La CGIL, il congresso e la sfida dell’innovazione

La CGIL che si avvicina al congresso, di questi tempi, è un fatto di per sé rilevante. Non solo e non tanto perché è la principale organizzazione sindacale italiana ma sopratutto perché la strategia e le decisioni che ne scaturiranno segneranno la volontà o meno di essere punto di riferimento e protagonista in una fase di grande disorientamento sociale.

Una cosa va detta subito. La CGIL non sembra voler essere più il “sindacato del gettone telefonico” tanto caro a Crozza. Susanna Camusso ne lascerà la guida con diversi meriti che probabilmente non le verranno riconosciuti. Mala tempora currunt. Però è così.

Innanzitutto ha lavorato per riportare la sua organizzazione al centro delle dinamiche sociali evitandone spaccature e derive estremistiche. Oggi i Cobas e la fantasiosa coalizione sociale sono indubbiamente più lontani.

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Una lezione non solo per la Politica…

La fretta con cui alcuni imprenditori hanno cercato di saltare sul carro dei vincitori delle elezioni non testimonia forse la loro viltà come sottolinea Marco Follini su Twitter.

Semmai la certezza che questa “nuova” politica, comunque uscita dal voto, se non presa in custodia, non andrà da nessuna parte. Certo il rischio che si sottovaluti l’incompetenza distruttrice accontentandosi di fare le mosche cocchiere per compiacere i nuovi vincitori è molto alto.

Anche perché, il disagio di chi si è espresso in modo così radicale, resta e va, in qualche modo, guidato. Pierluigi Battista ( http://bit.ly/2p3xhx1 ) ne tenta un’analisi seria cercando di andare oltre la constatazione del tramonto di un mondo che dal 900 traeva linfa vitale e ragion d’essere. Un mondo che, inevitabilmente comprende anche i corpi intermedi.

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Embraco. Quando si spengono i riflettori…

Una vicenda complessa come quella che ha coinvolto i 500 lavoratori dell’Embraco non si esaurisce certo con un accordo.

I media hanno unanimemente riconosciuto a Carlo Calenda un ruolo decisivo nel convincere la Whirlpool ad impegnarsi in prima persona nella ricerca di una soluzione che consentisse il passaggio tra la chiusura delle attività Embraco nel sito di Chieri e la sua reindustrializzazione. L’accordo quindi certifica dettagliatamente come questo passaggio debba evitare al massimo gravi  traumi sociali.

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Relazioni industriali tedesche e loro trasferibilità.

Il nostro è uno strano Paese. Sui braccialetti di Amazon siamo stati gli unici a scatenare l’inferno su una cosa che non esiste.

È vero che c’era la scusante della campagna elettorale. Ma il senso del ridicolo avrebbe dovuto frenarci in qualche modo. Così non è stato. All’ILVA un accompagnatore dell’assessore Mazzarano del PD aggredisce Marco Bentivogli perché sta cercando di salvare una fabbrica che buona parte del PD regionale vorrebbe scomparisse dai loro occhi senza però volersene assumere la responsabilità.

Ai lavoratori della Embraco, incolpevoli attori protagonisti di una delle conseguenze della globalizzazione, mentono quasi tutti i soggetti in campo limitandosi a minacciare verbalmente la multinazionale proprietaria per prendere tempo sperando in una soluzione terza a cui nessuno, di chi oggi grida allo scandalo,  ha mai pensato fino all’apertura della procedura di licenziamento.

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Metalmeccanici tedeschi e entusiasmi italiani…

È così dopo i braccialetti di Amazon tocca al contratto dei metalmeccanici tedeschi infiammare il dibattito politico italiano sul lavoro.

Spero solo che Meloni e Salvini non si rechino anche nel Baden Württemberg per poi garantire ai lavoratori italiani la futura trasferibilità in Italia dei contenuti.

Contemporaneamente all’Acea il M5S acconsente all’abolizione dell’articolo 18. I sindacati applaudono e incassano convinti che sia una loro vittoria. Ma è proprio così?

Innanzitutto c’è da dire che sui braccialetti abbiamo fatto una pessima figura a livello planetario. Una cosa che non esiste è stata trasformata in una farsa nazionale. Leggi tutto “Metalmeccanici tedeschi e entusiasmi italiani…”

Embraco. Anatomia di un negoziato complesso.

Una multinazionale decide di delocalizzare la propria produzione in Slovacchia. Sembra una mossa violenta e improvvisa a cui è difficile replicare. Lavoratori e sindacati reagiscono cercando anche di mediatizzare la vicenda per coinvolgere l’opinione pubblica. Le istituzioni annaspano.

È parso chiaro fin da subito che la vicenda Embraco sarebbe stata di difficile composizione. Da una parte una multinazionale che decide di chiudere una attività produttiva in provincia di Torino, licenziare quattrocentonovantasette lavoratori e trasferire la produzione di motori per frigoriferi altrove.

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Confindustria-Sindacati. Un accordo comunque necessario.

Il prof. Michele Tiraboschi sembra non avere dubbi: un accordo che, sostanzialmente lascia i nodi irrisolti rischia di non servire a nulla. Tra Confindustria e Sindacati confederali, l’accordo sulla contrattazione e sulla rappresentanza sembrerebbe in dirittura di arrivo.

Cosa sta succedendo allora nel mondo delle relazioni industriali, lato Confindustria? Tra un’intesa utile e innovativa e una solo possibile perché comunque politicamente significativa prima delle elezioni la scelta sembra sia caduta su quest’ultima opzione. Almeno così raccontano gli “spifferi” che precedono la firma finale.

Il cosiddetto “Patto di fabbrica” evocato da Vincenzo Boccia fin dal suo discorso di insediamento a Presidente di Confindustria partiva dalla convinzione che il necessario rinnovamento della cultura imprenditoriale, la capacità stessa di affrontarne le sfide che la rivoluzione tecnologica e la globalizzazione metteva loro davanti e la necessità di crescere in dimensione per poter competere su tutti i mercati avrebbe reso necessario rompere gli schemi e i limiti novecenteschi proprio a partire da un profondo cambiamento del sistema delle relazioni industriali e quindi dei modelli contrattuali. E, tutto questo, avrebbe dovuto essere all’insegna di una rinnovato disegno collaborativo tra imprenditori e lavoratori.

Una convinzione che aveva fatto nascere la speranza che, finalmente, le organizzazioni di rappresentanza avrebbero potuto convergere su modelli sociali e contrattuali innovativi. Leggi tutto “Confindustria-Sindacati. Un accordo comunque necessario.”

Trattativa Confindustria/Sindacati. Si va verso il patto di fabbrica?

Credo sia interesse di tutti che il “Patto di Fabbrica” tra Confindustria e Cgil, Cisl e Uil segni l’inizio di una svolta nel sistema delle relazioni industriali italiane.

C’è sicuramente la necessità di accompagnare la ripresina in corso irrobustendo il ruolo dei protagonisti in campo, c’è la necessità di coinvolgere le PMI per estendere o consolidare le opportunità legate all’innovazione, c’è, infine, la necessità di dare un segnale forte di vitalità dei corpi intermedi alla Politica.

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Vicenda Castelfrigo. Un finale amaro da cui ripartire

Leggere che la FLAI CGIL si appresterebbe a denunciare per attività antisindacale l’azienda i suoi rappresentanti e, di conseguenza la FAI CISL firmatari di un’ipotesi di accordo che chiude una vicenda umana e sindacale pesante lascia perplessi.

Tra l’altro, se non ci fosse stato uno sciopero della fame di tre lavoratori immigrati e di un sindacalista della FLAI CGIL portato avanti per 11 giorni questa vicenda, non ci sono dubbi, sarebbe passata sotto silenzio.

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Tutti i contratti sono a termine…

Il tema della prevalenza dei contratti a termine così come viene posto nel dibattito, soprattutto dopo l’enfasi che il Jobs Act ha assegnato al rilancio dei contratti a tempo indeterminato, non porta da nessuna parte anche perché i sostenitori di questa tipologia contrattuale non sentono ragioni.

Sulla carta il contratto a tempo indeterminato resta prevalente ma non lo è più nelle nuove assunzioni. E questo indipendentemente dai settori che tradizionalmente ne hanno sempre fatto uso.

Sarebbe certamente meglio un contratto trovato una volta e per sempre che uno da ricercare di volta in volta. È lapalissiano. Per le tutele, il contesto lavorativo e gli impegni economici delle persone. Per le imprese, sempre per i sostenitori, sarebbe poi l’uovo di Colombo. Se queste ultime credono veramente, come sostengono nei convegni  nelle loro risorse umane, l’investimento dovrebbe essere di lungo periodo.

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