La stagione dei rinnovi contrattuali e lo scarso entusiasmo di molte imprese

Gli incontri programmati sul CCNL dei metalmeccanici ci diranno qualcosa di certo sul suo destino già nei primi mesi del 2020. Il leder della Fim CISL Marco Bentivogli spinge per chiuderlo rapidamente mentre  Federmeccanica, per altrettante buone ragioni, frena.

Se togliamo qualche rinnovo minore lo scenario non è certo incoraggiante in numerosi comparti.  Quello che avrebbe dovuto essere l’argomento centrale di questa nuova stagione di rinnovi: il “diritto/dovere” all’occupabilità vero antidoto all’instabilità del mercato del lavoro e al ritorno su piazza dell’art. 18, sembra scomparso dai radar.

Le aziende hanno preferito chiudersi  a riccio in questi anni per cercare di tutelarsi dal contesto e hanno tenuto fuori dalla porta le organizzazioni sindacali spingendo quest’ultime a formulare piattaforme meno innovative. Lo stallo è evidente. Nel Commercio le scadenze sono state posticipate in attesa di tempi migliori. In molte aziende il clima che si respira è profondamente diverso rispetto a quattro anni fa.

Il cosiddetto “diritto soggettivo alla formazione” non è entrato nel DNA delle aziende metalmeccaniche figuriamoci in altri comparti. La stessa eliminazione dalla  manovra in approvazione dell’obbligo di depositare gli accordi aziendali sulla formazione 4.0 segnala e conferma la volontà di far da sé delle imprese. Si preferisce navigare a vista più che scommettere su di un  coinvolgimento in positivo  del sindacato. Leggi tutto “La stagione dei rinnovi contrattuali e lo scarso entusiasmo di molte imprese”

Conad/Auchan. La politica, la realtà e il negoziato

I polveroni quando sono strumentali sono sempre destinati a durare poco. Soprattutto quando sono sollevati per impedire ad una vicenda già di per sé complessa di trovare una corretta dimensione economica e sociale. L’audizione in Commissione Attività Produttive della Camera dei Deputati del Direttore Generale di ANCD-Conad Sergio Imolesi (http://bit.ly/2EcfAmN) era necessaria  per chiarire il perimetro dell’operazione, la complessità della stessa e gli impegni, soprattutto sul versante occupazionale. E mantenere quindi  l’intera vicenda entro binari accettabili.

Sul piano parlamentare era un passaggio fondamentale. Il senso di marcia è stato quindi ben compreso. Inutile attaccarsi a dettagli per esperti della materia o enfatizzare le legittime preoccupazioni dei sindacati sul piano occupazionale poco presenti nel confronto. La politica ha dato il suo “via libera” centrando con inusuale perspicacia quella che dovrebbe essere la mission della GDO italiana. Crescere e concentrarsi, salvaguardare la specificità e i legami con il proprio territorio, puntare, prima o poi, all’internazionalizzazione trasformandosi in un veicolo per l’intera filiera nazionale.

Ovviamente la preoccupazione sulla gestione delle possibili conseguenze sul piano occupazionale resta forte così come la richiesta ai vertici Conad di farsene carico fino in fondo. L’allarme lanciato da Pietro Bussolati della direzione del PD (http://bit.ly/36rYkpB) va in questa direzione. Quello che è emerso anche in quella sede è che Auchan era arrivata comunque al capolinea e che nessuno l’avrebbe potuta rilanciare. Ma anche che nessuno lo ha mai pensato.

I numeri consigliavano i francesi di andarsene il più rapidamente possibile, viste le altre attività che mantenevano e mantengono nel nostro Paese. Era l’unica opzione a disposizione. La stessa scelta di BDC (società creata allo scopo da Conad e Raffaele Mincione) di non puntare né ad un rilancio attraverso l’ingaggio di un nuovo gruppo dirigente esperto del comparto né sul management interno avrebbe dovuto far riflettere almeno  i sindacati. Leggi tutto “Conad/Auchan. La politica, la realtà e il negoziato”

Conad/Auchan. Un dialogo tra sordi?

Da osservatore esterno trovo veramente incomprensibile l’epilogo verso cui sta progressivamente avviandosi la vicenda sindacale collegata alla cessione e al salvataggio di Auchan. Ogni incontro fotografa esclusivamente lo stallo della situazione e l’impermeabilità delle rispettive  posizioni.

Da una parte la strategia seguita da BDC fin dall’acquisizione. Chiara e lineare. Seppure estremamente cruda sul piano sindacale. Accelerare i passaggi dei punti vendita e i cambi di insegna  in modo da garantire una ripartenza immediata, impostare, attraverso il ripensamento del vecchio modello  ipermercati i progetti di rilancio laddove è possibile, attendere la conclusione della pratica antitrust per decidere la collocazione presso altri operatori commerciali della rete in sovrapposizione e, infine, ricollocare gli esuberi dentro o fuori al sistema Conad.

Questa strategia impone una complessa navigazione a vista. Quantità e qualità degli organici, loro collocazione nel tempo e nei modi all’interno del sistema o presso chi subentrerà, laddove l’autorità della concorrenza stabilirà limiti precisi ed esuberi finali non sono predeterminabili se non nei numeri  complessivi. Così come i relativi costi che non sono una variabile indipendente dell’operazione.

Al di là delle evidenti spigolosità dell’approccio dei consulenti in campo non mi sembra difficile capire che questi elementi per quanto complessi non possono essere bypassati facilmente senza compromettere il risultato finale. Quindi l’unico accordo possibile dovrebbe prevedere un’intesa di massima sui numeri da gestire (i famosi 3105) a cui si aggiungerebbero formalmente tutti coloro che, ad oggi, hanno una soluzione teorica ma che dovrà essere riconfermata dalle operazioni in corso e dalla loro conclusione positiva.
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Contratto metalmeccanici. Un passo avanti e due indietro?

Pochi giorni dopo la firma dell’ultimo contratto nazionale dei metalmeccanici il cosiddetto “trio metal” composto dai tre segretari generali della categoria esprimeva un giudizio sostanzialmente positivo della firma unitaria ma con qualche sfumatura differente.

Marco Bentivogli, vero regista dei contenuti dell’intesa insieme a Stefano Franchi, direttore generale di Federmeccanica e al suo Presidente Fabio Storchi, sottolineava la carica innovativa di quanto firmato, Maurizio Landini, sollecitato dall’intervistatore che lo incalzava sui contenuti degli impegni da poco sottoscritti rispondeva sardonico: “alla scadenza vedremo se gli impegni saranno rispettati”.

Il momento della verifica è arrivato e le valutazioni, come spesso succede  in questi casi,  divergono. Per Federmeccanica l’arco temporale di valutazione è insufficiente. Le intuizioni e le innovazioni innescano cambiamenti culturali che necessitano tempi lunghi per le imprese come per i lavoratori. Per i sindacati quel tempo è però abbondantemente scaduto. Le aziende non sono state ai patti.

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Conad/Auchan. Illusioni e realtà…

Sulla proclamazione dello sciopero e della manifestazione in piazza Duomo a Milano  di Filcams Cgil e UILTuCS Uil e della conseguente dissociazione della Fisascat CISL lombarda  ho scritto un pezzo che ha mosso una discussione interessante sulla quale voglio tornare.

Sembra impossibile nel 2019 ma, secondo alcuni commentatori, il dissenso tra sigle sindacali e quindi  le ragioni che lo hanno determinato non dovrebbero essere argomento di discussione pubblica. Esaspererebbe gli animi. Quindi la responsabilità sarebbe di chi ne parla. Non di chi decide di dissociarsi ma forse preferirebbe farlo sotto traccia  sperando che la notizia non diventi di pubblico dominio.

Nel complesso dei riti e delle liturgie del 900 l’idea che “i panni sporchi si  lavano in casa” aveva un posto preminente. Oggi non è più così. Cosa sta succedendo, allora? C’è molto probabilmente chi, nel Sindacato, vorrebbe chiudere questo negoziato prima che la situazione degeneri e chi attende improbabili interventi risolutori esterni.

Adesso c’è chi insegue il feticcio del MISE. L’idea che un organismo evaporato nella sua autorevolezza grazie a precise responsabilità politiche come scrive l’ottimo Dario Di Vico (http://bit.ly/2YkLXck) possa “chiudere in una stanza” le due parti e imporre una soluzione che sgravi i rappresentanti dei lavoratori dalla responsabilità della firma e costringa l’azienda a più miti consigli  è affascinante quanto ingenua.

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Conad/Auchan. Il primo “spezzatino” è del sindacato?….

In Lombardia  la Fisascat CISL non aderisce allo sciopero e alla manifestazione del 5 dicembre in piazza Duomo indetto da Filcams CGIL e UILTuCS UIL e ne prende le distanze.  A Legnano a pochi chilometri dal capoluogo lombardo lo sciopero viene indetto dalla Fisascat CISL di Milano e dalla Filcams CGIL per il 7 dicembre. Difficile comprenderne le motivazioni.

Fino a poco tempo fa ci avevano pensato i consulenti e gli avvocati BDC a tenere unito e compatto il sindacato di categoria nella vicenda Conad/Auchan. La loro rigidità al tavolo negoziale aveva contribuito, per una buona parte, alla costruzione di  un muro di incomunicabilità  che di fatto ha impedito  al negoziato  di fare passi in avanti.  Atteggiamento  ricambiato con analoga rigidità dall’altra parte. Uno stallo garantito. 

Per dirla con uno slogan, tra i sindacalisti  c’è chi era (e forse lo è ancora) convinto che fosse possibile auchanizzare la trattativa e quindi Conad puntando a farle ingoiare un boccone indigesto e chi, molto più prosaicamente cercava (e credo forse continui a cercare) di privilegiare le soluzioni occupazionali possibili con l’obiettivo di ridurre al massimo gli impatti dell’operazione.

Prima o poi l’equivoco sarebbe dovuto comunque emergere. Il modello imprenditoriale di Conad è da sempre inaccettabile per una parte del sindacato. Auchan per certi versi ne rappresentava l’antitesi.
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Rinnovi dei contratti nazionali e ruolo della rappresentanza.

Per il momento sulla certificazione della rappresentanza non c’è nulla in dirittura d’arrivo. I sindacati confederali hanno fatto le loro proposte mentre le associazioni datoriali, chi più, chi meno, non sembrano intenzionate a fare un passo in avanti. I CCNL sono passati in sette mesi da 888 a 909 di cui il 54% scaduti. Secondo il CNEL almeno nove milioni di lavoratori hanno il contratto in scadenza.

Un’ambiguità di fondo caratterizza questa reticenza. Un accordo presupporrebbe una maggiore  trasparenza. Sul reale numero degli associati e su come contarli, sul peso nei diversi sotto settori, sulle entrate e sulla loro finalizzazione. Numeri che non tutti sono disposti a mettere sul tavolo. È quindi molto probabile che, al di là delle parole, anche  la prossima stagione contrattuale si svolga nel solco della tradizione.

Non essendoci coperture nella legge di bilancio non credo ci potranno essere defiscalizzazioni o decontribuzioni collegate ai rinnovi stessi. Quindi il Governo si terrà a debita distanza. Semmai, alla prima occasione,  rilancerà il tema del salario minimo come panacea della palude delle accuse reciproche  in cui rischiano di finire i rinnovi stessi.

Come nelle stagioni migliori è toccato ai metalmeccanici aprire le danze. Una piattaforma certamente meno brillante e innovativa di quella che l’ha preceduta tenta comunque di rompere il freddo intenso  che sta calando sul rapporto tra le parti sociali. Nonostante il fiume di  parole che annuncerebbero il contrario. In questi mesi  sono state molte le occasioni di convergenza e di possibile  intesa. La sostanza però resta un’altra. Leggi tutto “Rinnovi dei contratti nazionali e ruolo della rappresentanza.”

Rinnovi dei contratti nazionali e strategie sull’inquadramento professionale

Trovo interessante che si ritorni a parlare di evoluzione dei sistemi di inquadramento professionale in vista dei rinnovi contrattuali. Maurizio Sacconi riprende alcune idee (http://bit.ly/2D1zeRR) da cui, credo, possa partire una riflessione meno scontata.

Fino ad oggi, nelle imprese,  ha prevalso la preoccupazione di mettere mano a ciò che dagli anni 70 del secolo scorso ha caratterizzato questo tema ad ogni rinnovo del CCNL corrispondente. La paura di riaprire un contenzioso legale infinito ha spinto le differenti parti datoriali a evitare di concretizzare più di tanto quanto andavano via via stabilendo le sempre generiche intese contrattuali nazionali in numerose categorie.

Contemporaneamente nelle singole aziende e quindi in quasi tutti i settori si sono sviluppati sistemi nuovi e coerenti che seppur gestiti unilateralmente dalle direzioni HR rispondevano alle evoluzioni delle esigenze sia organizzative che professionali. Si è realizzato, così negli anni, una decisa ripresa  di autorità delle imprese sul tema che, pur tenendo formalmente a riferimento il CCNL applicato, ha spostato il suo baricentro e le sue dinamiche concrete in azienda con riferimenti retributivi nel comparto di appartenenza dettati più dal mercato e quindi spesso disomogenei.

Se a questo  sommiamo la distanza dei CCNL con le retribuzioni delle categorie più professionalizzate e i profondi cambiamenti organizzativi che hanno attraversato le imprese  ci rendiamo immediatamente conto del declino di ruolo e di peso che il CCNL, ha concretamente subìto. E l’arrivo del salario minimo non lascia presagire alcun rafforzamento del modello che ha avuto il suo massimo splendore nel secolo scorso. Leggi tutto “Rinnovi dei contratti nazionali e strategie sull’inquadramento professionale”

Conad/Auchan. Il dito e la luna

Ci sono molti modi per osservare una vicenda complessa come quella che vede coinvolti la multinazionale francese Auchan e Conad. C’è chi spera che se pur costretta sulle montagne russe quest’ultima riesca a portarla a termine e formare così un punto di riferimento importante per la grande distribuzione italiana e chi mira, strumentalmente o meno, a trascinare in una palude tipicamente italiana l’intera vicenda.

Sergio Marchionne dal palco del workshop Ambrosetti di Cernobbio, nel 2014, invitato a parlare del nostro Paese, decise di esordire citando Charles Osgood, un anchorman della CBS:” Questa è la storia di 4 persone, chiamate ognuno, qualcuno, ciascuno e nessuno. C’era un lavoro importante da fare e ognuno era sicuro che qualcuno lo avrebbe fatto. Ciascuno poteva farlo, ma nessuno lo fece, qualcuno si arrabbiò perché era il lavoro di ognuno. Ognuno pensò che ciascuno potesse farlo, ma nessuno capì che ognuno l’avrebbe fatto. Finì che ognuno incolpò qualcuno perché nessuno fece ciò che ciascuno avrebbe potuto fare”.

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Conad/Auchan. Dopo il pronunciamento dell’antitrust il menù prevede uno “spezzatino” indigesto.

L’accezione negativa che si è più volte assegnata al termine “spezzatino” quando si parla di concentrazioni e cessioni di punti vendita rende difficile comprenderne l’inevitabilità in casi come questo.

Conad si è lanciata in questa operazione con due obiettivi. Innanzitutto crescere. Solo operazioni di questa portata e con questi rischi  lo consentono nei tempi richiesti oggi. In secondo luogo essere il campione nazionale perno centrale del “salvataggio” di una fuga costruita a tavolino dalla multinazionale francese proprio per evitare di trovarsi impantanati in una operazione di sganciamento dal nostro Paese con costi incalcolabili che avrebbe tra l’altro  occupato le cronache dei media per settimane. 

L’obiettivo, per certi versi riuscito,  era di lasciare il Paese. Per fare questo la formula “vista e piaciuta” era inevitabile così da scansare una lunga due diligence dalle prospettive incerte. Immaginare un addio con tanto di “spezzatino” in salsa francese offerto al banchetto della GDO nazionale avendo in pancia diciottomila posti di lavoro a rischio avrebbe  coinvolto anche la stessa immagine della Francia ponendola, insieme all’azienda,  in balìa degli eventi  che, con i rischi legati alla superficialità della politica di oggi, hanno sicuramente spinto e convinto Gérard Paul Louis Marie-Joseph Mulliez, l’anziano patron di Auchan, a programmare la ritirata lasciano tutto (e di più) sul campo.

Il  rischio di  scatenare una riedizione della Bataille des Alpes fra il Regno d’Italia e la Francia del  giugno 1940 rischiava di prendere corpo. Visti gli altri casi che affollano i media in questo periodo, una possibilità  sicuramente concreta.  Leggi tutto “Conad/Auchan. Dopo il pronunciamento dell’antitrust il menù prevede uno “spezzatino” indigesto.”