Tra le numerose visite nei punti vendita in vista del Natale non poteva mancare Eataly. Ero veramente curioso di vedere dal vivo il nuovo punto vendita ex Smeraldo. Chi lo aveva visitato nei giorni dell’inaugurazione me ne aveva parlato bene. Per quanto mi riguarda preferisco girare nei punti vendita quando il clima interno perde l’attenzione dei capi e i riflettori si spengono. Era molto tempo che non andavo in Piazza XXV Aprile a Milano. Per questo ho colto al volo l’invito di Gabriele Belsito, Chief Human Resources Officer di Eataly. Un vero esperto della funzione HR che conosco da anni con una lunga storia professionale.
Eataly, nella GDO tradizionale è ritenuta figlia di un dio minore. Come, dalla parte opposta, i discount. L’insegna, nota in mezzo mondo, sta cambiando pelle pur cercando di mantenere il suo profilo originario. Ovviamente, format, assortimento e prezzi, rendono quel modello, altra cosa rispetto alla GDO. Chi però ha sottovalutato i discount, a mio modesto parere, rischia di sottovalutare, pur sotto un altro profilo competitivo, gli elementi di innovazione presenti in Eataly sulla gestione del prodotto e del brand, sulla cura e il coinvolgimento del cliente e sulla centralità dei professionisti che interagiscono con il cliente stesso. Quando entro in un negozio di qualsiasi insegna cerco di non avere pregiudizi. E in questo punto vendita di stimoli interessanti ne ho trovati molti. Innanzitutto il layout.
Completamente rivoluzionato. 4.500 metri quadri, diversi punti di ristoro, i banchi della macelleria, pescheria, salumeria, panetteria e pasta fresca. Un corner con food per vegetariani e vegani, una fornitissima enoteca. All’ingresso ho incontrato Diego. Un ragazzone che non ti lascia andare via se non hai assaggiato le diverse declinazioni dei panettoni Eataly prima di pensare di acquistarli. Con competenza e tatto intrattiene e propone un assaggio del tradizionale dolce natalizio meneghino. Non ti vende una confezione, uno chef o una marca famosa a scatola chiusa. Ti accompagna nella degustazione. Ti ascolta e ti guida. Altri professionisti ti aiutano a scegliere i prodotti da acquistare o da consumare al ristorante. Hai così la possibilità di avere consigli competenti sia dagli addetti che da efficaci totem interattivi.
Professionisti terzi si occupano di latticini o pasta fresca dandoti l’impressione di essere finito in un grande mercato aperto sul modello di quelli che incontri in diverse capitali europee. È poi c’è pure una scuola dove si organizzano corsi di cucina ed eventi, corsi di degustazione, per ragazzi. Perfino per bambini sotto gli undici anni. Pranzi e cene aziendali, feste, show cooking, meeting e molto altro. Qualità dei prodotti a parte, è interessante la crescita della marca privata premium Eataly. Oltre 100 referenze tra pasta, cioccolato, olio evo, aceto balsamico, caffè e prodotti destinate alle festività. Mi immagino cosa sarebbe disposta a pagare un’industria di marca del food per entrare su quegli scaffali. Resta il fatto che per l’azienda, oggi del fondo Investindustrial, vale la stessa regola di Whole Foods “siamo noti per quello che vendiamo ma soprattutto per quello che non vendiamo”. E nel flag ship store si trovano solo prodotti italiani. Persino la MoleCola Rossa una cola italiana dal gusto tradizionale.
Gli spazi sono costruiti a vasi comunicanti, non ci sono barriere. Il confine tra acquisto tradizionale, ristorazione, grab and go sono virtuali. Si può andare di fretta o girare con calma. Informarsi o gustare. Con Natale alle porte le idee regalo non mancano. Ce ne sono per tutte le tasche e sono componibili in base ai propri gusti e alle proprie disponibilità. Certo i prezzi non sono popolari e l’assortimento pur di alta gamma è limitato ma il negozio era comunque strapieno. Mi ha un po’ ricordato la Rinascente di Piazza Duomo per l’approccio al cliente.
Cosa mi ha colpito e cosa, a mio parere, può insegnare. Mi sembra di aver contato 12 punti ristoro. La caffetteria, il corner di Artisti del Vegetariano, i banchi del fritto, dei salumi e formaggi nonché il laboratorio di pasta fresca (eccezionale) e il caseificio Miracolo a Milano dove ogni giorno vengono prodotte mozzarelle fresche e altre tantissime specialità come la treccia, la ricotta e la stracciatella utilizzando solo latte fresco di fattorie a pochi chilometri da Milano. Questo consente di fare la spesa e, nello stesso momento, di poter assaggiare formaggi appena fatti e crudité di mare direttamente dalla pescheria. Il coinvolgimento del cliente e l’esperienza di acquisto al centro mi sembrano molto più realizzati in questo progetto che altrove. Fare la spesa, mangiare o frequentare un corso di cucina, essere circondati da professionisti del cibo consente un’esperienza veramente a 360°. Un altro aspetto su cui riflettere è l’alta professionalità richiesta e agita dagli addetti. Addirittura alcuni banchi sono gestiti da terzi esperti e garanti della qualità sul modello Gran Frais in Francia o Morrisons in GB.
Clima interno, passione, disponibilità e professionalità sono un mix unico da sottolineare. Questo significa un ottimale gestione del personale. Un altro elemento da sottolineare è che Eataly non fa fatica a trovare addetti. La forza del brand si vede anche da queste cose. Credo sia un dato su cui riflettere.
Infine la marca privata. Al contrario della GDO che utilizza marchi di fantasia qui viene messo in campo direttamente il brand Eataly è il prodotto premium di fascia alta. È quindi l’insegna stessa a garantire il top di gamma. Una scelta logica per l’estero o per luoghi specifici dove i flussi turistici la giustificano. Coraggiosa per l’Italia. In questo periodo natalizio sembrerebbe funzionare alla grande. L’avevo scritto ai tempi del Viaggiator Goloso di UNES. Credo che, molti come me, non siano esperti buongustai alla caccia della singola marca sconosciuta in grado di fare grandi distinguo ma sono alla ricerca di un brand ombrello che garantisca il miglior gusto e la qualità di un prodotto. E sulla fiducia sono anche disposti a spendere di più. Personalmente mi fido più del brand Eataly che di un marchio sconosciuto pur posto sul loro scaffale. Soprattutto perché l’insegna si mette direttamente in gioco.
Ovviamente vedremo in futuro se i riscontri confermeranno questa scelta. L’impressione comunque è di trovarsi in un luogo che non smentisce le proprie origini e la propria vocazione ma cerca un posizionamento più equilibrato. Il primo impatto è stato positivo. Mi riprometto di ritornarci con calma più avanti per valutare consuntivi e progetti.