C’è una parte del mondo industriale che non si è limitata a banalizzare il cigolante ”carrello anti inflazione” contestandone l’utilità ma, di fronte al perdurare dell’inflazione, ha deciso di aggirare l’ostacolo a proprio vantaggio. Era chiaro che l’intervento del Governo e delle Associazioni che ne hanno condiviso la finalità non poteva essere risolutivo per un problema che ha origini ben più complesse ma l’obiettivo politico era comunque importante: segnalare all’opinione pubblica una preoccupazione comune, un impegno e una volontà condivisa. Tra l’altro iniziative analoghe sono state messe in atto in altri Paesi europei.
Aggiungo che, per la GDO, era l’occasione di smarcarsi dalle accuse di essere, essa stessa, causa del problema e non possibile parte della soluzione. In realtà, chi non ha sottoscritto il patto, sapeva benissimo che, consumatori a parte, l’inflazione avrebbe potuto portare vantaggi immediati ai conti delle imprese. E così sono state messe in atto altre due strategie che miravano a contenere la reazione dei consumatori traendone il massimo vantaggio possibile in una condizione oggettivamente complessa. La descrivono bene due brutti termini inglesi: shrinkflation e greedflation.
La prima, banalmente punta a ridurre la quantità o qualità di un prodotto nella confezione senza che il suo prezzo però venga ritoccato. Il vantaggio supposto, da chi lo mette in pratica, è che i clienti faticano a percepirne l’effetto. La seconda, detta greedflation, si basa sul banale aumento dei prezzi non necessariamente giustificati dall’inflazione. I consumatori tendono comunque a subirlo perché il clima determinato dagli aumenti dei prezzi in generale lo rende credibile. Semmai ripiegando su sostitutivi (vedi discount e MDD).
La morale di questa vicenda, lo sottolineo per chi è convinto che, passata la nottata, per la spesa quotidiana tutto tenderà a ritornare come prima, è che, non sarà affatto così. L’uscita dalla pandemia, l’inflazione, le preoccupazioni per il contesto stanno agendo da acceleratore, modificando le abitudini di spesa e i consumi degli italiani. Aggiungo che l’inflazione, i suoi effetti sulla spesa delle famiglie e sulle scelte dei consumatori, proprio grazie ai i comportamenti dei soggetti in campo, si sono inevitabilmente trasformati in uno grande spot a favore di discount e marca del distributore. Un sostanziale autogol per l’industria di marca.
Banalizzato il carrello tricolore, aumentati i prezzi e sgrammati i prodotti siamo arrivati ad oggi. Due dati su cui riflettere. Il primo è che sul tema della shrinkflation, nella GDO si è mossa con forza Carrefour France e pochi altri. La maggioranza delle insegne ha preferito abbozzare per non sollecitare reazioni da parte dell’industria di marca spingendola ad aumentare i prezzi e provocando così un danno ulteriore. Il secondo dato è che, attraverso la greedflation, molte imprese hanno aggiustato i bilanci 2023.
Pochi lo hanno sottolineato, a parte la GDO, che pur protestando con i fornitori ha tentato di resistere in parte assorbendone i costi. ”Se non puoi convincerli (i consumatori), almeno confondili”, parafrasando la legge di Truman, sembra essere stata la tattica adottata da una parte dell’industria di marca e su chi l’ha seguita. Purtroppo a danno delle famiglie e, di fatto, pure dei volumi di vendita delle insegne della GDO. Il Consiglio dei ministri, in ritardo e con i “buoi ormai usciti dalla stalla”, ha approvato il disegno di legge annuale per il Mercato e la Concorrenza introducendo una misura di contrasto al fenomeno della cosiddetta “shrinkflation” prevedendo un obbligo di informazione a favore del consumatore attraverso l’apposizione di una specifica etichetta nel prodotto esposto. Leggi tutto “Il contributo della grande distribuzione a sostegno delle fasce più deboli”