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Oltre alle immancabili classifiche tra le insegne USA, il rapporto You Gov (leggi qui) ha analizzato le variazioni negli atteggiamenti e nelle abitudini di acquisto tra le generazioni. Vale per gli USA ma, come indicatore su cui riflettere,  può essere utile anche per noi. Ovviamente facendo la tara alle generalizzazioni derivate da queste impostazioni. La Grande Distribuzione ha accompagnato ed esaltato il boom economico del secolo scorso, l’homo consumens di Zigmunt Bauman de “lo sciame inquieto dei consumatori e la miseria degli esclusi”. Un’epoca che sta cedendo il passo, da un lato,  a comportamenti più sobri e ad abitudini alimentari sempre più corrette e attente al contesto e dall’altro, ad un inevitabile attenzione ai costi indotta dalla compressione del  reddito disponibile. Livelli di istruzione,  Informazione e capacità di utilizzo delle tecnologie a disposizione, fanno però la differenza.

Tramontata o quasi la “Generazione silenziosa” (1928-1945), la palla è passata ai Boomer (1946-1964): l’anima della Silver Economy, un segmento strategico per diverse aree di business. Secondo le Nazioni Unite, l’invecchiamento della popolazione è una tendenza globale irreversibile. Entro il 2050, si prevede che il numero di persone di età pari o superiore a 65 anni raggiungerà 1,6 miliardi, con 1 persona su 6 in tutto il mondo che rientra in questa fascia di età.  Circa il 17% della popolazione americana ha 65 anni, una percentuale che si prevede raggiungerà il 22% entro il 2050. Ciò rappresenta un aumento significativo rispetto al 1950, quando solo l’8% della popolazione aveva 65 anni o più. In Cina, la percentuale della popolazione di età pari o superiore a 60 anni era pari al 18% all’inizio del nuovo decennio, e si prevede che questa quota crescerà rapidamente, raggiungendo una stima del 40% entro il 2050. Tirate le somme in casa nostra, si stima che gli anziani italiani generino una spesa annua di oltre 200 miliardi di euro, pari a circa il 10% del PIL. I boomer tendono a riprodurre priorità, valori e comportamenti di acquisto tipici della società dei consumi. L’esperienza della spesa nei negozi fisici fa parte di quelle abitudini. Esperienza di acquisto, scaffali ricchi di offerte, volantini, sconti, promozioni, raccolte, pazienza in coda alle casse ne rappresentano il modello che conosciamo e tramandiamo. Un modello dove non si compra solo lo stretto necessario ma ci si fa tentare anche da ciò che si vede mentre si gira con il carrello tra le corsie. 

Sotto i boomer c’è movimento. La generazione più problematica per i negozi fisici USA sembrerebbe la generazione Z (1997-2012). Rappresenta già quasi un terzo della popolazione mondiale. Consumatori di oggi e di domani, puntano ad un’esperienza di acquisto sempre più fluida, veloce e connessa. È quella che, nell’indagine USA, più di tutte, afferma che  fare la spesa è noioso (40,5%) e che  al supermercato acquista  solo ciò di cui ha bisogno (59,9%). Nata con Internet, la Generazione Z usa con estrema destrezza dispositivi mobili, social media, nuove tecnologie e ciò si riflette nelle abitudini di acquisto. Ad esempio, il 92% dei membri della Gen Z ha già acquistato prodotti online – rispetto all’88% del resto della popolazione – e il 72% usa lo smartphone per fare acquisti. Ciò non significa che stiano abbandonando i punti vendita: il 32% tende a privilegiarli per i propri acquisti e il 44% acquista online tanto quanto in negozio. Questa generazione punta ad un’esperienza di acquisto unificata, qualunque sia il canale utilizzato, e attribuisce grande importanza alla coerenza delle informazioni fornite. Indipendentemente che provengano da parenti e amici, altri consumatori o influencer, le recensioni hanno un ruolo cruciale nella decisione di acquisto delle nuove generazioni. La Generazione Z non si limita a seguire i consigli degli altri, ma anche a darli: il 93% dei membri di questa generazione afferma che consiglierebbe un negozio online a una persona cara, 6 punti in più rispetto al resto della popolazione. Il 12% effettua la maggior parte dei propri acquisti online sui social media, contro il 6% del resto della popolazione. Hanno anche preso l’abitudine di guardare dei video su YouTube (34%) e TikTok (21%) prima di procedere all’acquisto.

I Millennials (1981-1996) sembrerebbero i più propensi a dire che amano  pianificare la loro spesa settimanale (61,9%) e preferiscono  fare acquisti “poco e spesso” piuttosto che “tanto e meno spesso” (51,1%). I millenials sono una generazione di mezzo. A questa categoria appartengono cioè coloro che sono cresciuti senza la tecnologia leggera tra le mani, ma che poi hanno ampiamente accolto la svolta degli smartphone e della comunicazione digitale. I millennials amano il locale tanto quanto il globale; sono contro lo spreco (di tempo e di rifiuti), risparmiano comprando prodotti in scadenza, ma spendono di più per beni artigianali e di qualità. Il fatto di essere nati a cavallo dell’arrivo della tecnologia leggera, li porta a unire, nella vita quotidiana, esperienze di vita reali con le condivisioni virtuali. Sezionando i gusti e le preferenze di questa fascia d’età, i dati rilevano che si tratta di consumatori generalmente più attenti ai temi della sostenibilità e contrari all’uso di pesticidi, elementi sintetici ed emissioni di CO2 nei processi produttivi. I millennials prediligono infatti il consumo di beni artigianali e “a chilometro zero”.

Secondo uno studio di GlobalWebindex, tra i nati dopo il 1981, 6 persone su 10 sono disposte a pagare di più, se il prodotto è ecologico e sostenibile. A questa categoria di consumer, non a caso, piacciono le app per riutilizzare i beni di seconda mano. I millennials, come detto, comprano generi alimentari agli sgoccioli delle scadenze e amano oggetti riciclati e riciclabili. In altre parole, il no-waste è il loro mantra. Tra gli incentivi all’acquisto che catturano i Millennials, ci sono i beni “cruelty free” (cioè quei marchi che si dichiarano contro la tortura degli animali) e i brand che sposano campagne di comunicazione inclusive. I dati raccolti da Quantilope lo confermano: il 72% degli intervistati pensa che diversità e inclusione siano temi fondamentali. Anche la velocità dei tempi di oggi incide sui consumi della generazione Y. C’è bisogno di risparmiare tempo e la frenesia porta a preferire le consegne iper-veloci. Una generazione che in conclusione può essere definita 100% omnichannel. Esigenze diverse che impattano sulle scelte dei retailer USA ma anche da noi. Interessante è in conclusione che si stiano affacciando consumatori che trovano decisamente noioso fare la spesa. Sette punti in più rispetto ai boomer. Non è una sentenza definitiva ma, certamente, un elemento su cui riflettere. 

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