A prendere posizione a volte si perde qualcuno.
A non prenderla a volte si perde sé stessi… A. Colella
Come ogni anno questo è il momento di mettere in fila qualche istantanea tra le tante di ciò che ha caratterizzato, dal mio punto di vista, il 2022. Ripresa post pandemia, inflazione e costi energetici hanno stressato il retail e l’intera filiera. Accelerato alcuni processi e frenato altri; evidenziato punti deboli e aree di miglioramento. E tutto questo si riverserà nel 2023 rendendo complesse le previsioni su cosa ci attende. Restano i soliti nodi.
Con il mio blog www.mariosassi.it. cerco di offrire un punto di osservazione diverso da quello proposto da altri. I lettori sono in costante aumento e, anche quest’anno è stato ricco di soddisfazioni personali e professionali. Il solo pezzo “il gambero rotto di Oscar Farinetti” (https://bit.ly/3BH6jQL) ha superato le duecentomila visualizzazioni sui social che costituisce, per il blog, il record 2022. È continuata la collaborazione con www.retailfood.it e lo scambio con startmag.it e infine la presenza su www.bollettinoadapt.it quando gli argomenti proposti sono di interesse comune. Ringrazio colleghi ed ex colleghi e tutti i contatti vecchi e nuovi che mi consentono un aggiornamento costante di ciò che avviene nel comparto e nel retail in generale.
Anche quest’anno quindi propongo la personalissima classifica di ciò che mi ha colpito nel 2022. Dieci realtà/personaggi/avvenimenti 2022 che mi pare giusto riproporre: Amazon, Arcaplanet, Uiltucs Uil, Esselunga, Contratto nazionale, Banco Fresco, Cristophe Rabatel, Francesco Pugliese, il manager intermedio e, infine, Bennet… al primo posto. Buona lettura delle motivazioni…
10 posto Amazon. Per me sempre in classifica perché non amo i pregiudizi contro le multinazionali che investono nel nostro Paese. Pregiudizi che mi ricordano una commedia di Georges Feydeau dove uno dei due spadaccini si lamentava prerché l’altro non si lasciava colpire. Il problema non è Amazon ma la volontà o meno di definire regole in un Paese che rendano un mercato competitivo uguale per tutti. È quindi l’indirizzo delle critiche che non mi convince. Nel corso dell’anno Amazon ha creato tremila posti di lavoro in Italia a tempo indeterminato, per una forza lavoro totale di oltre 17.000 dipendenti. Nel 2021 sono stati investiti oltre 4 miliardi di euro nel nostro Paese.
Dopo anni di crescita continua, Amazon ha recentemente annunciato che potrebbe riorganizzare alcuni dei suoi team anche in Italia. Nel 2023 la subsidiary italiana di Jeff Besoz dovrà dimostrare il suo impegno nella gestione degli esuberi, inevitabile assestamento dopo una fase di forte crescita soprattutto dopo i picchi del periodo del lockdown. In arrivo i primi due impianti agro-fotovoltaici che combinano energia pulita e colture agricole in Sicilia e grazie ad un terzo progetto di prossima realizzazione, la capacità produttiva totale in Italia raggiungerà i 106 MW. Infine, 17 siti in Italia sono già dotati di impianti di pannelli fotovoltaici e ognuno di questi impianti può generare fino all’80% del fabbisogno energetico annuale di una singola struttura logistica.
9 posto Arca Planet. Per la prima volta in classifica ma credo sia un comparto da monitorare con attenzione. Il nostro è indubbiamente un Paese “pet friendly” avendo superato i quattordici milioni di cani, gatti e altri animali da compagnia regolarmente registrati. Se consideriamo che le famiglie in Italia sono 25 milioni e 700 mila comprendiamo ancora di più l’importanza del fenomeno sul piano economico e del suo potenziale di espansione futuro. Durante la pandemia il settore ha avuto un vero e proprio boom. In Italia il mercato del «petfood» vale qualche miliardo di euro. A ottobre è stato perfezionato il closing dell’operazione di integrazione con Maxi Zoo. Il Gruppo Arcaplanet è quindi il terzo player per quanto riguarda la vendita specializzata online (un milione e mezzo di clienti attivi) e conta su una rete di 500 pet store e 2.700 dipendenti.
8 posto Uiltucs Uil. Non ci sarebbe stato alcun caso relativo alle cooperative legate alla suocera del parlamentare Soumahoro, Marie Therese Mukamitsindo se questo sindacato non lo avesse sollevato. La UilTucs, il sindacato di categoria del commercio e dei servizi, ha fatto il suo mestiere. Ha denunciato cosa non ha funzionato in quelle cooperative. Uno schiaffo a chi ha blaterato per anni sulle aste al doppio ribasso della GDO come unica causa dello sfruttamento degli immigrati in agricoltura. Approvata la legge, eliminate le aste, com’era prevedibile, l’illegalità diffusa è continuata.
Il ministro dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste, Francesco Lollobrigida, ha recentemente firmato il decreto interministeriale sulla ‘condizionalità sociale’ con l’obiettivo di garantire idonee condizioni di lavoro, tutelare le norme di salute e sicurezza all’interno delle aziende agricole, nonché contrastare il caporalato e il fenomeno dello sfruttamento dei lavoratori del settore. Vedremo se sarà sufficiente a sradicare un fenomeno antico spesso sottovalutato anche da chi dovrebbe combatterlo. I fari vanno tenuti accesi in più direzioni. E questo è stato possibile anche grazie alla tenacia del sindacato che ha voluto andare fino in fondo rompendo quell’ipocrisia e quell’omertà che spesso circonda questo mondo. Ottimo lavoro!
7 posto Esselunga. Difficile discutere la mosse della prima della classe. L’azienda è ancora in modalità “pilota automatico”. Bernardo Caprotti, credo, l’avesse programmata con lo scopo di reggere il tempo sufficiente per poterla poi passare in altre mani. C’è qualcosa però che non quadra. Il clima nei punti vendita è cambiato. Il distacco con gli inseguitori si riduce. Le Esse sono roba da ZTL non certo sufficienti a invertire la rotta sulle difficoltà dei superstore assediati dalla convenienza, non solo sui prezzi, dei discount. Esselunga però insiste. Punta alla fedeltà dei suoi clienti più che a farne di nuovi e a difendere quindi il suo perimetro. Funzionerà? È quello che ha ribadito la nuova gestione succeduta al fondatore.
Quattro iniziative che puntano decise alla fidelizzazione dei suoi clienti: “lotta al carovita” (che è costata molto in termini di margini), aperture formato “Esse” e nuova linea “Cucina Esselunga”. Il marchio ideato per identificare i piatti pronti con al centro le proprie produzioni. E infine scontistica e regali, non solo natalizi, con il coinvolgimento dell’industria di marca finalizzata a rinnovare e consolidare il rapporto con il “suo” cliente. Il CRM rappresenta una parte fondamentale della strategia commerciale di ogni business. Oggi però non è sufficiente. Vendere è un processo che per funzionare necessita di strumenti che supportino le squadre nel modo in cui operano concretamente. Strategia, visione e autorevolezza della proprietà, sintonia con il management e coinvolgimento delle risorse umane. Su questi capitoli, pur con pesi differenti, sta il punto debole di oggi della prima della classe.
6 posto Contratto nazionale terziario e Grande Distribuzione. Scaduto a dicembre 2019 presto entrerà nel 4 anno di scopertura. Una responsabilità che, più delle singole aziende, pesa sulle spalle delle associazioni datoriali (Confcommercio e Federdistribuzione innanzitutto) che continuano in un interminabile ping pong tra di loro non fidandosi l’una dell’altra anziché assumersene insieme la responsabilità. Per ora nessuna proposta innovativa al sindacato che giustifichi un rinnovo win win come in altri contratti nazionali.
Questa mancanza di visione e di proposte delle associazioni spinge le aziende a non percepire alcun vantaggio nel rinnovo e quindi a preoccuparsene esclusivamente per i costi. Un grave errore aver scelto di differenziarsi sul piano della rappresentatività. Una mancanza di unità che pesa in ogni ambito. Serve uno scatto in avanti che consenta di procedere in tempi rapidi con un acconto sui futuri aumenti contrattuali (concordato in 350 euro riparamentrato il 12 dicembre) per poi raggiungere un’intesa più strutturata nei primi mesi del 2023 contribuendo così a creare un clima sociale e sindacale più consono all’andamento del business.
5 posto Banco Fresco. Aprire a Varedo (MB), l’ultima in ordine di tempo, di fronte a Eurospin che vende ottima ortofrutta e carni fresche con prezzi convenienti e di fianco ad Esselunga con i suoi 4.500 metri quadrati e un parcheggio con oltre 870 posti auto è un segno di grande coraggio. La storia di questa realtà prende il via nel 1992 in Francia. Di fronte ai limiti dei reparti ortofrutticoli dei supermercati, Denis Dumont, figlio di un grossista ortofrutticolo, decide di aprire i propri punti vendita nella regione di Lione. Il “Grand Frais” ha costruito la sua reputazione sul modello dei mercatini domenicali sulla piazza del paese. Cresce approfittando del fatto che il modello dell’ipermercato e non solo hanno un po’ stancato i francesi. Il “Grand Frais” si è finora sviluppato (https://bit.ly/3heAFUC) nelle periferie delle città francesi. L’ortofrutta, questo è evidente a tutti, andrebbe ripensata anche da quasi tutta la GDO italiana. Banco Fresco però punta in alto. L’abbondanza dell’offerta dell’ortofrutta è evidente. Aspetto e gusto le priorità. Come nell’intuizione del suo fondatore. Se sapranno confermare anche in Italia questa priorità avranno di fronte un’autostrada.
In Francia il prossimo anno Carrefour lancerà una nuova insegna e un nuovo format dal nome vagamente Anglo-French: Potager City: un negozio in franchising, di circa 100 mq, con l’assortimento dell’ortofrutta al centro. Non è un caso. Su questo, e sul fresco in generale, si gioca una parte importante del futuro della GDO. Banco Fresco sa di puntare alto. Sfonderà il suo innovativo modello che dalla provincia marcerà in un secondo tempo verso le città? I progetti non mancano. Il ritmo di nuove aperture progettate è buono. I prossimi anni saranno decisivi per ridisegnare l’intero settore. Al marketing Rosanna Ungaro una professionista preparata e determinata che ho visto crescere e che sa trasmettere entusiasmo a tutta la squadra.
4 posto Cristophe Rabatel CEO Carrefour italia. Snobbato al suo arrivo da una parte della stampa di settore per la sua provenienza e per il percorso. C’è sempre stato un pregiudizio italico sulle multinazionali e sui manager francesi inviati nelle subsidiaries. È arrivato da Carrefour Poland dove aveva conseguito ottimi risultati e si è trovato catapultato in italia a capo di un’azienda disorientata, con un management molle, stanca delle continue illusioni su improbabili ripartenze e preoccupata di finire come i cugini di Auchan. Cristophe Rabatel ha ascoltato tutti, ha rimesso Carrefour Italia con i piedi per terra, ne ha calmato le velleità tipicamente franco francesi, ha snellito le funzioni manageriali e di sede e ha trasformato parte dei punti vendita, ormai in crisi irreversibile di risultati, in business recuperabile attraverso il franchising. E lo ha fatto all’interno di un difficile accordo sindacale.
Certo non è tutto oro quello che luccica e c’è ancora molto da fare ma il 2022 mostra segnali incoraggianti. Nessun esperto indigeno però avrebbe scommesso un euro sulla determinazione con cui una multinazionale, abituata a competere in cima alle classifiche europee, avrebbe accettato di ripensarsi, riposizionandosi, adottando un modello difficile da guidare, pur di continuare a presidiare un mercato locale importante come quello italiano o, almeno provarci fino in fondo. Fuga evitata? Cristophe Rabatel ce la sta mettendo tutta. E questo gli va riconosciuto.
3 posto Francesco Pugliese CEO Conad. Conad festeggia il suo 60° compleanno con un fatturato che, negli ultimi dieci anni, è salito a 17 miliardi di euro a fine 2021 dai precedenti 10,9 mld (+56%). Un successo costruito grazie ai 2205 soci e ai 72.636 collaboratori ma difficilmente realizzabile senza la leadership di Pugliese. Il “signor Conad” è arrivato in azienda nel 2004 contribuendo in modo decisivo al riorientamento imprenditoriale e manageriale del consorzio condizione imprescindibile per conquistare la leadership del settore. L’acquisizione di Auchan e la conseguente integrazione in Conad è stata l’ultima sfida condotta brillantemente in porto che, per la sua complessità, ha fatto inevitabilmente emergere le contraddizioni tra chi, nel consorzio, ne aveva ben compreso la portata e le responsabilità che avrebbe determinato e chi al contrario, non era e, non è, tutt’ora attrezzato per affrontare e guidare questi cambiamenti.
Francesco Pugliese ha sicuramente dimostrato di possedere le caratteristiche del leader (visione del futuro, progettualità e autorevolezza personale). Per “condurre” in porto operazioni di acquisizione, integrazione e crescita dimensionale ad alti livelli di complessità gestionale è però sempre necessario che l’intera compagine imprenditoriale non si limiti a condividere formalmente gli obiettivi comuni ma deve a sua volta creare nel proprio specifico altrettanti contesti creativi e generativi tali da diffondere idee, valori, comportamenti, che consolidino i primati conquistati. Su questo, temo, qualcuno nel consorzio è rimasto indietro. Ma, in situazioni come questa, l’unità delle cooperative è fondamentale per mantenere la rotta e il vantaggio sugli inseguitori. Quando entra in crisi il modello di governo policentrico, tipico di realtà come Conad, la sintesi diventa un problema. O si supera e si continua insieme o è meglio prenderne atto.
2 posto. I manager intermedi della GDO. Un secondo posto dedicato ad una figura fondamentale per il successo di ogni punto vendita (https://bit.ly/3A5lNhJ). Gestisce la cabina di regia e l’insieme dei collaboratori di ogni supermercato. Spesso caricato di obiettivi difficili da raggiungere, bersaglio di tutto ciò che non funziona, è il parafulmine e l’anima della squadra. Appassionato del proprio lavoro, orgoglioso di “indossare” la maglia aziendale, sempre presente. Un mestiere fondamentale per chi vuole crescere nella GDO. Assume, a seconda del ruolo interpretato, il profilo del direttore del punto vendita, del capo settore o del capo reparto. Cambia il nome a seconda della dimensione dell’insegna ma resta l’impegno e la determinazione. Durante la pandemia ha tirato la “carretta” senza mai mettersi in mostra. Purtroppo non sempre è riconosciuto come dovrebbe essere. Un grande applauso.
1 posto Bennet. L’azienda comasca c’è sempre nelle mie classifiche. “Piccola” ma vitale. Ricca di idee innovative, mai ferma. Legata al suo territorio. Certo, “Hungry for Culture”, la campagna di sensibilizzazione del 2022, è stata, per molti, una pura operazione di marketing. Ne ho parlato a suo tempo (https://bit.ly/3EpjiIi). Proporre nei banchi freschi dei reparti di macelleria, pescheria e ortofrutta – diversi libri, confezionati esattamente come se fossero prodotti alimentari. Ad esempio, il protagonista del romanzo di Herman Melville, Moby Dick, non in un posto qualsiasi ma direttamente in pescheria e non tagliato a fette è stata una mossa intelligente. Ma non è “solo” marketing. Il 2022 ha visto tutti gli attori della GDO impegnati sulla ripresa dell’inflazione. Frenare gli aumenti in arrivo cercando di salvaguardare i margini è stato il mantra del comparto. Tutta la comunicazione si è concentrata su questo. La paura di essere accusati di “speculare” sui prezzi ha dominato la comunicazione del settore. Sembrava non ci fosse spazio per altro.
Bennet, pur soffrendo come i concorrenti, è riuscita a far parlare di sé toccando un’altro tasto. In Italia si legge poco. Secondo l’ISTAT il 45% degli italiani legge al massimo tre libri in un anno. Con lo slogan “il cibo ci nutre, la cultura ci rende umani” l’azienda comasca tenta di interpretare un ruolo diverso in commedia. Prova ad uscire dagli schemi in un momento dove tutti sono concentrati altrove. E questo va riconosciuto. Quest’anno si merita il primo posto. Bennet è sempre in prima linea sul territorio. Cultura laghée, parsimonia ticinese, concretezza, visione moderna. Forte investimento in formazione del personale. Al marketing l’ottimo Simone Pescatore si fa sentire.
Buon 2023 a tutto il Retail!!!