Dirigenti, contratti e cultura della solidarietà

Purtroppo la figura retorica del manager solo al comando, egocentrico e poco interessato al destino altrui ha preso il sopravvento nelle convinzioni di gran parte dell’opinione pubblica.

Invidiato e odiato a seconda dei punti di osservazione si muove, in questa fase di cambiamento profondo, tra un autentico disorientamento sulle sue concrete prospettive di carriera e una trasformazione profonda del suo ruolo.

Può contare su diversi strumenti di supporto sia formativi che di welfare messi a punto, nel tempo, nei contratti nazionali costruiti dalle rispettive associazioni di categoria.

Ma c’è una cosa molto importante che, grazie soprattutto alle associazioni manageriali, risulta evidente a chi vuole capirne meglio, e da vicino, le caratteristiche umane e l’approccio culturale che possono essere messe in campo. E quali sono gli strumenti che le possono favorire.

E poterlo rintracciare concretamente in una categoria ritenuta chiusa, individualista e ripiegata su se stessa, spiega molte cose di quanto di buono e inespresso c’è ancora nelle nostre comunità.

Recentemente mi sono trovato ad una iniziativa benefica di Manageritalia in Piemonte a sostegno delle popolazioni terremotate. Innanzitutto mi ha colpito la grande partecipazione. Un mix di pensionati, dirigenti in attività e loro famiglie.

L’occasione era rappresentata da uno spettacolo musicale senza artisti particolarmente noti e senza molte pretese con alla fine una lotteria per incentivare le offerte economiche. La cosa importante era la grande partecipazione. Il sentirsi a casa propria. Un momento di incontro associativo dedicato ad un’iniziativa importante di solidarietà. Credo che se ne facciano molte e in ogni città ma non è questo il punto che volevo approfondire.

Dietro tutto questo non c’è solo un aspetto volontaristico. C’è un contratto nazionale. C’è cioè un percorso che, nel tempo, ha costruito un destino comune, un insieme di strumenti, cultura e punti di riferimento condivisi tra rappresentanti delle imprese e (in questo caso) i rappresentanti dei dirigenti che hanno deciso di favorire una visione collettiva, solidaristica, positiva di quello che al contrario avrebbe potuto essere solo retribuzione, diritti e doveri.

Chi ha pensato a suo tempo ad un welfare sanitario finalizzato a coinvolgere anche la famiglia del dirigente e lo stesso pensionato ha fatto una scelta che ha contribuito a costruire una cultura diversa. Certo occorre sempre accompagnare queste scelte con una grande attenzione ai costi per garantire la tenuta economica del sistema ma c’è un aspetto solidaristico che lo distingue e che solo un contratto nazionale poteva prevedere.

Così è per la previdenza integrativa. Pensarla nel secolo scorso quando la figura del dirigente aziendale poteva contare su un destino pensionistico roseo e garantito è stato un esempio di grande lungimiranza.

Così è per la formazione. Oggi si parla giustamente di diritto soggettivo per tutti i lavoratori. I dirigenti del terziario l’hanno costruita, attraverso il CFMT insieme a Confcommercio, dal 1974.

E gli stessi dirigenti non hanno protestato di fronte alla proposta di Manageritalia di aumentare per un anno la loro quota associativa finalizzandola al sostegno dei colleghi in fase di transizione occupazionale.

Il compito di qualsiasi organizzazione sindacale, sia che rappresenti il lavoro o le imprese è quello di essere sempre un passo avanti ai propri associati. Non un passo indietro. Ed è purtroppo quello che non riesce più a fare oggi la politica. Rifugiarsi “nel centro del fiume” non è mai una buona scelta.

E il “fieno in cascina” lo si mette da parte insieme proprio per superare le stagioni più difficili. Ecco perché vedere che una associazione di manager riesce a coinvolgere, condividere e costruire momenti di solidarietà fa ben sperare per il futuro del nostro Paese.

Ma questi momenti non nascono solo per l’intuito o la lungimiranza dei singoli. Hanno bisogno di luoghi di sperimentazione e di condivisione. E questi luoghi vanno consolidati, manutenuti e rinnovati affinché non siano ritenuti superati e vuoti contenitori di un passato che non ha più ragione di esistere.

Il senso di comunità e di solidarietà che ci caratterizzano come Paese rappresentano l’unico argine ai populismi e agli egoismi che si stanno diffondendo in tutto il mondo.

Difenderne i luoghi e gli ambiti è compito di ciascuno di noi.

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