Qualità e tradizione. Il lavoro e la fatica delle piccole cooperative e della distribuzione locale

Nel nostro Paese sono migliaia. Le trovi nelle valli più remote, in borghi sconosciuti. O sotto casa. Propongono saperi e sapori antichi altrimenti destinati ad essere perduti. Laboratori che si tramandano da generazioni, cantine sociali, negozi di vicinato, minuscoli  caseifici nei quali converge il lavoro di centinaia di piccoli agricoltori. Li trovi nei mercatini che si spingono nelle città nei giorni di festa o quando vendono i loro prodotti in esclusiva per le comunità costruite intorno a loro.

Ciò che propongono ha spesso nomi impronunciabili. Frutto di un marketing antico, fatto di passa parola, di storpiature dialettali, eco di un passato di lavoro e di fatica. Il paradosso è che fuori dai loro perimetri di insediamento, ciò che è frutto di un lavoro povero ed essenziale, oltre che dai residenti,  è conosciuto solo dagli esperti e dai buongustai disposti a pagare per avere quei prodotti sulle loro tavole.   Poco, troppo poco, per ovvie ragioni, arriva sui banchi della grande distribuzione. E spesso ci arriva più per la sensibilità dei buyer che conoscono i produttori locali e come lavorano che per strategie complesse.

Qualche mese fa, dopo un pranzo a base di prodotti trentini doc, ho chiesto, al proprietario di un maso sperduto sopra Romeno in Alta Val di Non, dei suoi ottimi canederli. Mi ha confessato di acquistarli all’Eurospin di Sarnonico che ha rapporti esclusivi con un piccolo produttore locale. Mi è venuto da sorridere pensando a quanto noi ci perdiamo in discussioni spesso inutili sui discount e sulla marca privata dimenticando il prodotto e la dimensione spesso locale del mercato. E la capacità di alcune insegne, a nord come a sud, di portarli sotto i riflettori e proporli ai propri clienti.

Per questo ho  deciso di parlarne scegliendo una di queste attività in modo del tutto casuale, con lo scopo di rappresentarne molte. Spesso passiamo il tempo ad interrogarci sulle traiettorie dei protagonisti principali della Grande Distribuzione. Nei territori c’è però anche dell’altro. Piccole realtà caratterizzate da prodotti di qualità espressione di quello specifico contesto geografico. Fondamentali per l’economia del territorio. Esaltano il rapporto tra produttore locale, territorio   e qualità e di conseguenza tra negoziante e cliente. Molte di queste attività sono, purtroppo, destinate a chiudere. Si stima che, nel 2025, rispetto al 2019,  la riduzione degli esercizi commerciali di piccole dimensioni operanti nel settore alimentare oscillerà tra il -6,9% e il -8,4%. Strutture che non solo alimentano l’economia e i bisogni di acquisto  ma hanno un valore sociale perché propongono un passato positivo fatto di conoscenza, tradizioni, relazioni.
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Grande Distribuzione. Végé (con Apulia Distribuzione) aprono il 2024 con una mossa a sorpresa.

Il 2024 nella GDO italiana si apre con una bella notizia. Apulia Distribuzione entra nel Gruppo Végé. “Accogliamo con immenso orgoglio l’ingresso di Apulia nel Gruppo VéGé. Questo evento non solo rafforza la nostra posizione nel mercato ma segna anche un passo decisivo. Tutti  insieme, scriveremo il futuro del Gruppo VéGé, un futuro di successi e di valore condiviso ”, commenta Giovanni Arena, Presidente di Gruppo VéGé”. “Dopo più di 20 anni di bellissime esperienze di crescita ininterrotta, approdiamo ora definitivamente in VéGé, un bellissimo traguardo. Questo si tradurrà in opportunità ancora più ampie per la nostra crescita e la nostra prosperità” ha sottolineato  Antonio Sgaramella, Presidente di Apulia Distribuzione.

Apulia Distribuzione nasce nel 2001.  Partita dalla Puglia, oggi è presente anche in Calabria, Basilicata, Campania e Molise con un fatturato 2023 da 930 milioni di euro e 378 punti vendita A questi si aggiunge il format dell’ingrosso Cash&carry Tuttorisparmio con 4 punti vendita in Puglia. Tre brand di proprietà:  Rossotono, I Naviganti, assortimenti ricercati provenienti da filiere certificate e Speasy, la nuova piattaforma e-commerce che partirà proprio da quest’anno. Una realtà vitale e moderna.

“Avere una rete di oltre 3400 punti di vendita in tutta Italia, un fatturato stimato per il 2024 che supererà i 15,5 miliardi di euro rappresentano un viatico eccezionale per poter dare ancora più servizi di qualità ai nostri prospettici 10 milioni di clienti settimanali. È una bellissima sfida e vogliamo assolutamente vincerla” ha dichiarato Giorgio Santambrogio Amministratore Delegato di Gruppo VéGé.

La decisione avvenuta prima di Natale di interrompere, dopo quattro anni la partnership  tra Carrefour Italia e la società Apulia Distribuzione “per diversi orientamenti sulle future strategie commerciali su scala nazionale e internazionale” aveva chiarito che, pur mantenendo per il 2024 l’utilizzo dell’insegna Carrefour sulla rete di negozi coinvolti le strade erano destinate a dividersi”. È necessario ricordare che Il CEO di Carrefour Alexandre Bompard aveva annunciato la strategia sugli acquisti che ha portato alla creazione, tramite Carrefour France, nell’autunno del 2022, della centrale, Eureka, con sede a Madrid, che si occupa delle negoziazioni commerciali nei suoi 6 maggiori mercati europei: Francia, Spagna, Italia, Belgio, Romania e Polonia. Leggi tutto “Grande Distribuzione. Végé (con Apulia Distribuzione) aprono il 2024 con una mossa a sorpresa.”

Grande distribuzione. Cosa succederà nel 2024?

Lo sguardo e la visione verso il futuro dell’imprenditore o del manager non possono mai indulgere al pessimismo. Come ci ricorda Umberto Galimberti, un filosofo bravo a leggere e interpretare il nostro tempo: “Il futuro non si attende, si fa”. Ed è questo lo spirito  con cui si deve affrontare l’anno che sta arrivando. Alle spalle un  periodo purtroppo caratterizzato da una situazione geopolitica complessa, da un’inflazione che cala ma resta tignosa soprattutto sulla spesa, e da un comportamento del consumatore molto più attento e sensibile alla convenienza e pronto ad inseguirla ovunque. Elementi che si confermeranno anche nel 2024.

Termina l’anno del Coniglio e si entra in quello del Drago. L’unica creatura mitologica dello Zodiaco cinese associata alla forza, alla salute, all’armonia e alla fortuna. In Cina i draghi vengono posti al di sopra delle porte o sui tetti per tenere lontani gli spiriti maligni. Un anno impegnativo ma ricco di opportunità per chi, nella GDO, guarda al futuro. Non per la maggioranza del comparto che non farà parlare di sé più di tanto. Investirà ciò che serve a mantenere una sufficiente rendita di posizione, gestirà i collaboratori “à la carte”, rimodulerà l’offerta inseguendo discount e concorrenza. Sarà l’anno del rinnovo del CCNL e della conferma delle difficoltà  sempre crescente di trovare le risorse umane disponibili a lavorare nel comparto. Soprattutto al centro nord.

Per chi cerca di fare un salto di qualità  la strada è però senza alternative. Servono idee e risorse economiche per crescere. Ma anche visione, voglia di credere e investire nelle proprie risorse umane e tanto coraggio.

Cosa mi aspetto dalla GDO nel 2024?

Molto dipenderà dall’evoluzione del contesto geopolitico. Se i venti di guerra soffieranno lontani credo che, sul piano internazionale, farà passi avanti il percorso di avvicinamento tra Aldi Nord e Aldi  Sud. Fondamentale per ridare slancio competitivo al grande gruppo tedesco nel mondo. Amazon verrà probabilmente a capo della sua presenza nel retail fisico, condizione indispensabile per svilupparsi ulteriormente e, in Francia, dove Carrefour ha ripreso quota e leadership, mi aspetto qualche alleanza in chiave di crescita competitiva. Nel 2024 Remi Baitiéh sarà impegnato nel rilancio di Morrison UK. E Mercadona? Spero guardi con coraggio fuori dalla sua comfort zone. Per ora, come altre realtà in Europa,  ha aumentato gli stipendi ai suoi collaboratori. Chi ne decanta le iniziative commerciali, non dovrebbe sottovalutare la loro capacità di gestione delle risorse umane. Una delle  chiavi fondamentali  del successo.

Nel nostro Paese sarà l’anno dello sdoganamento definitivo del discount. C’è ancora spazio anche per probabili acquisizioni. E la Marca del Distributore  che cresce nella GDO tradizionale contribuirà a convincere definitivamente i consumatori che qualità e convenienza possono trovarsi ovunque. Non solo nell’industria di marca. Conad dovrà dimostrare se la sua leadership è il risultato di una semplice sommatoria di punti vendita  o riuscirà ad esprimere una nuova identità. Cinque grandi cooperative e un ottimo gruppo dirigente saranno in grado di ritrovare un percorso oltre una formale unità di facciata? Lo vedremo presto. Intanto un applauso a DAO Conad per essersi fatta carico di una sperimentazione che può dare il via ad un grande cambiamento nel medio lungo termine.
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UNES. Cosa c’è dietro l’angolo?

Quando penso ad UNES, oltre al proprietario Marco Brunelli, mi vengono in mente Mario Gasbarrino, Rossella Brenna e Mario Spezia. Il primo, tra l’altro, aveva preso un’azienda caduta in una sorta di anonimato contribuendo  a darle un’identità precisa. Gli altri due, veri professionisti della GDO, ne hanno gestito fasi delicate di passaggio la cui uscita testimonia la presenza  di evidenti problemi  relazionali ai vertici. Tre AD in quattro anni. Un segnale chiaro che qualcosa non funziona.

Adesso tocca a Gianluca Grassi, head of omnichannel marketing di Unes presentare l’azienda. Credo comunque sotto Cristophe Mosca direttore generale di Finiper Canova  e quindi della business unit supermercati a insegna Unes. Da quello che leggo, tanta buona volontà, impegno e qualche idea presa dal passato e presentata con eccessiva enfasi nelle riunioni interne e alla stampa di settore.   Personalmente ho sempre avuto una sana diffidenza, tipica di chi ha fatto il Direttore Risorse Umane a lungo come il sottoscritto, per i top manager, commerciali o meno, che appena insediati al vertice di un’azienda, propongono di reinventare la ruota. Ma tant’è.  Dal mio punto di vista  ci sono fasi nella vita di un’azienda, che possono essere gestite solo da ristrutturatori  e riorganizzatori esperti.  O da chi, ed è forse questo il caso di UNES,  è veramente in grado di integrare questa rete con altre sviluppando sinergie sui costi e sulla logistica o sulla gestione di alcuni punti vendita. Sotto questo punto di vista l’apporto di Conad credo sia tutt’ora determinante.

Sicuramente i manager devono affrontare un pesante clima interno nei punti vendita a cui il piano di riduzione dei direttori di filiale, per come è stato presentato, ha dato un forte contributo (https://bit.ly/3s3RGpW). L’insegna nata a Milano negli anni 60, presente in Lombardia, Piemonte ed Emilia-Romagna con oltre 200 punti vendita diretti e in franchising sembra, dalle dichiarazioni,  voler ricominciare da dove era partita. Una sorta di ritorno alle origini. La catena di supermercati che dal 2002 è parte del gruppo Finiper volta quindi pagina, riunendo sotto un unico “ombrello” le insegne “U! Come tu mi vuoi” e “U2 Supermercato”. Funzionerà?  Per ora, i numeri, mostrano una situazione in salita. Vedremo come si concluderà il 2023.

Il 21 dicembre si è finalmente conclusa la procedura di riduzione di personale. Una procedura partita il 29 settembre che indicava 101 esuberi da ricercarsi tra Direttori e Vice Direttori inquadrati come prevede il CCNL nel primo livello. Queste figure sarebbero dovute essere sostituite  da “referenti di negozio” di secondo livello. Nell’incontro successivo, avendo compreso l’impraticabilità della proposta, come peraltro avevo già scritto (https://bit.ly/3ROU6Dh), l’azienda l’ha modificata, smentendo le iniziali dichiarazioni, lasciando  i responsabili di negozio al primo livello accontentandosi  di modificarne il nome formale come prevede il CCNL (gestore o gerente di negozio, di filiale, o di supermercato).

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Grande distribuzione. Gita a Zavantem dove Carrefour fa BuyBye….

Ho finalmente visitato l’ultimo nato in casa Carrefour,  a due passi dall’aeroporto di Bruxelles. Carrefour Belgio, dopo più di 45 anni ha lasciato la sua sede centrale a Evere e si è trasferita in un nuovissimo complesso di uffici nel Corporate Village di Zaventem in Leonardo Da Vincilaan 3. Il nuovo formato è chiaramente un test posizionato proprio vicino alla sede centrale  e circondato dalle sedi di decine di imprese e quindi potenzialmente frequentato da persone abituate ad una spesa  rapida all’uscita dal lavoro, o nelle pause, senza particolari problemi economici. È un punto vendita ultra compatto di 18 metri quadri. Dentro solo frigoriferi dove i clienti possono acquistare pranzo, snack, bibite, frutta, ecc. e un piccolo tavolo per consumazioni rapide sul posto o per appoggiarci la  borsa.

Carrefour BuyBye funziona interamente sulla base dell’intelligenza artificiale, con una combinazione di telecamere e pesatura. Le telecamere posizionate strategicamente su ogni ripiano forniscono un doppio controllo. L’AI è addestrata a riconoscere ogni prodotto presente da tutte le angolazioni, garantendo al cliente un’esperienza di acquisto fluida e senza problemi. È possibile scaricare l’app “Carrefour BuyBye” oppure (per evitare stress ai boomer) utilizzare la tapcard.

L’applicazione consente di aprire sia il  negozio che le porte dei frigoriferi. Una volta aperte si può prendere ciò che si vuole. Ho provato ad entrare sfruttando la presenza di un amico. È molto semplice. Grazie all’intelligenza artificiale  gli articoli selezionati vengono riconosciuti e addebitati automaticamente. Il processo è veloce e rende superflue altre operazioni.  All’interno si prova una sensazione particolare. Per chi vuole stare il meno possibile in un punto vendita, trovare ciò che cerca, uscire e fare altro, è un’opzione interessante. Per altri che assegnano un altro valore a tutto ciò che ha a che fare con l’atto di acquisto, è un po’ una delusione. La sensazione è di entrare in un luogo un freddo, essenziale. Quando sono arrivato io, non c’era nessuno. Alle pareti in alto, qualche scritta, intorno frigoriferi anziché “semplici” distributori automatici tradizionali. Tra l’altro anche nel vending  il trend si sta spostando verso un’offerta diversificata che punta ai mini-pasto. Insalatone, zuppe o poke bowl hawaiane, ecc. sono ormai disponibili nei distributori automatici. La totale assenza di personale  cambia la prospettiva e la sensazione per chi entra.  È come aprire il frigorifero di casa per prendere ciò di cui abbiamo bisogno. Solo che non si è a casa propria. E ci si sente costantemente osservati…

Resta centrale l’assortimento, essenziale, che credo sia allineato  ad una specifica  tipologia di clienti.  Il modello è “prendi e vai”. Credo però, che dopo un paio di volte, dove la novità e le modalità generano una certa curiosità, l’interesse per quella tipologia di spesa diventi esclusivamente opportunista. Più è rapida, meglio è. La vedo particolarmente utile in due casi. Innanzitutto per un pranzo veloce in azienda nell’intervallo di lavoro e per la possibilità di acquistare anche frutta e poco più da portare a casa  per poi riservare la spesa (quella vera)  altrove. Oppure in zone dove non si trovano addetti o, addirittura, dove il costo di un negozio tradizionale, pur piccolo, non si giustifica. Leggi tutto “Grande distribuzione. Gita a Zavantem dove Carrefour fa BuyBye….”

Buon Natale e Buon 2024 a tutti i lettori del BLOG!

A volte, solo a volte, 

ritirarsi non è arrendersi.

Cambiare non è ipocrisia, disfare non è distruggere.

Essere soli non è allontanarsi  

e il silenzio non è non avere niente da dire.

Restare fermi non è pigrizia, né vigliaccheria,  è sopravvivere.

Immergersi non è annegare, retrocedere non è fuggire.

A volte, solo a volte, occorre allontanarsi per vedere,

abbandonarsi, lasciare che scorra, che il vento cambi,

chiudere gli occhi e tacere. 

A volte bisogna ascoltarsi.

(Maria Guadalupe Munguia Torres)

Conad prova a girare pagina.

Mauro Lusetti credo sia la persona giusta al posto giusto. Conad è, da sempre, casa sua. Conosce pregi e difetti dell’establishment delle cooperative. Sa che il suo compito è, insieme a loro,  provare a fare piccoli passi avanti con pazienza e lungimiranza. Sa che al centro del sistema deve esserci il socio imprenditore. Non le beghe tra leader delle cooperative.

5 forti cooperative assolutamente in salute che portano ad un risultato complessivo di 20,2 miliardi euro (+9,1) e con una quota di mercato del 15%. È l’unica insegna presente in 1500 comuni e in tutte le provincie del Paese con 12 milioni di famiglie che entrano nei loro punti vendita ogni settimana. Le regole che consentono una convivenza tra diversi sono un collante sufficiente. D’altra parte “consorzio” viene dal latino consortium, derivato di consors-ortis ovvero “chi ha la sorte in comune”. 

Quando, nel 1972, nove dettaglianti perugini costituirono PAC 2000A Conad (Perugia Acquisti Cooperativa 2000 Alimentari), contemporaneamente, in Giappone, nasceva Mazinga Z, il capostipite dei famosi  “robottoni transformer” che, solo componendosi tra di loro, diventavano indistruttibili e  invincibili. Per me, Conad, avrebbe dovuto assomigliare a quella cosa lì. Un impasto comune di idee, organizzazioni  e persone che, grazie alla forza delle singole cooperative,  messa a fattor comune,  consentisse di prendere  la testa della GDO nazionale, diventando un punto di snodo decisivo nella filiera agroalimentare e da lì puntasse, nel tempo,  addirittura all’intero continente. Un continente dove le cooperative dí dettaglianti rappresentano un punto di riferimento importante e vero terreno di un futuro prossimo dove la competizione non sarà tra pur bravissimi bottegai locali più o meno sviluppati, ma tra imprese di grande dimensione che al centro pongono il cliente a 360°.

In questo senso le tre grandi operazioni di acquisizione portate avanti nel tempo da Conad  (Lombardini, Billa-Rewe e Auchan) avrebbero dovuto proprio creare le basi per una nuova identità, dare una visione unitaria  di grande respiro imprenditoriale e, infine, produrre una grande scuola manageriale e di mestiere in grado di competere con le grandi multinazionali. Tant’è che in passato avevo scritto in un pezzo rilanciato ad una passata assemblea di PAC 2000A: “È chiaro che la vera forza di un sistema policentrico formato da più anime e da cinque grandi cooperative, qual’è Conad, è solo nell’unità e nel gioco di squadra. Se viene meno emergono visioni e interessi differenti che rendono difficile il governo del sistema”. Leggi tutto “Conad prova a girare pagina.”

Contratto nazionale commercio, DMO e cooperazione. Ennesimo pasticcio a pochi giorni dallo sciopero…

Si può dire, senza che nessuno si offenda, che c’è un evidente deficit  di capacità e di credibilità  politica che impediscono  la chiusura della trattativa  del più importante CCNL del nostro Paese?  Come si fa a non rendersene conto? Vista la fine dell’ultima trovata della “letterina di Natale” inviata al sindacato da Confcommercio (a cui si è accodata Confesercenti o viceversa) per riprendere il negoziato, senza però togliere le pregiudiziali che erano state poste proprio dalla stessa Confcommercio. Temo mi tocchi dare ragione alla Filcams CGIL quando afferma che è in atto “un  tentativo di svilire e derubricare la trattativa a una “parentesi comica”.  Un disastro reputazionale per  Confcommercio e per chi l’ha seguita su questa strada. Eppure era evidente che saremmo arrivati qui.

Nel 2011 così come nel 2015 ho partecipato in prima persona ai due ultimi rinnovi del CCNL. Il negoziato per Confcommercio era tenuto dall’allora Direttore Generale di Confcommercio, Francesco Rivolta delegato del Presidente Carlo Sangalli. Dopo, è bene sottolinearlo, non sono stati sottoscritti altri CCNL di questo livello. E già questo la dice lunga. C’erano, allora come oggi, molte resistenze nella delegazione datoriale,  come sempre avviene quando si arriva al momento di chiudere. Fu il Presidente di Confcommercio in prima persona a considerare maturi i tempi, pur sapendo di rischiare anche conseguenze traumatiche per la sua organizzazione. Che puntualmente ci sono state. Una di quelle firme contribuì alla rottura con Federdistribuzione. Oggi il Presidente è  in evidente difficoltà ad individuare possibili vie d’uscita da una situazione  che è stata creata innanzitutto dalla sua organizzazione.

Alcuni tra i resistenti politici più inconcludenti di allora, oggi sono addirittura titolari del negoziato  e seduti al tavolo. Non serve fare nomi. Difficile quindi, aspettarsi possibili risultati, oggi. È ormai una situazione kafkiana. Siamo di fronte ad un avvitamento che scuote alle fondamenta l’intero sistema delle relazioni sindacali del comparto. Il terziario di mercato sta rischiando di rivivere ciò che sta attraversando la logistica e le dinamiche sindacali che ne hanno inceppato il contesto. E questo grazie alla mancanza di una strategia politica e sindacale dell’intero associazionismo  di categoria che osserva il futuro con  lo specchietto retrovisore  e di un sindacato di categoria che vive esso stesso un paradosso. È rilevante e autorevole, per il peso associativo complessivo che  ha, nelle dinamiche interne delle rispettive confederazioni,  e contemporaneamente debole  per l’estrema frantumazione del comparto e nella maggior parte delle aziende. Quindi è costretto unitariamente a tenere alta la posta,   pur fuori tempo massimo, perché al punto in cui siamo, qualche sindacato rischia le critiche interne dei propri vertici confederali e contemporaneamente, tutte insieme, di perdere credibilità con le proprie basi più militanti.

Intanto cresce il malcontento. Il Governo non ha messo praticamente nulla sul tavolo a sostegno dei rinnovi contrattuali e l’opinione pubblica è molto più sensibile alla parte debole del mondo del lavoro. Le tensioni che attraversano la logistica e i suoi  addetti, le cooperative spurie, i rider, il lavoro povero nella sua accezione più ampia, la flessibilità e il part time involontario, il lavoro festivo,  la convinzione che la precarietà e i bassi salari siano elementi strutturali del comparto nel suo insieme.  E le pur importanti iniziative, portate avanti da diverse  insegne nazionali al loro interno, più sensibili alla gestione e allo sviluppo delle risorse umane, passano così  in secondo piano. C’è una tensione sotto traccia che cresce.

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Carrefour Contact. La risposta franco-francese alla marcia inarrestabile del discount….

Quando apre un nuovo punto vendita per qualsiasi insegna occorre riflettere sull’obiettivo. Può essere una apertura tradizionale, un esperimento, una scelta tattica per rispondere ad un banale esigenza locale o parte di una strategia complessiva. Il gruppo Carrefour ha un piano strategico chiaro che prevede investimenti per circa 2 miliardi di euro all’anno a livello globale. Europa e America Latina sono i suoi mercati principali e l’asse della crescita è basato su due pilastri fondamentali: transizione alimentare e digitalizzazione.  La prima scommessa è sui propri marchi.

Alexandre Bompard ha dichiarato: “L’obiettivo è raggiungere il 40% del fatturato nel 2026 con la propria marca contro il 33% nel 2022. Il boom delle private label comprenderà anche il non food. “È una svolta importante”. Ciò significa che un prodotto alimentare su due che venderemo, ha concluso Bompard, sarà a marchio Carrefour.” In secondo luogo il franchising.  Nel piano Carrefour 2022, Carrefour ha deciso di continuare lo sviluppo del franchising. “Il franchising ha rappresentato il 90% delle nostre aperture di negozi in Europa”, spiega il Top Manager. Manterremo questo modello di espansione, anche a livello internazionale, dove ci espanderemo in 10 nuove aree  entro il 2026, principalmente in America Latina, Africa e Medio Oriente.” Il terzo asse riguarda la “semplificazione” delle strutture. Non solo l’area acquisti ma tutti  i diversi  team aziendali nazionali sono sotto la lente di ingrandimento. Carrefour vuole dotarsi di  centri di competenza con l’obiettivo di non duplicare più la stessa organizzazione per paese. Come per gli acquisti, l’idea è quella di mettere in comune competenze tecnologiche, dati, branding e persino alcune funzioni finanziarie.

“Questa nuova organizzazione rafforzerà la competitività di tutti i nostri paesi, in particolare dei più piccoli, che ridurranno i costi delle sedi, e soprattutto beneficeranno di competenze molto più ricche a livello di gruppo, che è un vantaggio rispetto ai loro concorrenti locali” , ha insistito Alexandre Bompard fin dalla presentazione del piano. È chiaro che questo comporta inevitabilmente una strategia di ottimizzazione delle risorse umane, di lancio di nuovi modelli  di presenza sul territorio, di riutilizzo dei siti, soprattutto di grandi dimensioni e di un minor peso delle sedi, anche in forza dell’aumento del franchising. La declinazione di questa strategia, nei singoli Paesi, comporta sperimentazioni, nuovi modelli organizzativi e di vendita, investimenti sulle risorse umane, riqualificazione  e rivisitazione dei mestieri di sede e di rete.

Aprire quindi  in un quartiere periferico di Milano, quella che ai nostri occhi appare un’alternativa al discount. non è solo  un semplice test per Carrefour Italia  per il nostro mercato ma è parte integrante di una  strategia globale. In Francia di Carrefour Contact ce ne sono già almeno 600. In realtà Carrefour Contact non è un discount. È un’insegna di prossimità che risponde alle esigenze delle aree di estrema periferia urbana con un’ampia offerta, sia alimentare che non alimentare, paragonabile ai nostri mercati rionali. Se non si parte da qui si rischia di non comprendere la traiettoria della multinazionale. L’insegna francese oltre al marchio Carrefour, gestisce Atacadão, Carrefour Bio, Carrefour City, Carrefour Contact, Carrefour Express, Carrefour Maxi, Carrefour Market, Carrefour Montagne, Docks, Globi, Gross Iper, Promocash, Proxi, Rast, Supeco, So .bio, Carrefour Outlet, Carrefour banca e assicurazione e più recentemente Bio c’bon, Potager City, Bio Azur, Cora, Match, Terre d’Italia. E ne avrò certamente dimenticata qualche altra in giro per il mondo. Leggi tutto “Carrefour Contact. La risposta franco-francese alla marcia inarrestabile del discount….”

Leroy Merlin. Raggiunto un accordo che chiude una situazione dalle conseguenze imprevedibili

L’accordo sottoscritto pochi giorni fa da Esselunga con i tre sindacati confederali di categoria ha fatto da apripista. E così è stato raggiunto un accordo, seppure di contenuto differente ma altrettanto risolutivo, tra il sindacato di base SI Cobas e Leroy  Merlin. La situazione era ormai diventata ingestibile. Due mesi di scioperi, azioni di sabotaggio e decine di azioni di disturbo in numerosi punti vendita avevano ormai posto fuori controllo la situazione. L’azienda ha riconfermato il recesso dal contratto di fornitura e la conseguente chiusura del deposito di Castel San Giovanni, che impiega  circa 350 lavoratori alle dipendenze della società Iron Log. Ha però spostato al 31 maggio la chiusura definitiva in modo da consentire una gestione più morbida dei passaggi. L’accordo prevede 80 ricollocazioni volontarie nella nuova sede di Mantova, buone uscite più elevate di quelle proposte in un primo tempo  e come scritto sopra lo spostamento di qualche  mese  della chiusura rispetto alla data prevista inizialmente.  A chiusura della dura vertenza Leroy Merlin e Iron Log hanno accettato di ritirare ogni querela sporta in questi mesi contro le azioni di protesta e hanno concordato un’erogazione di 2000 euro anche per i tempi determinati con contratto in scadenza. L’assemblea indetta subito dopo la firma ha registrato un’adesione pressoché totale dI approvazione da parte  dei lavoratori.

Le ragioni dell’azienda francese sono state abbondantemente spiegate in tutti gli incontri che si sono avuti a partire dal 26 ottobre  prima che la situazione,  sfuggisse di mano. L’azienda si è limitata a riproporre non solo i problemi di gestione del centro, come aveva già dichiarato nei precedenti incontro: “Il National Distribution Center di Castel San Giovanni, non può trovare spazio perché da tempo presenta performance operative e di servizio gravemente al di sotto degli standard minimi di mercato. Tali inefficienze del magazzino hanno pesato per un valore di oltre 24 milioni di euro negli ultimi 3 anni, per ragioni non imputabili a Leroy Merlin». «L’insieme di queste inefficienze, unito a periodi di inattività, continua ad avere, inoltre, gravi ripercussioni sulle vendite dell’azienda, sui servizi resi ai clienti e sul business dei propri fornitori, alcuni dei quali dipendono da Leroy Merlin per il 60% del loro fatturato.

Nonostante questo l’azienda aveva fin da subito dichiarato la disponibilità a supportare Iron Log nella ricollocazione di una parte dei lavoratori presso un altro provider logistico all’interno del deposito sito a Mantova, nonché a collaborare affinché Iron Log potesse porre in essere un complessivo piano di incentivazione finalizzato ad agevolare la ricollocazione dei lavoratori anche attraverso servizi di outplacement”. L’azienda ha ribadito  la nuova strategia distributiva che determina la necessità  di presidiare diversamente il territorio nazionale. Per la realtà  multi specialista, tale potenziamento prevede negli aspetti logistici l’apertura entro il 2024 di almeno 4 nuovi Market Delivery Center (MDC) e Punti di Redistribuzione regionali, al fine di rendere la distribuzione e la consegna più efficiente e capillare che consenta di  essere più vicina al consumatore finale. Il piano complessivo di rafforzamento della struttura logistica si stima possa generare nei nuovi centri 700 posti di lavoro indiretti». Pur con un saldo finale abbondantemente positivo è evidente che a Castel San Giovanni, dimezzando il lavoro distribuito altrove, si dovrà fare a meno  di  circa 250/300 addetti. Nessuno di questi  dipendenti di Leroy Merlin.

Il SI Cobas è un sindacato autonomo fondato nel marzo del 2010 attivo nel comparto della logistica. Settore segnato da una fortissima presenza di manodopera immigrata. La tipologia del lavoro e la forte solidarietà all’interno delle comunità etniche di appartenenza  favoriscono il tipo di pratica sindacale conflittuale portata avanti da SI-Cobas tra gli addetti, basata su tattiche di scontro radicali e con un forte impatto, come quella del blocco dei piazzali e delle merci. Inoltre i sindacati di base possono contare su di una rete di simpatie e di militanza costituita da centri sociali, organizzazioni studentesche e altri gruppi, che partecipano attivamente ai blocchi e amplificano le azioni di protesta. Leggi tutto “Leroy Merlin. Raggiunto un accordo che chiude una situazione dalle conseguenze imprevedibili”