Eurospin. Anche il discount italiano ha una responsabilità sociale

Tweet about this on TwitterShare on FacebookShare on LinkedIn

A tenere testa ai discount tedeschi di Lidl, Aldi e Penny Market, Eurospin rappresenta la principale risposta italiana. Nata dall’intuito di quattro imprenditori nel 1993 oggi vanta oltre 7 miliardi di fatturato, 1200 punti vendita  e più di ventimila dipendenti. Ottimi fornitori e non solo ottimi prezzi, completano il successo di questa realtà italiana. Difficile quindi trovare un punto debole.

Ci stanno provando i sindacati di categoria. Un paio di anni fa in una interessante intervista a Milano Finanza Luigi Mion ad una precisa domanda sulla ragione vera del successo di Eurospin del giornalista Stefano Lorenzetto ha risposto: “la produttività”. “La crisi l’abbiamo cavalcata. Ci ha insegnato a lavorare in modo diverso e a educare i fornitori ad abbassare i costi, trovando insieme a loro la strada per farlo”. Tra le righe dell’intervista appariva però, già allora, un altro problema. La difficoltà a trovare giovani da assumere disposti a questa tipologia di lavoro. Un elemento che tenderà ad essere sempre più presente nell’intero comparto. Liliana Manenti, sindacalista  Fisascat nella zona di Treviglio conferma – “c’è la fuga dei giovani da queste realtà. I giovani restano poco,  giusto il tempo di trovare   un nuovo posto di lavoro da lunedì a venerdì. Il lavoro nei negozi aperti il sabato e domenica rimane ancora per i giovani uno scoglio. Sempre meno giovani sono disposti ad affrontare i faticosi orari tipici di questo lavoro”.

I prezzi bassi e la qualità dei prodotti sono fondamentali ma il personale e la sua gestione possono trasformarsi nel tallone di Achille di questa insegna. Serve un riorientamento e la disponibilità ad assumersi impegni precisi. I sindacati di categoria sono di nuovo sul piede di guerra. Denunciano “Condizioni infernali, turni massacranti, irregolarità nei livelli di inquadramento. Non solo. Trasferimenti coatti in sedi lontane e atteggiamenti vessatori. Eurospin è tutto questo e altro. È zero tutele, zero rispetto”. Un giudizio duro e senza appello.

Un’immagine del “sottostante” completamente diversa da ciò che l’azienda trasmette di sé e del successo tra i consumatori. Ma cosa sta succedendo? Intorno al tema della produttività del lavoro si gioca, nell’intero comparto,  una partita decisiva. Sarà un argomento centrale nel prossimo rinnovo contrattuale. Soprattutto la sua declinazione a livello di insegna.  In un punto vendita, soprattutto di piccole dimensioni come un discount, si estrinseca ancora di più nella ottimizzazione massima dell’utilizzo delle risorse umane impiegate. E questo crea attriti con le rappresentanze sindacali.

Nella GDO non esiste un modello competitivo impostato su ricerca, innovazione, sviluppo ad alto tasso di valore aggiunto come nell’industria. Oltre alla gestione efficiente dei fornitori e della logistica sono le persone, la loro professionalità, il loro impegno e il loro utilizzo  a fare la differenza. Il costo del lavoro e il giusto dimensionamento nei costi aziendali è fondamentale. Soprattutto in questi formati. La produttività del lavoro in un PDV migliora o peggiora in base alla  differenza tra le ore individuali effettivamente lavorate e le ore potenzialmente  lavorabili calcolate  in un determinato e periodo. La loro ottimizzazione, individuale e collettiva  è fondamentale. In questo contesto è indubbio che il minor costo del lavoro, complessivamente inteso, rappresenti una leva decisiva per la competitività dell’insegna.  Certo c’è un limite sul singolo addetto e sulle regole stabilite dal CCNL che non vanno mai superate. 

Le accuse del sindacato sono però pesanti. Ultimative. Casi singoli e forzature, realtà dove c’è una managerialità  carente sono sempre possibili. Errori di gestione delle risorse umane locali, pure. Così come una certa insofferenza verso l’atteggiamento del sindacato interno o esterno quando, a volte,   rifiuta di comprendere un’emergenza o manca una visione di insieme in un’azienda che investe e crea occupazione.  Ma ciò che viene denunciato è ben altro. Adesso siamo addirittura alla probabile dichiarazione di sciopero dell’intero gruppo.

Il clima sociale nei PDV in generale appare però diverso da ciò che viene rappresentato dai  sindacati. Personalmente credo che un serio confronto con i sindacati sulla produttività e sulle prospettive dei singoli punti vendita, in un’insegna che, al di là delle polemiche, continua ad assumere e a crescere, sia fondamentale. Usare il CCNL scaduto come trincea invalicabile e non come terreno di sperimentazione lo trovo un errore da parte dei sindacati. Soprattutto  nella fase che precede il suo rinnovo. Un discount non è un ipermercato. Il numero degli addetti, la loro flessibilità e il loro impegno vanno inseriti in quel contesto organizzativo rapportandolo al flusso dei clienti nella giornata e all’organico presente nel PDV.

Anche il tema delle pulizie nel PDV e sui piazzali, gestite o riportate all’interno andrebbe  definitivamente affrontato. Rifiutare la mansione per via di un inquadramento figlio di un’altra epoca  è come fare la guardia ad un bidone vuoto. La gestione delle pulizie viene ormai  sempre più riportata all’interno in numerose aziende. E non credo sia preferibile lasciare a casa lavoratori già in forza sostituendoli con nuovi ingressi  a tempo determinato e sotto inquadrati da qualche cooperativa di servizi.  Altra cosa è confrontarsi sulla organizzazione delle pulizie durante l’orario di lavoro e la sua turnazione tra tutti gli addetti individuandone  una più equa distribuzione.

C’è, nella precipitazione di  questa vicenda,  un evidente problema di forma e uno di sostanza. Quello di forma è superabile con una dose sufficiente di buonsenso. Un tavolo di confronto va aperto e le istanze dei rappresentanti dei lavoratori ascoltate. Claudia Belotti, segretaria generale Fisascat Cisl di Bergamo conferma al Corriere che “in occasione degli stessi incontri avevamo espresso la necessità non rinviabile di mettere rapidamente in agenda la discussione dei molti problemi da tempo segnalati da molte strutture territoriali a nome e per conto delle lavoratrici e dei lavoratori”. La sostanza è rappresentata da quanto, le richieste sindacali, sono risolvibili in un contesto organizzativo di quel tipo.

Dall’elenco proposto nei comunicati sindacali alcuni temi addirittura  rimandano a materie poste al tavolo del rinnovo del CCNL. Altri mi sembra segnalino equivoci gestionali che andrebbero  chiariti. Eurospin, in un altro caso che coinvolgeva una lavoratrice a cui era scaduto il comporto della malattia, non ha avuto problemi a rivedere la propria posizione: “Abbiamo sbagliato a non approfondire la sua situazione come meritava” hanno dichiarato prima di ritirare il licenziamento. Qui occorrerebbe un atteggiamento simile. 

Albert Einstein così tanto citato dalla pubblicità dell’insegna ma anche nelle provocazioni sindacali ricordava: “La misura dell’intelligenza è data dalla capacità di cambiare, quando è necessario”. Ed è questa la sfida che attende sia l’azienda che le organizzazioni sindacali. 

Tweet about this on TwitterShare on FacebookShare on LinkedIn

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *