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Ci sono discussioni che accompagnano il mondo della GDO dalla notte dei tempi. Ciclicamente il prof. Daniele Tirelli tra i più attenti osservatori delle dinamiche del comparto, risolleva uno dei temi più tradizionali che agitano il sonnacchioso mondo della GDO nazionale: la funzione e l’utilità del volantino cartaceo. Personalmente  convengo che centinaia di migliaia di tonnellate di carta destinata al macero sono veramente troppe. Come cliente non leggo  i volantini e mi infastidisce trovarli ammucchiati nella casella postale. Capisco pure che i decisori aziendali hanno gioco facile a ribadire il “così fan tutti”. Soprattutto in Italia.

In queste settimane sono stati resi noti i risultati che Rewe ha messo a disposizione dopo il semestre senza volantini cartacei in Germania. Stampa e  distribuzione dei volantini pubblicitari sono cessati dal 1° luglio 2023. Al loro posto, l’azienda ha puntato su annunci  sui media innovativi e su quelli convenzionali. REWE Group è stato il primo retailer tedesco a rinunciare alle offerte settimanali stampate e a fornire informazioni sulle offerte speciali nei punti vendita in modalità più rispettosa dell’ambiente. Peter Maly, membro del consiglio di amministrazione di REWE Group ha confermato che: “I risultati dei test del nostro progetto nei diversi  land sono stati pienamente confermati. Continuiamo a registrare uno sviluppo positivo e stabile del business, con un aumento delle vendite superiore a quello dell’anno precedente. Inoltre, non abbiamo riscontrato alcun cambiamento significativo nello sviluppo dei clienti dopo l’interruzione dell’offerta.

Per più di 90 anni, il volantino è stato considerato insostituibile per intere generazioni di consumatori. Questo è certamente dovuto anche al fatto che le offerte sono ben presentate nei nostri punti vendita”. Fin qui Rewe. In Francia è E.Leclerc ad avere aperto le danze. Una delle poche insegne che tiene testa ai discount. Altre insegne in Europa e altrove hanno scelto questa strada. Forse quello che manca in un Paese come il nostro è un’alternativa tecnologica di facile utilizzo. Rewe punta ad un’app che sembra funzionare benissimo. Leclerc  ha affisso dei QR code giganteschi alle entrate dei suoi ipermercati. Arriveranno, prima o poi, anche da noi? Credo di si.

Il tema credo sia più la pigrizia dei decisori che le abitudini dei consumatori. Comunicare in modo tradizionale contenuti nuovi resta il primo step. Il secondo credo debba puntare sui bacini di utenza e sulla loro composizione demografica, sull’evoluzione della tecnologia e sulla capacità di proporre cose nuove con nuove modalità. Capire il nuovo, anticipare il cambiamento. Questa è, a mio parere, la vera sfida. (L’articolo completo è su Mark Up)

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Carrefour France si allea con Marché Frais…

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Che sul fresco e sul freschissimo si stia giocando, e non da oggi,  una parte importante del futuro  della Grande Distribuzione in tutta Europa credo sia indiscutibile. Insieme all’innovazione tecnologica e alla logistica è tra i grandi temi dei prossimi anni. Carrefour li sta presidiando tutti. Così come la “scommessa” che attende tutti  i retailer per provare a rimontare il giudizio non sempre positivo dei consumatori sulla qualità (intesa come gusto) dell’ortofrutta ritenuto centrale da tutte le  insegne. Di fatto il biglietto da visita; il reparto che dovrebbe qualificare l’immagine di freschezza dell’intero punto vendita.

L’annuncio di Alexandre Bompard è di quelli importanti perché segnala e conferma strategia e traiettorie della multinazionale francese: “Sono lieto di annunciare l’alleanza tra Carrefour e Marché Frais, marchio noto per la qualità dei suoi prodotti freschi nell’Île-de-France”. Dal 1° luglio, 12 ipermercati e supermercati beneficeranno dei migliori prodotti di Carrefour e marchi nazionali. Per Carrefour un’accordo che  conferma la strategia di espansione attraverso acquisizioni o alleanze. 

Il gruppo Marché Frais nasce come azienda familiare. Claude e Bruno Quattrucci i proprietari,  ne rappresentano la seconda generazione. Aprono il primo negozio nel 1986 a Villemomble “Hyperprimeur” , poi ad Argenteuil nel 1989 “La ferme de Spahi”. Dal 2010, sono stati aperti ulteriori negozi con il marchio Marché fresh Géant. Nel 2019 il marchio Marché Frais Géant diventa partner del gruppo Casino. L’aspra rivalità tra i grandi distributori si è concentrata pesantemente e da tempo in Francia nel segmento dei prodotti ultrafreschi.

Nel 2020 Carrefour compra Potager City. Nel 2021, a dimostrazione dell’interesse,  Carrefour aveva valutato addirittura l’acquisizione di Prosol, proprietaria dell’altra  importante catena francese di prodotti freschi Grand Frais. Carrefour aveva messo sul piatto tra i 3 e i 4 miliardi di euro. In Prosol i reparti di frutta e verdura, pesce e latticini erano e sono gestiti direttamente, mentre altri partner si occupano dei reparti di macelleria, alimentari e panetteria. Senza dimenticare che già dal 2017 Prosol aveva  sviluppato un proprio concept di negozio, Fresh. Quella catena ha numerosi PDV in Francia e ha aperto in Italia sotto l’insegna Banco Fresco. Insegna che si sta riposizionando proprio sul modello Fresh più tarato sui centri cittadini dove il conto economico può reggere meglio. Leggi tutto “Carrefour France si allea con Marché Frais…”

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Famiglia cooperativa trentina. Quando piccolo è bello ma anche utile…

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Ci sono argomenti sconosciuti ai più che raccontano la vitalità, la cultura e l’impegno delle comunità e che, a mio parere, meritano di essere condivise. Malé è il capoluogo della Val di sole in Trentino. In una sua frazione, Bolentina, risiedo per una parte dell’anno. Malé conta circa 2300 abitanti. Sul territorio comunale ci sono quattro punti vendita: IperPoli, Eurospin, Eurospar e Coop con la “Famiglia cooperativa”. Ho frequentato spesso questo punto vendita durante la pandemia. Quest’anno, pur con un ritardo di due, a causa della coincidenza con la pandemia, ha festeggiato i cent’anni di attività.

Il Trentino è terra di cooperazione. Don Lorenzo Guetti, primo di 13 figli di una famiglia contadina, cooperatore, giornalista, sacerdote, poi eletto deputato al Parlamento di Vienna fondò a Villa di S. Croce la prima “Società cooperativa di smercio e consumo” cioè la prima “Famiglia cooperativa” il 28 settembre 1890, e nel luglio 1892, a Quadra, la prima Cassa Rurale. A queste prime società cooperative seguirono poi molte altre, tanto che alla fine del 1898, anno della morte di don Lorenzo, le Famiglie Cooperative erano più di cento e le Casse Rurali una sessantina. Anni durissimi per i trentini fatti di povertà e isolamento; per far fronte alla crisi servivano idee e uomini visionari. Dai problemi di sopravvivenza dei contadini nasce l’intuizione di don Guetti: unire i suoi compaesani per renderli Soci, per acquistare insieme le merci e, in questo modo, risparmiare. Questa prima esperienza di Cooperazione alimenta in pochi anni lo spirito cooperativo in tutto il Trentino.

È il “negozio di casa”, spesso collocato in centro al paese o a poca distanza. Le Famiglie Cooperative sono presenti in tutte le vallate trentine e, in molti paesi, rappresentano l’unica realtà commerciale. La loro funzione diventa per questo anche sociale: spesso sono luoghi di relazione, presidi della socialità, prima che esercizi commerciali. Sì conoscono tutti. Con la loro presenza offrono però un servizio indispensabile.

In Trentino i negozi delle Famiglie Cooperative sono in parte associate a Sait (Coop) e, dal 2009,  in parte a Dao (Conad).  Quest’ultima nasce nel 1962 da un gruppo di 20 alimentaristi trentini e oggi conta circa 130 soci. È presente in tutto il Trentino A.A. e nelle province di Verona, Vicenza, Belluno, Brescia e Bergamo con circa 300 punti vendita. Nel 1992 ha contribuito a fondare Eurospin. Nel 2004 DAO avvia la partnership con Conad della quale diventa centro distributivo per le province di Trento, Bolzano, Verona, Vicenza e Belluno. È la più piccola delle cinque cooperative Conad ma anche una delle più attive e performanti. Leggi tutto “Famiglia cooperativa trentina. Quando piccolo è bello ma anche utile…”

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I discount da follower a trend setter. Basta (un) Penny…

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Delle tre insegne tedesche della GDO che mirano a sfatare il pregiudizio sulle difficoltà che incontrerebbero le multinazionali nel nostro Paese, sotto i riflettori ci vanno quasi sempre Lidl e Aldi. Entrambe insediate e partite dal nord est.  Terra feconda che ha partorito sia Eurospin, il leader tra i discount, IN’s nato da una costola di PAM e ha dato i natali all’unico imprenditore italiano, Patrizio Podini da Bolzano, che come gli altri discounter non si è fermato ai pregiudizi o alle difficoltà e ha creduto possibile pensarsi come realtà realmente nazionale.

Solo un’altra insegna tedesca, entrata nel nostro Paese grazie ad un’alleanza tra Rewe e un lombardo doc come Bernardo Caprotti, non è partita dal triveneto: Penny. Avendo lavorato nel gruppo Rewe non posso negare una personale simpatia per ciò che si è confermato  di quel gruppo in Italia e di ciò che è diventato nel mondo anche grazie a manager come Lionel Souque oggi CEO di Rewe che, in Italia, si è “fatto le ossa” una ventina d’anni fa di cui conservo un ottimo ricordo personale. O come Gotthard Klingan transitato da Billa Austria a Penny. Il Gruppo REWE oggi vanta un fatturato di oltre 92 miliardi e 389.270 collaboratori. PENNY Deutschland ha raggiunto i 9,5 miliardi di euro. PENNY International è presente in Italia, Austria, Romania, Repubblica Ceca e Ungheria (leggi qui ), ha aumentato le entrate del 16% arrivando a 7,7 miliardi di euro con una forte crescita in Romania, seguita dall’Ungheria e dalla Repubblica Ceca.

Leggi tutto “I discount da follower a trend setter. Basta (un) Penny…”

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Bari. La festa del lavoro la organizza Megamark…

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“Dobbiamo guidare le nostre aziende con il cuore, oltre che con la testa, e non dobbiamo dimenticare che mentre le risorse energetiche sulla terra sono limitate, quelle delle persone possono essere infinite se hanno motivazione e ingaggio”. Sono passati più di 50 anni (25 ottobre 1972) da quando, Antoine Riboud – Fondatore e allora Presidente di Danone – tenne un famoso discorso noto come il “Discorso di Marsiglia” con il quale affermò la necessità dell’interdipendenza tra obiettivi economici e sociali. Personalmente sono cresciuto come manager in quella cultura.

Una visione lucida, lungimirante e sempre attuale. Altri imprenditori negli anni si sono misurati cercando sempre quella sintesi. Penso ad Adriano Olivetti, Michele Ferrero, Marino Golinelli, Brunello Cucinelli e molti altri. E aggiungo, per gli amici del comparto, il ricordo  di Dino Abbascià che, partito da garzone, diventò un grande imprenditore del commercio e dell’esportazione dell’ortofrutta e poi dirigente in Confcommercio a cui è stato intestato Il Mercato ortofrutticolo comunale di Bisceglie. Alcuni noti, altri meno noti ma non per questo meno importanti per chi ha avuto la fortuna di conoscerli. Ciascuno convinto che “Crescere insieme” non fosse una banale  trovata di social washing come si direbbe oggi ma un impegno vero frutto di un pensiero profondo da mettere in pratica con coerenza e trasparenza.  Giovanni Pomarico, 80 anni patron di Megamark fa parte a buon diritto di questi profili. Anche la Grande distribuzione quindi annovera tra le proprie fila imprenditori con questa visione.

Un gruppo, il suo,  che in Puglia ha il suo baricentro.  Una regione importante del Sud in campo economico e che, nella distribuzione e nella logistica, gioca le sue carte ma che deve fare i conti con un problema.  “Negli ultimi cinque anni, fra il 2018 e il 2023, la regione ha perso oltre 100mila abitanti, l’equivalente dell’intera popolazione di Lecce”, dice Valerio De Molli, managing partner e ceo di The European House-Ambrosetti (Teha).

Sarà un primo maggio con le saracinesche dei supermercati di proprietà del Gruppo Megamark abbassate nel giorno della Festa del Lavoro e una SuperMegaFesta per celebrare, con i dipendenti e le loro famiglie, i 50 anni di attività e gli 80 del fondatore. È ormai tradizione consolidata del gruppo di Trani, realtà leader del Mezzogiorno nel settore con quasi 600 punti vendita A&O, Dok, Famila e Sole 365 presenti in Basilicata, Molise, Campania e Calabria,  L’evento sarà anche l’occasione per rievocare la nascita dell’impresa nel 1974, i primi supermercati di proprietà aperti a Barletta e Andria, l’avvio negli anni ’80 della rete in franchising e l’espansione nel sud Italia del gruppo, che oggi si avvale del lavoro di oltre 5.500 persone. Un gruppo da circa 2,9 miliardi di vendite alle casse. Oggi aderisce a  Selex, una delle più importanti centrali di acquisto. Leggi tutto “Bari. La festa del lavoro la organizza Megamark…”

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Coop alleanza 3.0. Continuare a crescere tenendo insieme ciò che ha rappresentato la cooperazione e ciò che dovrà essere

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L’inflazione nei consuntivi 2023 dell’intera GDO presenta le sue due facce. Migliora i bilanci delle aziende, pur segnalando un rallentamento dei volumi, e scarica i costi sui consumatori nonostante gli sforzi delle insegne per attutirne gli effetti.  Non sfugge a questa logica neppure Coop Alleanza 3.0 impegnata in una complessa operazione  di risanamento e rilancio definiti nel piano strategico 2023/2027. Il 2022  si era chiuso negativamente.  Così come gli anni precedenti.

La  stessa partecipazione al progetto Fico, a Coop Alleanza 3.0 era costata cara. Circa 13,5 milioni di euro.   La Cooperativa vi aveva aderito perché il suo impegno nella valorizzazione delle filiere agroalimentari italiane trovava una perfetta assonanza con le finalità, gli obiettivi e i valori di Fico, peraltro nella città in cui Coop Alleanza 3.0 ha la sua sede. Impossibile allora, sottrarsi ad un’operazione di quel profilo. L’ingresso del fondo di investimenti  Investindustrial di Andrea Bonomi in Eataly, l’hub gastronomico creato da Oscar Farinetti,  ha cambiato lo scenario di riferimento anche per FICO che non essendo mai decollato ha perso anche la sua centralità per la città. Se si ridimensionerà o si trasformerà in altra cosa non è più un problema di Coop. La rifocalizzazione delle attività caratteristiche in linea con il Piano Strategico e la progressiva eliminazione delle iniziative non a reddito, ha comportato la cessione delle quote e quindi la gestione di quella società, a fronte di un incremento delle quote detenute del fondo Parchi Agroalimentari Italiani (PAI).

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Grande Distribuzione. Si apre e…. si chiude.

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In genere si dice che fa più rumore  un albero che cade rispetto ad una foresta che cresce. Nel comparto della GDO avviene il contrario. Fanno notizia le aperture. Le chiusure siccome, in genere,  sono frutto di location sbagliate o della capacità dei concorrenti di impedirne il successo, vengono prontamente rimosse. Soprattutto se non coinvolgono il personale. Si apre e si chiude, quindi. Ne prendo due tra le più recenti perché le ho frequentate a lungo, pur per diverse ragioni. E mi piacevano entrambe.  Il Gigante di Lonate Pozzolo in provincia di Varese e Banco Fresco a Varedo, provincia di Monza Brianza. Entrambe chiuse da pochissimo.

Ho sempre stimato Giancarlo Panizza, per quello che ha saputo costruire e per come lo ha costruito. Tenere testa ad Esselunga quando quest’ultima azzannava le caviglie a chiunque, non era per tutti. Con lui, Bernardo Caprotti, non l’ha mai spuntata. Prima con le buone e poi con le cattive nell’estate del 1998 tentò una scalata ostile rastrellando quote da decine di soci di minoranza. L’operazione, però, non andò a buon fine perché Panizza riuscì ad impedirla. Questa scorrettezza  il patron del Gigante non l’ha mai digerita. Ricordo la sua soddisfazione quando, come REWE gli abbiamo ceduto l’ipermercato di Castellanza. Due chilometri in linea d’aria  dal punto vendita dell”’arcinemico”. Cinque  minuti  in auto. Altri ci avrebbero pensato a lungo prima di insediarsi così vicino ad un concorrente così performante. Lui no.  È proprio quella grinta che gli ha consentito di arrivare a 5000 collaboratori circa e oltre 1300 milioni di fatturato con gli attuali 18 ipermercati, 25 superstore, 11 supermercati e 10 franchisee. 

A Lonate,  per spuntarla, serviva probabilmente una marcia in più. O qualche anno di meno del leader. Il varesotto è zona Tigros. Una delle realtà più performanti in Lombardia. Insieme ai “cugini” di Iperal riescono a rendere la vita dura  persino ad Esselunga. In un raggio di una decina di chilometri hanno nove punti vendita, poi ci sono i discount e altri agguerriti concorrenti. Capisco che non è affatto facile. Toccherà quindi  ad un discount tedesco raccogliere la sfida? La location, a mio parere,  non è affatto male. Oltre ad essere a ridosso del paese è circondata da aziende. Ovviamente c’è da ripensare all’offerta commerciale. Per ora c’è un piccolo cartello triste appeso sulle vetrine, proprio di fianco alla porta d’entrata. Un messaggio conciso ma chiaro: «Il punto vendita è chiuso». Mentre fanno da sfondo gli scaffali ormai vuoti. Vedremo presto cosa succederà.

Anche la chiusura di Banco Fresco a Varedo mi ha un po’ meravigliato. In una delle mie personalissime classifiche  Banco Fresco l’avevo collocato al 5 posto proprio  per quell’apertura. “Aprire a Varedo (MB), l’ultima in ordine di tempo, di fronte a Eurospin che vende ottima ortofrutta e carni fresche con prezzi convenienti e di fianco ad Esselunga  con i suoi 4.500 metri quadrati e un parcheggio con oltre 870 posti auto è un segno di grande coraggio”. Visto il radicamento di Esselunga a Varedo, avrei potuto parlare di sfrontatezza. mi era piaciuto innanzitutto per questo. Tipico di certe  realtà più giovani e aggressive. Leggi tutto “Grande Distribuzione. Si apre e…. si chiude.”

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Amazon. Un passo indietro per farne due in avanti…..

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Personalmente non condivido le valutazioni  di  alcuni osservatori  per il presunto stop alla tecnologia Just Walk Out di Amazon. In realtà sta lasciando la gran parte degli Amazon Go per essere adottata in altri contesti. Andy Jassy il CEO che guida il colosso di Seattle ha ingaggiato l’ex Tesco Tony Hoggett SVP Worldwide Physical Stores & Speciality Fulfilment e il suo team proprio per ridare slancio e nuova identità  all’azienda nella quale l’utilizzo delle singole tecnologie adottate sono parte di un ripensamento perché devono inserirsi in un  disegno complessivo.

Hoggett è stato chiarissimo: “In Amazon, dedichiamo molto tempo ad ascoltare i clienti per capire i loro desideri e le loro esigenze e poi utilizziamo il loro feedback per semplificare loro la vita. Una cosa che i clienti ci hanno detto che apprezzano molto è la possibilità di uscire rapidamente quando acquistano un piccolo numero di articoli, senza dover fare la fila. Nei negozi più grandi, preferiscono la funzionalità del Dash Cart, con la possibilità di utilizzare uno schermo sul carrello per individuare gli articoli e ricevere esperienze di acquisto personalizzate, il tutto monitorando i vantaggi  e le spese in tempo reale. Ognuna di queste tecnologie offre ai nostri clienti un’esperienza di acquisto diversa, ma entrambe risolvono l’annosa lamentela che tutti hanno: alle persone non piace aspettare in fila. Indipendentemente dal fatto che si tratti di ritirare rapidamente alcuni articoli o di fare la spesa settimanale per la famiglia, sia Just Walk Out che Dash Cart offrono la comodità che i clienti apprezzano, motivo per cui continuiamo a investire in entrambe le tecnologie, che si tratti di Just Walk Out nei nostri negozi Amazon Go negli Stati Uniti e Amazon Fresh nel Regno Unito.  o il Dash Cart, in arrivo in tutti i negozi Amazon Fresh degli Stati Uniti”.

Il rapporto apparso su Business Insider afferma che i lavoratori indiani di Amazon avrebbero dovuto rivedere circa 700 transazioni su 1.000 nel 2022,  cosa relativamente frequente nel mondo dell’AI . Amazon ha chiarito  che i dipendenti  hanno il compito di annotare i dati di acquisto reali e generati dall’intelligenza artificiale per migliorare il sistema Just Walk Out, non di gestire tutto attraverso una specie di occhio di Sauron (tipo Signore degli Anelli) che controlla tutto e tutti. “Questo non è diverso da qualsiasi altro sistema di intelligenza artificiale che attribuisce un valore elevato alla precisione, dove i revisori umani sono comuni”, scrive nel post Dilip Kumar, vicepresidente di AWS Applications. Ma tant’è. Come ricorda Fabrizio de André in Bocca di Rosa: “Una notizia un po’ originale non ha bisogno di alcun giornale, come una freccia dall’arco scocca, vola veloce di bocca in bocca..”.

In realtà, se oggi parliamo di innovazione tecnologica  nel retail, lo dobbiamo in grande parte ad Amazon. Tanto di ciò con cui ci confrontiamo  è nato a Seattle e dintorni e che, comunque la si pensi,  resta la realtà  trendsetter sul tema. Nell’idea di ecosistema unichannel del gigante di Seattle ripensare complessivamente all’esperienza di acquisto era e resta uno degli obiettivi principali. Tra  inseguire colossi del retail USA con decenni di esperienza sulle spalle, sul loro terreno e provare a cambiare il campo da gioco rendendolo scomodo alla concorrenza, la scelta per Amazon era obbligata. Per questo sono convinto che alcuni  commentatori confondano il necessario passo indietro su un aspetto del percorso (l’applicazione della tecnologia Just Walk Out in ogni formato distributivo) con il tramonto di quel disegno. In realtà, è l’esatto contrario.  Leggi tutto “Amazon. Un passo indietro per farne due in avanti…..”

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Dopo la firma del contratto di Federdistribuzione, UNES sceglie il CCNL Confcommercio

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Essendomi trovato diverse volte a gestire le fasi concitate che precedono la chiusura di un contratto nazionale capisco le tensioni finali che le animano e che rischiano di far precipitare il negoziato. Ricordo ad un rinnovo del CCNL dei Dirigenti di Confcommercio le pretese di Auchan per ottenere una deroga esclusiva che le consentisse di non applicarne una norma contrattuale. Solo il buonsenso dei negoziatori evitò il deragliamento della trattativa. Potrei citare decine di esempi vissuti negli anni dove rappresentanti di singole aziende o dirigenti di associazioni territoriali trasformavano  il loro punto di vista o il problema da loro sollevato come vincolanti per accedere alla cosiddetta “non stop” negoziale che, per rispettare la tradizione, doveva concludersi nottetempo quando la stanchezza portava i più riottosi a più miti consigli.

Tutti i negoziati, vivono di fasi precise. Nella prima, entrambe le parti, rappresentano i loro “irrinunciabili” punti di vista. Spesso provocatori. Per le associazioni questa è la fase della sommatoria delle esigenze delle singole aziende. È la fase del “Non debemus, non possumus, non volumus”. È un “NO” a prescindere mascherato da accuse reciproche, tatticismi, drammatizzazioni sullo stato dell’arte. Ovviamente anche dalla presenza di problemi di contesto. Sembra assurdo ricordarlo ma, nel caso dei recenti rinnovi dei  CCNL del terziario e della distribuzione moderna questa fase è durata anni. Anni che hanno comportato evidenti risparmi sul costo del lavoro. Nella seconda fase del confronto  si inizia a prendere atto che, al di là delle possibili prove  di forza a cui il sindacato potrebbe ricorrere, qualcosa andrà comunque fatto. È la fase dove i negoziatori, pur ribadendo i loro punti di vista, iniziano ad ascoltare anche le ragioni degli interlocutori. Fase delicatissima ma fondamentale perché propedeutica alla terza fase dove entrambe le parti iniziano a cogliere gli spazi sui quali costruire il negoziato vero e proprio.

Nel rinnovo di cui ci stiamo occupando c’è però una differenza fondamentale tra i meccanismi decisionali delle due confederazioni (Confcommercio e Confesercenti) da una parte e quelli delle due associazioni (Federdistribuzione e ANCC per Coop) dall’altra. Le prime due, hanno come protagonisti funzionari ed esponenti politici centrali e  territoriali pur con l’anomalia, per la prima volta,  della presenza di una azienda (Conad) forte dei suoi 80.000 dipendenti che ha esercitato per lungo tempo un condizionamento evidente teso ad allungare i tempi del negoziato stesso. In queste realtà, la decisione di firmare o meno è essenzialmente politica. Spetta esclusivamente ai vertici confederali decidere se ci sono le condizioni.

Nelle associazioni, al contrario,  è la volontà della maggioranza delle insegne che hanno più peso a stabilire la presenza o meno delle condizioni. Le associazioni e i loro funzionari coordinano, suggeriscono, propongono ma non decidono nulla. E qui casca l’asino. Da un lato c’è chi comprende che una sintesi va trovata e la partita va chiusa. Dall’altro le alleanze e le divergenze tra insegne, la personalità dei rispettivi leader, l’aver visto riconoscere o meno le proprie aspettative, e, ultimo ma non ultimo il lavoro che l’associazione ha fatto (o non ha fatto) nel tempo  per guadagnarsi una autorevolezza decisionale fanno la differenza. In quella fase concitata, LIDL essendo una realtà leader, alla luce delle chiusure di Confcommercio e Coop si è assunta la responsabilità, condivisa anche da altri, di chiedere la “nonstop” finale con i sindacati. Leggi tutto “Dopo la firma del contratto di Federdistribuzione, UNES sceglie il CCNL Confcommercio”

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Firmato il CCNL distribuzione moderna. Cosa prevede e cosa ci si aspetta da domani

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Come ho già scritto, la firma del CCNL della Distribuzione moderna era fondamentale per chiudere una fase. Confcommercio insieme a Confesercenti hanno avuto il merito di individuare, con il sindacato di categoria, il riferimento economico che togliesse dal tavolo il rischio di dumping tra CCNL. Federdistribuzione ha capito che un CCNL “distintivo” non lo si poteva costruire quando la campanella aveva ormai segnalato che era arrivata la fine della ricreazione. LIDL, lo dico per chi finge di non volerlo capire, ha interpretato molto bene, la campanella e ha messo tutti davanti alle proprie responsabilità. La cooperazione ha fatto il suo, con la solita serietà.

Cerco di ricapitolare la situazione se mi assiste la memoria. Conad, Lidl, Sigma, Sisa, Eurospin, Crai, gruppo Arena e diverse altre aziende applicheranno  il CCNL di Confcommercio. In Conad alcuni soci applicheranno, per ragioni storiche, quello di Confesercenti. Così come Coop e altre collegate, ovviamente,  quello  della cooperazione. Le altre insegne, multinazionali, nazionali, multi regionali, locali o franchising, (tolte quelle che, soprattutto al sud, applicano nei loro punti vendita  contratti locali suggeriti dai rispettivi consulenti del lavoro) applicheranno quello di Federdistribuzione.

Quest’ultima, se non spreca l’intera vigenza del nuovo CCNL, appena firmato,  per la seconda volta, ha il dovere di lanciare una sfida al sindacato di categoria che spero raccolga a sua volta, per lavorare insieme alla costruzione di  un nuovo profilo e un contenuto preciso che trasformi questo “patchwork” di testi costruiti inizialmente sul piccolo commercio di vicinato a partire dagli anni 50 del secolo scorso in un testo moderno, condiviso e utile ai lavoratori e alle imprese della Grande Distribuzione di oggi e di domani. Elemento fondamentale per ricostruire quell’unità, almeno sul piano della condivisione del perimetro del comparto e del lavoro applicato in quelle realtà.

Per fare questo occorrerebbe innanzitutto evitare  giudizi superficiali. La distintività riguarda l’intero perimetro della GDO. Preferibilmente in un unico testo condiviso da tutti i firmatari dei differenti CCNL. Se non fosse possibile, come seconda scelta, basterebbe  ripercorrere  il percorso che ha portato, prima Confcommercio e Confesercenti, poi la Cooperazione e infine Federdistribuzione, in modalità inversa, consentendo a tutti le parti di capitalizzare e mettere a fattor comune con le Organizzazioni Sindacali di categoria le rispettive esigenze e contenuti. Sarebbe una svolta storica. Basterebbe partire dal welfare che è già in buona parte condiviso.

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