Grande Distribuzione. Il futuro del negozio? Vicino al cliente, tecnologico, ecologico e…. anche con le ruote.

Eppure qualcosa mancava. Non bastava da una parte il negozio fisico e dall’altra quello virtuale. Comprare con i “piedi” andando fisicamente nel negozio cosiddetto di “malta e mattoni” o comodamente seduti sul divano. Sembrava un’alternativa secca, definitiva. O di qua o di là. Poi sono arrivati i “ma anche”; i seguaci del “phigital”. Quelli per i quali si può e si deve essere entrambe le cose. Anzi. Il futuro sarà di chi saprà interpretare meglio di altri  i due ruoli in commedia mettendo al centro il cliente e le sue esigenze.

L’esplosione della pandemia ha poi accelerato i progetti (e le illusioni) di alcuni tra i fautori dell’on line applicato alla logistica dell’ultimo miglio. Sono prosperati i cosiddetti unicorni che potevano contare su un fiume di finanziamenti che pareva infinito spinto dalle  code con la mascherina al supermercato, con i rischi di contagio, alla voglia di spesa nel minor tempo possibile fatta preferibilmente da altri e consegnata dal rider.  Quest’ultimo con o senza contratto.

La fase  della priorità della logistica e della tecnologia che cercava di spingere in soffitta gli ipermercati, i volantini con le offerte e la vecchia concorrenza tra insegne sembrava inarrestabile. Poi è arrivata la guerra ai nostri confini,  l’esplosione dei costi delle materie prime e dell’energia. Il fiume dei finanziamenti agli unicorni si è prosciugato in un battibaleno. Le priorità ormai erano altre. L’inflazione è una brutta compagnia. Meno risorse ai progetti di lunga prospettiva è più attenzione ai costi e ai margini. E poi uscire, finalmente senza mascherina e paure varie,  ha riconciliato le persone con i punti vendita all’aperto,  con i ristoranti e con la voglia di frequentare fisicamente  il mondo.

Leggi tutto “Grande Distribuzione. Il futuro del negozio? Vicino al cliente, tecnologico, ecologico e…. anche con le ruote.”

La partecipazione del lavoro (e del risparmio) per lo sviluppo dell’impresa, del comparto e del Paese

Non sono molte le aziende che hanno, nel tempo, scelto la strada del coinvolgimento dei dipendenti attraverso proposte di  partecipazione economica o gestionale. Argomento complesso e ostico che compare ciclicamente anche nel dibattito sindacale italiano sopratutto per merito della CISL.

Luigi Sbarra lo ha rilanciato ultimamente annunciando che “nelle prossime settimane inizieremo un’articolata campagna nazionale di raccolte firme per una proposta di legge di iniziativa popolare sulla partecipazione, che deve diventare diritto fondamentale dei lavoratori e dei cittadini; leva centrale di un progresso socialmente sostenibile verso una prospettiva di vera democrazia economica. Abbiamo voluto concretizzare ciò che già è presente nella nostra Costituzione (articoli 41 e 46). Con il nostro disegno di legge intendiamo definire e promuovere iniziative contrattuali nazionali e di secondo livello per la partecipazione gestionale, economica, organizzativa e consultiva dei lavoratori”.

Intanto le imprese più sensibili si muovono. Le ultime in ordine di tempo sono Campari e Carrefour. Campari fondata in Italia nel 1760 è oggi il sesto player mondiale per importanza nell’industria degli Spirit di marca.  22 impianti produttivi, 4.000 persone, in  Italia è presente con la sede centrale di Sesto San Giovanni e i 4 stabilimenti di Canale, Novi Ligure, Alghero e Caltanissetta. Per il segretario generale della Fai Cisl nazionale, Onofrio Rota: “Il piano rappresenta un salto di qualità per le relazioni industriali in chiave innovativa e partecipativa, come da sempre promosso dalla Fai e dalla Cisl, e si affianca al già rodato integrativo di Gruppo con il premio di risultato e i piani di welfare aziendale, ampliando i principi fondamentali di partecipazione e democrazia economica. E’ una strada che ci auguriamo venga intrapresa presto anche da altre realtà produttive”.

Carrefour attraverso Carrefour Invest propone  a suoi quasi 335.000 dipendenti in Francia e altri paesi, di associarli a condizioni privilegiate alla performance dell’azienda coinvolgendoli nel suo successo economico e finanziario attraverso piani di compensazione collettiva e di risparmio dei dipendenti. Alexandre Bompard, CEO del Gruppo ha dichiarato che: “Questo programma di azionariato dei dipendenti arricchisce il modello sociale di Carrefour, che è già molto interessante e consente ai nostri dipendenti di essere coinvolti ancora più direttamente alla performance del gruppo. Proponendo condizioni di investimento privilegiate e sicure per diventare azionista di Carrefour, questo piano si rivolge a tutti i nostri collaboratori, e costituirà un fattore di successo del nostro piano Carrefour 2026”. Leggi tutto “La partecipazione del lavoro (e del risparmio) per lo sviluppo dell’impresa, del comparto e del Paese”

Franchising e Grande Distribuzione. Uno “spettro” si aggira sull’Europa….

Da scorciatoia per ridurre e comprimere i costi e condividere con altri (franchisee o lavoratori)  il “rischio di impresa” a qualcosa di più strutturato e diffuso. Il ricorso al franchising nella GDO europea sale in cattedra e finisce sotto i riflettori. L’ultima in ordine di tempo è stata Delhaize in Belgio. 128 punti vendita, 9.200 dipendenti hanno appreso che i loro negozi sarebbero stati dati in franchising. Non l’hanno presa affatto bene. Ovviamente partirà presto un negoziato con il sindacato di categoria belga per definire tempi e capire le condizioni.  Il franchising in tutta Europa, ad est come ad ovest, sta sostituendo la gestione diretta in molte realtà della Grande Distribuzione. Sia nel caso di nuove iniziative (vedi, ad esempio, il test di  Potager City di Carrefour France) come nel coinvolgere punti vendita in fase calante o parti di rete in determinati territori.

L’espansione classica  della GDO, quella a cui ci siamo abituati nel novecento si è, di fatto, conclusa. Circondati dalla concorrenza delle altre realtà e formati, cresciute come funghi, dalla spinta dei discount e dalla  rete, le insegne, una dopo l’altra scoprono, e cercano di affrontare,  i loro punti deboli concentrandosi innanzitutto sui costi. Di nuove sfide sul piano commerciale nemmeno l’ombra. Le grandi superfici e le realtà in pieno passaggio generazionale, ovviamente,   scontano problemi strutturali più di altri.  In mancanza di innovazioni particolarmente significative vince chi si adatta meglio al contesto.  Le politiche commerciali (sconti, promozioni, iniziative varie) tutte uguali tra di loro, alla fine,  sono a somma zero. Restano da rivisitare  logistica, costi di sede, rapporti con i fornitori, organici (numeri e trattamenti definiti contrattualmente) e costi di locazione.  Il franchising, per molti, rischia di essere un passaggio obbligato. Pur con tutti i rischi che comporta.

Leggi tutto “Franchising e Grande Distribuzione. Uno “spettro” si aggira sull’Europa….”

Amazon. Innovazione tecnologica e crescita continua, prima o poi, devono misurarsi con i margini.

La riduzione dei costi e il conseguente taglio del personale da parte di Amazon ha coinvolto tutte  le strutture e le società che fanno capo all’azienda di Seattle. Da  Zappos entrato in Amazon  nel 2009 ad Amazon Robotics, l’unità dell’azienda focalizzata sull’automazione che aveva acquisito nel 2012  Kiva Systems, un produttore di robot di magazzino, per 775 milioni di dollari; da AWS che ha aperto la strada al mercato dell’infrastruttura cloud, consentendo alle aziende di scaricare i loro server e le loro esigenze di storage e pagare in base all’abbonamento e all’utilizzo fino ad Amazon Logistics.

Da  Amazon Pay ai dipendenti che lavoravano sulle varie offerte di assistenza sanitaria di Amazon. Amazon Pharmacy, la farmacia online che ha lanciato nel 2020 fino a coloro che lavoravano sugli strumenti di salute digitale e sul tracker di salute e fitness Halo. Anche Amazon Launchpad, un’unità che assiste i nuovi venditori, ha subito pesanti tagli. L’unità di consegna dei droni di Amazon ha visto anch’essa licenziamenti diffusi, con i dipendenti dei siti di Washington, Oregon, Texas e California tagliati, secondo quanto riportato  dalla CNBC.

Gli stessi dipendenti coinvolti nella costruzione e nella pianificazione delle strutture, nelle transazioni immobiliari, nel ripristino di emergenza e nello sviluppo di negozi fisici hanno, in buona parte, perso il lavoro. Nessun comparto è stato risparmiato. Infine Amazon ha annunciato che nei primi giorni di aprile chiuderà definitivamente otto dei suoi Amazon Go, di cui due a Seattle. Ne resteranno altri 21. Un portavoce ha dichiarato “Valutiamo periodicamente il nostro portafoglio di negozi e prendiamo decisioni di ottimizzazione lungo la strada”.

Amazon vive la stessa incertezza economica del post pandemia di molte realtà  e che, tra le altre,  ha colpito le grandi imprese tecnologiche. Dopo 28 anni di crescita continua è arrivato il  piano di riorganizzazione che prevede 18.000 esuberi e che attraversa tutte le aree aziendali e gli stessi nuovi progetti sono attentamente monitorati o posticipati a tempi migliori. Dopo i tagli di Twitter, Meta e NETFLIX alla fine del 2022,  il 2023 è iniziato con l’annuncio dei tagli da parte di Amazon nelle divisioni Amazon stores, People experience e Technology solutions. Amazon oggi cuba 1.5 milioni di dipendenti, che, tra gli altri primati,  rendono l’azienda il secondo più grande datore di lavoro privato negli Stati Uniti, dopo Walmart. Leggi tutto “Amazon. Innovazione tecnologica e crescita continua, prima o poi, devono misurarsi con i margini.”

Carrefour Italia. Ottimo lavoro per il manager venuto dall’Est…

Se si vuole cercare di capire la strategia di una multinazionale come Carrefour e le sue prospettive nel nostro Paese, i risultati economici ottenuti sono fondamentali ma non sufficienti. Occorre alzare lo sguardo e provare a separare l’ottimo lavoro fatto dal CEO Cristophe Rabatel e dalla sua squadra  per cercare di  comprendere se, nella visione del futuro del Gruppo  in un contesto geopolitico mondiale in grande fermento  e in un mercato molto competitivo come il nostro, c’è la volontà di mettere a disposizione  le risorse economiche necessarie al suo rilancio pur in un mutato contesto organizzativo e di presidio del territorio.

Il CEO di Carrefour Alexandre Bompard sta lavorando da tempo a una revisione strategica della rete di negozi e della presenza nei diversi mercati. Completata l’acquisizione del “Grupo BIG” in Brasile, il terzo più grande rivenditore di generi alimentari del Paese, Carrefour gestisce oggi 876 negozi e circa 137.000 collaboratori in un mercato ad alto potenziale di crescita. L’uscita da Taiwan “completa il riequilibrio geografico di Carrefour e rafforza il peso dei suoi mercati chiave in Europa e America Latina”, ha confermato la stessa Carrefour  in un comunicato stampa.

Leggi tutto “Carrefour Italia. Ottimo lavoro per il manager venuto dall’Est…”

LIDL. Negli USA (forse) hanno trovato l’antidoto…

Nella GDO italiana la “corazzata” LIDL fa un po’ paura a tutti i competitor. Non è solo un problema di discount che stanno imponendo il loro ritmo a tutto il comparto. MD e Eurospin tengono botta e se togliamo la corsa solitaria di Penny Market, di Todis nel centro sud e di qualche altro, i mezzi di cui dispongono sia LIDL che Aldi sembrano rendere non contenibile la loro marcia. In tutta Europa conquistano quote di mercato e si segnalano tra i migliori datori di lavoro della Grande Distribuzione. Per ora la “gara”, da noi, la conduce LIDL. Per i consumatori italiani LIDL e Aldi  non sono neppure discount come  gli altri.

Una interessante ricerca Monitor Ortofrutta di Agroter pubblicata su Italia Fruit News ha analizzato il percepito di 500 responsabili acquisto italiani che fanno la spesa nella GDO. 9 clienti su 10 per Lidl e quasi 8 su 10 per Aldi, ritengono queste due insegne dei supermercati e non dei discount (https://bit.ly/3She0Fp). Un supermercato con un’immagine fresca che piace anche ai giovani dove vince la marca privata, l’attenzione al rapporto qualità/prezzo e le interessanti  proposte no-food. Le due insegne tedesche hanno le risorse economiche e umane per fare corsa a sé pur marcandosi l’un  l’altra. 

Le altre insegne discount,  pur impegnate in una corsa apparentemente simile, rischiano, chi più chi meno,  un ruolo da follower. Quindi loro due assomigliano sempre più a supermercati seppure meno ridondanti di merce e, per reazione pavloviana, diverse insegne di  supermercati cercano di “travestirsi” da discount. Difficile stabilire se queste incursioni pagheranno nel lungo periodo o ne costituiranno un punto di non ritorno per i rispettivi margini.

Impossibile quindi tenere loro testa?

Dagli USA però arrivano notizie che mostrano alcune smagliature interessanti. È vero che consumatori tedeschi e americani hanno comportamenti differenti.  Nel 1997, Walmart decise di entrare nel mercato tedesco e, pur trovandosi di  fronte, e in parte di traverso,  competitor, stampa e lavoratori,  acquistò Wertkauf  per 750 milioni di euro e Interspar, per 1,3 miliardi di DM . Ma non è bastata né la sua fama né la nota aggressività dell’azienda USA.  Nel 2006, dopo aver perso circa 1 miliardo di dollari, Walmart decise di lasciare la Germania. Leggi tutto “LIDL. Negli USA (forse) hanno trovato l’antidoto…”

Auchan in Russia. La decisione di restare potrebbe costare molto cara…

Probabilmente l’Association familiale Mulliez ha pensato che “scommettere” su una durata breve del conflitto fosse la mossa giusta. Se fosse andata così, la loro presenza in entrambi i Paesi in guerra  avrebbe rappresentato un punto di forza rispetto ai competitor.  Il gruppo francese, fondato da Gérard Mulliez nel 1961,  possiede e gestisce gli ipermercati e i supermercati Auchan, ma anche le catene di negozi di prodotti per il fai da te Leroy Merlin, Decathlon e molte altre attività. È arrivato ad essere quinto al mondo con un migliaio di ipermercati in 16 paesi e oltre 300 mila dipendenti. 

Nel suo recente intervento a Marca, Valerio De Molli, Managing Partner di The European House – Ambrosetti ha confermato che le multinazionali che hanno lasciato la Russia a seguito del conflitto sono circa diecimila. A fine 2022, ne resterebbero ancora 1284 secondo uno studio svizzero (https://bit.ly/3KjFQyX). Di queste le aziende tedesche ne contano il 19,5%, davanti alle cinesi (16,4%), americane (12,4%), giapponesi (7%), italiane (6,3%), britanniche (5,8%) e infine le francesi, tra cui quelle appartenenti alla galassia Mulliez, il (5,6%). Perché queste ultime hanno fatto così scalpore sulla stampa francese?

Secondo il recente servizio di Le Monde, la società francese, che ha scelto di continuare le sue attività sul territorio russo nonostante l’offensiva in Ucraina, avrebbe consegnato gratuitamente merci all’esercito di Vladimir Putin come testimoniato dal video e dai documenti in possesso del quotidiano francese (https://dai.ly/x8ib4qf). Secondo i documenti ottenuti da Christo Grozev, ex direttore esecutivo di Bellingcat, e da Le Monde, la società della GDO, di proprietà della famiglia Mulliez, ottava fortuna francese secondo Challenges, sembrerebbe partecipare allo sforzo bellico russo. Leggi tutto “Auchan in Russia. La decisione di restare potrebbe costare molto cara…”

Grande distribuzione. Mancano gli addetti o scarseggiano i bravi CEO?

Le differenti insegne sono tutte impegnate nella gestione e nello sviluppo delle loro risorse umane. È una funzione che gira a pieno ritmo visti gli annunci di selezione del personale, i premi conseguiti dalle aziende attente alla loro crescita, i corsi prodotti attraverso la formazione aziendale finanziata o meno. La ricerca di specialisti poi è sempre aperta. Nei punti vendita, però,  il flusso di CV lasciati sul bancone all’entrata si riduce ogni giorno.

I più giovani di fronte al lavoro festivo e domenicale e al part time  spesso arricciano il naso. Si comincia a percepire la difficoltà a trovare risorse con quel profilo particolare che caratterizza chi lavora nella grande distribuzione. Flessibilità, impegno, disponibilità ad imparare, capacità di ascolto e voglia di crescere non sono più così presenti nei colloqui di assunzione o sono bilanciati da richieste di maggiore libertà, autonomia, corrispettivo economico che lasciano intendere cambiamenti sempre più pressanti del mercato del lavoro. Né l’azienda con le sue prospettive future di carriera né il sindacato che in passato intercettava e rappresentava in termini collettivi queste esigenze riescono spesso a comprendere e a gestire questi approcci che mirano ad un bilanciamento diverso tra impegno personale richiesto e spazi di vita. E su questo qualcosa dovrà cambiare nei processi di selezione.

Leggi tutto “Grande distribuzione. Mancano gli addetti o scarseggiano i bravi CEO?”

Grande Distribuzione. Cresce il nervosismo tra le insegne.

Basta girare per i negozi della GDO per capire che alcune insegne  stanno perdendo quel minimo di lucidità necessaria per affrontare un contesto inflativo di media/lunga durata dotandosi di strumenti adeguati. Per il momento i fatturati gonfiati dall’inflazione reggono il confronto sull’anno precedente. Sempre meno i volumi. Lo si capisce dalle polemiche con i fornitori, dalla promozioni sempre più azzardate, dall’affanno dei fine mese. Dai confronti anno su anno.

Il cliente viene vellicato blandendolo con lo stagionato “vieni da noi che trovi il bianco che più bianco non si può” del famoso Dash della Procter & Gamble. Ma mentre il Dash è passato dal fustino al liquido fino al monodose di oggi, in molti nella GDO sono rimasti inchiodati all’idea che l’avversario è solo e soltanto  l’insegna concorrente. E lo si batte sul prezzo. Pochi comprendono che, con l’inflazione, il vero “nemico” da affrontare è il contesto complessivo che dipende dalla struttura dei costi dell’impresa a monte e a valle, dalle sue dinamiche e dal peso politico e organizzativo che il settore nel suo complesso ha nei confronti di chi quei costi li determina o li governa.

Senza questo approccio la semplice leva del prezzo più basso comprime solo  i margini. Ed è una spirale difficile da fermare. E senza sottovalutare che i consumatori, estremamente sensibili di questi tempi,  sono sempre più  indotti a pensare che il prodotto, quando non è in promozione ha un prezzo ingiustificato. Soprattutto  i clienti più importanti; quelli che acquistano abitualmente quel prodotto. E questo spinge al nomadismo di insegna.

In tempi di inflazione il consumatore controlla più di altri momenti il prezzo di ciò che acquista abitualmente. E collega promozioni e responsabilità degli aumenti all’insegna che li propone. Non all’azienda titolare del prodotto. Certo ci sono sempre i clienti spot che inseguono la promozione da “volantino”. Oggi ci sono poi le app tipo doveconviene.it o volantinofacile.it o promoqui.it che forniscono un quadro delle promozioni come mai in passato. Ma questi clienti difficilmente riacquistano lo stesso prodotto a prezzo pieno. In realtà l’abuso delle promozioni genera un circolo vizioso da cui è difficile uscire. Soprattutto  in tempi di inflazione. Prima o poi ci sarà un competitor che applicherà al prodotto un prezzo più basso rispetto agli altri e si ritorna tutti  al via come in un eterno gioco dell’oca. Leggi tutto “Grande Distribuzione. Cresce il nervosismo tra le insegne.”

Grande Distribuzione e profezie negative autoavveranti….

Molti amici, manager e consulenti della GDO mi hanno sollecitato a insistere e tornare sulle ragioni che spingono le differenti insegne a non considerare l’unità e la convergenza del comparto come prioritarie in un contesto come quello che stiamo attraversando. Il punto di partenza è chiaro. C’è una disillusione diffusa sulla possibilità di realizzarla quasi fosse una maledizione ereditata dai “padri fondatori” che, condanna a trovare negli “altri” leader presenti nel settore la causa e la ragione della situazione.

La classica profezia negativa che si autoavvera per il solo fatto di essere continuamente ripetuta.  La predizione genera l’evento e l’evento verifica la predizione. E così ciascuno predica l’unità ma addebita ad un male oscuro e sconosciuto la ragione dello stallo. Non ho personalmente incontrato nessun CEO che rifiuta l’idea in sé ma tutti, o quasi,  rifiutano la responsabilità della situazione. 

Non credo di svelare nulla di segreto ma nella stessa scelta che ha portato ad individuare l’attuale Presidente di Federdistribuzione la richiesta di lavorare per l’unità del comparto era uno degli impegni principali richiesti al candidato. Addirittura l’idea di individuarlo fuori dal perimetro della GDO aveva lo scopo di evitare pregiudizi e chiusure preconcette. Purtroppo si è dimostrato una scelta sbagliata per diverse ragioni tra le quali che la persona individuata non sembra averci nemmeno mai provato a rimuovere il contenzioso passato o si è scoraggiato al primi  tentativi..

Lo scrittore Garrison Keillor negli anni ottanta del secolo scorso creò,  per il programma radiofonico “A Prairie Home Companion” nel Minnesota, una città immaginaria chiamata “Lake Wobegon”  dove “tutte le donne sono forti, tutti gli uomini sono belli e tutti i bambini sono sopra la media”. Questo racconto ha poi dato il nome a un pregiudizio cognitivo chiamato “effetto Wobegon”, che consiste nel sovrastimare il proprio peso,  le proprie abilità e, di conseguenza, ignorare i propri limiti. È la tendenza umana a sopravvalutare i propri risultati e le proprie capacità in relazione agli altri. È il problema che affligge l’associazionismo della Grande Distribuzione italiana e non solo.  Leggi tutto “Grande Distribuzione e profezie negative autoavveranti….”