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Questa settimana sono a Bruxelles dove risiedo per una parte dell’anno. Pur essendo un Paese che ha gli stessi abitanti di Lombardia e Liguria messe insieme la situazione della GDO belga presenta aspetti interessanti. La centralità in Europa, l’eterogeneità e le contraddizioni della popolazione residente, le profonde differenze territoriali, le dinamiche sociali forniscono spunti su cui riflettere. Nella GDO il leader,  Colruyt, è sulla difensiva, Ahold Delhaize punta decisamente a crescere. Albert Heijn mantiene il suo ruolo di catalizzatore di progetti, anche sulla sostenibilità. È interessante osservare come i discounter tedeschi, Aldi e Lidl, stiano divergendo sempre di più nelle loro strategie. Il primo sembra puntare ad un “ritorno alle origini”: l’assortimento dei marchi privati è stato semplificato rispetto allo scorso anno, gli acquisti sono più centralizzati a livello internazionale e la politica dei prezzi sta diventando più aggressiva. I saldi del fine settimana sono la risposta allo shopping domenicale. Da Lidl, invece, l’assortimento in negozio raggiungerà presto le 2600 referenze (in Italia supera le 3500),  e i pop-up store stanno valorizzando l’offerta online. L’azienda ha riorganizzato la sua gestione internazionale e nominato, per la prima volta da molto tempo, un CEO belga. Vedremo quale strategia  si imporrà.

Costi del personale e difficoltà a reperire risorse spingono verso soluzioni tecnologiche. Tendenza attuale e futura: l’intelligenza artificiale. Presso Carrefour sono già in atto una serie di applicazioni, presso Albert Heijn è disponibile un assistente culinario intelligente e altre innovazioni sono in preparazione. In Carrefour crescono le iniziative a sostegno del  rilancio: il  pop up second hand Reeborn, l’app di cucina Coco, le iniziative di accessibilità ad Auderghem, l’attivazione di Scan Mania, la nuova campagna Act for Food, e, infine gli interventi sui prezzi.

Mi ha però incuriosito la scelta di fare spazio, in un suo punto vendita periferico,  al marchio di catering belga-italiano “Prego!” che propone piatti italiani da ritirare e successivamente da completarne la cottura. Tutto come fatto in casa, con prodotti freschi e senza conservanti. Pasta fresca, lasagne, pinse, dolci gourmet, da gustare subito o comodamente a casa. Un primo test, un corner di 50 metri quadri con 4/5 addetti nell’ipermercato di Bierges, un piccolo comune a una trentina di chilometri da Bruxelles. Siamo in Vallonia dove vive circa il 65% dei 270.000 italiani residenti in Belgio. È un esperimento destinato ad avere sviluppi sia in Belgio che in Francia. “Prego!” ha aperto il suo primo negozio a Stokkel (Bruxelles) nel marzo 2023 che avevo allora visitato. Il 2025 è un anno importante per le prospettive di crescita della società Almeno nelle convinzioni di Julie Vandenbrande (CEO). La cucina centrale è a Charleroi,  2.000 m² con una linea centrale lunga 13 metri dove vengono prodotti pasta (spaghetti, tagliatelle, rigatoni, ravioli), salse (bolognese, italiana, ai quattro formaggi, tartufata e ai funghi…) e altri ingredienti. Questi vengono poi inviati ai negozi, dove vengono assemblati secondo i desideri dei clienti. Una cucina che può rifornire fino a 30 negozi. Da qui le evidenti ambizioni di crescita.

L’obiettivo del pareggio finanziario prevede almeno 18 negozi. Oggi sono 4 i punti vendita. Quest’anno sono però previste altre 10 aperture, tra cui la prima nelle Fiandre, nei centri commerciali Waasland (Sint Niklaas) e Wijnegem (Anversa). Per il 2026 è previsto anche lo sviluppo nel nord della Francia. “Vogliamo innanzitutto che il mercato belga sia redditizio e che il concetto di base funzioni bene. Il Belgio rimane un mercato test ideale” ha spiegato il CEO Julie Vandenbrande. In Francia lo sviluppo futuro sarà probabilmente realizzato tramite franchising, mentre l’attuale modello belga  consente una maggiore agilità nel testare le ricette e nello sviluppo del modello. Quando è stato lanciato, la proposta prevedeva che il consumatore dovesse riscaldare i piatti acquistati in modo tradizionale. Oggi abbiamo adattato le nostre ricette in modo che possano essere preparate nel microonde.” Vedremo gli sviluppi. Nella visita il PDV mi è parso accattivante e i prodotti, tutto sommato, discreti. 

Altri due progetti interessanti coinvolgono l’insegna Delhaize. Il primo risponde all’esigenza dei consumatori più attenti di poter tracciare il percorso del cibo che arriva nel piatto. Un semplice codice QR sulla confezione di un prodotto trasporta i consumatori in un’esperienza di realtà aumentata immersiva, mostrando loro video e informazioni sulla provenienza del prodotto alimentare che hanno in mano. Il secondo progetto riguarda il ripensamento dell’intera architettura del marchio e del packaging MDD del marchio Delhaize stesso. In totale, circa 3.000 referenze, suddivise in 50 categorie.  La gamma mainstream “Me Too” punta sull’accessibilità e sul riconoscimento: focalizzata su prodotti di uso quotidiano, con colori vivaci per un look fresco e moderno. Per quanto riguarda la gamma “Me Better”, viene  messa in risalto raffinatezza e qualità.  È dedicata a prodotti con valore aggiunto, come ingredienti speciali o una ricetta unica, e i benefici del prodotto sono evidenziati trasversalmente in un claim turchese facilmente identificabile. Il leone, simbolo dell’insegna, incarna l’impegno di Delhaize verso l’eccellenza.

Virginie Simon, brand design expert Delhaize: “Le due gamme erano troppo simili e poco riconoscibili, il che rendeva difficile l’identificazione sullo scaffale. Abbiamo collaborato a stretto contatto con Becoming Group  per tradurre la strategia del nostro marchio in un design innovativo e ponderato. Il risultato non solo rafforza il riconoscimento dei nostri prodotti, ma offre anche ai nostri clienti un’esperienza di acquisto distintiva”. I consumatori sovraccarichi di informazioni quando si muovono tra i corridoi dei  supermercati cercano prodotti sicuramente convenienti e di qualità ma che siano anche facilmente riconoscibili. Una riprogettazione che enfatizza prodotti qualitativi, ma accessibili, che soddisfano  le esigenze dei consumatori e riflettono l’obiettivo di Delhaize di creare un’esperienza cliente distintiva con codici visivi chiari per le sue due gamme di private label. Nulla di particolarmente innovativo ma non per questo meno  interessanti. 

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