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Da oggi parte il nuovo blog www.mariosassi.it. Da quando finalmente hanno (quasi) tutti capito che non ho nessuna intenzione di fare altro se non di scrivere sul comparto, sui personaggi che lo frequentano e i tic che li caratterizzano, il flusso delle informazioni e di contatti è aumentato in modo significativo  così come gli inviti alle presentazioni delle aziende. Incontrare aziende e manager mi interessa. È l’unico modo per capire lo spessore delle persone e la credibilità dei progetti.  Proporre giovani, diversamente giovani e donne manager in fase di crescita è uno degli obiettivi del blog. Non cerco consulenze, non sponsorizzo prodotti, non sono disponibile a tenere  relazioni nei convegni né coordinare tavole rotonde. Ringrazio ovviamente chi me lo ha proposto e continua a propormelo ma quel tempo è alle spalle. Oggi preferisco restare un passo indietro. Leggo, parlo con manager impegnati ovunque nel mondo della GDO e scrivo. Tutto qua. Per fare meglio questo “lavoro”  dovevo adeguare e rinnovare e attualizzare il blog. Ringrazio Ilaria Graziadio di Ei! Studio  e Francesco Mapelli per la progettazione del blog  e per i consigli.

Gestire ambizioni, aspettative, pregiudizi e competizioni nel piccolo cortile della GDO non è sempre semplice. Soprattutto se apprezzi qualcuno e meno qualcun altro. L’Ego di alcuni personaggi gioca loro brutti scherzi e li rende simili al Re, protagonista della fiaba scritta nel 1837, da Hans Christian Andersen che lo racconta, vanitoso, troppo impegnato nella cura del suo aspetto esteriore per capire che era nudo tra la folla. La GDO è un piccolo mondo sempre uguale a sé stesso. Ognuno ha il suo posto in commedia. Gli innovatori veri che spesso vengono da fuori, sono guardati con sospetto. Gli imprenditori che l’hanno costruito non ci sono più o non sono più in prima linea. Altri però si affacciano con determinazione e voglia di affermarsi.  Questi nuovi, uomini e donne, mi interessano di più. 

Essendo parte di un  mestiere che ho praticato a lungo (proporre profili di manager a chi deve poi portarseli in casa) il vizio di osservare e studiare le persone nelle aziende più delle aziende stesse, rende il mio punto di osservazione comprensibilmente meno scientifico di altri ma credo conservi, una sua originalità. Le mie analisi sono influenzate da elementi non sempre oggettivi. D’altra parte se fossi oggettivo sarei un “oggettivista”. Invece sono un semplice “opinionista” perché,  appunto, mi limito ad esprimere opinioni. Per questo vanno prese per quello che sono: un semplice punto di osservazione. 

Per questo parlo volentieri della fatica di chi è subentrato a top manager che hanno fatto la storia delle loro insegne. O dei pregiudizi che circondano alcune multinazionali.  O della voglia di crescere di alcuni ormai “quasi” giovani imprenditori  del sud. Donne e giovani che non sempre hanno le luci della ribalta ma che la meriterebbero.

Il ragazzo a tempo determinato che ha restituito i soldi ad un’anziana che non si era accorta di avergliene dati troppi, il capo reparto, molto professionale, educatissimo e tatuato come un rapper, impegnato a proporre l’assaggio dei panettoni. Il giovane direttore marketing  che prova a rilanciare un’idea che un tempo viaggiava golosa. O le battaglie dell’amica di Follonica per togliere le due ridicole “signorine” poste ai lati dei maschi mentre inaugurano i punti vendita. Il discounter che solletica l’ego dei milanesi a due passi dal Duomo o il gestore di un maso sperduto che compra i suoi canederli nel discount intelligente. O la storia della cassiera che diventa CEO circondata da uomini che giocano a farsi la guerra. Storie di persone oltre le cose.

In secondo luogo mi interessa il clima  che i manager creano nel loro team e nelle loro realtà. L’azienda è, innanzitutto il clima che si respira. Non significa certo una parodia del “volemose tutti bene” perché non siamo tutti sulla stessa barca. Significa coinvolgimento, stima, possibilità di crescere, rispetto reciproco. Se il clima è negativo, i migliori vanno altrove. E questo impoverisce l’azienda.  Soprattutto non serve predicare bene e razzolare male con fanno alcuni. Bernardo Caprotti, probabilmente,  non si sarebbe iscritto al “club degli uomini gentili”.  Era noto per i suoi modi rudi e spicci ma quel “clima”, criticabile fin che si vuole, lì ha funzionato. Male con il figlio che lo ha scritto a chiare lettere. Benissimo con la figlia, che lo ha scritto a chiare lettere. Oggi probabilmente non funziona più. Ci sarà un motivo, o no? Cercare di capirlo non significa criticare l’azienda. Significa offrire spunti di riflessione.

Infine le risorse economiche che hanno a disposizione le aziende o le insegne che rendono credibili o meno le traiettorie che dichiarano a parole. Da qui la mia attenzione al mondo, alle concentrazioni, agli interventi esterni che provocano reazioni a catena. La mia preferenza per grandi gruppi e multinazionali nasce da questo. Anche per la gestione delle risorse umane. Questo non significa sottovalutare o banalizzare  i piccoli. Anzi. Lì c’è il cuore, l’essenza di un mestiere. La fatica dell’imprenditore, il senso del lavoro, del servizio al cliente. Dell’importanza del rapporto umano. Quel mondo non finirà mai. Però dovrà cambierà pelle.

In 10 anni (2014-2024), come scrive il sole 24 ore, sono spariti in Italia 1.077 forni (-3,9%) e 814 panetterie (-19,4%), 111 negozi di bevande (-2,2%), 468 pescherie (-6,5%). La situazione peggiore è per le macellerie che contano su 5.247 unità in meno (-17,6%) e per le latterie/formaggerie con 407 unità in meno (-22,6%). Nei prossimi dieci succederà anche alla GDO. Dovrà cambiare funzione e adeguare i formati. Ma quello spirito imprenditoriale continuerà ad esistere a mantenere le sue caratteristiche. A rappresentare la specificità del nostro Paese nel mondo.

E infine, come diciamo a Milano,  i “dané”. Fondamentali per crescere. Parole come omnichannel, sostenibilità, innovazione, e via discorrendo assumono significato non in base alle volte che vengono  pronunciate nei convegni ma alle risorse che vengono messe sul tavolo per realizzarle. E su questo essere grandi o piccoli fa una enorme differenza. Non basta qualche arbusto  pur ben piazzato, e poco più. E neppure qualche sporadica consegna a domicilio o qualche locker. Adesso poi arriveranno altre mode. Le insegne di questi tempi fanno di tutto per dimostrare di essere coinvolte nel cambiamento che proclamano. Purtroppo non è così. Le traiettorie sono diverse. Cercherò, come sempre di osservarle e di proporle attraverso i protagonisti.  Buona lettura!

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