Chiusure festive dei Centri Commerciali. Adesso ci riprova la Politica…

Prima o poi doveva succedere che la politica puntasse a riaprire il vaso di Pandora delle aperture festive nel commercio. Un argomento carsico che riemerge di tanto in tanto vuoi dai sindacati vuoi dai territori. Nonostante il tempo trascorso, le liberalizzazioni montiane non sono ancora state digerite. Prima erano i piccoli commercianti a lamentarsi, poi i sindacati di settore, infine alcune associazioni di categoria in cerca di consenso. Il buon senso ha spinto tutti a fare di necessità virtù e l’argomento è stato messo da parte.

Riemerge quando si avvicinano le festività nazionali, religiose o a fine aprile quando l’anniversario della Liberazione  e la Festa del lavoro incombono costringendo a prendere parte al dibattito che poi ritorna puntualmente in “fanteria”. La proposta pre natalizia questa volta arriva da Silvio Giovine deputato di Bassano del Grappa di Fratelli d’Italia. Chiudere categoricamente i Centri Commerciali durante le principali festività (Natale, Santo Stefano, Capodanno, Pasqua, Primo Maggio e Ferragosto). La ratio spiegata a ItaliaOggi “è incidere soprattutto sulla qualità della vita dei lavoratori, migliaia di impiegati che hanno tutto il diritto di poter trascorrere queste giornate di festa con le proprie famiglie”, aggiunge il parlamentare. Ovviamente lanciato il sasso, com’è d’abitudine, per sondare l’umore generale, il deputato aggiunge che si tratta solo di una proposta depositata il 17 dicembre, non  definitiva e dunque che può essere modificata: “Abbiamo già iniziato gli incontri con le associazioni di categoria e l’obiettivo è trovare una sintesi”.

Ad ogni stagione politica qualcuno ci prova a mettere mano al decreto Monti del 2012. Come ho già scritto l’unica festività nazionale esclusa ora (of course) dal parlamentare di Fratelli d’Italia è il 25 aprile. Non credo sia un caso. Personalmente credo che Natale, Capodanno e Primo Maggio rientrino nelle possibilità che anche molti in GDO prenderebbero in considerazione. Già oggi c’è chi lo fa e non succede nulla di sconvolgente. Per questo credo che la posizione interlocutoria di Federdistribuzione e di ANCC COOP che non escludono un possibile confronto sul tema, sia sostanzialmente, apprezzabile. Rifiutare il confronto non è mai una buona scelta. Il rischio che qualcuno ne approfitti per mettere in discussione l’intero impianto delle aperture festive consiglia prudenza.

Quali sono le preoccupazioni dei contrari? Innanzitutto la ovvia concorrenza dell’online. Incentivare gli acquisti dal divano di casa quando i centri commerciali soffrono già una crisi di presenze non è una grande trovata. Chi conosce la funzione sociale dei cosiddetti “non luoghi” sa che oltre ai consumatori attraggono in quei giorni particolari chi è solo, chi non può spendere, chi non sa dove andare. Addirittura chi, in agosto, soffre il caldo. Sarà un’esagerazione, ma tant’è. La loro stessa evoluzione li sta trasformando in centri polivalenti chr puntano all’intrattenimento e ai servizi alla persona con un’offerta molto più varia che in passato. Da qui la posizione netta del Presidente del Consiglio Nazionale dei Centri Commerciali, Roberto Zoia. “L’industria dei centri commerciali genera un impatto, in termini di occupazione, di quasi 750 mila addetti, tra personale diretto e indiretto, che vanno assolutamente tutelati garantendo il lavoro, non diminuendolo. Senza contare che è proprio nei giorni festivi che registriamo il flusso più elevato di presenze, che contribuisce in modo determinante alla sostenibilità economica degli operatori”.

C’è poi un problema di localizzazione. Dove la vocazione della zona è turistica non si attraggono solo i residenti. Lo stesso vale per i luoghi di transito. E poi vale il principio che se posso comunque comprare in un luogo che resta aperto   a scapito di un altro obbligato a chiudere si crea un problema sul piano della libera concorrenza. Il relatore non sembra altrettanto preoccupato della giusta retribuzione da riconoscere agli  addetti coinvolti in quei giorni. Non è un suo problema. Lui vola alto.

Confcommercio a Milano e Confimprese tengono il punto. La prima preoccupata dei flussi turistici e per “mantenere vivibili e accoglienti le nostre città, offrendo servizi essenziali indispensabili”. La seconda l’ha definita “una proposta anacronistica che non tiene conto delle dinamiche del retail e delle esigenze dei consumatori. Rappresenta un ritorno al passato e un assist formidabile all’online che lavoro h24 sette giorni su sette”. La sortita del deputato di Fratelli d’Italia ha eccitato, com’era prevedibile,  anche i sindacati di categoria che sul tema sono particolarmente sensibili. Presi in contropiede dalla politica su un argomento che pensavano sopito  hanno reagito rilanciando la posta. La Filcams CGIL accusa la politica di strumentalizzazione e chiede un cambio della normativa che regolamenti finalmente il settore e che non deleghi alle sole imprese la decisione di aprire o meno in maniera del tutto arbitraria. 

Davide Guarini Segretario Generale della Fisascat Cisl va oltre: «Non è accettabile, in un paese civile – ha dichiarato “che i lavoratori del commercio e della distribuzione moderna organizzata siano costretti a lavorare tutte le domeniche del mese. “A brigante, brigante e mezzo!” è la ovvia reazione scomposta di chi si sente scavalcato. Se il deputato di Bassano del Grappa voleva conquistare gli onori della cronaca evocando un argomento che fa riemergere vecchie polemiche  ci è riuscito perfettamente. Adesso vedremo dove si andrà a parare. Pur aperto con una certa enfasi, dal vaso di Pandora, uscirà il solito topolino. Questo è certo.

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