Gli italiani vogliono salvare il pianeta…. senza rinunciare al buon cibo.

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Uno studio del 2023 condotto da Profundo (una piattaforma di ricerca basata sull’IA) per  Madre Brava ha evidenziato  che se in Europa  Ahold Delhaize, Carrefour, Lidl e Tesco sostituissero metà delle loro vendite di carne con proteine vegetali entro il 2030, risparmierebbero  emissioni equivalenti a quelle che si otterrebbero togliendo 22 milioni di auto dalle strade, la metà delle auto circolanti nel nostro Paese. Che si tratti di un’iperbole per impressionare gli interlocutori o segnali  un dato realistico  con cui è necessario confrontarsi stiamo comunque parlando del futuro del pianeta.

Nella Commissione Agricoltura e Sviluppo Rurale del Parlamento europeo,  si è iniziato  lavorare alla Strategia europea sulle proteine già nella legislazione appena conclusa. C’è quindi un ampio consenso in Europa sulla necessità di promuovere le colture proteiche. Nella nuova Politica Agricola Comune, infatti, è previsto l’aumento pari al 25% degli aiuti economici previsti nel 2022 per permettere agli agricoltori e alle aziende di ridurre la dipendenza dalle importazioni e coltivare in autonomia più proteine vegetali e più leguminose. Questa Strategia europea è fondamentale per accelerare la transizione ecologica e lo sviluppo sostenibile ma di tutte le proteine vegetali e animali. Le prime, a mio parere, non dovrebbero escludere totalmente le seconde.

Paesi Bassi e Germania puntano decisamente verso un’offerta di prodotti a base vegetale. “Alcuni retailer europei hanno dalla loro ambizione e dimensioni sul mercato e quindi vogliono posizionarsi come leader, non come follower. Questi due Paesi hanno costantemente mostrato alti livelli di consapevolezza ambientale tra il pubblico, insieme a un solido lavoro da parte della società civile per esporre gli impatti dell’agricoltura animale sull’ambiente, sulla salute e sul benessere degli animali”. Aggiunge Nico Muzi Managing Director a Madre Brava: “Dopo anni di campagne di sensibilizzazione dei consumatori sui benefici per la salute, l’ambiente e il benessere degli animali derivanti dal passaggio a diete ricche di vegetali, i consumatori olandesi e tedeschi, in particolare le generazioni più giovani come la Gen Z, hanno capito che fa bene alla loro salute e a quella del pianeta mangiare più vegetali e meno carne e latticini.

In Italia è diverso. Cultura, tradizioni locali, reddito  e abitudini alimentari plasmano i modelli di consumo. Lo sottolinea la fotografia che emerge da una ricerca realizzata da SWG per Carrefour Italia su un campione rappresentativo di italiani, per comprendere come si orientano i comportamenti di consumo in ambito food rispetto al binomio gusto e sostenibilità. “Gusto ma non a tutti i costi. Gli italiani mettono il buon cibo al centro della loro dieta, e chiedono prodotti attenti all’ambiente, freschi e di provenienza locale ma a un giusto prezzo. La transizione alimentare secondo gli italiani passa più dalla lotta agli sprechi alimentari e da una maggiore consapevolezza nei consumi, che dall’aumento della produzione o da politiche centrate sul prezzo più basso possibile dei prodotti alimentari. A questo riguardo è centrale il ruolo della GDO e la sua capacità di proporre soluzioni per ridurre sprechi e imballaggi, ma anche di valorizzare i prodotti freschi locali e di stagione. Leggi tutto “Gli italiani vogliono salvare il pianeta…. senza rinunciare al buon cibo.”

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Grande Distribuzione. I Contratti Nazionali fanno parti uguali tra diseguali..

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Le insegne dovrebbero essere valutate per la loro capacità di fare business e di integrarsi nei territori dove sono insediati.  Per i loro risultati, per come interagiscono con il cliente e per la loro distintività in un contesto competitivo esasperato. Per come valorizzano i propri collaboratori.  Non dovrebbero fare notizia perché sottopagano i loro dipendenti o aggirano norme e contratti come purtroppo a volte  avviene.

È dovuto intervenire addirittura  il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella per chiarire la china pericolosa verso cui ci stiamo incamminando sul piano sociale: “L’occupazione si sta frammentando, tra una fascia alta, in cui a qualità e professionalità corrispondono buone retribuzioni, mentre in basso si creano sacche di salari insufficienti, alimentati anche da part-time involontario, e da precarietà. Si tratta di un elemento di preoccupante lacerazione della coesione sociale”.

Basterebbe questa frase per far “aprire occhi e orecchie” a chi, nella GDO, aggira la leale competizione applicando contratti, pur ritenuti localmente legittimi a causa della lacunosa legislazione vigente, ma in evidente dumping con chi rispetta le regole del gioco definite dalle principali organizzazioni di categoria. Su questo passa il confine netto tra “Imprenditori e Prenditori”. Sia che operino a monte della filiera, nell’agricoltura, nei servizi alle imprese o nella logistica o nel comparto stesso. A nord come a sud. Continuo a pensare che non c’è alcuna differenza tra chi compra prodotti agricoli pur sapendo che sono raccolti sfruttando gli immigrati  e chi non paga il dovuto ai propri collaboratori nascondendosi dietro  contratti definiti “pirata” per il loro contenuto chiaramente a danno del soggetto più debole.

Nel recente rinnovo dei due CCNL principali applicati in GDO (Confcommercio e Federdistribuzione) è mancato il coraggio di voltare pagina. Così come nessuno ha  capito per tempo che pandemia e inflazione avrebbero cambiato il consumatore modificandone priorità e atteggiamenti  così è stato, sul tema del lavoro  e della sua necessaria evoluzione. E così il tema della distintività della GDO che avrebbe dovuto caratterizzare il primo vero testo di Federdistribuzione si è arenato perché è mancata la capacità di  proporre uno scambio realistico e accettabile al sindacato consentendo così a quest’ultimo di sfuggire al confronto.  Leggi tutto “Grande Distribuzione. I Contratti Nazionali fanno parti uguali tra diseguali..”

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E Walmart non sta certo a guardare…

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Walmart Inc. non sta a guardare Amazon e anch’essa si propone sempre di più come  un retailer omnicanale. L’obiettivo dell’azienda è di mantenere la sua leadership consentendo alle persone di risparmiare denaro e vivere meglio, sempre e ovunque, nei negozi fisici, online e attraverso i loro dispositivi mobili. Ogni settimana, circa 255 milioni di clienti e membri visitano più di 10.500 negozi e numerosi siti web di e-commerce in 19 paesi. Con un fatturato dell’anno fiscale 2024 di 648 miliardi di dollari, Walmart impiega circa 2,1 milioni di collaboratori in tutto il mondo. Anche Walmart punta a rivoluzionare l’esperienza di acquisto attraverso tecnologie all’avanguardia. Sta accelerando la sua strategia Adaptive Retail, con l’obiettivo di combinare l’intelligenza artificiale generativa, la realtà aumentata e la personalizzazione per creare esperienze immersive nei negozi, nelle app e nei siti web di Walmart e Sam’s Club.

Il retailer ha sviluppato una serie di grandi modelli linguistici (LLM) chiamati Wallaby e prevede di utilizzare la tecnologia per supportare assistenti ed esperienze rivolte ai clienti. Un modello linguistico di grandi dimensioni (Large Language Model, detto LLM) è un modello di intelligenza artificiale che utilizza tecniche di machine learning per comprendere e generare linguaggio umano. Gli LLM sono strumenti di grande utilità per le aziende e le organizzazioni che puntano ad automatizzare e migliorare la comunicazione e l’elaborazione dei dati. Walmart ha formato Wallaby avendo la disponibilità  di dati interni accumulati nei decenni, che gli consentono di lavorare con altri LLM per creare risposte altamente personalizzate per l’ambiente di riferimento.

Walmart ha anche creato una piattaforma decisionale dei contenuti basata sull’intelligenza artificiale che cerca di prevedere ciò che i clienti vogliono trovare sul suo sito web per creare homepage uniche per ogni cliente in base ai suoi interessi. Il sito web aggiornato dovrebbe essere lanciato negli Stati Uniti entro la fine del 2025. Walmart punta anche in questo campo a distinguersi dalla concorrenza. L’azienda di Bentonville ha inoltre utilizzato una combinazione di piattaforme di intelligenza artificiale generativa per sviluppare una versione più personalizzata del suo chatbot AI Customer Support Assistant. L’assistente all’assistenza clienti è in grado di riconoscere il cliente, comprenderne le intenzioni e intraprendere azioni, come trovare gli ordini e gestire i resi. Walmart ha affermato che sta sviluppando decine di altri strumenti GenAI per clienti, membri, associati e partner che utilizzano le sue piattaforme GenAI.

“Una barra di ricerca standard non è più il percorso più rapido per l’acquisto”, ha affermato Suresh Kumar, Global Chief Technology Officer e Chief Development Officer di Walmart Inc. “Piuttosto, dobbiamo usare la tecnologia per adattarci alle preferenze e alle esigenze individuali dei clienti. Al centro della nostra strategia di piattaforma c’è lo sviluppo di capacità globali comuni che vengono costruite una volta e distribuite in Walmart US, Sam’s Club e Walmart International. Come azienda globale con più segmenti di business, questo ci consente di muoverci rapidamente mentre offriamo esperienze coerenti a tutti i nostri clienti e membri”. “Il cliente medio trascorre sei ore a cercare e navigare online ogni settimana” ha dichiarato Anshu Bhardwaj, SVP e COO di Walmart Global Technology e Walmart Commerce Technologies, a CX Dive alla conferenza della National Retail Federation. Gli aggiornamenti generativi dell’IA mirano a ridurre questo tempo consentendo ai clienti di utilizzare le query in linguaggio naturale e ricevere in cambio risposte più accurate. Gli investimenti tecnologici di Walmart mirano anche a migliorare le esperienze in negozio. L’azienda ha utilizzato l’intelligenza artificiale generativa per creare o migliorare la qualità di oltre 850 milioni di dati in tutto il suo catalogo di prodotti. Leggi tutto “E Walmart non sta certo a guardare…”

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Selex. Sessant’anni e non li dimostra..

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Al di là della querelle su chi ha guadagnato la testa  nella gara di quest’anno per il primo posto in GDO, e di cosa concorrerà a determinare il primato, Selex resta un punto di riferimento importante per chi vuole osservare l’andamento del settore dato che circa 10 milioni di italiani scelgono ogni giorno i prodotti Selex (circa 7.700 i prodotti di qualità distribuiti nei tanti punti vendita delle  Imprese Socie). È una rete di punti vendita multicanale caratterizzata da format distributivi diversi. Dal supermercato di prossimità all’ipermercato, dal superstore al discount e al cash & carry. Diciotto imprese, oltre tremiladuecento punti vendita e quarantaduemila addetti la collocano comunque ai vertici del comparto.  Pur nel pieno dell’eurforia della celebrazione del 60° anniversario Maniele Tasca ha resistito ad intestarsi il primo posto in anticipo. La platea, no. Alle sollecitazioni  di Andrea Cabrini, Direttore di CNBC è partito il grande applauso liberatorio. Io attenderei il VAR, come nel calcio, per proclamare un sicuro  vincitore. Comunque, il 2024 si chiuderà con un bel testa a testa.

Tre cose mi hanno colpito della kermesse. Innanzitutto il tributo a Riccardo Francioni. Direttore Generale di Selex per tre decenni, figura chiave nella nascita e nello sviluppo di Selex e artefice della creazione della Centrale ESD. Un grande gruppo può guardare al futuro solo se le sue radici sono ben piantate nel passato. La carrellata sui suoi fondatori e sull’origine di ciascuna insegna ha poi tributato il giusto merito a ciascuna delle diciotto realtà sottolineando l’importanza del collettivo. Uno su tutti, Giancarlo Paola di Unicomm, ha ben sintetizzato il pensiero comune con uno slogan, credo suggerito tanti anni fa dal padre,  lo spirito che anima e che distingue questa realtà: “l’interesse di Selex coincide con l’interesse dell’azienda”. La capacità di leggere e interpretare il territorio, di scambiare competenze e di  condividere regole e scelte comuni fanno di Selex qualcosa di più di una semplice centrale. Fondamentale è il clima nel CDA formato da Alessandro Revello (Dimar) alla Presidenza del Gruppo per il prossimo triennio, nominando il nuovo consiglio di amministrazione che sarà composto dai due Vice Presidenti Cav. Marcello Cestaro (Gruppo Unicomm) e Marco Odolini (Italbrix) e dai sei consiglieri di amministrazione Dario Brendolan (MaxiDì), William Camilletti (L’Abbondanza), Laura Gabrielli (Magazzini Gabrielli), Francesco Murgia (Superemme), Giancarlo Panizza (Rialto) e Francesco Pomarico (Megamark). Ma soprattutto tra il Presidente Revello e Maniele Tasca il General Manager di Selex che guida il Gruppo dal 2009.

La chiave del successo di Selex credo sia da ricercare nella capacità di collaborazione, nella valorizzazione delle differenze e delle caratteristiche di ciascuno ma, soprattutto, nel saper sviluppare le sinergie necessarie in ambito commerciale, marketing e le attività sui prodotti MDD ben  sintetizzati nello slogan “insieme per fare meglio” che descrive  la volontà dell’intera compagine. Nel 2024 Famila l’insegna più rappresentativa ha beneficiato di un importante  piano di investimenti del valore di 120 milioni di euro per le 15 aperture in programma e per 27 ristrutturazioni dei suoi punti vendita. Nel corso degli anni Famila ha raggiunto una quota di mercato pari al 3,5% nel canale I+S diventando la sesta insegna a livello nazionale. Selex opera sull’intero territorio attraverso diverse insegne.  Famila per supermercati, superstore e miniiper, A&O per supermercati di prossimità e C+C per cash&carry. I Pet Shop Animali che Passione  e le realtà locali o multiregionali. Nel canale e-commerce, Selex è attiva con CosìComodo, la piattaforma di spesa online a cui, attualmente, aderiscono 10 insegne del Gruppo e che offre diversi servizi, come click & collect, drive e home delivery.

Nel 2024 il gruppo nel suo insieme ha realizzato 65 nuove aperture (354 negli ultimi 5 anni) e 67 sono previste per il 2025. La quota di mercato 2024 è del 15,4%. In ESD insieme agli altri tre soci (Acqua e Sapone, Agorà e Aspiag) arriva al 23,4%. Questi per Selex sono stati anni di crescita. Il traguardo dei sessant’anni viene tagliato in discreta scioltezza anche perché, come ha sostenuto in una recente intervista   Massimo Baggi, direttore marketing di Selex, «Abbiamo messo in campo diverse iniziative: dalla leva promozionale alla garanzia di qualità e sostenibilità dei nostri prodotti a marchio, fino ad adottare e promuovere una visione del supermercato come luogo in cui il consumatore può vivere un’esperienza divertente e trovare risposta anche al crescente bisogno di consumare un pasto fuori casa, dove possibile aprendo bistrot e punti ristoro. Ora stiamo anche investendo – ha concluso Baggi – nella formazione del personale in store, perché i nostri addetti diventino anche loro una leva di comunicazione». Scelta fondamentale. Sul servizio e sulla soddisfazione del “cliente interno” si gioca una parte della credibilità e dell’attrattività delle insegne. Vedremo nei fatti come si concretizzerà questa importante affermazione.

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Amazon USA. L’ecosistema fa un altro passo in avanti.

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Amazon sta testando l’affiancamento di mini magazzini automatizzati ai supermercati Whole Foods. Credo siano almeno quattro anni che l’azienda di Seattle si stia misurando con un problema nato subito dopo l’acquisizione nel 2017. Il nuovo formato di negozio consentirà ai clienti di acquistare prodotti online (amazon.com) e da Amazon Fresh mentre fanno la spesa a Whole Foods, consentendo loro di ritirare il tutto alla cassa. L’obiettivo è di “impedire” che, i suoi clienti, completino la spesa altrove. Circa il 70% dei clienti di Whole Foods lascia il negozio per finire di fare la spesa presso un altro rivenditore, principalmente Walmart. Whole Foods non vende prodotti con ingredienti non naturali. Ciò significa che i CPG (beni di consumo confezionati) come Coca-Cola, Ariel, Nescafé, Sprite e Schweppes, per fare alcuni esempi noti, non possono essere acquistati da Whole Foods. Questo costringe i clienti a lasciare i negozi per acquistare altrove i loro prodotti CPG preferiti.

Per questo motivo  l’azienda sta costruendo un micro centro di evasione ordini collegato a una sede di Whole Foods nel sobborgo di Filadelfia di Plymouth Meeting, in Pennsylvania (https://lnkd.in/gZ49JYCe). Una volta che la struttura sarà operativa entro il prossimo anno, gli acquirenti potranno ordinare tutto ciò che  Amazon nei suoi siti può fornire ritirandoli in negozio al momento del check-out. Facile comprendere il potenziale (non solo per Amazon) di questa opzione finora preclusa. L’omnichannel presenta così,  un’altra delle traiettorie possibili.  L’apertura di  Micro-fulfillment center a fianco  di Whole Foods è una mossa brillante in quanto reinventa il profilo una importante realtà  di alimenti naturali e di prodotti biologici senza interrompere l’aspetto dei negozi la loro cultura, e l’immagine che i loro clienti pretendono unica.

Il Micro-fulfillment center è un mini hub logistico in grado di avvicinare il prodotto al cliente. L’obiettivo è ridurre la distanza con i clienti, aumentare la velocità di consegna e comprimere i costi logistici.  Quindi, come funzionerà  in pratica? I clienti avranno tre opzioni per acquistare senza problemi: ordinare online per una consegna rapida a domicilio, ordinare online per un ritiro facile e veloce o acquistare di persona in negozio. Se il cliente è in negozio e sta facendo acquisti a Whole Foods Market, può contemporaneamente  anche ordinare facilmente prodotti non presenti sugli scaffali  direttamente dall’app Amazon sul telefono. Questi articoli aggiuntivi saranno preparati nel retro della magazzino  mentre il cliente finisce di fare acquisti e saranno pronti al momento del check-out, il tutto entro pochi minuti dall’ordine. Con questo modello di spesa, i clienti hanno accesso a più prodotti che desiderano acquistare  senza dover visitare più negozi. Questo servizio sarà pronto per i clienti presso la nostra sede di Plymouth Meeting l’anno prossimo. Giustamente Amazon sostiene che, in questo modo “Stiamo rendendo più facile fare la spesa, oggi e in futuro”.

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Todis taglia il traguardo dei 25 anni all’insegna dell’innovazione e della sostenibilità

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Il suo nome originario, nel 1999 era Topdì poi trasformato in Todis e non come qualcuno insinua bonariamente dovuto all’abbreviazione di Toppetti Discount (l’AD di Pac 2000A). L’ibrido che ne è nato è una via di mezzo, a mio parere riuscita, tra un supermercato e un discount. La differenza sul campo  la fanno i singoli imprenditori e un management giovane e inclusivo che li supporta. Todis ha chiuso il 2023 con un fatturato di 1,167 mdi con una crescita del 16% e oltre 300 punti vendita nel centro-sud.

È un peccato che i bolognesi del Consorzio abbiano preferito non esserci. Si sono persi un grande spettacolo. Soprattutto una  dimostrazione  positiva di condivisione di quello che dopo 25 anni è ormai molto  più di un progetto. In tempi di grande affanno che mettono a dura prova lo stesso spirito imprenditoriale, non è poca cosa. Eppure nel rapporto imprenditoriale  tra il Consorzio nel suo insieme  e il “suo” discount qualcosa va sempre storto. Sarà il fato o la semplice sfiga ma cinque anni fa al traguardo dei vent’anni è toccato a Francesco Cicognola il direttore generale di PAC 2000A  bucare una gomma e arrivare tardi all’evento. Questa volta, per i 25 anni un incidente in autostrada ha rischiato di non far arrivare in orario i dirigenti della cooperativa che più di tutte le altre ha creduto nel progetto Todis. Hanno poi recuperato sia Danilo  Toppetti  AD di PAC2000A  che lo stesso Francesco Cicognola con un discorso non convenzionale di stima e fiducia in Todis e nel suo management.

Per Conad Adriatica c’era la squadra di testa capitanata da Antonio Di Ferdinando e Giovanni Mastrantoni neo eletto Presidente.  L’altra cooperativa che ha scommesso sul progetto Todis.  Il rapporto tra le due cooperative di Conad e Todis è buono. Certo sconta una competizione tra ciò che sulla carta dovrebbe essere  un semplice discount ma non lo è  e qualche punto vendita della cooperativa che fatica a reinventarsi di fronte ad un consumatore che cambia. Peccato però non sentire i suoi dirigenti  sul palco. La sala era stracolma. Centinaia di affiliati presenti.

Un’azienda non si misura solo dai numeri. Quello che conta veramente è il clima che vi si respira. Nei corridoi c’era un entusiasmo sincero. Queste iniziative coinvolgenti tendono poi ad esaltarlo. A far sentire le persone parte di un percorso comune. Un affiliato nei corridoi mi ha spiegato che anche lo stesso Luca Panzavolta  Amministratore Delegato di CIA-Conad che ha visitato i punti vendita di Roma  lo ha constatato. Il clima che si respira nei corridoi è probabilmente parte del “carburante” che ne alimenta il successo. Anche in un anno come questo dove volumi e margini faticano a confermarsi. E questo potrebbe far riemergere qualche mal di pancia. Un successo, seppure faticoso,  se è tale, non può essere fonte di imbarazzo. O lo si contesta o lo si condivide. Lascio stare le liturgie tipiche di questi incontri. Vedere però un palco dove, per esempio, le donne (affiliate) erano più numerose degli uomini già segnala un approccio diverso. Una inclusività spontanea non costruita fatta da  giovani imprenditrici partite da zero, o figlie di imprenditori, impegnate in azienda e disponibili a portare il loro contributo di determinazione, diversità  ed entusiasmo ai colleghi.

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Grande Distribuzione. Quando il furto (pur sempre reato) fa emergere un grave problema sociale

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Ci hanno dovuto pensare i carabinieri. Purtroppo una vicenda triste ha rischiato di trasformarsi in un reato penale innescando una situazione il cui costo complessivo sarebbe stato decine di volte superiore al modesto danno provocato. “Dura lex sed lex” non credo sia un criterio applicabile in casi come questo. Capisco che la “pubblicità” negativa che può derivare dal rendere note queste realtà o, addirittura l’incentivo ad imitarle, richiede cautela nell’affrontare il tema. Le catene della Grande Distribuzione fanno già numerose iniziative con il Banco Alimentare, con associazioni caritatevoli locali anche con una gestione intelligente dello spreco e dei prodotti vicini alla scadenza. Purtroppo di questi tempi non basta.

Altrove, penso agli Stati Uniti ma anche ad alcune realtà europee l’epidemia di furti nei negozi, pur largamente tollerati, stanno diventando una piaga sociale. Il clima è pesante. Bande di giovani si danno appuntamento in rete e poi fanno irruzioni nei supermercati, drugstore e grandi magazzini. Tra il 12 luglio e il 20 settembre, una banda composta da 20 a 40 giovani ha colpito 14 negozi della catena 7-Eleven, fuggendo indisturbata. Le città più colpite, come San Francisco, hanno visto fallimenti e chiusure di negozi (anche franchising di aziende celebri come Whole Foods, Walgreens, Nordstrom, Target, Starbucks). Insomma un clima sociale teso che produce situazioni allarmanti. Da noi salvo le limitate irruzioni di bande ben localizzate non siamo arrivati ancora a quegli estremi. Restano i furti singoli. Rientrano in quota in quello che in gergo sono chiamate “differenze inventariali”. Una piaga che allarma i gestori dei punti vendita.

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Banco Fresco. Si ricomincia da capo…

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Passaggio di consegne a Banco Fresco. Dopo un top manager italiano, Gianluca Monfrecola, tocca  ad un manager francese. E siamo, di fatto,  al quarto cambio al vertice. Arrivata nel 2017 dopo un primo test con i due punti vendita di Torino e Beinasco, già nel 2021 prevedeva 6 nuove aperture nello stesso anno, 10 nel 2022 e 20 nel 2023, puntando in tre anni a poco meno di 40 negozi. Non è andata così.

I grandi progetti di espansione sull’Italia sono da tempo fermi al palo. Purtroppo la lunga esperienza che ho fatto in Danone mi porta a sottolineare sommessamente  che quando un’azienda dipende dalla Francia per comprendere cosa può succedere in Italia o altrove bisogna partire da come si muovono oltralpe. È successo con  Auchan, ma vale anche per Stellantis o, in questo caso, per Banco Fresco. Sarebbe un errore fare il percorso inverso. Non serve osservare solo le performance nel Paese per trovare le ragioni di un ritiro dal mercato, di un ridimensionamento  di progetti o di un loro rilancio. 

Le aziende francesi all’estero quando avvengono cambi nell’Head Quarter o nei fondi che ne orientano l’attività, tendono inevitabilmente a reinventare la ruota. Spero non abbiano intenzione di lasciare il Paese. L’Italia credo sia passata in secondo piano per quanto riguarda lo sviluppo.  Tutto qua. Crescerà più lentamente baricentrandosi  nelle città? Lo vedremo presto.  Il progetto, in sé resta comunque interessante. Un category killer del fresco è un’ottima idea. Purtroppo prima la pandemia poi  l’inflazione e ciò che ha determinato nelle abitudini di consumo, hanno frenato i piani di espansione di molte  aziende che sembravano interessate al nostro mercato e raffreddato i fondi di investimento che ne muovevano le fila. 

I risultati di Grand Frais in Francia sono diminuiti di oltre il 35% nel 2022. Dopo la fallita vendita del marchio nel 2021. Il gruppo aveva allora attirato sei offerte da parte di fondi anglosassoni ed era stato valutato fino a 3,2 miliardi di euro. Questo tira e molla  ha poi portato alla messa in discussione di Philippe Poletti, presidente del consiglio di amministrazione di Ardian che, infatti ha lasciato il Gruppo a fine dicembre 2023.  Lo stesso Herve’ Vallat e’ stato sostituto a maggio 2024 con Mochet nuovo AD Prosol sas che controlla Grand Frais. Ardian è una delle società di private equity più importanti a livello globale, gestisce asset per un valore di 140 miliardi di dollari in Europa, Nord America e Asia, per conto di oltre 1.400 clienti in tutto il mondo. Leggi tutto “Banco Fresco. Si ricomincia da capo…”

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The Besoz Earth Fund sbarca in Asia…

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Può non piacere a qualcuno ma una parte dei destini del mondo è  anche nelle loro mani. Solo loro tre mettono insieme 500 miliardi di dollari di patrimonio. Sono noti al grande pubblico per le loro  creature principali: Microsoft, Amazon e Tesla. Simpatie politiche a parte, sono personaggi abituati a guardare molto avanti nel loro agire. È così mentre Elon Musk guarda al futuro pensando allo  Spazio Jeff Besoz e Bill Gates stanno investendo ingenti risorse sul futuro del pianeta.”Il cambiamento climatico è la più grande minaccia per il nostro pianeta”, ha scritto Jeff Besoz su Instagram. “Voglio lavorare con chi sta combattendo l’impatto devastante della crisi ambientale che riguarda tutti” prima di lanciare, nel 2020 The Bezos Earth Fund.

Creato con un finanziamento iniziale  di 10 miliardi di dollari da Jeff Bezos eroga sovvenzioni per affrontare le problematiche legate al clima e alla natura. Ha recentemente  annunciato una nuova iniziativa: l’istituzione del Bezos Centre for Sustainable Protein presso la National University of Singapore (NUS), segnando il suo primo passo di questo tipo in Asia. Il Centro, che è sostenuto da una sovvenzione di 30 milioni di dollari, si concentrerà sul progresso della ricerca proteica sostenibile e sullo sviluppo commerciale di proteine alternative. Questa iniziativa di ricerca fa parte di una rete globale che comprende altri Bezos Centres for Sustainable Protein presso l’Imperial College di Londra nel Regno Unito e la North Carolina State University  negli Stati Uniti.

Il centro NUS si concentrerà su aree chiave come la fermentazione della biomassa, che prevede l’utilizzo di sottoprodotti come i rifiuti di tofu per nutrire le alghe e produrre proteine di alta qualità. Il professor Tan Eng Chye, presidente di NUS, ha spiegato l’importanza della collaborazione nell’affrontare le sfide del sistema alimentare globale.  “Dobbiamo sviluppare soluzioni alimentari sostenibili con i ricercatori, i governi e l’industria”. Il centro dovrebbe sfruttare la sua posizione in Asia per promuovere l’innovazione e la collaborazione, garantendo lo sviluppo di alternative proteiche sostenibili sia per i consumatori che per l’industria.

Sir Andrew Steer, presidente e CEO del Bezos Earth Fund, ha osservato: “L’Asia è fondamentale per il futuro delle proteine sostenibili e Singapore sta aprendo la strada”, indicando l’influenza della regione sui sistemi alimentari e il potenziale di ampio impatto attraverso la grande base di consumatori dell’Asia orientale e sud-orientale. 23 ricercatori principali guideranno il centro da istituzioni tra cui NUS, Nanyang Technological University, Singapore Institute of Technology e ETH Zurich. La loro ricerca esplorerà aree come le microalghe e la carne coltivata in cellule, con l’obiettivo generale di produrre prodotti proteici ibridi che possono competere con la carne convenzionale sia nel gusto che nell’accessibilità. Leggi tutto “The Besoz Earth Fund sbarca in Asia…”

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Dumping tra imprese. Quando “sottocosto” ci finisce il lavoratore.

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Spesso è difficile filtrare le informazioni che arrivano. Una mezza verità non è di per sé una notizia credibile. Le verifiche sono importanti. Personalmente non sopporto l’arroganza del potere. Soprattutto quando è ben mascherata. Nella GDO si manifesta quando non si paga il dovuto fingendo di farlo, quando si illude il soggetto più debole con promesse  future che non verranno mai mantenute e quando si predica bene ma si razzola malissimo. Recentemente mi è stata recapitata una busta di grande formato.  Quando l’ho aperta all’interno c’era la fotocopia di  quello che sembrava essere un testo di un contratto nazionale. Trecentonovantuno pagine dedicate al comparto del commercio e della distribuzione moderna e un bigliettino di accompagnamento con scritto: “leggilo e se te la senti, commentalo sul blog”.

Ho cercato in rete il testo corrispondente. È possibile trovarlo a questo indirizzo. Definire, prendendo a prestito il termine dal sindacalese,  quel testo  “giallo”, credo sia corretto. Il cosiddetto sindacalismo giallo (in Francia si chiama syndicalisme jaune; in inglese Company unionism) definisce  l’attività antisindacale  compiuta tramite la creazione o il controllo imprenditoriale di sindacati dei lavoratori. Oppure, più banalmente quando il sindacato diventa un interlocutore accomodante del datore di lavoro e non tutela gli interessi dei lavoratori ma quelli personali o aziendali.  Quel testo, è frutto di una evidente  sudditanza che danneggia  non solo i lavoratori ma, addirittura, crea una situazione di dumping tra imprese. Soprattutto se operanti nello stesso territorio.

Nessuno, credo,  avrebbe sollevato il problema, che pure si sta diffondendo,  se non si fosse verificato un incidente di percorso in Campania dove, nel passaggio tra Rossotono (ex Apulia Distribuzione) a Multicedi, Gennaro Rizzo, un rappresentante sindacale regionale della Uiltucs Campania e dipendente di Rossotono in un’intervista  ha spiegato: «Il contratto propostoci è quello che viene chiamato “Cisal-Pirati” (in realtà CISAL-Anpit, una tipologia di testo lontano da quelli sottoscritti da Confcommercio e Federdistribuzione n.d.r.). Se entrasse in vigore realmente questo tipo di contratto, ai lavoratori non verrebbero pagati né gli straordinari, né le quattordicesime, né tantomeno i festivi che invece oggi ci sono garantiti (da Rossotono n.d.r.)  oltre lo stipendio base. Mentre il mondo va avanti – aggiunge amareggiato Rizzo – noi rimaniamo all’età della pietra». I festivi oggi sono pagati il 30% in più, percentuale che sale al 60 nei giorni particolari come quelli del periodo natalizio. «Tutto questo, con il nuovo contratto, sparirebbe. Non solo: a un turno di 4 ore mattutine ne dovrebbe seguire un altro pomeridiano dopo alcune ore di pausa. Questo significa avere una vita stressata, senza possibilità di gestirti il resto del tempo da dedicare alle famiglie o ad altri interessi. In molti stanno pensando se sia meglio licenziarsi e trovare altre strade, come qualcun altro ha già fatto in passato» sottolinea ancora Gennaro Rizzo che lavora nel settore da decenni ed è preoccupato come gli altri per il suo futuro. Ovviamente Rizzo era sostenuto nella sua protesta da tutti e tre i sindacati confederali di categoria.

Da quello che ho letto, e a seguito delle proteste, per questi trasferimenti  sembra si sia trovata una soluzione  . Non ho visto comunicati dei tre sindacati confederali. Però il problema resta comunque aperto. Vista l’intenzione iniziale manifestata da chi ha acquisito i punti vendita e come hanno reagito  i sindacati, qual’è la situazione in Campania o in altre realtà limitrofe? Allargando il discorso spesso questi accorpamenti, passaggi al franchising, subappalti, cessioni vengono viste come semplici transazioni  di carattere commerciale. Pochi vanno a vedere cosa succede alle persone, alle loro retribuzioni alle loro prospettive. E se tutto questo introduce elementi distorsivi della concorrenza. Leggi tutto “Dumping tra imprese. Quando “sottocosto” ci finisce il lavoratore.”

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