Anche a Rimini fu un ingegnere a mettere a terra un suo grande sogno. Al largo delle coste tra Bellaria e Igea Marina nacque l’Isola delle Rose. Una micronazione ideata da Giorgio Rosa, un uomo visionario intenzionato a creare un’isola felice in mezzo al mare andando contro corrente rispetto all’epoca. Lì dove è nato, il sogno è tramontato, travolto dalla cultura del tempo e dalla burocrazia. A Terni, pur su scala ridotta, è nata un’idea per certi versi anch’essa rivoluzionaria ideata dall’ingegnere lecchese Davide Milani, che ha voluto dare vita a una formula commerciale che coniugasse innovazione tecnologica, sostenibilità ambientale, valorizzazione della comunità locale.
L’esperimento ha funzionato pur poi terremotato dalla pandemia e da una ripartenza con costi pesanti per tutti che ha travolto start up tecnologiche importanti e azzerato decine di iniziative per mancanza di risorse economiche. Il caro bollette poi ha messo in ginocchio molte piccole imprese compreso il percorso che ha generato Vivogreen ma non certo l’idea e la sua possibile prospettiva futura. Il supermercato, primo store a Terni e in Italia privo di casse e imballaggi, si caratterizzava per tecnologia, sostenibilità ambientale e collaborazione con le scuole, nell’arco di pochissimi mesi ha visto aumentare del 300% le bollette elettriche. Difficile per chiunque risalire la china.
Lo riprendo oggi proprio perché le luci della ribalta sono spente. Oggi si può parlare dell’idea approfondendone limiti e opportunità. Cosa c’era e cosa c’è di innovativo e di geniale in quel progetto e cosa ci può insegnare per il futuro. La prima lezione è che l’innovazione si genera e si alimenta dal contesto, dal lavoro di squadra e che necessita di risorse economiche adeguate. Non basta un’idea. A Terni si sono create le giuste condizioni per il suo sviluppo.
Nato come progetto didattico nel 2019 per poi essere sviluppato insieme ad alcune scuole superiori della città. Gli studenti hanno collaborato attivamente, ognuno per la propria parte di competenza: dalla realizzazione delle antenne, del reader e del gate, fino alla progettazione e realizzazione del quadro elettrico con sensori, dalla lettura dei tag Rfid e del software per il conto automatico, al disegno del logo e delle etichette fino agli studenti dell’ alberghiero e di lingue con loro specifici contributi. Un progetto di economia circolare a consumo zero di rifiuti e in grado di rimborsare la tassa Tari grazie a un algoritmo brevettato, abbracciando così la filosofia “meno inquino, meno pago”.
“Abbiamo voluto che la tecnologia non fosse fine a sé stessa, ma messa al servizio della comunità per creare un vero valore aggiunto”, commentò Davide Milani in un intervista durante il lancio dell’iniziativa. Il progetto “Il Negozio del Futuro” utilizzava le competenze che si sviluppano nelle scuole per innovare il concetto di commercio alimentare in un’ottica di sostenibilità e circolarità. Non c’è solo Amazon e altre iniziative in Europa e negli USA che puntano a innovare la customer experience grazie ai “pagamenti invisibili”. L’identificazione dei prodotti acquistati e la procedura di addebito sono stati studiati e garantiti grazie alla tecnologia Rfid e gestiti da XPay, il gateway di pagamento di Nexi partner del progetto e che ha realizzato per VivoGreen l’infrastruttura tecnologica che abilitava i pagamenti invisibili. Infine, VivoGreen ha scelto di collaborare anche con i produttori locali che, oltre a fornire gran parte dei prodotti in vendita, avrebbero potuto disporre presso il negozio di un punto di contatto con i clienti grazie alla predisposizione di un’area per dialogare in modalità virtuale.
Per pagare, dopo la registrazione online o in negozio i dati e la carta di pagamento venivano associati a una tessera che dava accesso allo store. Da quel momento, si poteva entrare nel PDV e fare la spesa prendendo direttamente i prodotti a scaffale dotati di un tag identificativo, farsi servire dal personale per i prodotti da banco, e uscire con la spesa senza passare da nessuna cassa. E senza fare code. Una tecnologia brevettata che costa infinitamente meno rispetto a quella Amazon.
Sul versante dell’assortimento, il contesto li ha costretti a ricercare un compromesso tra una scelta di prezzi alti e prodotti di estrema qualità giocando sull’assortimento, sugli acquisti grab and go e sulla fidelizzazione indotta per la scelta dell’ecosostenibilità. Un modello di business interessante e da approfondire che coglie assolutamente i trend futuri. È chiaro che il modello non solo funziona ma è replicabile sul larga scala. Occorrerebbe trovare partnership che ne sappiano cogliere l’essenza e che siano in grado di mettere a disposizione le risorse necessarie per crescere.
La logica porta a supporre un’evoluzione del modello di convenience store. Il più adatto allo scopo. Ha ragione Giorgio Santambrogio. Il futuro non è necessariamente dei discount. Quest’ultimo è un formato che oggi incrocia l’esigenza del consumatore coma altri che mantengono la loro attrattività. I formati, tutti i formati, hanno dei cicli vitali e si adattano all’evoluzione dei consumi. Il futuro è però di chi saprà mettere al centro il consumatore, le sue esigenze, i suoi tempi e le sue aspettative. Il formato, segue.
So che molti amici non lo condivideranno ma un modello che si presta ad un’innovazione tecnologica spinta e che secondo me avrà un futuro è nell’evoluzione dei Konbini giapponesi la variante orientale dei convenience store dove è possibile trovare praticamente tutto quello che può servire a tutte le ore del giorno e della notte: cibo, bevande, beni di prima necessità e altri servizi. Un formato che si presta più di altri ad un’innovazione tecnologica destinata ad affiancarsi ad altri modelli di punto vendita sia specializzati che strutturati per le diverse tasche. Un modello che attraverso la rivoluzione attesa nella supply chain e dell’offerta indotta dall’IA condizionerà il futuro del comparto. Anche il discount fu accolto con scetticismo e poi abbiamo visto tutti come è finita.
Cosa ci dice però di interessante l’esperimento sempre attuale di Vivogreen a Terni? Che lo spazio c’è. Sta al comparto crederci e investire. Soprattutto guardare avanti per evitare di ripercorrere solo ciò che è stato uscendo dalla logica del “si è sempre fatto così”.