Grande distribuzione. Il contratto lo porterà Babbo Natale…

Questa sembra essere  la volta buona. Gli sherpa dei sindacati Fisascat Cisl, Filcams Cgil, Uiltucs UIL e di Federdistribuzione sono al lavoro sotto traccia per limare le ultime divergenze e per poter arrivare al confronto finale. Forse, prima di Natale avremo il quarto contratto applicabile alle imprese della  Grande Distribuzione.

Al di là di ciò che si potrebbe pensare,  la situazione di oggi richiede comunque uno scatto in avanti. La pressione sul settore è fortissima. Una parte del Governo ha dimostrato ampiamente di voler “aggredire” la GDO su più versanti. Sul lavoro (qualità, quantità e sua distribuzione) i 5S hanno purtroppo assunto la posizione dei Cobas. Sulle domeniche e sulle festività prevale, nella migliore delle ipotesi una visione passatista. 

Dario di Vico ne ha tratto una valutazione assolutamente condivisibile quando afferma che ”l’impressione è che il Ministro Luigi Di Maio non abbia intenzione di cogliere la complessità di queste trasformazioni e usi l’argomento delle chiusure festive come una facile “reductio ad unum” dei problemi del settore.”

E questo senza considerare che sembra esserci una grave sottovalutazione dell’importanza e dell’evoluzione di  luoghi dedicati ai consumi ma anche all’intrattenimento e al divertimento di massa.

Leggi tutto “Grande distribuzione. Il contratto lo porterà Babbo Natale…”

Corpi intermedi, congressi e nuovi orizzonti da esplorare.

L’interesse che suscita il prossimo congresso della CGIL credo sia dovuto non tanto al confronto interno sul futuro segretario ma sulla capacità o meno di quella organizzazione di traghettare fuori dal 900 fordista milioni di iscritti mantenendo la propria anima, i propri valori  e la propria capacità di mobilitazione su quei temi che mettono al centro la comunità intesa come antidoto all’individualismo, la speranza in un mondo inclusivo e solidale come antidoto al populismo e, infine, la capacità di non lasciare indietro nessuno in questa fase di transizione del lavoro che cambia e che manca, che impone a tutti un approccio diverso.

Dario Di Vico pone correttamente la questione ( http://bit.ly/2Esyk4y) guardando alla CGIL ma allargando la riflessione a tutti i corpi intermedi in un contesto di disintermediazione. Credo sia l’approccio corretto. Soprattutto per evitare l’errore di farsi trascinare nelle “beghe interne” come le descrive con la consueta ruvidezza lo stesso Di Vico.

Leggi tutto “Corpi intermedi, congressi e nuovi orizzonti da esplorare.”

Verso il congresso di gennaio della CGIL.

Maurizio Landini: “I miei modelli sono Di Vittorio e Claudio Sabattini, Pierre Carniti e Bruno Trentin, Berlinguer e Ingrao”. Pausa. “E ovviamente Massimo Troisi”. Perché? “Voleva fare nel cinema quel che io vorrei fare nel sindacato: ridare dignità alla rabbia, all’indignazione, lui con la potenza del riso, io con la potenza del lavoro. Voglio cambiare l’Italia cambiando il sindacato”.

Per capire meglio il candidato alla segreteria generale della CGIL è necessario partire da qui. Manca Papa Francesco. Ma è affidata alla presenza di Pierre Carniti in quel pantheon e forse a Massimo Troisi la dimostrazione della laicità del pensiero e della presenza di un senso dell’umorismo non elitario di cui gli altri personaggi citati non ne hanno mai dato segnali.

Riconosciuto come l’ultimo dei giovani pronipoti di «Sandino», come veniva anche chiamato il leader FIOM Claudio Sabattini, Maurizio Landini sta cercando di realizzare con questa candidatura, da un punto di partenza di sinistra-sinistra, ciò che a nessuno nella CGIL era mai riuscito: dare  continuità all’aspirazione dei metalmeccanici Cgil di dettare la linea a tutta la confederazione.

A dire il vero anche Susanna Camusso veniva da lì ma la sua estrazione riformista l’aveva posta spesso in contrasto con i duri e puri della FIOM. E questo l’aveva (forse) immunizzata da quel l’atteggiamento di superiorità  tipico di chi viene da quella esperienza.  Anzi. Leggi tutto “Verso il congresso di gennaio della CGIL.”

Maurizio Landini futuro segretario generale della CGIL. Una riflessione.

In tempi di leadership forti è evidente che Maurizio Landini si presenta con molte più chance di Vincenzo Colla come futuro segretario della CGIL. E anche come appeal per militanti sempre più spaesati.

Fa bene Giuseppe Sabella a rilanciare ciò che è stata una sua intuizione in tempi non sospetti  (http://bit.ly/2CySkAD). Il segretario generale ha fatto il suo endorsement. Adesso la parola passa al direttivo confederale. Un metalmeccanico che sostituisce un altro metalmeccanico di estrazione (Susanna Camusso).

Maurizio Landini ha mostrato diverse facce in questi anni e ha interpretato diverse parti in commedia. Difficile capire se anche questa volta si produrrà in giravolte politiche positive cercando di portare a sintesi  tutte le sensibilità presenti in CGIL oppure la scelta è la conseguenza logica dell’incomunicabilità che a sinistra ormai sta mettendo su sponde contrapposte i cosiddetti ricostruttori.

La CGIL è profondamente diversa dalle altre due organizzazioni sindacali. Sarebbe troppo semplice divedere categorie e dirigenti arruolandoli da una parte o dall’altra. Però il problema esiste. Impostazioni  diverse hanno prodotto una visione dell’azione sindacale, della contrattazione e del riformismo pur di radice socialdemocratica, molto  differenti. E ultimo ma non ultimo una inevitabile competizione interna tra queste visioni.

Il mandato di Susanna Camusso ha dovuto i fare i conti inizialmente con la riottosità che i metalmeccanici hanno sempre riservato ai dirigenti della loro Confederazione sentendosi sempre un po’ un’altra Confederazione  e all’astio che una parte della segreteria della categoria le aveva personalmente riservato in forza dei suoi trascorsi in FIOM.

Leggi tutto “Maurizio Landini futuro segretario generale della CGIL. Una riflessione.”

L’eclissi di ruolo (momentanea) della rappresentanza nell’epoca della disintermediazione

Il recente attacco di Carlo Calenda ai vertici di Confindustria mi ha fatto riflettere. Non credo all’accusa di opportunismo rivolta a Vincenzo Boccia né alla strumentalità del dibattito scatenato in rete che ha preso di mira sia Confindustria che la CGIL elevandoli a simboli di un 900 oggi improponibile.

Certo non sottovaluto il problema delle imprese partecipate dal Tesoro, le difficoltà del Sole 24 Ore però sono temi, credo,  sui quali il Presidente di Confindustria si trova più nelle vesti di gestore di una eredità del passato e non certo di responsabile diretto.

C’è, ed è vero,  la preoccupazione nel mondo datoriale che i 5S perseguano pervicacemente una politica anti industriale e punitiva contro le imprese  in un momento in cui il Governo dovrebbe mettere in campo, al contrario,  strumenti a sostegno della ripresa. Da qui l’appello alla Lega.

A caldo io stesso ho puntato il dito su ciò che sembrerebbe essere evidente. L’eccessivo tatticismo delle organizzazioni di rappresentanza di fatto annichilite dalla vittoria giallo verde e dal decisivo contributo dei rispettivi associati a quel risultato.

Alle insistenti richieste di autocritica rivolte al PD non c’è stata un’analoga richiesta alle organizzazioni di rappresentanza e questo ha favorito una fuga dalle rispettive responsabilità. Il 4 marzo è stato rovesciato integralmente sulla Politica. Su chi ha vinto, assumendone le supposte buone ragioni e su chi ha perso ribaltando su di loro tutte le responsabilità. Una autoassoluzione molto pericolosa e gravida di conseguenze su  un futuro che rischia di non essere tanto remoto. Leggi tutto “L’eclissi di ruolo (momentanea) della rappresentanza nell’epoca della disintermediazione”

La Grande Distribuzione è ancora la casa degli italiani…

C’è un imprenditore non particolarmente esperto di GDO che aveva capito, ben prima di Jeff Bezos, che per raggiungere i consumatori italiani occorreva andare oltre i format distributivi tipici della grande distribuzione utilizzando il potenziale che uno strumento esterno al comparto (allora fu la televisione) poteva offrire in termini di conoscenza e diffusione dei prodotti. Quell’imprenditore era Silvio Berlusconi.

L’idea della casa degli italiani nasceva proprio da lì. Dal sogno, poi non realizzato, di poter costruire un modello di business completamente innovativo che avrebbe probabilmente cambiato il destino della GDO italiana e non solo. Trent’anni dopo Amazon ci sta riprovando partendo dalla rete e dal potenziale offerto dalla logistica e trova, in Italia più che altrove,  un comparto, preso nel suo insieme, molto fragile e nella sua fase di maturità.

Nel frattempo la Grande Distribuzione è cresciuta sia in termini di fatturato che di occupazione seguendo una sua strategia espansiva  basata su logiche interne cercando semplicemente di portare dentro i propri negozi piccoli o grandi  la capacità e la saggezza del tradizionale negozio di vicinato sul fresco e di consulenza sul non food ma anche offrendo al consumatore un livello di intrattenimento e di offerta di servizi nei punti vendita che rendano piacevoli i luoghi dove fare la spesa. Questa scelta ha funzionato al punto tale che oltre dodici milioni di italiani ci passano volentieri anche la domenica.

Quello che preoccupa nella campagna scatenata contro il lavoro festivo da parte dei due partiti di Governo è l’obiettivo vero che sembra non emergere chiaramente. Ci ha provato Gianluca Paragone, deputato dei 5S ( https://youtu.be/ZgYwORrcqb0) a spiegare la filosofia che li anima con un attacco personale,  volgare  quanto basta a Mario Gasbarrino CEO di Unes. Un napoletano, quest’ultimo,  di grande correttezza e spessore morale che, a differenza di altri, rispetta i contratti e nel lavoro ci mette tutta la passione possibile.  Leggi tutto “La Grande Distribuzione è ancora la casa degli italiani…”

Corpi intermedi. Un rinnovamento indispensabile.

Ha fatto bene Marco Bentivogli leader dei metalmeccanici della CISL a mettere fine alla querelle che lo vede assegnato al ruolo di “Papa straniero” pronto a scendere in campo per guidare la improbabile riscossa del centro sinistra.

Purtroppo la realtà è molto più complessa e il semplice ricorso ad un nuovo leader “prêt-à-porter” è un’illusione destinata a svanire alla prossima prova elettorale. La crisi del PD è una crisi di idee e di strategia. Su questo ha ragione l’attuale segretario Martina, leader e nuovo nome dovrebbero seguire un processo, non precederlo. E oggi idee e strategie manifestano ancora indirizzi diversi in quella micronesia di colonnelli che ne alimentano il dibattito interno.

La traversata nel deserto sarà lunga e faticosa, perché alla crisi del governo giallo verde potrebbe seguire un lungo predomino moderato preannunciato da un elettorato che guarda comunque più verso quella parte. Riportarlo nel campo progressista sarà una sfida che necessità di idee, coerenza nei comportamenti, meno ambiguità  e una visione del contesto anche a livello internazionale oggi non percepibile in nessuna forza di centro sinistra italiana o del resto del mondo. Occorrerà pensare a qualcosa di veramente nuovo.

E’ vero che Marco Bentivogli è un leader sindacale anomalo. Una persona credibile e coerente che tende a mettere l’accento sulle soluzioni possibili  più che sui problemi. Ma il fatto che voglia continuare ad impegnarsi per cambiare il sindacato è comunque una buona notizia. Leggi tutto “Corpi intermedi. Un rinnovamento indispensabile.”

ILVA. Un dialogo tra sordi…

Temo che quello che è stato un importante negoziato triangolare tra Governo, Arcelor Mittal e Sindacato non riprenderà almeno nelle forme conosciute fino al 4 marzo.

Carlo Calenda, ex Titolare del MISE non era riuscito a convincere una parte del sindacato a chiudere la partita prima delle elezioni. E probabilmente alcune forzature compiute in buona fede scontavano proprio la volontà di accelerare per concludere. Dall’altra parte Luigi di Maio, nuovo titolare del MISE, a mio parere, sta giocando un’altra partita.

Il sindacato, non accettando unitariamente la “sfida” di Calenda è fermo al palo e Arcelor Mittal non può che abbozzare.

Il neo Ministro pensa di poter tirare ancora un po’ la corda perché sulla riapertura dell’ILVA c’è una forte dose di ambiguità nel suo movimento. C’è un pesante costo economico da pagare ma il messaggio, uscito dalla Conferenza stampa, è chiaro: “Arcelor Mittal è in buona fede e nonostante tutto ciò che mi ha lasciato il mio predecessore che meriterebbe l’abbandono del vecchio progetto, devo andare avanti”. “Però lo farò a modo mio”.

Il sindacato al contrario non sembrerebbe esistere per il Ministro come soggetto titolato e di pari dignità in campo. “Continui pure il negoziato con l’azienda” sembra suggerire  Luigi Di Maio. Poi vedremo.

In campo ci sono il Governo, Arcelor Mittal, i cittadini di Taranto e i lavoratori. Sullo sfondo ci sono gli elettori M5S. La vicenda ILVA sembra aggiungere un altro tassello al disegno di destrutturazione del  vecchio sistema. E’ singolare che la FIOM non l’abbia capito.

I risultati elettorali nello stabilimento di Taranto, le ambiguità di una parte del sindacato, il ruolo da “quinta colonna” della Regione, e le difficoltà delle istituzioni locali, non agevolano una trattativa  di alto livello sui contenuti e l’evanescenza dell’opposizione politica non aiuta.

Quello che avrebbe dovuto e potuto essere un negoziato moderno che provava a mettere insieme lavoro, sicurezza, ambiente e prospettive produttive rischia di deragliare in un qualcosa d’altro.

Un déjà vu dove lo Stato si accollerà tutto ciò che l’azienda dichiarerà di dover accettare per chiudere la partita. Di Maio in fondo cosa vuole? Dimostrare che, nonostante lo stato della vicenda che lui ha trovato, e che fosse dipeso da lui avrebbe gestito in tutt’altro modo, una soluzione è stata individuata.

Le colpe ricadranno sul passato confermate dall’ ”autorevole” Presidente della Regione con buona pace del PD che, in questa vicenda ha mostrato tutta la sua fragilità.

Il sindacato, infine, grazie alla forte dose di ambiguità tenuta dalla FIOM rischia di non essere in grado di giocare un ruolo da protagonista ma di trasformarsi in un probabile futuro parafulmine di un intesa nella quale, gli altri soggetti in campo, nessuno escluso, hanno obiettivi che poco c’entrano con il lavoro, la sicurezza e l’ambiente. Non c’è che dire.

Sarebbe un pessimo risultato. 

Le persone vengono prima delle idee…

Cesare Zavattini in una trasmissione televisiva in bianco e nero di molti anni fa presentò con la sua consueta semplicità un concetto complesso. Ricordo che, più o meno disse che: ”Pensare è faticoso. Si muore senza aver mai pensato. Pensare è più importante che mangiare perché se tutti pensassimo, nessuno morirebbe di fame”. Lo trovo ancora e sempre attuale.

Se tutti pensassimo. Non se gli “altri” pensassero. E’ il pensiero, la riflessione, il confronto che ci consentono di essere persone. È una nostra responsabilità. Anche di cambiare idea, punto di vista, sensibilità. Enzo Bianchi, in uno dei tanti mirabili tweet che ci regala ogni giorno ci invita, come sempre, a riflettere: “Fu detto ad abba Pambo:“Abba, nella vita a volte si cade, si precipita, e si va a fondo!” Rispose abba Pambo:“Si, è vero, accade. Ma coraggio!  Quando si va a fondo si scoprono le fondamenta.”

Riflettevo in questi giorni sul linciaggio scatenato in rete contro Fiorella  Mannoia rea di aver espresso una opinione ferma contro la politica del Governo sulla chiusura dei porti e sulla mancanza di umanità di cui è intrisa quella politica. E tutto questo solo perché, poche settimane fa, si è espressa a favore dei 5S alle elezioni politiche tradendo in qualche modo la sua tradizionale appartenenza alla sinistra. 

Leggi tutto “Le persone vengono prima delle idee…”

Amazon non è Golia. E Davide non abita lì.

C’erano tutti gli indizi, mancava solo la prova. Gli ispettori del lavoro hanno trovato uno sforamento significativo degli interinali utilizzati nella fase di start up del magazzino di Amazon.

Nella fase acuta dello scontro davanti al centro logistico di Castel San Giovanni questa non era nemmeno una tra le  richieste principali dei sindacati. Ne aveva sommessamente parlato, in quei giorni, solo Michele Tiraboschi attento lettore del contratto nazionale del Terziario suscitando un dibattito sul metodo di calcolo utilizzato.

Per i numerosi sindacati presenti sul piazzale i temi erano altri. La ragione è semplice. Il contratto nazionale fotografa e norma il minimo indispensabile sul piano organizzativo mediando tra problematiche differenti sia per classi dimensionali che per tipologia di necessità delle diverse aziende che lo applicano.

Caricare i prodotti sui lineari di un piccolo supermercato o di un ipermercato non è la stessa cosa. Sia in termini di tempo che di addetti. Lo stesso vale per consentire l’avvio di un centro commerciale fatto di decine di negozi in mezzo ad attività di rifinitura degli ambienti, consegna dei prodotti e selezione o addestramento del personale. Una fase che dura settimane. A volte mesi. Leggi tutto “Amazon non è Golia. E Davide non abita lì.”