Metalmeccanici, la via italiana alla collaborazione..

L’assemblea di Federmeccanica rappresenta un passaggio importante nella storia delle relazioni industriali del nostro Paese. Non solo per l’invito formale ai tre Segretari Generali dei metalmeccanici.

La presenza del Presidente di Confindustria Vincenzo Boccia, l’intervento del Presidente uscente Fabio Storchi e quello del nuovo Presidente Alberto Dal Poz, 44 anni, dimostrano che dietro il rinnovo contrattuale e gli impegni in quel contesto concordati c’è una strategia precisa.

Non solo e non tanto per la consapevolezza che in ottica industry 4.0 il ruolo della persona ritorna centrale per rimodellare l’impresa post fordista ma che questo ritorno di centralità non esclude affatto il sindacato. E che, con lo stesso sindacato protagonista (insieme a loro) della stagione della contrapposizione e dell’antagonismo, si può costruire, insieme, la nuova fase.

Il caloroso applauso riservato ai tre leader sindacali e l’attenzione dedicata ai loro interventi dimostrano che l’intenzione di volerci provare non è strumentale. L’enorme e convinto consenso al nuovo contratto espresso dall’insieme dei lavoratori rappresenta una aspettativa che, come ha sostenuto Landini nel suo intervento non deve andare delusa.

Così come Bentivogli e Palombella hanno giustamente indicato nella gestione del contratto stesso la prova del nove con cui misurare, concretamente, questo cambiamento.

Al nuovo Presidente di Federmeccanica non aspetta un compito facile in questo quadriennio. Queste aspettative devono tradursi in risposte concrete per i lavoratori ma anche per i propri associati che, in grande parte, si troveranno protagonisti di un confronto completamente diverso da quello a cui erano abituati.

E qui il ruolo della Federazione, sia a livello nazionale che territoriale sarà fondamentale. In altri comparti la centralità della persona e del lavoro avviene senza il sindacato (o, contro il sindacato).

Il professor Stefano Zamagni parla, in questo caso, di “totalismo aziendale”. Di una tecnica obiettiva e razionale e un insieme di strumenti e procedure per una gestione performante delle organizzazioni costruita intorno alla figura del leader, che coincide con il CEO, ad una richiesta di adesione a valori, cultura e atteggiamenti prodotti esclusivamente all’interno dell’impresa stessa.

Questi modelli, adottati sopratutto da gruppi multinazionali rischiano di determinare un rapporto di dipendenza fragile, esclusivo, di difficile compatibilità con tutti i fattori critici esterni, personali o collettivi, quindi fortemente totalizzanti.

Per questo è ancora più interessante la chiave di lettura dell’impresa che innova ma che coinvolge anche il sindacato proposta da Federmeccanica che ha le sue radici proprio nel contratto nazionale.

Perché è evidente che la prossima contrattazione aziendale dovrà condividere percorsi e risposte su due temi tipici del “potere” aziendale classico: la revisione dell’inquadramento e la traduzione concreta del diritto soggettivo alla formazione. Ed è su questi temi, che può riprendere colore e forma, il cosiddetto “Patto di fabbrica” del Presidente di Confindustria.

È chiaro che i riflettori di chi crede nel cambiamento e nell’innovazione, anche sociale, sono tutti lì. Mi sembra costituiscano un deciso passo in avanti rispetto alla tradizione dei chimici e degli alimentaristi dove, alla disponibilità dei sindacati di categoria, le rispettive associazioni datoriali devono gestire con maggiore cautela le contraddizioni al loro interno e quindi riservano a singoli gruppi o aziende il terreno della sperimentazione.

O nel terziario dove il sindacato si sta “suicidando” motu proprio per inadeguatezza complessiva confermando ancora una volta i propri limiti e rinunciando così ad opportunità di innovazione vera. Il messaggio, uscito ieri, è importante. Si fa sul serio e ognuno deve assumersi le proprie responsabilità.

A cominciare dalla gestione del contratto nazionale. Credo che tutti coloro che auspicano una svolta positiva e collaborativa delle relazioni sindacali non possano che essere soddisfatti. Adesso tocca ai protagonisti riprendersi la scena.

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