Confindustria e il prossimo ricambio al vertice.

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Oggi non parlerò della longevità alla guida di Confcommercio del suo Presidente. Anche se i numeri parlano da soli. Nel mondo reale sono altri i protagonisti in campo. Confindustria  ha avviato il percorso per eleggere il nuovo Presidente. È il quinto dal 2005. Più o meno il periodo della Presidenza Sangalli in Confcommercio.

Per il momento l’organizzazione degli industriali ha ripreso una sua centralità e si è proposta come punto di riferimento per l’insieme delle parti sociali. Spesso aspramente criticato, Vincenzo Boccia si è dovuto barcamenare in solitudine tra sovranisti e grillini, con una base a volte recalcitrante con il Governo giallo verde e a volte indulgente con una parte di esso, soprattutto nel nord, riuscendo a portare a termine il suo mandato. Adesso tornerà a fare l’imprenditore. Lì si usa così. Non ci sono cariche a vita.

Nell’organizzazione degli industriali si riapre quindi la partita della successione.  Per il momento in campo c’è solo un candidato: Giuseppe Pasini, presidente del gruppo Feralpi, dell’Associazione Industriale Bresciana, componente della Giunta Nazionale di Confindustria e già presidente di Federacciai. Una candidatura autorevole e certamente di peso. La fretta con la quale è stata presentata dagli imprenditori bresciani sembra però più finalizzata a “disturbare” altre possibili  candidature lombarde.

Il 3 ottobre Assolombarda farà la sua assemblea a Milano a cui parteciperanno  invitati eccellenti. Dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella al Presidente Del Consiglio Giuseppe Conte. Un importante riconoscimento per Carlo Bonomi, presidente dell’associazione, che ha il pregio di aver incalzato l’intero quadro politico sul merito delle questioni, non facendo sconti a nessuno e non risparmiando critiche anche ai vertici della sua Confederazione.

Ha dato voce a quello che Dario di Vico ha chiamato il Partito del PIL che poco ha a che fare con le alchimie della politica attuale. È la parte del Paese che vuole continuare a crescere e che non accetta né il declino né derive antieuropee. Legata ai territori di insediamento, attenta all’innovazione e disponibile a mettersi in gioco in prima persona. E questo protagonismo può aver disturbato coloro che chi si pongono in modo opportunista o subalterno  all’interlocutore politico di turno e che il cambiamento lo pretendono solo dagli altri. 

Eppure lui avrebbe tutte le carte in regola per dare un’impronta diversa ad un mondo alla ricerca di riferimenti solidi e nuovi. Presto sapremo se Carlo Bonomi sarà della partita. Quello che temo è un inutile contrapposizione “fratricida” in Lombardia che rischia di indebolire qualsiasi candidatura. Non ho sufficiente conoscenza del mondo confindustriale per allargare lo sguardo altrove.

C’è però  un imprenditore che ho sempre seguito con attenzione. Per me uno dei più innovativi perché ha contribuito ad aprire una nuova fase. E di questo occorre dargliene atto. Non nei convegni dove tutto è più semplice e dove parlare costa poco ma nell’agire concreto. È l’ex Presidente di Federmeccanica Fabio Storchi. Non è candidato né, credo, si candiderà. Nella sua carica precedente ha impresso una svolta di alto livello sui contenuti di un difficile contratto nazionale gestendo, insieme alla Direzione Generale di Federmeccanica, guidata da Stefano Franchi, il negoziato  dei metalmeccanici.

Che si trattasse di un testo avanzato e di qualità lo si è capito proprio per la ritrosia nel darne un seguito concreto da parte di molte imprese. Un grave errore non presente nella volontà dei firmatari.  E quella ritrosia rischia di contribuire a far ritornare indietro le lancette della storia delle relazioni sindacali già nel prossimo rinnovo. Sarebbe un peccato. Non solo per quella categoria.

Si è giustamente sottolineato il ruolo e il merito del sindacato unitario dei metalmeccanici in quella vertenza mettendo forse in secondo piano il salto culturale promosso da Federmeccanica che, in solitudine, nel contesto confindustriale di allora, anticipava e dava un senso e contenuti veri all’idea stessa del “Patto della Fabbrica”. E questo è stato il merito principale del mandato di Fabio Storchi.

La novità era rappresentata non solo dai contenuti innovativi ma anche dall’idea condivisa che solo la contrattazione di secondo livello avrebbe dato la spinta necessaria ad un nuovo modello di relazioni industriali che doveva porre al centro il lavoratore, il suo benessere e  la qualità del suo rapporto con l’impresa. E questo con il coinvolgimento del sindacato.

Con questa intuizione Federmeccanica e il suo Presidente erano riusciti a collocarsi un passo avanti alle loro imprese indicando una strada nuova e percorribile. Così come FIOM, FIM E UILM rispetto ai lavoratori.

Quell’intuizione ha rappresentato il punto più alto, a mio parere, nel panorama dei rinnovi contrattuali e quindi della ricerca di una nuova filosofia per le relazioni industriali.

Oggi, purtroppo, sembrano tutti preferire un sostanziale ripiegamento su lidi più tradizionali  e questo non aiuta l’affermarsi di una cultura di nuovo conio che necessiterebbe, al contrario, di un ulteriore passo in avanti nei rinnovi contrattuali che stanno prendendo il via in questi mesi.

Per questo motivo la scelta del nuovo Presidente di Confindustria è importante e prioritaria rispetto all’evoluzione dell’insieme delle relazioni industriali del nostro Paese. Una soluzione autorevole è nell’interesse di tutti.

In tempi di salario minimo, di regolamentazione della rappresentanza e di rinnovi contrattuali diventa molto importante comprendere la direzione di marcia di Confindustria perché influenzerà inevitabilmente l’agire dell’insieme delle organizzazioni di rappresentanza sia datoriali che sindacali.

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