al Gruppo VéGé. Più di 140 tra Maxì e Maxì Family, in Veneto e Friuli Venezia Giulia. “Tuttigiorni” di Crai è un  format innovativo, nato nel 2022 che risponde alle esigenze dei consumatori locali e che oggi è in forte crescita. Tuttigiorni sbarca in Veneto in collaborazione con il Gruppo Rosa Supermercati – che fa parte del Cedi Ama Crai Est. Si tratta di un negozio firmato da Crai e Food 5.0, con il modello “Every Day Low Price”.

Il Gruppo Crai nel 2024 è diventato  una delle oltre 3.900 società benefit italiane, dichiarando nello statuto il proprio impegno ad operare in modo responsabile, sostenibile e trasparente nei confronti degli stakeholder e generare quindi un impatto positivo sulla comunità e sull’ambiente come ha sottolineato Roberta De Natale Direttrice Qualità e sostenibilità CRAI – Food 5.0. Si tratta di una decisione che rientra nel percorso di rinnovamento “Crai Futura” con cui il Gruppo sta ridisegnando in modo profondo la propria organizzazione e il modello distributivo, riaffermando l’identità e il radicamento su tutto il territorio nazionale. Ciascun punto vendita Crai, si distingue per la sua sensibilità verso il territorio e i produttori locali, valorizzando la stagionalità delle materie prime. Tra i servizi aggiuntivi a disposizione dei clienti di Solighetto, ad esempio, è presente anche la colonnina per la ricarica dei cellulari, il servizio di stampa e fotocopie, la possibilità di utilizzare i principali buoni pasto in commercio e perfino l’Amazon Locker. È il negozio di vera prossimità dove quest’ultima viene declinata espressamente sul cliente locale non sul punto vendita o sulla dimensione dello stesso, evitando la ridondanza dell’offerta sugli scaffali. Leggi tutto “CRAI. La sintonia con le comunità come impegno quotidiano…”

Segnali di rallentamento nelle vendite? Anche Mercadona decide di abbassare i prezzi

La Spagna è il quarto partner commerciale dell’Italia. Attualmente sono quasi 500 le imprese spagnole presenti sul mercato italiano ed entro il 2030 saranno il doppio. La Comunità di Madrid, l’Andalusia, Valencia e la Catalogna sono le quattro regioni con il maggior numero di aziende presenti sul mercato italiano e le prime tre (Madrid, Valencia e Andalusia) registreranno la maggiore crescita della loro presenza nei prossimi anni. Queste regioni, con aziende del settore della moda e dell’agroalimentare, guideranno l’emergere delle imprese spagnole in Italia. Mercadona, la più importante insegna spagnola, che sta crescendo anche in Portogallo  non sembra intenzionata ad essere della partita. Eppure c’è stato un momento in cui  lo ha fatto credere. Però l’intuito di Juan Roig lo ha consigliato di non imbarcarsi in un’avventura dagli esiti incerti. Sa di essere considerato il migliore se continua a giocare su un campo che conosce. E l’intera penisola iberica è, per ora, il suo campo da gioco.

Nonostante il successo finanziario e commerciale, l’azienda in Spagna non è stata esente da critiche. Nel marzo 2023, durante la presentazione dei risultati dell’esercizio 2022, Juan Roig ha  riconosciuto di aver aumentato i prezzi. Ha difeso la misura come un’azione necessaria per evitare conseguenze su tutta la filiera: lavoratori, fornitori, clienti e la società in generale. Non si è certo nascosto dietro un dito né ha scaricato su altri le sue responsabilità.  L’azienda leader detta le tendenze. La concorrenza segue, come è successo recentemente con il prezzo dell’olio d’oliva. Mercadona nel 2023 ha fatturato 32.800 milioni di euro, un dato che tiene a distanza la concorrenza. Nel mese  di luglio, ha però registrato una diminuzione della sua quota di mercato di 0,2 punti percentuali rispetto a giugno, il primo calo mensile da dicembre dell’anno precedente.

Nonostante questo calo, la catena guidata da Juan Roig continua a occupare la prima posizione, con il 26,8% delle vendite. Secondo gli ultimi dati del Kantar Worldpanel, Carrefour, sotto la direzione di Elodie Perthuisot, è al secondo posto con una quota di mercato del 10%, che rappresenta un calo di 0,1 punti rispetto al mese precedente. Lidl, invece, riesce a mantenere la propria quota di mercato al 6,6%. Eroski, invece, che occupa la quarta posizione, perde 0,1 punti e raggiunge una quota del 4,2%, mentre il Grupo DIA mantiene la sua quota al 3,6%. Dietro di loro, Consum e Alcampo, rispettivamente al sesto e settimo posto, hanno registrato un aumento di 0,1 punti nella loro quota di mercato mensile. Consum raggiunge il 3,4% delle vendite di largo consumo, mentre Alcampo, parte di Auchan, raggiunge il 3,2%. A luglio, questi sette operatori rappresentavano il 57,8% del mercato dei beni di largo consumo in Spagna.

Questo leggero calo ha contribuito alla decisione di Mercadona di abbassare i prezzi su circa 1.000 prodotti nel 2024.  Tra  i prodotti scontati, spiccano  il pesce, il pane, la pasta e l’olio d’oliva. Quest’ultimo del 14%. Altro segnale che le strategie di prezzo (EDLP in primis) si devono adattare alla situazione. Uno dei settori più colpiti è la pescheria. Secondo Expansión la vendita del pesce in Spagna sta cambiando. NIQ precisa che l’anno scorso il pesce è stata l’unica categoria che ha ridotto il volume delle vendite in Spagna del 4,2%. Nonostante questo calo, la categoria è cresciuta del 3% in valore, grazie all’aumento dei prezzi. Inoltre, anche le abitudini di acquisto dei consumatori sono cambiate. Ormai si passa sempre meno tempo a cucinare o ad aspettare il turno in pescheria, da qui il proliferare di cibi trasformati o semilavorati in tutte le categorie. Questo è esattamente ciò in cui Mercadona vuole investire. Come rivelato dalla stessa catena di supermercati, sta effettuando test in 77 dei suoi punti vendita per ridurre il banco del pesce fresco e optare per preparazioni preparate in vaschetta. Leggi tutto “Segnali di rallentamento nelle vendite? Anche Mercadona decide di abbassare i prezzi”

Conad e la Champion League

Simpatica e azzeccata la metafora della Champion proposta da Francesco Avanzini Direttore Generale Conad per disegnare le diverse traiettorie delle insegne della GDO. Lasciare il primo posto a Selex nel campionato italiano è così meno frustrante. Selex è una centrale che comprende diverse aziende come lo è Vegé piuttosto che Agorà Network per citare alcune tra le più note. Al loro interno coesistono realtà eterogenee sia sul piano delle strategie che delle risorse disponibili.

È  vero, come lascia intendere Avanzini, che è un po’ come paragonare pere con mele. Il perimetro di responsabilità è differente. Nella stessa centrale possono coesistere addirittura situazioni contraddittorie.  Alcune funzioni formalmente simili nella loro definizione sulla carta  impongono pari professionalità ed esperienze. Altre sono in realtà molto diverse. Il punto è che le regole della competizione non sono modificabili in corsa. E quando era Coop in testa, alle inseguitrici, nessuno aveva preteso l’esame del DNA. E la “gara” quindi offriva a tutti, centrali, cooperative e singole realtà pari opportunità.

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Le abitudini dei consumatori visti dall’Osservatorio Immagino di GS1

È indubbio che la qualità della vita della popolazione è strettamente legata alle abitudini anche alimentari. L’alimentazione è fondamentale per un invecchiamento di qualità. Tutti gli studi concordano sul fatto che un comportamento alimentare sano ed equilibrato consenta di mantenersi  in salute a lungo. Il fatto poi che il nostro Paese risulti sempre ai primi posti per la qualità del suo cibo non significa che da noi non esistano problemi. In Italia, come nel resto del mondo, non si mangia tutti allo stesso modo.

Secondo il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida “Da noi spesso i poveri mangiano meglio dei ricchi, cercando dal produttore l’acquisto a basso costo spesso comprano qualità”. Tutte le ricerche fatte però dimostrano il contrario: nel nostro Paese, come nel resto del mondo, le persone con minori disponibilità economiche tendenzialmente mangiano peggio. Così come mangia peggio chi, per mancanza di cultura,  non conosce gli effetti dell’alimentazione sulla salute, anche in termini di quantità di cibo oltre che di qualità, prima ancora di avere la disponibilità di acquistare gli alimenti più “sani”.

In questo contesto economico che tende alla polarizzazione dei consumatori le ragioni che incidono sulla motivazione all’acquisto sono diverse. Oltre al reddito, contano la conoscenza dei prodotti, le caratteristiche familiari, le opinioni che i clienti si creano in base anche alla comunicazione dei brand e delle insegne. Per le insegne garantire standard di sostenibilità ambientale significa quindi parlare di  riciclabilità, di livelli minimi di inquinamento e tossicità e capacità  di preservare risorse come energia e acqua. Lo vediamo in molti nuovi PDV, negli impianti di illuminazione e refrigerazione adottati, nei materiali utilizzati.  La stessa attenzione verso prodotti e scelte in questa direzione è aumentata significativamente nel corso degli ultimi anni.

La comunicazione sulla sostenibilità, se fatta bene, aumenta la fiducia dei consumatori nel brand. Persone informate e sensibilizzate, che sentono che le loro azioni possono fare la differenza, saranno consumatori leali e fedeli ai brand e alle insegne che adottano le giuste politiche di produzione e comunicazione dei valori della sostenibilità. Molte insegne della  GDO hanno scelto di caratterizzarsi sempre di più  in questo direzione. Ovviamente in proporzione  alle risorse economiche disponibili. Leggi tutto “Le abitudini dei consumatori visti dall’Osservatorio Immagino di GS1”