Le nuove sfide spingono le imprese e le loro associazioni in una logica di filiera

In una recente intervista a Repubblica David R. Giroux, chief investment officer equity and multi-asset di T. Rowe Price ha affermato: “Amazon è probabilmente uno dei fattori principali che stanno generando cambiamenti secolari per le altre società, in particolare nel settore del retail tradizionale, dei centri commerciali e dei supermercati”.

A questa realtà che ormai è evidente aggiungo l’affermazione di Luigi Consiglio, presidente di GEA, una delle più importanti società di consulenza strategica di livello internazionale, in risposta ad un tweet di Mario Gasbarrino: ”La marca è minacciata più del retailing. Ti racconterò.. (la) desertificazione industriale che Amazon sta creando in USA. Compri sempre al prezzo più basso ed uccidi l’innovazione. Comunque chi non lavora su R&D è fuori dai mercati a prescindere”. Uno scenario su cui riflettere a fondo.

Il fronte del cambiamento, quindi, coinvolge, di fatto,  l’intera filiera. Personalmente non ho ancora dati sufficienti per misurarmi con quanto affermato sopra. Mi limito a prenderne atto e ad approfondirne le possibili conseguenze nei miei campi di interesse. Un dato sembra emergere con forza: l’insufficienza del sistema Paese e dello stesso mondo  associativo tradizionale nel misurarsi su questi temi.

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Grande distribuzione. Italians do it better?

A Verona Ikea getta la spugna. Le traversie burocratiche a cui è stata costretta in tutti questi anni stanno  forse coprendo le ragioni che già spingevano alla cautela il management sulle nuove aperture con il vecchio format.

Ikea ha i suoi problemi di crescita. Sembra evidente che il  vecchio modello di business non può più funzionare a lungo in Paesi come il nostro. Va cambiato e va fatto velocemente e in profondità. Il CEO Brodin ha deciso, in questi mercati,  di privilegiare formati più piccoli, i cosiddetti Pop-Up Store, da dislocare nei centri urbani. Cucine innanzitutto. Ma non solo.

IKEA ha capito quanto può essere esposto il suo business con Amazon e altri potenziali concorrenti  quindi vuole puntare su nuovi format, sulle vendite online e riprogettare la sua logistica prevedendo consegne h 24×7. E rafforzarsi nell’alimentare dove già oggi esibisce numeri di tutto rispetto. IKEA, però,  non deve temere solo Amazon.

In italia, Mondo Convenienza è leader di mercato, e supera Il colosso svedese nelle vendite di mobili già da qualche anno partendo da un’azienda famigliare. Da Civitavecchia a leader nazionale seguendo l’evoluzione del mercato del mobile. Più o meno negli stessi anni di insediamento di IKEA in Italia. Dai tempi di Romano Petretti e Giorgio Aiazzone, entrambi scomparsi troppo presto, il mercato è cambiato profondamente. Carosi, leader di Mondo Convenienza, dei tre è l’ultimo rimasto ma lo ha capito per tempo. Leggi tutto “Grande distribuzione. Italians do it better?”

Nuovi Lavori, mercato e rischio di impresa

Entro pochi anni gli addetti saranno parecchie migliaia in più rispetto ad oggi. Se saranno lavoratori autonomi o dipendenti di prima, seconda o terza generazione è tutto da scoprire. Imprese, sindacati, giuslavoristi e politici hanno pane per i loro denti.

Dietro l’angolo, però, ci sono cambiamenti profondi che non andrebbero sottovalutati. Il business partito dalla soglia del ristorante o della pizzeria con l’unico scopo di raggiungere il domicilio del cliente si espanderà enormemente. In fondo non era difficile arrivarci. L’interfaccia del cliente è il vero valore aggiunto su cui possono convergere molte altre idee e attività. Da una parte i giganti del web e la rete. Dall’altra una logistica distributiva efficiente ed efficace.

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Quale spazio per i futuri rinnovi dei contratti nazionali?

I prossimi rinnovi contrattuali non saranno affatto scontati nella forma e nei contenuti. Da una parte la situazione economica generale che peserà sul lavoro e sulle imprese, dall’altra il dibattito sul salario minimo e sulla sua potenziale sovrapposizione sui contratti nazionali in un Paese dominato da piccole e piccolissime imprese. Non ultimo peserà il giudizio che sindacati e associazioni imprenditoriali daranno degli impegni, onorati o meno, dei contratti in scadenza.

Personalmente credo che ci si troverà davanti ad un bivio. Scommettere o meno sulle relazioni industriali, sul loro potenziale per affrontare il cambiamento, sul livello di coinvolgimento  e sulla possibilità di entrambe le parti di alzare la posta sui contenuti oppure rassegnarsi a riportare inevitabilmente indietro il sistema  rimodellandolo su modelli tradizionali destinati comunque al declino.

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Corpi intermedi. Dove è finita la Rappresentanza?

L’incombere delle elezioni europee e le liti giornaliere dei due partiti di Governo possono far ritenere una scelta consapevole l’esilio volontario che sembrano essersi imposti i corpi intermedi. Ma è proprio così?

Il sismografo sembrerebbe registrare in campo solo Confindustria che cerca di interpretare, pur in solitudine, il sentimento del cosiddetto Partito del PIL. Sul fronte sindacale, a parte i primi passi di Maurizio Landini, dopo l’exploit della recente manifestazione unitaria, solo Marco Bentivogli  segnala la necessità di una ripresa di protagonismo che sembra ormai relegato alle sempre più rare dichiarazioni alle agenzie e alla convegnistica tradizionale.

Paradigmatica la situazione di Confcommercio. Reduce da Cernobbio dove non è uscito nulla di significativo e  dove,  più che per la presenza di Salvini sul lago di Como,  ha fatto notizia  l’assenza dello stesso  a Roma dove a Villa Madama era in corso  la cerimonia per la firma del Memorandum d’Intesa tra Italia e Cina, alla presenza del presidente cinese Xi Jinping e del premier Giuseppe Conte insieme ai ministri Luigi Di Maio, Giovanni Tria e Enzo Moavero.

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Sindacati e Governo giallo verde. Prove di unità sindacale?

Per la mia generazione è stato comunque importante crederci. L’unità sindacale non è mai stata concretamente a portata di mano (andarci vicino, purtroppo, conta solo a bocce) ma ha comunque scaldato diversi cuori. Ripensare ad un sindacato unitario oggi in una situazione completamente diversa sembrerebbe decisamente una iperbole.

Cosa rendeva allora ipotizzabile quella prospettiva? Innanzitutto la richiesta proveniva dal basso soprattutto dalle grandi fabbriche del nord. In secondo luogo era la contrattazione aziendale a creare condizioni di convergenza. Infine, per un certo numero di anni (pochi), i sindacalisti di mestiere venivano plasmati e quindi prodotti da quell’esperienza. A dire il vero soprattutto nelle categorie industriali della CISL. In CGIL e in UIL erano, al contrario,  molto più cauti.

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Il bivio della rappresentanza…

La manovra a tenaglia in corso è evidente. Dopo il reddito di cittadinanza e quota 100 adesso tocca al salario minimo. E’ una scelta precisa soprattutto dei 5S di competere in prima persona sul terreno dei sindacati e più in generale della rappresentanza. 

Contemporaneamente Il vicepremier e ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico Luigi Di Maio li ha convocati per un incontro mercoledì 13 marzo. Oggi Dario Di Vico sul Corriere (http://bit.ly/2F8Zqfn) accenna ad un cambio di passo dal basso degli imprenditori preoccupati della situazione e della mancanza di risposte credibili.

La rappresentanza è ad un bivio. Restare a guardare significherebbe condannare queste iniziative dal basso alla sconfitta. Con tutte le conseguenze del caso.

La parte più tradizionale e legata a modelli del 900 pensa che le dinamiche sociali e politiche pur terremotate da approcci spericolati tendono sempre a ritrovare, prima o poi, un loro equilibrio sul quale innescare il proprio approccio.

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Chiusure festive e domeniche. Adesso si muovono anche i piccoli…

Adesso si muovono anche i piccoli esercizi commerciali. Restano al palo i sindacati del settore e chi, nell’associazionismo datoriale, ha in testa il mondo della distribuzione e del commercio di qualche decennio fa.

I sindacati di categoria scontano la loro fragilità e la loro assenza nelle imprese. Anziché entrare nella vicenda del lavoro festivo partendo dai problemi reali dei lavoratori (rotazioni e compensi) confidano forse di rientrare in gioco a valle del decreto incuranti di essere catalogati come inutili o dannosi da chi rischia di subire in prima persona le conseguenze di queste decisioni.

E’ vero che, ad esempio,  delle circa cinquecentomila persone che, a vario titolo, lavorano nei centri commerciali i sindacati sono in  contatto grosso modo con quelli delle insegne più conosciute e, anche lì il loro rapporto è con i lavoratori a tempo indeterminato. Spesso sono solo i più anziani ad essere sindacalizzati.

Nel piccolo dettaglio, al contrario, sono quasi totalmente assenti. Nelle insegne più note della GDO, escluso il mondo COOP, la loro presenza è rilevabile come numero di iscritti ma  inesistente sul piano dell’iniziativa sindacale. Basterebbe leggere tra le righe  la vicenda legata al rinnovo del primo CCNL della GDO con Federdistribuzione. Leggi tutto “Chiusure festive e domeniche. Adesso si muovono anche i piccoli…”

Grande Distribuzione. Andare fino in fondo per non andare a fondo…

Se lasci in mano ad un bambino una pistola carica rischierà di farsi male ma rischierà anche chi gli sta intorno. È quello che sta succedendo in commissione attività produttive sulle domeniche e sulle festività.

Dopo 40 audizioni di rappresentanti più o meno autorevoli del commercio, del sindacato e dei consumatori dal cilindro è uscito un pasticcio incredibile che se messo in pratica metterebbe definitivamente in crisi un settore che ne ha già di suo.

Ma perché siamo arrivati a questo punto? La risposta è semplice. I 5s non sono alla ricerca di soluzioni utili al Paese o in grado di rimetterlo in moto. Chi lo pensa è completamente fuori strada.

Dalla TAV all’Eco tassa, dal decreto dignità al reddito di cittadinanza, dall’avversione alle grandi opere alle multinazionali fino  a quella nei confronti della Grande Distribuzione se ne può trarre una strategia molto chiara. Rispondere alle proprie costituency elettorali, trasformare ogni modesto risultato in atto simbolico/ideologico infischiandosene degli inevitabili effetti collaterali. Leggi tutto “Grande Distribuzione. Andare fino in fondo per non andare a fondo…”

Chiusure domenicali, aumento dell’IVA e rischi per le imprese e l’occupazione.

I soliti ben informati invitano al cautela. Ci sarebbero ancora spazi di miglioramento del decreto legge sulle aperture/chiusure domenicali. La tecnica utilizzata, però,  è sempre quella. Lanciare il sasso e nascondere la mano.

L’importante è che le rispettive costituency percepiscano il segnale,  lo sforzo fatto e i comportamenti dei diversi soggetti in campo. Il punto vero, però, non è la possibile mediazione finale. Qualunque sia il risultato. E’ la folle pretesa di mettere mano ad una situazione non calcolando le inevitabili conseguenze.

E’ stato così con l’eco tassa che sta rischiando di costringere FCA a modificare il suo piano industriale appena presentato ai sindacati, è così sull’IVA, è così sul Decreto Dignità e via discorrendo. Dario Di Vico sottolinea sul Corriere ( http://bit.ly/2RwdNx9 ) la pericolosa illusione sull’improbabile incremento dei consumi in chiave antirecessiva grazie al “reddito di cittadinanza” e a “quota 100”.

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