Nasce Unicoop Etruria tra speranze e preoccupazioni…

Quando penso al mondo della cooperazione mi viene sempre in mente la storia sufi degli indiani ciechi a cui viene chiesto di descrivere un elefante semplicemente toccandolo. Ovviamente ciascuno, a seconda di cosa tocca, descrive un animale diverso. La proboscide appare come un serpente, la gamba, una colonna. La coda è, infine  una frusta. Ognuno si intestardisce sulla propria descrizione e accusa gli altri di non saper presentare un insieme coerente.  La parabola mostra che la percezione di chi osserva (o di chi la vive in prima persona), pur essendo indiscutibilmente corretta,  rappresenta solo una modesta parte della realtà perché quest’ultima è ormai composta da esperienze e prospettive diverse.

Qualche decina di anni fa sarebbe stato molto più semplice. Oggi il temine “cooperazione” disegna certamente un perimetro comune di valori, una strategia che però  non riesce più ad avere una sola declinazione. Nel caso di Conad che conosco meglio, ciascuna cooperativa, pur provenendo da una matrice comune, è oggi ben altra cosa rispetto al giorno in cui Palmiro Togliatti, nel 1962, l’ha pensato  probabilmente per non lasciare campo libero ai democristiani tra i commercianti. I comportamenti agiti sul fronte del business ormai sono da leader di mercato locale e nazionale. Il tema dei costi e delle sinergie diventa ineludibile. Le Coop devono competere in un contesto molto diverso dal passato e questo vale in tutti i Paesi  dove il modello cooperativo, pur declinato localmente, si è affermato. L’essere cooperante è semmai un plus, spesso faticoso  da gestire. Non può essere però un vincolo che frena il sistema in un contesto altamente competitivo.

Bene  l’orgoglio per la maglia Indossata. C’è nelle multinazionali, nelle imprese padronali, ci mancherebbe non fosse presente, in misura maggiore,  nella cooperazione. Il punto, qui come altrove, è che ogni cooperativa, in mancanza di un collante condiviso di sistema, rischia di sentirsi più cooperativa delle altre. E quindi confondere quello che appare al proprio sguardo con l’orizzonte del sistema complessivo. Conad c’è già passata.

Il percorso di aggregazione tra Unicoop Tirreno e Coop Centro Italia deliberato dai rispettivi CDA va in questa direzione. La loro unione darà vita ad una delle più grandi cooperative di consumo in Italia con l’obiettivo di sviluppare sinergie e ottimizzare i costi. Il piano industriale prevede di costruire nei prossimi tre anni una grande cooperativa competitiva nell’Italia centrale forte di 800 mila soci. La fusione rientra nelle analisi cui è giunto lo scorso settembre il Distretto Tirrenico, come unica strada per rafforzare il brand Coop sui rispettivi territori. Unicoop Tirreno è una realtà attiva da 80 anni in Toscana, Lazio e Umbri, con 98 supermercati, 3.500 dipendenti e 510mila soci, mentre Coop Centro Italia, nata nel 1997, può contare su con oltre 270mila soci, 2.300 lavoratori e 76 punti di vendita in 7 province: Perugia, Terni, Macerata, Rieti, Viterbo, Roma, L’Aquila).

Da punto di vista geografico sarebbe stato logico supporre un ruolo ancora più da protagonista  di Unicoop Firenze nell’operazione. Cosa esclusa categoricamente. Anzi. Le cessioni della rete Doc a Roma, secondo Unicoop, dimostrerebbero la necessità di continuare a focalizzarsi sulla Toscana per mantenerne e rafforzarne la leadership. Temo però che questa presa di distanza da future convergenze  confermi che le logiche e le dinamiche tra differenti cooperative non siano facilmente  superabili. 

I sindacati confederali di  categoria prendono atto della fusione proposta, stigmatizzano i fallimenti realizzati nelle gestioni precedenti e i sacrifici a cui sono stati chiamati i lavoratori coinvolti, ma, correttamente, si propongono di accompagnare il processo. Il confronto non potrà che avvenire sul piano industriale. Al contrario i  sindacati di  base  picchiano duro: “Difficile dare fiducia a questo gruppo dirigente dopo decenni di malagestione, per incapacità o volontà”. Prendono le distanze in un comunicato stracolmo di messaggi trasversali difficili da decifrare dall’esterno, accuse, sinergie mancate e pessimismo cosmico in perfetto stile Cobas.

Massimo Pelosi, che vanta un lungo percorso nella cooperazione, esprime una preoccupazione presente anche in altri cooperatori che attiene al rischio che limiti gestionali evidenti  che lambiscono una parte del sistema possano, a lungo andare, indebolire l’intero sistema. Credo però che al punto in cui siamo la  strada sia senza alternative. Ci sono sinergie logistiche che possono essere realizzate, economie e costi improduttivi che vanno affrontati.  

La cooperativa si chiamerà Unicoop Etruria Società Cooperativa. A febbraio saranno convocate le assemblee dei soci alle quali verranno sottoposte queste novità. Una Coop con oltre 5mila800 dipendenti e 174 punti vendita divisi in Umbria, Toscana, Lazio, Marche e Abruzzo. Una delle novità derivanti da questo progetto sarà il coinvolgimento dei soci, che, attraverso l’adozione di un nuovo modello di governance, rafforzeranno il loro ruolo nelle scelte e nei processi decisionali della cooperativa. “L’aggregazione di due realtà importanti come Unicoop Tirreno e Coop Centro Italia è un passo fondamentale per dare risposta alle nuove esigenze economiche e sociali del territorio, frutto di un lavoro di squadra che procede da mesi con un obiettivo comune: centralità del socio, maggiore convenienza e incremento della solidità economica e patrimoniale del movimento cooperativo” ha dichiarato Roberto Negrini, presidente del Distretto Coop Tirrenico. Con questo passo Unicoop Tirreno e Coop Centro Italia mettono al centro il socio e si pongono l’obiettivo di sviluppare l’offerta rivolta ai consumatori dei territori e le nuove esigenze del mercato” ha chiosato Ernesto Dalle Rive, presidente dell’Associazione nazionale delle coop dei consumatori.

È evidente che diventerà sempre più centrale la capacità di mettere a fattor comune capacità, professionalità  e progetti sviluppando le sinergie necessarie e convergendo su una strategia comune dell’intero sistema. La domanda che emerge è se questa volontà oltre ad essere patrimonio e aspirazione  dei soci e dei lavoratori lo è anche dell’insieme dei gruppi dirigenti che si alternano alla guida delle diverse cooperative. 

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